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La cultura si sedimenta e diviene storia, ma anche l’illuminazione nei secoli ha fatto i suoi bei passi avanti. Ed è nata un’inedita comunità di intenti fra il quattrocentesco salone Pietro da Cemmo, che fa parte del conservatorio Marenzio, e la Palazzoli, più che centenaria azienda cittadina dell’elettrotecnica.

Nel quadro delle sue attività di sostegno culturale, la Palazzoli ha contribuito ad attrezzare il Salone con un completo impianto di illuminazione di avanguardia. Soprattutto un impianto mobile, modulare, non invasivo perché ovviamente sono intoccabili le strutture, affrescate negli ultimi anni del 1400 da Giovanni Pietro da Cemmo e dalla sua bottega. Le opere sono così valorizzate da una luce più diffusa e più calda.

Sul versante tecnico, si può dire che Palazzoli ha fornito i 20 proiettori Tigua da 188 watt e 22.900 lm, particolarmente adatti agli spazi che chiedono il controllo della luce, la sua uniformità e l’assenza di abbagliamento.

“Siamo particolarmente orgogliosi di questo contributo alle istituzioni culturali della città”, dichiara Luigi Moretti, presidente della Palazzoli. “D’altronde – aggiunge- abbiamo alle spalle 120 anni di ricerca e di innovazione, per rendere più gradevoli le condizioni della vita. Nelle case, nelle fabbriche, sulle strade e anche nei luoghi della cultura”.

 

Il Salone
La sala fu in origine la grande Libreria del convento degli Agostiniani di San Barnaba, insediatisi in città nel 1457. L’intera superficie muraria è occupata da un ricco apparato decorativo, affrescata nel 1490 da Giovanni Pietro da Cemmo e alla sua bottega: una complessa e concatenata esaltazione dell’Ordine Agostiniano e della sapienza, attraverso gli “exempla vitae” e i ritratti dei frati, dei santi e dei beati agostiniani, il tutto racchiuso da un pregevole soffitto ligneo a cassettoni.

 

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