Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali. Gazzetta n. 13 del 18 gennaio 2016
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
Misure per la sensibilizzazione dei proprietari dei carichi inquinanti trasportati via mare
1. All’articolo 12, quarto comma, della legge 31 dicembre 1982, n. 979, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche con riferimento all’utilizzazione di una nave inadeguata alla qualita’ e alla quantita’ del carico trasportato. Ai predetti fini il proprietario del carico si munisce di idonea polizza assicurativa a copertura integrale dei rischi anche potenziali, rilasciandone copia al comandante della nave che e’ tenuto ad esibirla tra i documenti di bordo necessari in occasione dei controlli disposti dall’autorita’ marittima».
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e’ operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Note all’art. 1:
Si riporta il testo dell’art. 12 della legge 31
dicembre 1982, n. 979, recante “Disposizioni per la difesa
del mare” come modificato dalla presente legge:
“Art. 12. – Il comandante, l’armatore o il proprietario
di una nave o il responsabile di un mezzo o di un impianto
situato sulla piattaforma continentale o sulla terraferma,
nel caso di avarie o di incidenti agli stessi, suscettibili
di arrecare, attraverso il versamento di idrocarburi o di
altre sostanze nocive o inquinanti, danni all’ambiente
marino, al litorale o agli interessi connessi, sono tenuti
ad informare senza indugio l’autorita’ marittima piu’
vicina al luogo del sinistro, e ad adottare ogni misura che
risulti al momento possibile per evitare ulteriori danni ed
eliminare gli effetti dannosi gia’ prodotti.
L’autorita’ marittima rivolge ai soggetti indicati nel
comma precedente immediata diffida a prendere tutte le
misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo
d’inquinamento e per eliminare gli effetti gia’ prodotti.
Nel caso in cui tale diffida resti senza effetto, o non
produca gli effetti sperati in un periodo di tempo
assegnato, l’autorita’ marittima fara’ eseguire le misure
ritenute necessarie per conto dell’armatore o del
proprietario, recuperando, poi, dagli stessi le spese
sostenute.
Nei casi di urgenza, l’autorita’ marittima fara’
eseguire per conto dell’armatore o del proprietario le
misure necessarie, recuperandone, poi, le spese,
indipendentemente dalla preventiva diffida a provvedere.
Nei casi in cui l’amministrazione fa eseguire le misure
necessarie ai sensi del secondo e terzo comma, le spese
sostenute sono recuperate, nei limiti del valore del carico
anche nei confronti del proprietario del carico stesso
quando, in relazione all’evento, si dimostri il dolo o la
colpa del medesimo, anche con riferimento all’utilizzazione
di una nave inadeguata alla qualita’ e alla quantita’ del
carico trasportato. Ai predetti fini il proprietario del
carico si munisce di idonea polizza assicurativa a
copertura integrale dei rischi anche potenziali,
rilasciandone copia al comandante della nave che e’ tenuto
ad esibirla tra i documenti di bordo necessari in occasione
dei controlli disposti dall’autorita’ marittima.”
Allegato 1
(articolo 23, comma 2)
«Allegato L-bis
(articolo 206-quater, comma 2)
Categorie di prodotti che sono oggetto di incentivi economici
all’acquisto, ai sensi dell’articolo 206-quater, comma 2
===================================================================== | | Percentuale minima| | | | in peso di | | | | materiale | | | | polimerico | Incentivo in | | |riciclato sul peso | percentuale sul | | | complessivo del | prezzo di vendita | | | componente | del prodotto al | | Categoria di prodotto | sostituito | consumatore | +===========================+===================+===================+ |Cicli e veicoli a motore | >10% | 10% | +—————————+——————-+——————-+ |Elettrodomestici | >20% | 10% | +—————————+——————-+——————-+ |Contenitori per uso di | | | |igiene ambientale | >50% | 5% | +—————————+——————-+——————-+ |Arredo per interni | >50% | 5% | +—————————+——————-+——————-+ |Arredo urbano | >70% | 15% | +—————————+——————-+——————-+ |Computer | >10% | 10% | +—————————+——————-+——————-+ |Prodotti per la casa e per | | | |l’ufficio | >10% | 10% | +—————————+——————-+——————-+ |Pannelli fonoassorbenti, | | | |barriere e segnaletica | | | |stradale | >30% | 10% | +—————————+——————-+——————-+
».
Art. 2
Modifica all’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, e disposizioni in materia di operazioni in mare nel settore
degli idrocarburi
1. All’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, all’ultimo periodo, le parole da: «del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «, rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attivita’ di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l’impiego dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l’ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell’inquinamento marino».
Note all’art. 2:
Si riporta il testo dell’art. 6 del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia
ambientale”, come modificato dalla presente legge:
“Art. 6. Oggetto della disciplina. – 1. La valutazione
ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che
possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul
patrimonio culturale.
2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene
effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:
a) che sono elaborati per la valutazione e gestione
della qualita’ dell’aria ambiente, per i settori agricolo,
forestale, della pesca, energetico, industriale, dei
trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle
telecomunicazioni, turistico, della pianificazione
territoriale o della destinazione dei suoli, e che
definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione,
l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la
realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III
e IV del presente decreto;
b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti
sulle finalita’ di conservazione dei siti designati come
zone di protezione speciale per la conservazione degli
uccelli selvatici e quelli classificati come siti di
importanza comunitaria per la protezione degli habitat
naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene
necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’art. 5
del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre
1997, n. 357, e successive modificazioni.
3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che
determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le
modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma
2, la valutazione ambientale e’ necessaria qualora
l’autorita’ competente valuti che producano impatti
significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui
all’art. 12 e tenuto conto del diverso livello di
sensibilita’ ambientale dell’area oggetto di intervento.
3-bis. L’autorita’ competente valuta, secondo le
disposizioni di cui all’art. 12, se i piani e i programmi,
diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il
quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti,
producano impatti significativi sull’ambiente.
3-ter. Per progetti di opere e interventi da
realizzarsi nell’ambito del Piano regolatore portuale, gia’
sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che
rientrano tra le categorie per le quali e’ prevista la
Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati
acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o
comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Qualora
il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti
abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione
di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme
comunitarie, tale valutazione e’ effettuata secondo le
modalita’ e le competenze previste dalla Parte Seconda del
presente decreto ed e’ integrata dalla valutazione
ambientale strategica per gli eventuali contenuti di
pianificazione del Piano e si conclude con un unico
provvedimento.
4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del
presente decreto:
a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a
scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o
ricadenti nella disciplina di cui all’art. 17 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni;
b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per
l’incolumita’ pubblica;
c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti
equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o
sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri
della gestione forestale sostenibile e approvati dalle
regioni o dagli organismi dalle stesse individuati.
5. La valutazione d’impatto ambientale riguarda i
progetti che possono avere impatti significativi e negativi
sull’ambiente e sul patrimonio culturale.
6. Fatto salvo quanto disposto al comma 7, viene
effettuata altresi’ una valutazione per:
a) i progetti di cui agli allegati II e III al presente
decreto;
b) i progetti di cui all’allegato IV al presente
decreto, relativi ad opere o interventi di nuova
realizzazione, che ricadono, anche parzialmente,
all’interno di aree naturali protette come definite dalla
legge 6 dicembre 1991, n. 394.
7. La valutazione e’ inoltre necessaria, qualora, in
base alle disposizioni di cui al successivo art. 20, si
ritenga che possano produrre impatti significativi e
negativi sull’ambiente, per:
a) i progetti elencati nell’allegato II che servono
esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il
collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati
per piu’ di due anni;
b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati
nell’allegato II che possono avere impatti significativi e
negativi sull’ambiente;
c) i progetti elencati nell’allegato IV; per tali
progetti, con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i
profili connessi ai progetti di infrastrutture di rilevanza
strategica, previa intesa in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle
Commissioni parlamentari competenti per materia, sono
definiti i criteri e le soglie da applicare per
l’assoggettamento dei progetti di cui all’allegato IV alla
procedura di cui all’art. 20 sulla base dei criteri
stabiliti nell’allegato V. Tali disposizioni individuano,
altresi’, le modalita’ con cui le regioni e le province
autonome, tenuto conto dei criteri di cui all’allegato V e
nel rispetto di quanto stabilito nello stesso decreto
ministeriale, adeguano i criteri e le soglie alle
specifiche situazioni ambientali e territoriali. Fino alla
data di entrata in vigore del suddetto decreto, la
procedura di cui all’art. 20 e’ effettuata caso per caso,
sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato V.
8. Per i progetti di cui agli allegati III e IV,
ricadenti all’interno di aree naturali protette, le soglie
dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per
cento. Le medesime riduzioni si applicano anche per le
soglie dimensionali dei progetti di cui all’allegato II,
punti 4-bis) e 4-ter), relativi agli elettrodotti facenti
parte della rete elettrica di trasmissione nazionale.
