La norma EN 50281-1-2 (CEI 31-36) definisce la polvere combustibile: “Polvere che può bruciare o divenire incandescente nell’aria e potrebbe dare origine a miscele esplosive con l’aria alla pressione atmosferica e alla temperatura normale”. Una polvere combustibile, anche se in particolari circostanze può esplodere, non deve però essere confusa con una polvere esplosiva che infatti può esplodere anche in assenza di aria.
Il pericolo di esplosione imputabile a polveri combustibili viene sovente sottovalutato rispetto a quello dovuto a liquidi e gas infiammabili, anche se i danni derivati da un tale evento possono essere molto rilevanti.
Una polvere combustibile può determinare un pericolo quando diffusamente sospesa nell’aria forma una nube o quando si posa sul pavimento o sugli oggetti formando degli strati o dei cumuli. In presenza di un innesco di sufficiente energia, a determinate temperature dipendenti dal tipo di polvere e dalla granulometria delle particelle, la nube (miscela di combustibile, polvere, e di comburente, ossigeno presente nell’aria) può accendersi provocando un’esplosione che si sviluppa quasi istantaneamente.
Il fenomeno si manifesta se la polvere combustibile è diffusa all’interno della nube in una concentrazione contenuta all’interno del suo campo di esplodibilità. In presenza di strati e cumuli di polvere, se la polvere accumulata è impossibilitata a sollevarsi, e quindi a formare nubi esplosive, normalmente il pericolo da considerare è solamente quello d’incendio. Questo pericolo può comunque essere scongiurato mantenendo un adeguato livello di pulizia che contenga lo spessore di povere entro limiti di sicurezza.
L’obiettivo che ci si deve prefiggere in presenza di polveri combustibili è quello di abbassare entro limiti tollerabili l’entità del rischio. I parametri da considerare sono trattati nel dettaglio dalla guida CEI 31-56 e sono piuttosto numerosi e complessi. Di seguito si citano quelli più importanti mentre si rimanda alla guida stessa per una più completa e corretta valutazione del rischio.
Granulometria delle particelle – non è facile stabilire una grandezza media delle particelle al di sopra della quale non si ha più pericolo di esplosione anche se in generale, con una certa cautela, si può ritenere che particelle di grandezza superiore a 500 μm non possano determinare la formazione di una nube esplosiva. In ogni caso il campione prelevato per la valutazione deve essere caratteristico della polvere che si prevede possa trovarsi nell’ambiente nelle peggiori condizioni.
LEL – misura la densità di polvere presente nell’aria al di sotto della quale non avviene l’esplosione. Il campo di esplodibilità è contenuto tra un limite inferiore (LEL) ed un limite superiore (UEL), al di fuori di questo non si ha l’esplosione.
Indice di esplosione Kst – esprime l’indice di esplosione ed è dato dal prodotto dp/dt V0,33, dove dp/dt è la velocità massima di incremento della pressione durante l’esplosione e V è il volume sferico del dispositivo di prova. Tanto più grande è il valore di Kst tanto più pericolosa è l’esplosione.
Classe di combustibilità – viene stabilita in funzione del valore assunto dall’indice di esplosione Kst. La classe di combustibilità della polvere (BZ) è un indice d’infiammabilità individuabile secondo la seguente scala:
BZ 1: non prende fuoco
BZ 2: prende fuoco brevemente e poi si estingue rapidamente
BZ 3: brucia localmente o diventa incandescente, senza propagazione
BZ 4: diventa incandescente, con propagazione
BZ 5: prende fuoco, con propagazione
BZ 6: brucia molto rapidamente
Conducibilità della polvere – modifica le caratteristiche dielettriche dell’atmosfera in cui sono sospese e le caratteristiche d’isolamento superficiale dei materiali isolanti su cui sono posate. Le polveri conduttrici sono particolarmente insidiose all’interno delle custodie di componenti elettrici perché si possono manifestare pericolose scariche superficiali con conseguenti cortocircuiti o dispersioni a massa.
Per una classificazione dei luoghi con presenza di polveri combustibili occorre procedere in base alla seguente sequenza:
– individuazione e classificazione delle sorgenti di emissione (SE);
– valutazione della ventilazione;
– individuazione delle zone pericolose;
– determinazione dell’estensione delle zone pericolose.
Un punto o una parte di un apparato di contenimento, da cui può fuoriuscire polvere combustibile che si disperde nell’ambiente dando luogo ad un’atmosfera esplosiva, costituisce una sorgente di emissione. La polvere dispersa può anche depositarsi formando uno strato di polvere che a sua volta diventa una sorgente di emissione se la polvere dello strato può in qualche modo essere sollevata in aria. In pratica si potrà avere una SE relativa all’emissione della polvere dal sistema di contenimento e una SE originata dallo strato di polvere.
Le sorgenti di emissione (SE) vengono individuate da tre gradi di importanza:
continuo – emissione continua o prodotta per lunghi periodi, o per brevi periodi ad intervalli frequenti;
primo – emissione prodotta periodicamente o occasionalmente durante il funzionamento normale;
secondo – emissione non prevista durante il normale funzionamento e, se si produce, è possibile solo saltuariamente o per brevi periodi.
Il grado di emissione di uno strato di polvere è influenzato dal livello di mantenimento della pulizia (buono, adeguato, scarso), dal disturbo dello strato (il grado di emissione risulta tanto più elevato quanto più frequentemente viene sollevata la polvere) e dal livello di emissione della sorgente del sistema di contenimento. L’analisi del rischio conduce all’individuazione di tre possibili zone pericolose e dei corrispondenti tempi di permanenza dell’atmosfera pericolosa.
Classificazione delle zone
Zona 20 – l’atmosfera esplosiva e presente in modo continuo o per lunghi periodi o di frequente ad esempio:
– interno di sistemi di contenimento di polveri,
– impianti di trasporto di polveri su nastro,
– interno di miscelatori, essiccatoi, macine.
Zona 21 – l’atmosfera esplosiva è presente saltuariamente e per tempi limitati durante il funzionamento ordinario;
– all’esterno di sistemi di contenimento di polveri vicino a boccaporti o portelli aperti con elevata frequenza o a punti di riempimento, di svuotamento e di campionatura;
Zona 22 – luogo in cui non è possibile la presenza di un’atmosfera esplosiva durante il funzionamento ordinario o è possibile di rado e per un breve periodo
– sfiati di contenitori di filtri che possono emettere polveri a causa di cattivo funzionamento;
– depositi di sacchi contenenti prodotti polverosi che se movimentati possono danneggiarsi e provocare emissioni di polvere.
Detto questo occorre dire che la probabilità che si formino delle zone pericolose dipende in modo significativo dalle caratteristiche e dall’efficienza del sistema di aspirazione delle polveri e dal grado di emissione delle sorgenti. L’assenza di un impianto di aspirazione aumenta notevolmente la probabilità di formazione di atmosfere esplosive.
L’estensione di una zona pericolosa si sviluppa in tutte le direzioni nell’intorno di una sorgente di emissione fino ai punti nei quali il pericolo relativo a tale zona può essere ritenuto non più presente e può essere determinata in modo rigoroso applicando i criteri indicati nella Guida CEI 31-56.
Ing. Riccardo Minelli