All’interno di un locale medico il paziente è in genere sottoposto ad un maggior pericolo elettrico rispetto ad altri locali in quanto le particolarità dell’ambiente e le peculiari attività che vi si
svolgono al suo interno determinano un aumento dei fattori di rischio.
Occorre tener presente che le condizioni di salute spesso precarie, la limitata capacità di reazione e la presenza di apparecchi elettromedicali direttamente a contatto, rendono il paziente particolarmente vulnerabile. Rispetto agli ambienti ordinari è necessario ricorrere a provvedimenti impiantistici più severi, per gli apparecchi utilizzati e per l’impianto elettrico.
La Norma CEI 64-8 Sezione 710
“Locali medici” è il titolo della sezione 710 della Norma CEI 64-8. La dicitura, ha sostituito la vecchia “locali ad uso medico” per la prima volta dall’introduzione della Variante V2 alla Norma CEI 64-8 (fascicolo 14291) pubblicata dal CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, nell’agosto 2015.
Prima di confluire nella Norma CEI 64-8, i locali medici erano oggetto di una norma dedicata: la Norma CEI 64-4 dal titolo “Impianti elettrici in locali adibiti ad uso medico”, abrogata agli inizi degli anni 2000. La Norma CEI 64-4 aveva anche una Guida dedicata: la Guida CEI 64-13, pubblicata nel 1998.
Le prescrizioni particolari, descritte all’interno della Sezione 710, non sono variate con la pubblicazione dell’ottava edizione della Norma CEI 64-8, e si applicano agli impianti elettrici nei locali medici, in modo da garantire la sicurezza dei pazienti e del personale medico (L’articolo 710.1.1 viene di fatto richiamato per introdurre le sanzioni previste dall’art. 81 del DLgs 81/08 “Requisiti di sicurezza”). Le particolari prescrizioni si riferiscono principalmente ad ospedali, a cliniche private, a studi medici e dentistici, a locali ad uso estetico ed a locali dedicati ad uso medico nei luoghi di lavoro (incluso quelle temporanee e di emergenza, quali gli ospedali Covid ad esempio); locali dedicati all’interno di case di cura e case per persone anziane, dove i pazienti sono sottoposti a cure mediche; centri medici, ambulatoriali, pronto soccorso e altre tipologie di ambulatori (nelle industrie, impianti sportivi o altri).
I dettami della norma possono essere applicati anche nei locali ad uso veterinario, la cui applicazione facoltativa sulla base della valutazione del rischio del responsabile sanitario della struttura.
La classificazione dei locali in base al rischio
Per facilitare il compito del progettista e dell’installatore, la norma definisce tre “gruppi di pericolosità” 0, 1 e 2 a rischio crescente a seconda dell’attività svolta, delle apparecchiature utilizzate ecc..
Per ciascun gruppo esistono prescrizioni particolari:
Un locale di gruppo 0 è un locale medico nel quale non si utilizzano apparecchi elettromedicali con parti applicate e dove la discontinuità (il guasto) dell’alimentazione non può causare rischio per la vita del paziente. L’allegato B alla sezione 710 della Norma CEI 64-8 fornisce alcuni esempi di classificazione. Per i locali di gruppo 0 identifica ad esempio: “sala per massaggi” o “ambulatorio”. Lo stesso allegato fornisce ulteriori informazioni sulla classificazione dei locali.
Per “parte applicata” la Norma (definizione 710.2.4) intende “una parte di un apparecchio elettromedicale che nell’uso normale viene necessariamente in contatto fisico con il paziente affichè l’apparecchio elettromedicale o il sistema elettromedicale possa svolgere la sua funzione”.
Un locale di gruppo 1 è un locale medico dove la discontinuità (il guasto) dell’alimentazione non può causare rischio per la vita del paziente e nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate nel modo seguente:
– esternamente,
– invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione di quelle specificate per il gruppo 2.
L’allegato B alla sezione 710 identifica ad esempio: “camere di degenza”, “sala parto”, “sala ECG”, “sala per endoscopie se non si effettuano operazioni chirurgiche”, “sala per ingessature”, “sala per emodialisi”, “sala per risonanza magnetica”, “sala per medicina nucleare”, ecc.