9. Fatto salvo quanto disposto nell’allegato IV, a
decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare di cui al comma 7, lettera c), le soglie di cui
all’allegato IV, ove previste, sono integrate dalle
disposizioni contenute nel medesimo decreto.
10. L’autorita’ competente in sede statale valuta caso
per caso i progetti relativi ad opere ed interventi
destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale non
aventi i requisiti di cui al comma 4, lettera a). La
esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del
decreto, se cio’ possa pregiudicare gli scopi della difesa
nazionale, e’ determinata con decreto interministeriale del
Ministro della difesa e del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare.
11. Sono esclusi in tutto o in parte dal campo di
applicazione del presente decreto, quando non sia possibile
in alcun modo svolgere la valutazione di impatto
ambientale, singoli interventi disposti in via d’urgenza,
ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 5 della legge 24 febbraio
1992, n. 225, al solo scopo di salvaguardare l’incolumita’
delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da un
pericolo imminente o a seguito di calamita’. In tale caso
l’autorita’ competente, sulla base della documentazione
immediatamente trasmessa dalle autorita’ che dispongono
tali interventi:
a) esamina se sia opportuna un’altra forma di
valutazione;
b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le
informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di
cui alla lettera a), le informazioni relative alla
decisione di esenzione e le ragioni per cui e’ stata
concessa;
c) informa la Commissione europea, tramite il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nel
caso di interventi di competenza regionale, prima di
consentire il rilascio dell’autorizzazione, delle
motivazioni dell’esclusione accludendo le informazioni
messe a disposizione del pubblico.
12. Per le modifiche dei piani e dei programmi
elaborati per la pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di
autorizzazione di opere singole che hanno per legge
l’effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma
restando l’applicazione della disciplina in materia di VIA,
la valutazione ambientale strategica non e’ necessaria per
la localizzazione delle singole opere.
13. L’autorizzazione integrata ambientale e’ necessaria
per:
a) le installazioni che svolgono attivita’ di cui
all’Allegato VIII alla Parte Seconda;
b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla
lettera a) del presente comma.
14. Per le attivita’ di smaltimento o di recupero di
rifiuti svolte nelle installazioni di cui all’art. 6, comma
13, anche qualora costituiscano solo una parte delle
attivita’ svolte nell’installazione, l’autorizzazione
integrata ambientale, ai sensi di quanto disposto dall’art.
29-quater, comma 11, costituisce anche autorizzazione alla
realizzazione o alla modifica, come disciplinato dall’art.
208.
15. Per le installazioni di cui alla lettera a) del
comma 13, nonche’ per le loro modifiche sostanziali,
l’autorizzazione integrata ambientale e’ rilasciata nel
rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei
termini di cui all’art. 29-quater, comma 10.
16. L’autorita’ competente, nel determinare le
condizioni per l’autorizzazione integrata ambientale, fermo
restando il rispetto delle norme di qualita’ ambientale,
tiene conto dei seguenti principi generali:
a) devono essere prese le opportune misure di
prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le
migliori tecniche disponibili;
b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento
significativi;
c) e’ prevenuta la produzione dei rifiuti, a norma
della parte quarta del presente decreto; i rifiuti la cui
produzione non e’ prevenibile sono in ordine di priorita’ e
conformemente alla parte quarta del presente decreto,
riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove cio’ sia
tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti
evitando e riducendo ogni loro impatto sull’ambiente;
d) l’energia deve essere utilizzata in modo efficace ed
efficiente;
e) devono essere prese le misure necessarie per
prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;
f) deve essere evitato qualsiasi rischio di
inquinamento al momento della cessazione definitiva delle
attivita’ e il sito stesso deve essere ripristinato
conformemente a quanto previsto all’art. 29-sexies, comma
9-quinquies.
17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema,
all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a
qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale,
in virtu’ di leggi nazionali, regionali o in attuazione di
atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali
sono vietate le attivita’ di ricerca, di prospezione
nonche’ di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in
mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio
1991, n. 9. Il divieto e’ altresi’ stabilito nelle zone di
mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo
l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro
esterno delle suddette aree marine e costiere protette,
fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli
4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010,
n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori
conseguenti e connessi, nonche’ l’efficacia dei titoli
abilitativi gia’ rilasciati alla medesima data, anche ai
fini della esecuzione delle attivita’ di ricerca, sviluppo
e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli
stessi, delle eventuali relative proroghe e dei
procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e
connessi. Le predette attivita’ sono autorizzate previa
sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto
ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente
decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un
raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere
interessate dalle attivita’ di cui al primo periodo, fatte
salve le attivita’ di cui all’art. 1, comma 82-sexies,
della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel
rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli
uffici territoriali di vigilanza dell’Ufficio nazionale
minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che
trasmettono copia delle relative autorizzazioni al
Ministero dello sviluppo economico e al Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Dall’entrata in vigore delle disposizioni di cui al
presente comma e’ abrogato il comma 81 dell’art. 1 della
legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione, i titolari
delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a
corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui
all’art. 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre
1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al
7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna
concessione e’ tenuto a versare le somme corrispondenti al
valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo
dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere
interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi
capitoli istituiti nello stato di previsione,
rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico,
per lo svolgimento delle attivita’ di vigilanza e controllo
della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca
e coltivazione in mare, e del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, per assicurare il
pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi
compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni
ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante
l’impiego dell’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per
l’ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato
preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto
dell’inquinamento marino.”
Art. 3
Modifica all’articolo 34 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, concernente la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile
1. All’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le parole: «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Governo,» sono sostituite dalle seguenti: «Il Governo,» e dopo la parola: «provvede» sono inserite le seguenti: «, con cadenza almeno triennale,».
2. In sede di prima attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, l’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, integrata con un apposito capitolo che considera gli aspetti inerenti alla «crescita blu» del contesto marino, e’ effettuato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Note all’art. 3:
Si riporta il testo dell’art. 34 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in
materia ambientale”, come modificato dalla presente legge:
“Art. 34. Norme tecniche, organizzative e integrative.
– 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, con uno o piu’ regolamenti da emanarsi,
previo parere della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi
dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
il Governo, su proposta del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro per i beni e le attivita’ culturali, provvede alla
modifica ed all’integrazione delle norme tecniche in
materia di valutazione ambientale nel rispetto delle
finalita’, dei principi e delle disposizioni di cui al
presente decreto. Resta ferma l’applicazione dell’art. 13
della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al
recepimento di direttive comunitarie modificative delle
modalita’ esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico
di direttive gia’ recepite nell’ordinamento nazionale.
Resta ferma altresi’, nelle more dell’emanazione delle
norme tecniche di cui al presente comma, l’applicazione di
quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 27 dicembre 1988.
2. Al fine della predisposizione dei provvedimenti di
cui al comma 1, il Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare acquisisce il parere delle
associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali
omologhi a quelli previsti dall’art. 13 della legge 8
luglio 1986, n. 349.
3. Il Governo, con apposita delibera del Comitato
interministeriale per la programmazione economica, su
proposta del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome,
ed acquisito il parere delle associazioni ambientali munite
di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti
dall’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede,
con cadenza almeno triennale, all’aggiornamento della
Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla
delibera del Comitato interministeriale per la
programmazione economica del 2 agosto 2002.
4. Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento
della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni si
dotano, attraverso adeguati processi informativi e
partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci
regionali, di una complessiva strategia di sviluppo
sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla
realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le
strategie regionali indicano insieme al contributo della
regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le
priorita’, le azioni che si intendono intraprendere. In
tale ambito le regioni assicurano unitarieta’ all’attivita’
di pianificazione. Le regioni promuovono l’attivita’ delle
amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di
Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici
coerenti e capaci di portare un contributo alla
realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.
5. Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il
quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui
al presente decreto. Dette strategie, definite
coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso
la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni,
in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la
dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto
sull’ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilita’
ecologica, la salvaguardia della biodiversita’ ed il
soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo
sviluppo delle potenzialita’ individuali quali presupposti
necessari per la crescita della competitivita’ e
dell’occupazione.
6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, le regioni e le province autonome
cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche
mediante la costituzione di apposite unita’ operative,
senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a
garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni
finalizzate a:
a) determinare, nell’ottica della strategia di sviluppo
sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della
dimensione ambientale nella definizione e valutazione di
politiche, piani, programmi e progetti;
b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione,
sorveglianza e controllo nei processi decisionali della
pubblica amministrazione;
c) assicurare lo scambio e la condivisione di
esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di
valutazione ambientale;
d) favorire la promozione e diffusione della cultura
della sostenibilita’ dell’integrazione ambientale;
e) agevolare la partecipazione delle autorita’
interessate e del pubblico ai processi decisionali ed
assicurare un’ampia diffusione delle informazioni
ambientali.
7. Le norme tecniche assicurano la semplificazione
delle procedure di valutazione. In particolare, assicurano
che la valutazione ambientale strategica e la valutazione
d’impatto ambientale si riferiscano al livello strategico
pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di
piani, programmi e progetti alla realizzazione degli
obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo
di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare
che piani, programmi e progetti riducano il flusso di
materia ed energia che attraversa il sistema economico e la
connessa produzione di rifiuti.
