L’Europa difficilmente riuscirà a raggiungere gli obiettivi per il 2010 sulle rinnovabili nel settore elettrico e nei trasporti. A frenare lo sviluppo delle fonti pulite incentivi poco affidabili, burocrazia e una rete che penalizza i piccoli produttori.
A meno di un anno dalla scadenza del primo step del piano europeo sulle rinnovabili, gli stati membri non sembrano essere sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi del 2010.
Questo è quanto afferma la Commissione europea, che nel report di aprile fa il punto della situazione sulle rinnovabili nel settore elettrico e in quello dei trasporti, i due campi in cui si erano posti dei traguardi indicativi per il 2010.
Con le direttive 2001/77/EC e 2003/30/EC si era infatti stabilito di raggiungere a livello europeo rispettivamente una produzione da rinnovabili del 21% del totale per l’elettricità e del 5,75% per i carburanti da autotrazione.
I dati raccolti finora dicono invece che probabilmente non si supererà il 19% di rinnovabili per il settore elettrico e il 4-5% per i trasporti.
La nuova potenza installata per l’elettricità, viene in gran parte dall’eolico e dalla biomassa solida e se Germania e Ungheria hanno già raggiunto i loro obiettivi con un anno di anticipo, 9 paesi sono invece lontani a più di 6 punti percentuali dai loro target.
L’Italia è andata abbastanza bene con una crescita di oltre 2 punti percentuali dal 2004 al 2006, i dati parlano di una percentuale di elettricità rinnovabile del 18,3% mentre l’obiettivo per il nostro paese è il 22,5%. Stati come la Francia, il Portogallo, l’Austria, la Slovenia e molti altri sono però molto distanti e hanno avuto incrementi insufficienti o addirittura non ne hanno avuti.
I motivi dei mancati risultati sono facili da individuare. Innanzitutto manca stabilità nei sistemi di incentivazione: “regimi ‘stop and go’ che esauriscono i budget a disposizione e cambiamenti di politiche e regole soffocano lo sviluppo delle rinnovabili nel settore elettrico”.
Altro ostacolo le procedure amministrative: “pochi progressi sono stati fatti sulle raccomandazioni della Commissione in quanto a riforme amministrative. Le procedure continuano a essere complicate, con diverse autorità da consultare. I tempi lunghi e l’incertezza del processo restano i principali responsabili del collo di bottiglia”.
Altro freno, la rete, spesso inadeguata ad accogliere e coordinare l’elettricità discontinua delle rinnovabili e gestita con “tariffe di connessione spesso poco trasparenti”, rischiando di discriminare i piccoli produttori e la generazione distribuita. Inoltre, le procedure di infrazione a carico degli Stati membri sono spesso uno strumento inefficace.
Meglio vanno invece le cose per quello che riguarda le energie rinnovabili nel settore del trasporto; leggasi biocarburanti, dato che si parla di un 75% di biodiesel e di un 15% di bioetanolo, mentre il restante 10% è diviso tra olii vegetali utilizzati soprattutto in Germania, Irlanda e Olanda e biogas diffuso soprattutto in Svezia.
La quota dei carburanti rinnovabili a livello europeo è cresciuta molto soprattutto dal 2005 al 2007 arrivando al 2,6%; se continuasse così nel 2010 si potrebbe raggiungere quota 5%.
Anche qui le prestazioni dei paesi sono molto diverse tra loro: Germania, Malta e Bulgaria sono i più vicini all’obiettivo mentre l’Italia è tra gli ultimi, con solo lo 0,5% del totale dei carburanti proveniente da fonti rinnovabili.