Un locale di gruppo 2 è un locale medico nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate in applicazioni quali:
– interventi intracardiaci,
– operazioni chirurgiche,
– trattamenti vitali dove la mancanza dell’alimentazione può comportare pericolo per la vita.
La classificazione dei locali medici e l’individuazione della “zona paziente”, ovvero il luogo fisico in cui il paziende viene effettivamente collocato (FIGURE 1 E 2) devono essere fatte dal personale medico in accordo con il personale responsabile per la sicurezza sanitaria.
L’allegato B alla sezione 710 identifica ad esempio: “sala per chirurgia”, “sala anestesia”, “sala per applicazioni di cateteri cardiaci”, “sala per cure intensive”, “sala prematuri”, ecc..
Tuttavia, per determinare la classificazione di uno specifico locale medico, è necessario che il personale medico indichi quali trattamenti medici debbano essere effettuati entro tale locale.
La corretta classificazione del locale deve essere determinata sulla base dell’uso al quale esso è destinato e deve essere tempestivamente aggiornata in caso di variazioni dell’attività all’interno della struttura, per consentire una corretta gestione e manutenzione degli impianti e dei locali.
Figura 1 – La “Zona paziente”.
Macroshock e microshock
Quando una persona, in condizioni fisiche “normali”, entra in contatto con parti sotto tensione la corrente elettrica conseguente si distribuisce in tutto il corpo e solo una parte interessa la zona cardiaca (fig. 1.a). La tensione UL massima ammessa dalla norma CEI 64-8:2007 per gli ambienti particolari (tra cui locali medici) è di 25 V in c.a. (60 V in c.c.). Il limite di tollerabilità della corrente conseguente è dell’ordine della decina di milliampere (macroshock). Una corrente di dispersione di 0,5 mA (500 µA), ammessa per un apparecchio elettrico ordinario, è al limite della soglia di sensibilità media e non provoca danni all’organismo.
Per un paziente che si trovi in codizioni particolarmente sfavorevoli riguardo il rischio elettrico, ad esempio durante un’operazione chirurgica, una corrente di alcune decine di microampere può innescare la fibrillazione ventricolare e causarne la morte (microshock).
La riduzione dei rischi di macroshock può essere ottenuta con provvedimenti impiantistici semplici (ad esempio, interruttore differenziale con Idn≤30 mA ed impianto di terra). Questo non è invece possibile per la protezione dal rischio di microshock, nei riguardi del quale, dato il valore molto basso della corrente pericolosa (ordine di grandezza 10 µA), è necessario adottare specifici provvedimenti impiantistici di protezione e severe modalità di esercizio dell’impianto stesso ed, inoltre, utilizzare apparecchi elettromedicali con caratteristiche di sicurezza adeguate.
I principali provvedimenti impiantistici contro i rischi di microshock sono:
– separazione elettrica del circuito di alimentazione degli apparecchi mediante trasformatore di isolamento medicale;
– controllo continuo dell’isolamento verso terra dei circuiti isolati;
– sistema di equalizzazione dei potenziali.
I provvedimenti impiantistici di protezione devono essere presi in sede di progettazione, in relazione alla classificazione del locale.
La classificazione dipende dal tipo di attività medica che vi si svolge.
I provvedimenti di esercizio devono essere adottati da parte del personale medico, in relazione al tipo di intervento svolto, e dal personale tecnico per quanto riguarda le verifiche e la manutenzione degli impianti elettrici e l’acquisizione e la manutenzione degli apparecchi elettromedicali.
Negli ambienti medici la presenza di apparecchi elettrici destinati alla diagnosi, terapia o riabilitazione (apparecchi elettromedicali) è sempre più massiccia.
Gli apparecchi elettromedicali sono spesso in intimo contatto con il paziente attraverso elettrodi, sonde, ecc. e/o ad essi sono affidate funzioni vitali del paziente come nei locali di terapia intensiva oppure durante particolari interventi chirurgici.