8. Il sistema di monitoraggio, effettuato anche
avvalendosi delle Agenzie ambientali e dell’Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli
indicatori strutturali comunitari o altri appositamente
scelti dall’autorita’ competente.
9. Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter, le
modifiche agli allegati alla parte seconda del presente
decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo
parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi
dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare.
9-bis. L’elenco riportato nell’allegato IX, ove
necessario, e’ modificato con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa
con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse
modalita’, possono essere introdotte modifiche all’allegato
XII, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure
di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e
quelle in materia di valutazione d’impatto ambientale.
9-ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai
Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle
politiche sociali, della salute e delle politiche agricole,
alimentari e forestali, si provvede al recepimento di
direttive tecniche di modifica degli allegati VIII, X e XI
e XII emanate dalla Commissione europea.”
Art. 4
Modifica dell’articolo 37 della legge
23 luglio 2009, n. 99
1. L’articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 37 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ENEA). – 1. E’ istituita, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).
2. L’ENEA e’ un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca e all’innovazione tecnologica, nonche’ alla prestazione di servizi avanzati alle imprese, alla pubblica amministrazione e ai cittadini nei settori dell’energia, dell’ambiente e dello sviluppo economico sostenibile. Assolve alle specifiche funzioni di agenzia per l’efficienza energetica previste dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e ad ogni altra funzione ad essa attribuita dalla legislazione vigente o delegata dal Ministero vigilante, al quale fornisce supporto per gli ambiti di competenza e altresi’ nella partecipazione a specifici gruppi di lavoro o ad organismi nazionali, europei ed internazionali.
3. L’ENEA opera in piena autonomia per lo svolgimento delle funzioni istituzionali assegnate dal presente articolo e dagli atti indicati al comma 7, nel limite delle risorse finanziarie, strumentali e di personale del soppresso Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente di cui al decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257.
4. Sono organi dell’ENEA:
a) il presidente;
b) il consiglio di amministrazione;
c) il collegio dei revisori dei conti.
5. Il presidente e’ il legale rappresentante dell’ENEA, la dirige e ne e’ responsabile.
6. Il consiglio di amministrazione, formato da tre componenti, incluso il presidente, e’ nominato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quattro anni, rinnovabili una sola volta, ed i componenti sono scelti tra persone con elevata e documentata qualificazione tecnica, scientifica o gestionale nei settori di competenza dell’ENEA.
7. Entro sei mesi dalla nomina il consiglio di amministrazione propone al Ministro dello sviluppo economico, in coerenza con obiettivi di funzionalita’, efficienza ed economicita’, lo schema di statuto e i regolamenti di amministrazione, finanza e contabilita’ e del personale, che sono adottati dal Ministro dello sviluppo economico sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con lo statuto sono altresi’ disciplinate le modalita’ di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del collegio dei revisori dei conti, formato da tre componenti, di cui uno nominato dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e uno dal Ministro dell’economia e delle finanze.
8. Entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti di cui al comma 7 il Ministro dello sviluppo economico esercita il controllo di legittimita’ e di merito sui predetti atti in conformita’ ai principi e criteri direttivi previsti dall’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in quanto compatibili con la presente legge, sentiti, per le parti di competenza, il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
9. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro quarantacinque giorni dalla nomina del presidente dell’ENEA, e’ determinata la dotazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell’ENEA, attenendosi al principio dell’ottimizzazione e razionalizzazione della spesa.
10. Alle risorse umane dell’ENEA si applica il contratto di lavoro dei dipendenti degli enti di ricerca.
11. Nel quadro del complessivo riordino del sistema nazionale della ricerca, sono individuate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell’ENEA, le risorse umane e strumentali funzionali allo svolgimento delle previste attivita’.
12. A decorrere dalla scadenza del termine di approvazione degli atti previsti al comma 7, e’ abrogato il decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257.
13. All’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
Art. 5
Disposizioni per incentivare la mobilita’ sostenibile
1. Nell’ambito dei progetti finanziati ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, la quota di risorse di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e’ destinata prioritariamente, nel limite di 35 milioni di euro, al programma sperimentale nazionale di mobilita’ sostenibile casa-scuola e casa-lavoro, di cui al comma 2 del presente articolo, per il finanziamento di progetti, predisposti da uno o piu’ enti locali e riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diretti a incentivare iniziative di mobilita’ sostenibile, incluse iniziative di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing, la realizzazione di percorsi protetti per gli spostamenti, anche collettivi e guidati, tra casa e scuola, a piedi o in bicicletta, di laboratori e uscite didattiche con mezzi sostenibili, di programmi di educazione e sicurezza stradale, di riduzione del traffico, dell’inquinamento e della sosta degli autoveicoli in prossimita’ degli istituti scolastici o delle sedi di lavoro, anche al fine di contrastare problemi derivanti dalla vita sedentaria. Tali programmi possono comprendere la cessione a titolo gratuito di «buoni mobilita’» ai lavoratori che usano mezzi di trasporto sostenibili. Nel sito web del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e’ predisposta una sezione denominata «Mobilita’ sostenibile», nella quale sono inseriti e tracciati i finanziamenti erogati per il programma di mobilita’ sostenibile, ai fini della trasparenza e della maggiore fruibilita’ dei progetti.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, per i profili di competenza, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definiti il programma sperimentale nazionale di mobilita’ sostenibile casa-scuola e casa-lavoro nonche’ le modalita’ e i criteri per la presentazione dei progetti di cui al comma 1 mediante procedure di evidenza pubblica. Entro sessanta giorni dalla presentazione dei progetti, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, per i profili di competenza, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si provvede alla ripartizione delle risorse e all’individuazione degli enti beneficiari. Gli schemi dei decreti di cui al primo e al secondo periodo, da predisporre sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono trasmessi alle Camere, ai fini dell’acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. I pareri di cui al presente comma sono espressi entro trenta giorni dall’assegnazione, decorsi i quali i decreti sono comunque adottati.
3. Al fine di incentivare la mobilita’ sostenibile tra i centri abitati dislocati lungo l’asse ferroviario Bologna-Verona, promuovere i trasferimenti casa-lavoro nonche’ favorire il ciclo-turismo verso le citta’ d’arte della Pianura padana attraverso il completamento del corridoio europeo EUROVELO 7, e’ assegnato alla regione Emilia-Romagna, promotrice a tal fine di un apposito accordo di programma con gli enti interessati, un contributo pari a euro 5 milioni per l’anno 2016 per il recupero e la riqualificazione ad uso ciclo-pedonale del vecchio tracciato ferroviario dismesso, la cui area di sedime e’ gia’ nella disponibilita’ dei suddetti enti. All’onere derivante dal presente comma si provvede, quanto a 4 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e, quanto ad 1 milione di euro, mediante corrispondente riduzione delle risorse dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 29, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, iscritte nel capitolo 3070 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
4. All’articolo 2, terzo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dopo il terzo periodo e’ inserito il seguente: «L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
5. All’articolo 210, quinto comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dopo il terzo periodo e’ inserito il seguente: «L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
6. Al fine di assicurare l’abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la riduzione al minimo dell’uso individuale dell’automobile privata e il contenimento del traffico, nel rispetto della normativa vigente e fatte salve l’autonomia didattica e la liberta’ di scelta dei docenti, il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti per i profili di competenza i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, specifiche linee guida per favorire l’istituzione in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nell’ambito della loro autonomia amministrativa ed organizzativa, della figura del mobility manager scolastico, scelto su base volontaria e senza riduzione del carico didattico, in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e tenuto conto dell’organizzazione didattica esistente. Il mobility manager scolastico ha il compito di organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni; mantenere i collegamenti con le strutture comunali e le aziende di trasporto; coordinarsi con gli altri istituti scolastici presenti nel medesimo comune; verificare soluzioni, con il supporto delle aziende che gestiscono i servizi di trasporto locale, su gomma e su ferro, per il miglioramento dei servizi e l’integrazione degli stessi; garantire l’intermodalita’ e l’interscambio; favorire l’utilizzo della bicicletta e di servizi di noleggio di veicoli elettrici o a basso impatto ambientale; segnalare all’ufficio scolastico regionale eventuali problemi legati al trasporto dei disabili. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Note all’art. 5:
Si riporta il testo dell’art. 19 del d.lgs. 13 marzo
2013, n. 30 (Attuazione della direttiva 2009/29/CE che
modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed
estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di
emissione di gas a effetto serra), “, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013:
“Art. 19. Messa all’asta delle quote. – 1. A decorrere
dall’anno 2013, la messa all’asta della quantita’ di quote
determinata con decisione della Commissione europea, ai
sensi dell’art. 10, paragrafo 2, della direttiva
2003/87/CE, e’ disciplinata dal regolamento sulle aste. A
tale fine il GSE svolge il ruolo di responsabile per il
collocamento di cui al regolamento sulle aste e pone in
essere a questo scopo tutte le attivita’ necessarie,
propedeutiche, connesse e conseguenti, ivi incluse quelle
finalizzate a consentire alla Piattaforma d’Asta di
trattenere le risorse necessarie per il pagamento del
Sorvegliante d’Asta, in conformita’ al citato regolamento e
agli eventuali indirizzi e norme dei Ministeri competenti.
2. I proventi delle aste sono versati al GSE in un
apposito conto corrente dedicato “Trans-European Automated
Real-time Gross Settlement Express Transfer System”
(“TARGET2”). Il GSE trasferisce i proventi delle aste ed i
relativi interessi maturati su un apposito conto acceso
presso la Tesoreria dello Stato, intestato al Dipartimento
del tesoro, dandone contestuale comunicazione ai ministeri
interessati. Detti proventi sono successivamente versati
all’entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnati, fatto salvo quanto previsto dal comma 5, ad
appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di
destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari, ai
sensi e per gli effetti della direttiva 2009/29/CE, degli
stati di previsione interessati. Le somme di cui al primo
ed al secondo periodo del presente comma sono sottoposte a
gestione separata e non sono pignorabili.
3. Alla ripartizione delle risorse di cui al comma 2 si
provvede, previa verifica dell’entita’ delle quote
restituite e dei corrispondenti proventi derivanti dalla
messa all’asta delle quote di cui al comma 1, con decreti
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo
economico e dell’economia e delle finanze da emanarsi entro
il 31 maggio dell’anno successivo a quello di effettuazione
delle aste, nella misura del 70 per cento a favore del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e del 30 per cento a favore del Ministero dello
sviluppo economico.
4. Un’apposita convenzione fra il Ministero
dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro e
il GSE definisce le attivita’ che lo stesso GSE sostiene in
qualita’ di “responsabile del collocamento”, in coerenza
con il regolamento n. 1031/2011, ivi compresa la gestione
del conto di cui al presente articolo. Ai relativi oneri si
provvede a valere sui proventi delle aste ai sensi del
comma 6, lettera i).
5. Il 50 per cento dei proventi derivanti dalle singole
aste e’ riassegnato con i decreti di cui al comma 3 ad
apposito capitolo di spesa del Ministero dello sviluppo
economico, ai fini di cui al comma 5, art. 2, del
decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 2010, n. 111, sino
alla concorrenza dei crediti previsti dal comma 3, art. 2,
del citato decreto-legge n. 72 del 2010. I crediti degli
aventi diritto di cui al citato comma 3 dell’art. 2
verranno liquidati entro l’anno 2015. Dall’anno 2016 detti
proventi sono riassegnati, ai sensi dell’art. 25, comma 1,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, al
Fondo ammortamento titoli di Stato di cui all’art. 2, comma
1, della legge 27 ottobre 1993, n. 432.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, il 50 per
cento dei proventi delle singole aste e’ destinato alle
seguenti attivita’ per misure aggiuntive rispetto agli
oneri complessivamente derivanti a carico della finanza
pubblica dalla normativa vigente alla data di entrata in
vigore del presente decreto:
a) ridurre le emissioni dei gas a effetto serra, anche
contribuendo al Fondo globale per l’efficienza energetica e
le energie rinnovabili e al Fondo di adattamento, cosi’
come reso operativo dalla conferenza di Poznan sui
cambiamenti climatici (COP 14 e COP/MOP 4), favorire
l’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici e
finanziare attivita’ di ricerca e di sviluppo e progetti
dimostrativi volti all’abbattimento delle emissioni e
all’adattamento ai cambiamenti climatici, compresa la
partecipazione alle iniziative realizzate nell’ambito del
Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche e
delle piattaforme tecnologiche europee;
b) sviluppare le energie rinnovabili al fine di
rispettare l’impegno comunitario di utilizzare il 20 per
cento di energia rinnovabile entro il 2020 e sviluppare
altre tecnologie che contribuiscano alla transizione verso
un’economia a basse emissioni di carbonio sicura e
sostenibile e aiutare a rispettare l’impegno comunitario di
incrementare l’efficienza energetica del 20 per cento per
il 2020;
c) favorire misure atte ad evitare la deforestazione e
ad accrescere l’afforestazione e la riforestazione nei
Paesi in via di sviluppo che avranno ratificato l’accordo
internazionale sui cambiamenti climatici, trasferire
tecnologie e favorire l’adattamento agli effetti avversi
del cambiamento climatico in tali Paesi;
d) favorire il sequestro mediante silvicoltura nella
Comunita’;
d-bis) rafforzare la tutela degli ecosistemi terrestri
e marini, a partire dalle aree e dai siti protetti
nazionali, internazionali e dell’Unione europea, anche
mediante l’impiego di idonei mezzi e strutture per il
monitoraggio, il controllo e il contrasto
dell’inquinamento;
e) incentivare la cattura e lo stoccaggio geologico
ambientalmente sicuri di CO2, in particolare quello emesso
dalle centrali a combustibili fossili solidi e da una serie
di settori e sottosettori industriali, anche nei Paesi
terzi;
f) incoraggiare il passaggio a modalita’ di trasporto
pubblico a basse emissioni;
g) finanziare la ricerca e lo sviluppo dell’efficienza
energetica e delle tecnologie pulite nei settori
disciplinati dal presente decreto;
h) favorire misure intese ad aumentare l’efficienza
energetica e l’isolamento delle abitazioni o a fornire un
sostegno finanziario per affrontare le problematiche
sociali dei nuclei a reddito medio-basso;
i) coprire le spese amministrative connesse al sistema
per lo scambio di quote di emissioni di gas ad effetto
serra nella Comunita’ istituito ai sensi della direttiva
2003/87/CE, diverse dai costi di cui alla direttiva
2003/87/CE, diverse dai costi di cui all’art. 41.
7. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e il Ministero dello sviluppo
economico presentano, a norma della decisione n.
280/2004/CE, alla Commissione europea una relazione
sull’utilizzo dei proventi e sulle azioni adottate in
conformita’ con il comma 5.
8. Al fine di consentire alla Commissione europea la
predisposizione della relazione sul funzionamento del
mercato del carbonio di cui all’art. 10, comma 5, della
direttiva 2003/87/CE, il Comitato, se necessario, trasmette
alla Commissione europea ogni informazione pertinente
almeno due mesi prima l’approvazione della citata
relazione. A tale fine, fermo restando gli obblighi di
riservatezza di cui al regolamento aste, il Comitato puo’
richiedere le informazioni necessarie alla Segreteria
tecnica ed al GSE relativamente alla sua funzione di
responsabile per il collocamento.”
Si riporta il testo dell’art. 8 del d.lgs. 28 agosto
1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse
comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la
Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali), pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 30 agosto 1997, n. 202:
“Art. 8 Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e
Conferenza unificata. – 1. La Conferenza Stato-citta’ ed
autonomie locali e’ unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita’ montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per
sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per
gli affari regionali nella materia di rispettiva
competenza; ne fanno parte altresi’ il Ministro del tesoro
e del bilancio e della programmazione economica, il
Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il
Ministro della sanita’, il presidente dell’Associazione
nazionale dei comuni d’Italia – ANCI, il presidente
dell’Unione province d’Italia – UPI ed il presidente
dell’Unione nazionale comuni, comunita’ ed enti montani –
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI cinque
rappresentano le citta’ individuate dall’art. 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche’ rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita’ o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e’
convocata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e’ conferito, dal
Ministro dell’interno.”
Si riporta il testo dell’art. 10, comma 5, del citato
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307:
“5. Al fine di agevolare il perseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi
volti alla riduzione della pressione fiscale, nello stato
di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze
e’ istituito un apposito «Fondo per interventi strutturali
di politica economica», alla cui costituzione concorrono le
maggiori entrate, valutate in 2.215,5 milioni di euro per
l’anno 2005, derivanti dal comma 1.”
Si riporta il testo dell’art. 29, comma 1, del citato
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326:
“1. Ai fini del perseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica previsti per l’anno 2004 attraverso la
dismissione di beni immobili dello Stato, in funzione del
patto di stabilita’ e crescita, si provvede alla
alienazione di tali immobili con prioritario riferimento a
quelli per i quali sia stato gia’ determinato il valore di
mercato. L’Agenzia del demanio e’ autorizzata, con decreto
dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze di
concerto con i Ministeri interessati, a vendere a
trattativa privata, anche in blocco, beni immobili adibiti
o comunque destinati ad uffici pubblici non assoggettati
alle disposizioni in materia di tutela del patrimonio
culturale dettate dal decreto legislativo 29 ottobre 1999,
n. 490, ovvero per i quali sia stato accertato, con le
modalita’ indicate nell’art. 27 del presente decreto,
l’inesistenza dell’interesse culturale. La vendita fa
venire meno l’uso governativo, ovvero l’uso pubblico e
l’eventuale diritto di prelazione spettante ad enti
pubblici anche in caso di rivendita. Si applicano le
disposizioni di cui al secondo periodo del comma 17
dell’art. 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre
2001, n. 410, nonche’ al primo ed al secondo periodo del
comma 18 del medesimo art. 3. Per l’anno 2004, una quota
delle entrate rivenienti dalla vendita degli immobili di
cui al presente articolo, nel limite di 50 milioni di euro,
e’ iscritta nello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze in apposito fondo, per
provvedere alla spesa per canoni, oneri e ogni ulteriore
incombenza connessi alla locazione degli immobili stessi.