Una corrente elettrica che circola nel cuore può determinare il fenomeno irreversibile della fibrillazione ventricolare, che dipende da:
– intensità della corrente elettrica;
– durata del passaggio della corrente;
– zona del cuore percorsa dalla corrente.
A frequenza industriale, a parità di condizioni, si ha il più basso valore di corrente per innescare la fibrillazione ventricolare.
Il rischio per il paziente, dipende da tutta una serie di circostanze che possono aggravare le condizioni di pericolo, come:
– assenza di reazioni normali del paziente al passaggio di piccole correnti, per l’impiego di anestetici o per lo stato di fuori conoscenza e conseguente impossibilità per l’operatore sanitaria di rilevare il passaggio di piccole correnti elettriche;
– applicazione di parti applicate direttamente al corpo di apparecchi elettromedicali ci esterni sulla pelle, caratterizzata spesso da una ridotta resistenza di contatto dovuta a trattamenti medici o chirurgici o all’applicazione di paste conduttrici o addirittura, attraverso sonde, a contatto con organi interni;
– collegamento simultaneo al paziente di più apparecchi con caratteristiche e prestazioni diverse.
E’ esposto al rischio di microshock, ad esempio, il paziente al quale sia stato applicato un catetere pieno di liquido, per prelevare campioni di sangue nei punti critici del cuore,o per iniettare un liquido radiopaco (angiografia); oppure per stimolare il cuore tramite un elettrodo (pace-maker temporaneo). In questi casi, una corrente elettrica esterna, ad esempio una corrente di dispersione di un apparecchio elettromedicale, può confluire direttamente nel cuore per fuoriuscire tramite il catetere.
Ne consegue che un impianto elettrico che è “a regola d’arte” (rischio accettabile) in un ambiente ordinario può essere molto pericoloso in locali dove è presente il rischio di microshock.
In conclusione la probabilità che la persona sia percorsa da correnti pericolose è molto più elevata di quella che si ha in condizioni di vita “normale”.
Le misure di sicurezza da adottare non sono uguali in tutti i locali medici, ma si differenziano secondo la tipologia dell’attività medica svolta ed il tipo di apparecchi elettromedicali utilizzati.
Quali provvedimenti
I locali di gruppo 0 sono sostanzialmente degli ambienti ordinari. Non vengono richiesti provvedimenti particolari. Trattandosi comunque di locali medici sono tuttavia soggetti a controlli di manutenzione più ravvicinati e a verifica biennale secondo DPR 462/01.
Per i locali di gruppo 1 vengono introdotti requisiti impiantistici peculiari:
– La realizzazione di un “nodo equipotenziale” (Norma CEI 64-8 art. 710.413.1.2.2.1) a cui si collegano le masse (conduttori di protezione) le masse estranee (conduttori equipotenziali, sezione minima 6 mm2) ed eventuali schermi metallici (contro le interferenze, nei trasformatori di isolamento, ecc).
Tra una massa o una massa estranea ed il nodo equipotenziale può essere interposto un solo nodo intermedio (sub-nodo) che unisca tra loro pi・ conduttori di protezione e/o conduttori equipotenziali. Il nodo equipotenziale deve essere posto entro o vicino al locale medico e deve essere collegato al conduttore principale di protezione, con un conduttore di sezione almeno equivalente a quella del conduttore di sezione pi・ elevata collegato al nodo stesso. Le connessioni devono essere disposte in modo che esse siano chiaramente identificabili ed accessibili e in grado di essere scollegate individualmente.
– L’adozione di interruttori differenziali esclusivamente di tipo A o B (interruttori differenziali in accordo con CEI EN 61008-1:2005 , CEI EN 61009-1:2006 e IEC 60755;
– Installazione di illuminazione di sicurezza di classe adeguata.