Una quota, stabilita con decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze, delle risorse di cui agli articoli 28,
comma 3, e 29, comma 4, della legge 18 febbraio 1999, n.
28, non impegnate al termine dell’esercizio finanziario
2003, e’ versata all’entrata del bilancio dello Stato per
essere riassegnata, con decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze, al fondo di cui al precedente periodo, ai
sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469. Resta fermo che
le risorse di cui all’art. 29, comma 4, della legge n. 28
del 1999, affidate al citato fondo sono destinate alla
spesa per i canoni di locazione di immobili per il Corpo
della Guardia di finanza; la rimanente parte delle risorse
stanziate per l’anno 2000 e non impegnate al termine
dell’esercizio finanziario 2003 e’ destinata all’incremento
delle dotazioni finanziarie finalizzate alla realizzazione
del programma di interventi infrastrutturali del Corpo. Il
fondo e’ attribuito alle pertinenti unita’ previsionali di
base degli stati di previsione interessati con decreti del
Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del
Ministro competente, da comunicare, anche con evidenze
informatiche, tramite l’Ufficio centrale di bilancio alle
relative Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti. A
decorrere dall’anno 2005, l’importo del fondo e’
determinato con la legge di bilancio. Agli immobili ceduti
ai sensi del presente comma si applicano l’ultimo periodo
dell’art. 2, comma 6, e l’art. 4, comma 2-ter, del
decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con
modificazioni, della legge 23 novembre 2001, n. 410.”
Si riporta il testo degli articoli 2 e 210 del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124, come modificati dalla presente legge:
“Art. 2. – L’assicurazione comprende tutti i casi di
infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di
lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilita’
permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero
un’inabilita’ temporanea assoluta che importi l’astensione
dal lavoro per piu’ di tre giorni.
Agli effetti del presente decreto, e’ considerata
infortunio sul lavoro l’infezione carbonchiosa. Non e’
invece compreso tra i casi di infortunio sul lavoro
l’evento dannoso derivante da infezione malarica, il quale
e’ regolato da disposizioni speciali.
Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto
indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate,
l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle
persone assicurate durante il normale percorso di andata e
ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante
il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il
lavoratore ha piu’ rapporti di lavoro e, qualora non sia
presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale
percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello
di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la
deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a
cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed
improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente
rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo
del mezzo di trasporto privato, purche’ necessitato. L’uso
del velocipede, come definito ai sensi dell’art. 50 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive
modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali,
intendersi sempre necessitato. Restano, in questo caso,
esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di
alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di
stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non
opera nei confronti del conducente sprovvisto della
prescritta abilitazione di guida.”
“Art. 210. – L’assicurazione secondo il presente titolo
comprende tutti i casi di infortunio avvenuto per causa
violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la
morte o un’inabilita’ permanente al lavoro, assoluta o
parziale, ovvero un’inabilita’ temporanea assoluta che
importi l’astensione dal lavoro per piu’ di tre giorni.
Deve considerarsi come inabilita’ permanente assoluta
la conseguenza di un infortunio la quale tolga
completamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro.
Deve considerarsi come inabilita’ permanente parziale
la conseguenza di un infortunio, la quale diminuisca in
misura superiore al quindici per cento e per tutta la vita
l’attitudine al lavoro, in conformita’ della tabella
allegato n. 2.
Si considera come inabilita’ temporanea assoluta la
conseguenza di un infortunio che impedisca totalmente e di
fatto per un determinato periodo di tempo di attendere al
lavoro.
Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto
indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate,
l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle
persone assicurate durante il normale percorso di andata e
ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante
il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il
lavoratore ha piu’ rapporti di lavoro e, qualora non sia
presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale
percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello
di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la
deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a
cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed
improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente
rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo
del mezzo di trasporto privato, purche’ necessitato. L’uso
del velocipede, come definito ai sensi dell’art. 50 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive
modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali,
intendersi sempre necessitato. Restano, in questo caso,
esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di
alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di
stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non
opera nei confronti del conducente sprovvisto della
prescritta abilitazione di guida.”
Art. 6
Disposizioni in materia di aree marine protette
1. Per la piu’ rapida istituzione delle aree marine protette, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 32 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, e’ incrementata di 800.000 euro per l’anno 2015. Per il potenziamento della gestione e del funzionamento delle aree marine protette istituite, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 10, della legge 23 marzo 2001, n. 93, e’ incrementata di 1 milione di euro a decorrere dal 2016.
2. Agli oneri di cui al comma 1, pari a 800.000 euro per l’anno 2015 e a 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennnale 2015-2017, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. Al fine di valorizzare la peculiare specificita’ naturalistica di straordinari ecosistemi marini sommersi, all’articolo 36, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, dopo la lettera ee-sexies) e’ aggiunta la seguente:
«ee-septies) Banchi Graham, Terribile, Pantelleria e Avventura nel Canale di Sicilia, limitatamente alle parti rientranti nella giurisdizione nazionale, da istituire anche separatamente».
Note all’art. 6:
Si riporta il testo dell’art. 32 della legge 31
dicembre 1982, n. 979 (Disposizioni per la difesa del
mare), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16 (S.O.) del
18 gennaio 1983:
“Art. 32. – Per l’onere derivante dall’attuazione degli
articoli 26 e 28 e’ autorizzata, per il periodo 1982-1985,
la spesa complessiva di lire 3.000 milioni, da iscrivere
nello stato di previsione della spesa del Ministero della
marina mercantile secondo quote che saranno determinate in
sede di legge finanziaria di cui all’art. 11 della legge 5
agosto 1978, n. 468 .
La quota relativa all’anno 1982 e’ determinata in lire
500 milioni.”
Si riporta il testo dell’art. 8, comma 10, della legge
23 marzo 2001, n. 93 “Disposizioni in campo ambientale”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile
2001:
“10. Per il funzionamento e la gestione delle aree
protette marine previste dalla legge 31 dicembre 1982, n.
979, e legge 6 dicembre 1991, n. 394, e’ autorizzata la
spesa di lire 3.000 milioni a decorrere dall’anno 2001.
Nelle medesime aree protette marine e’ autorizzata per
investimenti la spesa di lire 2.000 milioni a decorrere
dall’anno 2000.”
Si riporta il testo dell’art. 36, comma 1, della legge
6 dicembre 1991, n. 394, come modificato dalla presente
legge:
“Art. 36 Aree marine di reperimento. – 1. Sulla base
delle indicazioni programmatiche di cui all’art. 4, possono
essere istituiti parchi marini o riserve marine, oltre che
nelle aree di cui all’art. 31 della legge 31 dicembre 1982,
n. 979, nelle seguenti aree:
a) Isola di Gallinara;
b) Monti dell’Uccellina – Formiche di Grosseto – Foce
dell’Ombrone – Talamone;
c) Secche di Torpaterno;
d) Penisola della Campanella – Isola di Capri;
e) Costa degli Infreschi;
f) Costa di Maratea;
g) Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli);
h) Costa del Monte Conero;
i) Isola di Pantelleria;
l) Promontorio Monte Cofano – Golfo di Custonaci;
m) Acicastello – Le Grotte;
n) Arcipelago della Maddalena (isole ed isolotti
compresi nel territorio del comune della Maddalena);
o) Capo Spartivento – Capo Teulada;
p) Capo Testa – Punta Falcone;
q) Santa Maria di Castellabate;
r) Monte di Scauri;
s) Monte a Capo Gallo – Isola di Fuori o delle Femmine;
t) Parco marino del Piceno;
u) Isole di Ischia, Vivara e Procida, area marina
protetta integrata denominata «regno di Nettuno»;
v) Isola di Bergeggi;
z) Stagnone di Marsala;
aa) Capo Passero;
bb) Pantani di Vindicari;
cc) Isola di San Pietro;
dd) Isola dell’Asinara;
ee) Capo Carbonara;
ee-bis) Parco marino «Torre del Cerrano»;
ee-ter) Alto Tirreno-Mar Ligure «Santuario dei
cetacei»;
ee-quater) Penisola Maddalena-Capo Murro Di Porco;
ee-quinquies) Grotte di Ripalta-Torre Calderina;
ee-sexies) Capo Milazzo;
ee-septies) Banchi Graham, Terribile, Pantelleria e
Avventura nel Canale di Sicilia, limitatamente alle parti
rientranti nella giurisdizione nazionale, da istituire
anche separatamente.”