I locali di gruppo 2 richedono provvedimenti impiantistici ancora maggiori:
La realizzazione di un “nodo equipotenziale” (Norma CEI 64-8 art. 710.413.1.2.2.1) a cui si collegano le masse (conduttori di protezione) le masse estranee (conduttori equipotenziali, sezione minima 6 mm2) ed eventuali schermi metallici (contro le interferenze, nei trasformatori di isolamento, ecc). Oltre alle caratteristiche del nodo per i locali di gruppo 1, nei locali di gruppo 2 ogni connessione richiede che la resistenza tra nodo equipotenziale e morsetti sia ≤ 0,2 Ω;
– Adozione del sistema IT-M (CEI 64-8:2007, art. 710.413.1.5): trasformatore di isolamento ad uso medicale (Norma CEI EN 61558-2-15:2001 art. 8.1 h) e dispositivo di controllo permanente dell’isolamento.
– in ciascun posto di trattamento dei pazienti la disposizione delle prese a spina alimentate dal sistema IT-M e dei relativi circuiti deve essere la seguente: devono essere installati almeno due distinti circuiti che alimentino le prese a spina oppure le prese a spina devono essere protette individualmente o a gruppi (almeno due) contro le sovracorrenti. Inoltre le prese a spina alimentate dal sistema IT-M non devono essere intercambiabili con prese alimentate da altri sistemi utilizzati nello stesso locale o essere chiaramente e permanentemente identificabili.
– Adozione nei circuiti non alimentati da trasformatore IT-M, di interruttori differenziali esclusivamente di tipo A o B (interruttori differenziali in accordo con le Norme CEI EN 61008-1:2005, CEI EN 61009-1:2006 e IEC 60755);
– Alimentazione di sicurezza che garantisca una adeguata continuità per le utenze essenziali
– illuminazione con classificazione dei tempi di intervento.
L’alimentazione di sicurezza
Il capitolo 710.562.2 della Norma è dedicato alle sorgenti di alimentazione di sicurezza, che vengono suddivise in sorgenti di alimentazione di sicurezza con un periodo di commutazione ≤ 0,5 s, sorgenti di alimentazione di sicurezza con un periodo di commutazione ≤ 15 s e sorgenti di alimentazione di sicurezza con un periodo di commutazione superiore a 15 secondi. L’allegato B fornisce alcuni esempi applicativi. Ad esempio dispone la commutazione veloce per le sale parte, le sale per endoscopie, le sale chirurgiche, le sale per preparazione e risveglio post-operatorio, le terapie intensive, ecc.
Sorgenti di alimentazione di sicurezza con un periodo di commutazione ≤ 0,5 s
Se si manifesta un abbassamento di tensione a livello del quadro di distribuzione principale deve essere prevista una sorgente di sicurezza che possa alimentare i seguenti carichi per un periodo minimo di 3 h (che può essere ridotta a 1 ora nel caso sia installata una sorgente in accordo a 710.562.2.2) e che ripristini la alimentazione entro un periodo di commutazione non superiore a 0,5 secondi:
– apparecchi di illuminazione dei tavoli operatori (lampade scialitiche);
– apparecchi elettromedicali contenenti sorgenti luminose essenziali per l’applicazione dell’apparecchiature, endoscopi, incluse apparecchiature associate ritenute essenziali (es. monitor);
– apparecchi elettromedicali essenziali per il supporto vitale.
Sorgenti di alimentazione di sicurezza con un periodo di commutazione ≤ 15 s
I componenti dell’illuminazione di sicurezza devono essere collegati entro 15 secondi ad una sorgente di alimentazione di sicurezza capace di alimentarli per un periodo minimo di 24 ore (può essere ridotta sino ad un minimo di un’ora se le prescrizioni mediche e l’utilizzo del locale facilitano il trattamento/esame e l’evacuazione può essere completata entro un’ora) quando l’abbassamento di tensione al quadro di distribuzione principale di uno o più conduttori attivi supera i limiti di cui all’articolo 710.562.1.2 (12% per più di 3 secondi).
Sorgenti di alimentazione di sicurezza con un periodo di commutazione superiore a 15 s
I componenti elettrici diversi da quelli trattati in precedenza, necessari per mantenere in funzione i servizi ospedalieri, devono essere collegati, manualmente o automaticamente, ad una sorgente di alimentazione di sicurezza capace di alimentarli per un periodo minimo, ad esempio di 24 ore.
Figura 2 – Tabella B1, Allegato B Norma CEI 64-8 Ed. 2021 – note: 1) Apparecchi di illuminazione ed apparecchi elettromedicali con funzione di supporto vitale che richiedono una alimentazione entro 0,5 s o meno. 2) Se non è una sala per operazioni chirurgiche. 3) Se viene praticata anestesia generale. 4) Se ospita pazienti nella fase di risveglio da anestesia generale. 5) Solo per locali di gruppo 1.
Le verifiche degli impianti elettrici nei locali medici
I capitoli 61 e 62 della sezione 710 si occupano delle verifiche iniziali e periodiche degli impianti elettrici nei locali medici. I capitoli dedicati alle verifiche iniziali e alle verifiche periodiche mantengono la numerazione dell’edizione precedente, anche se i corrispondenti capitoli all’interno della parte sesta, ora sono 6.4 e 6.5.
Verifiche iniziali (710.61)
Le verifiche iniziali devono essere effettuate prima della prima messa in servizio e, dopo modifiche o riparazioni, prima della nuova messa in servizio. Nei locali di gruppo 1 e 2 le verifiche iniziali devono essere effettuate da tecnici qualificati. Le attività, in aggiunta alle prove previste per gli impianti in stallati in ambienti ordinari:
a) prova funzionale dei dispositivi di controllo dell’isolamento di sistemi IT-M e dei sistemi di allarme ottico e acustico;
b) misure per verificare il collegamento equipotenziale supplementare;
c) misure delle correnti di dispersione dell’avvolgimento secondario a vuoto e sull’involucro dei trasformatori per uso medicale;
d) esame a vista per controllare che siano state rispettate le altre prescrizioni della Sezione 710.
Verifiche periodiche (710.62)
Le procedure per le verifiche periodiche devono essere realizzate in stretta cooperazione con il responsabile medico in modo da ridurre al minimo i rischi per i pazienti. In alcuni casi l’attività più onerosa, in termini di tempo è proprio l’organizzazione della logistica. Le prove in sala operatioria, a desempio, richiedono non solo l’organizzazione delle prove e la conseguente gestione del fuori servizio, ma anche la sanificazione degli ambienti alla fine dei controlli. Anche le verifiche periodiche devono essere effettuate da tecnici qualificati. I risultati dei controlli di manutenzione devono essere verbalizzati e mantenuti a disposizione delle autorità di vigilanza (art. 86 Dlgs 81/08). Devono essere effettuate le seguenti verifiche periodiche nei seguenti intervalli di tempo indicati:
a) prova funzionale dei dispositivi di controllo dell’isolamento: un anno;
b) controllo, mediante esame a vista, delle tarature dei dispositivi di protezione regolabili: un anno;
c) verifica del collegamento equipotenziale supplementare (locali gruppo 1 e 2): due anni;
d) prova funzionale dell’alimentazione dei servizi di sicurezza con motori a combustione:
– prova a vuoto: un mese;
– prova a carico per almeno 30 min: quattro mesi;
e) prova funzionale dell’alimentazione dei servizi di sicurezza a batteria secondo le istruzioni del costruttore: sei mesi;
f) prova dell’intervento, con Idn, degli interruttori differenziali: un anno.
Rispetto al passato la variante V5 ha reso meno stringente la periodicità della verifica del controllore di isolamento, che passa da 6 mesi a un anno, e più stringente la verifica dei conduttori equipotenziali (nodi), da tre a due anni.
Per la misura dei collegamenti al nodo per i locali di gruppo 2 permane la seguente nota:
710.413.1.2.2.2 Resistenza dei conduttori
Non è necessario utilizzare uno strumento 24V- 10 A.
Tuttavia per avere dei valori attendibili e una misura ripetibile uno strumento in grado di erogare 10 A a 24 V risulta sempre la scelta più opportuna.
Si ricorda infine che nel corso dello scorso anno è stata pubblicata, da parte del Comitato Elettrotecnico Italiano, la terza edizione della Guida CEI 64-56 dal titolo “Edilizia ad uso residenziale e terziario: Guida per l’integrazione degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati negli edifici – Criteri particolari per locali ad uso medico”, alla quale è possibile fare riferimento per ulteriori approfondimenti.