Art. 7
Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle
aree protette e vulnerabili e modifiche alla legge n. 157 del 1992
1. E’ vietata l’immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate. Alla violazione di tale divieto si applica la sanzione prevista dall’articolo 30, comma 1, lettera l), della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2. E’ vietato il foraggiamento di cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attivita’ di controllo. Alla violazione di tale divieto si applica la sanzione prevista dall’articolo 30, comma 1, lettera l), della citata legge n. 157 del 1992.
3. Fermi restando i divieti di cui ai commi 1 e 2, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i piani faunistico-venatori di cui all’articolo 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, provvedendo alla individuazione, nel territorio di propria competenza, delle aree nelle quali, in relazione alla presenza o alla contiguita’ con aree naturali protette o con zone caratterizzate dalla localizzazione di produzioni agricole particolarmente vulnerabili, e’ fatto divieto di allevare e immettere la specie cinghiale (Sus scrofa).
4. All’articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
«6-bis. Ai fini dell’esercizio delle deroghe previste dall’articolo 9 della direttiva 2009/147/CE, le regioni, in sede di rilascio delle autorizzazioni per il prelievo dello storno (Sturnus vulgaris) ai sensi del presente articolo, con riferimento alla individuazione delle condizioni di rischio e delle circostanze di luogo, consentono l’esercizio dell’attivita’ di prelievo qualora esso sia praticato in prossimita’ di nuclei vegetazionali produttivi sparsi e sia finalizzato alla tutela della specificita’ delle coltivazioni regionali».
5. Alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
«2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle nutrie, alle arvicole. In ogni caso, per le specie alloctone, comprese quelle di cui al periodo precedente, con esclusione delle specie individuate dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2015, la gestione e’ finalizzata all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni; gli interventi di controllo o eradicazione sono realizzati come disposto dall’articolo 19»;
b) all’articolo 2, il comma 2-bis e’ abrogato;
c) all’articolo 5, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3-bis. L’autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 3 costituisce titolo abilitativo e condizione per la sistemazione del sito e l’istallazione degli appostamenti strettamente funzionali all’attivita’, che possono permanere fino a scadenza dell’autorizzazione stessa e che, fatte salve le preesistenze a norma delle leggi vigenti, non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi, abbiano natura precaria, siano realizzati in legno o con altri materiali leggeri o tradizionali della zona, o con strutture in ferro anche tubolari, o in prefabbricato quando interrati o immersi, siano privi di opere di fondazione e siano facilmente ed immediatamente rimuovibili alla scadenza dell’autorizzazione.
3-ter. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con proprie norme le caratteristiche degli appostamenti nel rispetto del comma 3-bis».
Note all’art. 7:
Si riporta il testo degli articoli 30, comma 1 e 10
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
46 del 25 febbraio 1992:
“Art. 30 Sanzioni penali. – 1. Per le violazioni delle
disposizioni della presente legge e delle leggi regionali
si applicano le seguenti sanzioni:
a) l’arresto da tre mesi ad un anno o l’ammenda da lire
1.800.000 a lire 5.000.000 (da euro 929 a euro 2.582) per
chi esercita la caccia in periodo di divieto generale,
intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura
fissata dall’art. 18;
b) l’arresto da due a otto mesi o l’ammenda da lire
1.500.000 a lire 4.000.000 (da euro 774 a euro 2.065) per
chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi
nell’elenco di cui all’art. 2;
c) l’arresto da tre mesi ad un anno e l’ammenda da lire
2.000.000 a lire 12.000.000 (da euro 1.032 a euro 6.197)
per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso,
stambecco, camoscio d’Abruzzo, muflone sardo;
d) l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da lire
900.000 a lire 3.000.000 (da euro 464 a euro 1.549) per chi
esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi
naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di
protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei
parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attivita’
sportive;
e) l’arresto fino ad un anno o l’ammenda da lire
1.500.000 a lire 4.000.000 (da euro 774 a euro 2.065) per
chi esercita l’uccellagione;
f) l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a lire
1.000.000 (euro 516) per chi esercita la caccia nei giorni
di silenzio venatorio;
g) l’ammenda fino a lire 6.000.000 (euro 3.098) per chi
abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla
tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella
lettera b), della quale sia vietato l’abbattimento;
h) l’ammenda fino a lire 3.000.000 (euro 1.549) per chi
abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli
nei cui confronti la caccia non e’ consentita o fringillidi
in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia
con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita
la caccia con l’ausilio di richiami vietati di cui all’art.
21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si
applica altresi’ la misura della confisca dei richiami;
i) l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a lire
4.000.000 (euro 2.065) per chi esercita la caccia sparando
da autoveicoli, da natanti o da aeromobili;
l) l’arresto da due a sei mesi o l’ammenda da lire
1.000.000 a lire 4.000.000 (da euro 516 a euro 2.065) per
chi pone in commercio o detiene a tal fine fauna selvatica
in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la
fauna di cui alle lettere b), c) e g), le pene sono
raddoppiate.”
“Art. 10 Piani faunistico-venatori. – 1. Tutto il
territorio agro-silvo-pastorale nazionale e’ soggetto a
pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto
attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle
effettive capacita’ riproduttive e al contenimento naturale
di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al
conseguimento della densita’ ottimale e alla sua
conservazione mediante la riqualificazione delle risorse
ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. Le regioni e le province, con le modalita’ previste
ai commi 7 e 10, realizzano la pianificazione di cui al
comma 1 mediante la destinazione differenziata del
territorio.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione
e’ destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a
protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il
territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce
zona faunistica a se’ stante ed e’ destinato a protezione
nella percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette
percentuali sono compresi i territori ove sia comunque
vietata l’attivita’ venatoria anche per effetto di altre
leggi o disposizioni.
4. Il territorio di protezione di cui al comma 3
comprende anche i territori di cui al comma 8, lettere a),
b) e c). Si intende per protezione il divieto di
abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da
provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la
riproduzione, la cura della prole.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale puo’
essere destinato nella percentuale massima globale del 15
per cento a caccia riservata a gestione privata ai sensi
dell’art. 16, comma 1, e a centri privati di riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale.
6. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale le
regioni promuovono forme di gestione programmata della
caccia, secondo le modalita’ stabilite dall’art. 14.
7. Ai fini della pianificazione generale del territorio
agro-silvo-pastorale le province predispongono,
articolandoli per comprensori omogenei, piani
faunistico-venatori. Le province predispongono altresi’
piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la
riproduzione naturale di fauna selvatica nonche’ piani di
immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di
selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e
regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento
delle compatibilita’ genetiche da parte dell’Istituto
nazionale per la fauna selvatica e sentite le
organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato
tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro
strutture regionali.
8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7
comprendono:
a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla
riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed
alla cattura della stessa per l’immissione sul territorio
in tempi e condizioni utili all’ambientamento fino alla
ricostituzione e alla stabilizzazione della densita’
faunistica ottimale per il territorio;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione
delle popolazioni autoctone;
d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica
allo stato naturale, organizzati in forma di azienda
agricola singola, consortile o cooperativa, ove e’ vietato
l’esercizio dell’attivita’ venatoria ed e’ consentito il
prelievo di animali allevati appartenenti a specie
cacciabili da parte del titolare dell’impresa agricola, di
dipendenti della stessa e di persone nominativamente
indicate;
e) le zone e i periodi per l’addestramento,
l’allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica
naturale o con l’abbattimento di fauna di allevamento
appartenente a specie cacciabili, la cui gestione puo’
essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero
ad imprenditori agricoli singoli o associati;
f) i criteri per la determinazione del risarcimento in
favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni
arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e
alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di
cui alle lettere a), b) e c);
g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in
favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici,
singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al
ripristino degli habitat naturali e all’incremento della
fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
h) l’identificazione delle zone in cui sono collocabili
gli appostamenti fissi.
9. Ogni zona dovra’ essere indicata da tabelle
perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni
impartite dalle regioni, apposte a cura dell’ente,
associazione o privato che sia preposto o incaricato della
gestione della singola zona.
10. Le regioni attuano la pianificazione
faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani
provinciali di cui al comma 7 secondo criteri dei quali
l’Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce la
omogeneita’ e la congruenza a norma del comma 11, nonche’
con l’esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato
adempimento da parte delle province dopo dodici mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, l’Istituto nazionale per la fauna
selvatica trasmette al Ministro dell’agricoltura e delle
foreste e al Ministro dell’ambiente il primo documento
orientativo circa i criteri di omogeneita’ e congruenza che
orienteranno la pianificazione faunistico-venatoria. I
Ministri, d’intesa, trasmettono alle regioni con proprie
osservazioni i criteri della programmazione, che deve
essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e della
consistenza faunistica, da conseguirsi anche mediante
modalita’ omogenee di rilevazione e di censimento.
12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i
criteri per la individuazione dei territori da destinare
alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di
aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
13. La deliberazione che determina il perimetro delle
zone da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b)
e c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori
dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione
all’albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.
14. Qualora nei successivi sessanta giorni sia
presentata opposizione motivata, in carta semplice ed
esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o
conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento
della superficie complessiva che si intende vincolare, la
zona non puo’ essere istituita.
15. Il consenso si intende validamente accordato anche
nel caso in cui non sia stata presentata formale
opposizione.
16. Le regioni, in via eccezionale, ed in vista di
particolari necessita’ ambientali, possono disporre la
costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di
ripopolamento e cattura, nonche’ l’attuazione dei piani di
miglioramento ambientale di cui al comma 7.
17. Nelle zone non vincolate per la opposizione
manifestata dai proprietari o conduttori di fondi
interessati, resta, in ogni caso, precluso l’esercizio
dell’attivita’ venatoria. Le regioni possono destinare le
suddette aree ad altro uso nell’ambito della pianificazione
faunistico-venatoria.”
Si riporta il testo degli articoli 19-bis, 2 e 5 della
citata legge 11 febbraio 1992, n. 157, come modificati
dalla presente legge:
“Art. 19-bis. Esercizio delle deroghe previste
dall’art. 9 della direttiva 2009/147/CE. – 1. Le regioni
disciplinano l’esercizio delle deroghe previste dalla
direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 30 novembre 2009, conformandosi alle
prescrizioni dell’art. 9, ai principi e alle finalita’
degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle
disposizioni della presente legge.
2. Le deroghe possono essere disposte dalle regioni e
province autonome, con atto amministrativo, solo in assenza
di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per
periodi limitati. Le deroghe devono essere giustificate da
un’analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni e
devono menzionare la valutazione sull’assenza di altre
soluzioni soddisfacenti, le specie che ne formano oggetto,
i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati,
le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di
luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e
complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le
particolari forme di vigilanza cui il prelievo e’ soggetto
e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto
previsto dall’art. 27, comma 2. I soggetti abilitati al
prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni. Fatte
salve le deroghe adottate ai sensi dell’art. 9, paragrafo
1, lettera b), della direttiva 2009/147/CE, ai soggetti
abilitati e’ fornito un tesserino sul quale devono essere
annotati i capi oggetto di deroga subito dopo il loro
recupero. Le regioni prevedono sistemi periodici di
verifica allo scopo di sospendere tempestivamente il
provvedimento di deroga qualora sia accertato il
raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o
dello scopo, in data antecedente a quella originariamente
prevista.
3. Le deroghe di cui al comma 1 sono adottate sentito
l’ISPRA e non possono avere comunque ad oggetto specie la
cui consistenza numerica sia in grave diminuzione.
L’intenzione di adottare un provvedimento di deroga che
abbia ad oggetto specie migratrici deve entro il mese di
aprile di ogni anno essere comunicata all’ISPRA, il quale
si esprime entro e non oltre quaranta giorni dalla
ricezione della comunicazione. Per tali specie, la
designazione della piccola quantita’ per deroghe adottate
ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, lettera c), della
direttiva 2009/147/CE e’ determinata, annualmente, a
livello nazionale, dall’ISPRA. Nei limiti stabiliti
dall’ISPRA, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano provvede a ripartire tra le regioni interessate il
numero di capi prelevabili per ciascuna specie. Le
disposizioni di cui al terzo e al quarto periodo del
presente comma non si applicano alle deroghe adottate ai
sensi dell’art. 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva
2009/147/CE.
4. Il provvedimento di deroga, ad eccezione di quelli
adottati ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, lettera b),
della direttiva 2009/147/CE, e’ pubblicato nel Bollettino
Ufficiale regionale almeno sessanta giorni prima della data
prevista per l’inizio delle attivita’ di prelievo. Della
pubblicazione e’ data contestuale comunicazione al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare. Fatto salvo il potere sostitutivo d’urgenza di cui
all’art. 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, diffida la regione interessata ad adeguare, entro
quindici giorni dal ricevimento della diffida stessa, i
provvedimenti di deroga adottati in violazione delle
disposizioni della presente legge e della direttiva
2009/147/CE. Trascorso tale termine e valutati gli atti
eventualmente posti in essere dalla regione, il Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, ne dispone
l’annullamento.
5. Le regioni, nell’esercizio delle deroghe di cui
all’art. 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva
2009/147/CE, provvedono, ferma restando la temporaneita’
dei provvedimenti adottati, nel rispetto di linee guida
emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione
trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero
al Ministro per gli affari regionali, al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali,
al Ministro per gli affari europei, nonche’ all’ISPRA una
relazione sull’attuazione delle deroghe di cui al presente
articolo; detta relazione e’ altresi’ trasmessa alle
competenti Commissioni parlamentari. Nel caso risulti dalla
relazione trasmessa che in una regione sia stato superato
il numero massimo di capi prelevabili di cui al comma 3,
quarto periodo, la medesima regione non e’ ammessa al
riparto nell’anno successivo. Il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare trasmette
annualmente alla Commissione europea la relazione di cui
all’art. 9, paragrafo 3, della direttiva 2009/147/CE.
6-bis. Ai fini dell’esercizio delle deroghe previste
dall’art. 9 della direttiva 2009/147/CE, le regioni, in
sede di rilascio delle autorizzazioni per il prelievo dello
storno (Sturnus vulgaris) ai sensi del presente articolo,
con riferimento alla individuazione delle condizioni di
rischio e delle circostanze di luogo, consentono
l’esercizio dell’attivita’ di prelievo qualora esso sia
praticato in prossimita’ di nuclei vegetazionali produttivi
sparsi e sia finalizzato alla tutela della specificita’
delle coltivazioni regionali.”
“Art. 2. Oggetto della tutela. – 1. Fanno parte della
fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge
le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono
popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato
di naturale liberta’ nel territorio nazionale. Sono
particolarmente protette, anche sotto il profilo
sanzionatorio, le seguenti specie:
a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato
(Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes
martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra lutra),
gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lynx lynx), foca
monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei
(Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus),
camoscio d’Abruzzo (Rupicapra pyrenaica);
b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus),
marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le
specie di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus
stellaris), tutte le specie di cicogne (Ciconiidae),
spatola (Platalea leucorodia), mignattaio (Plegadis
falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno
reale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus),
volpoca (Tadorna tadorna), fistione turco (Netta rufina),
gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di
rapaci diurni (Accipitriformes e falconiformes), pollo
sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina
prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere
tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra
avosetta), cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus),
occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola
pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano
corallino (Larus melanocephalus), gabbiano roseo (Larus
genei), sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna
maggiore (Sterna caspia), tutte le specie di rapaci
notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias
garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio
corallino (Phyrrhocorax pyrrhocorax);
c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o
convenzioni internazionali o apposito decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri indicano come
minacciate di estinzione.
2. Le norme della presente legge non si applicano alle
talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle nutrie,
alle arvicole. In ogni caso, per le specie alloctone,
comprese quelle di cui al periodo precedente, con
esclusione delle specie individuate dal decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare 19 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 31 del 7 febbraio 2015, la gestione e’ finalizzata
all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni;
gli interventi di controllo o eradicazione sono realizzati
come disposto dall’art. 19.
2-bis.(abrogato)
3. Il controllo del livello di popolazione degli
uccelli negli aeroporti, ai fini della sicurezza aerea, e’
affidato al Ministro dei trasporti.”
“Art. 5 Esercizio venatorio da appostamento fisso e
richiami vivi. – 1. Le regioni, su parere dell’Istituto
nazionale per la fauna selvatica, emanano norme per
regolamentare l’allevamento, la vendita e la detenzione di
uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili,
nonche’ il loro uso in funzione di richiami.
2. Le regioni emanano altresi’ norme relative alla
costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi di
cattura appartenenti alle specie di cui all’art. 4, comma
4, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l’attivita’
venatoria ai sensi dell’art. 12, comma 5, lettera b), la
detenzione di un numero massimo di dieci unita’ per ogni
specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unita’.
Per i cacciatori che esercitano l’attivita’ venatoria da
appostamento temporaneo con richiami vivi, il patrimonio di
cui sopra non potra’ superare il numero massimo complessivo
di dieci unita’.
3. Le regioni emanano norme per l’autorizzazione degli
appostamenti fissi, che le province rilasciano in numero
non superiore a quello rilasciato nell’annata venatoria
1989-1990.
3-bis. L’autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 3
costituisce titolo abilitativo e condizione per la
sistemazione del sito e l’istallazione degli appostamenti
strettamente funzionali all’attivita’, che possono
permanere fino a scadenza dell’autorizzazione stessa e che,
fatte salve le preesistenze a norma delle leggi vigenti,
non comportino alterazione permanente dello stato dei
luoghi, abbiano natura precaria, siano realizzati in legno
o con altri materiali leggeri o tradizionali della zona, o
con strutture in ferro anche tubolari, o in prefabbricato
quando interrati o immersi, siano privi di opere di
fondazione e siano facilmente ed immediatamente rimuovibili
alla scadenza dell’autorizzazione.
3-ter. Le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano definiscono con proprie norme le caratteristiche
degli apposta-menti nel rispetto del comma 3-bis.
4. L’autorizzazione di cui al comma 3 puo’ essere
richiesta da coloro che ne erano in possesso nell’annata
venatoria 1989-1990. Ove si realizzi una possibile
capienza, l’autorizzazione puo’ essere richiesta dagli
ultrasessantenni nel rispetto delle priorita’ definite
dalle norme regionali.
5. Non sono considerati fissi ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 12, comma 5, gli appostamenti per
la caccia agli ungulati e ai colombacci e gli appostamenti
di cui all’art. 14, comma 12.
6. L’accesso con armi proprie all’appostamento fisso
con l’uso di richiami vivi e’ consentito unicamente a
coloro che hanno optato per la forma di caccia di cui
all’art. 12, comma 5, lettera b). Oltre al titolare,
possono accedere all’appostamento fisso le persone
autorizzate dal titolare medesimo.
7. E’ vietato l’uso di richiami che non siano
identificabili mediante anello inamovibile, numerato
secondo le norme regionali che disciplinano anche la
procedura in materia.
8. La sostituzione di un richiamo puo’ avvenire
soltanto dietro presentazione all’ente competente del
richiamo morto da sostituire.
9. E’ vietata la vendita di uccelli di cattura
utilizzabili come richiami vivi per l’attivita’ venatoria.”
Art. 8
Norme di semplificazione in materia di valutazioni di impatto
ambientale incidenti su attivita’ di scarico a mare di acque e di
materiale di escavo di fondali marini e di loro movimentazione
1. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, al medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 104, dopo il comma 8 e’ aggiunto il seguente:
«8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla stessa autorita’ competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale»;
b) all’articolo 109:
1) il secondo periodo del comma 5 e’ soppresso;
2) dopo il comma 5 e’ aggiunto il seguente:
«5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorita’ competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. Nel caso di condotte o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica o di connessione con reti energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di impatto ambientale, l’autorizzazione e’ rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti».
2. Al punto 4-bis) dell’allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale» sono soppresse. La disciplina risultante dall’applicazione della disposizione di cui al presente comma si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Note all’art. 8:
Si riporta il testo dell’art. 26 del citato d.lgs. n.
152 del 2006:
“Art. 26. Decisione. – 1. Salvo quanto previsto
dall’art. 24, l’autorita’ competente conclude con
provvedimento espresso e motivato il procedimento di
valutazione dell’impatto ambientale nei centocinquanta
giorni successivi alla presentazione dell’istanza di cui
all’art. 23, comma 1. Nei casi in cui e’ necessario
procedere ad accertamenti ed indagini di particolare
complessita’, l’autorita’ competente, con atto motivato,
dispone il prolungamento del procedimento di valutazione
sino ad un massimo di ulteriori sessanta giorni dandone
comunicazione al proponente.
2. L’inutile decorso dei termini previsti dal presente
articolo ovvero dall’art. 24, implica l’esercizio del
potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che
provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti
interessate, entro sessanta giorni, previa diffida
all’organo competente ad adempire entro il termine di venti
giorni. Per i progetti sottoposti a valutazione di impatto
ambientale in sede non statale, si applicano le
disposizioni di cui al periodo precedente fino all’entrata
in vigore di apposite norme regionali e delle province
autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina
comunitaria vigente in materia e dei principi richiamati
all’art. 7, comma 7, lettera e) del presente decreto.
2-bis. La tutela avverso il silenzio
dell’Amministrazione e’ disciplinata dalle disposizioni
generali del processo amministrativo.
3. L’autorita’ competente puo’ richiedere al proponente
entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui
all’art. 24, comma 4, in un’unica soluzione, integrazioni
alla documentazione presentata, con l’indicazione di un
termine per la risposta che non puo’ superare i
quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del
proponente, per un massimo di ulteriori quarantacinque
giorni. L’autorita’ competente esprime il provvedimento di
valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni
dalla presentazione degli elaborati modificati.
3-bis. L’autorita’ competente, ove ritenga che le
modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti per il
pubblico, dispone che il proponente depositi copia delle
stesse ai sensi dell’art. 23, comma 3, e, contestualmente,
dia avviso dell’avvenuto deposito secondo le modalita’ di
cui all’art. 24, commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta
giorni dalla pubblicazione del progetto emendato ai sensi
del presente articolo, chiunque abbia interesse puo’
prendere visione del progetto e del relativo studio di
impatto ambientale, presentare proprie osservazioni, anche
fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e
valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli
elaborati ai sensi del comma 3. In questo caso, l’autorita’
competente esprime il provvedimento di valutazione
dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla scadenza
del termine previsto per la presentazione delle
osservazioni.
3-ter. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle
richieste di integrazioni da parte dell’autorita’
competente, non presentando gli elaborati modificati, o
ritiri la domanda, non si procede all’ulteriore corso della
valutazione.
4. Il provvedimento di valutazione dell’impatto
ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni,
intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi
comunque denominati in materia ambientale, necessari per la
realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto.
5. Il provvedimento contiene le condizioni per la
realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti,
nonche’ quelle relative ad eventuali malfunzionamenti. In
nessun caso puo’ farsi luogo all’inizio dei lavori senza
che sia intervenuto il provvedimento di valutazione
dell’impatto ambientale.
6. I progetti sottoposti alla fase di valutazione
devono essere realizzati entro cinque anni dalla
pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto
ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto
il provvedimento puo’ stabilire un periodo piu’ lungo.
Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza
del proponente, dall’autorita’ che ha emanato il
provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto
ambientale deve essere reiterata. I termini di cui al
presente comma si applicano ai procedimenti avviati
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.”
Si riporta il testo degli articoli 104, 109 e del punto
4-bis) dell’allegato II alla parte seconda del citato d.
lgs. n. 152 del 2006, come modificati dalla presente legge:
“Art. 104. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee. – 1. E’ vietato lo scarico diretto nelle acque
sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l’autorita’
competente, dopo indagine preventiva, puo’ autorizzare gli
scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per
scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o
cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori
di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di
scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i
giacimenti a mare, il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministero
dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme
restando le competenze del Ministero dello sviluppo
economico in materia di ricerca e coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono
autorizzare lo scarico di acque risultanti dall’estrazione
di idrocarburi nelle unita’ geologiche profonde da cui gli
stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unita’
dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o
abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalita’
dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di
scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualita’ e
quantita’, da quelle derivanti dalla separazione degli
idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con
la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a
garantire che le acque di scarico non possano raggiungere
altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l’autorita’
competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla
verifica dell’assenza di sostanze estranee, puo’
autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque
utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti,
purche’ i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente
da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti
danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l’Agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) competente
per territorio, a spese del soggetto richiedente
l’autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e
qualitative dei fanghi e l’assenza di possibili danni per
la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla
richiesta di autorizzazione allo scarico.
4-bis. Fermo restando il divieto di cui al comma 1,
l’autorita’ competente, al fine del raggiungimento
dell’obiettivo di qualita’ dei corpi idrici sotterranei,
puo’ autorizzare il ravvenamento o l’accrescimento
artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri
stabiliti con decreto del Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare. L’acqua impiegata puo’
essere di provenienza superficiale o sotterranea, a
condizione che l’impiego della fonte non comprometta la
realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la
fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di
ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono riesaminate
periodicamente e aggiornate quando occorre nell’ambito del
Piano di tutela e del Piano di gestione.
5. Per le attivita’ di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo
scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le
modalita’ previste dal Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare con proprio decreto,
purche’ la concentrazione di olii minerali sia inferiore a
40 mg/l. Lo scarico diretto a mare e’ progressivamente
sostituito dalla iniezione o reiniezione in unita’
geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non piu’
produttivi ed idonei all’iniezione o reiniezione, e deve
avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi
2 e 3.
5-bis. In deroga a quanto previsto al comma 1 e’
consentita l’iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di
biossido di carbonio in formazioni geologiche prive di
scambio di fluidi con altre formazioni che per motivi
naturali sono definitivamente inadatte ad altri scopi, a
condizione che l’iniezione sia effettuata a norma del
decreto legislativo di recepimento della direttiva
2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido
di carbonio.
6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, in sede di autorizzazione allo
scarico in unita’ geologiche profonde di cui al comma 3,
autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le
modalita’ previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:
a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la
capacita’ del pozzo iniettore o reiniettore non sia
sufficiente a garantire la ricezione di tutta l’acqua
risultante dall’estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario allo svolgimento della
manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire
la corretta funzionalita’ e sicurezza del sistema
costituito dal pozzo e dall’impianto di iniezione o di
reiniezione.
7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai
commi 5 e 6 e’ autorizzato previa presentazione di un piano
di monitoraggio volto a verificare l’assenza di pericoli
per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5
e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee,
esistenti e debitamente autorizzati, devono essere
convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati,
ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o
all’utilizzazione agronomica. In caso di mancata
ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo
scarico e’ revocata.
8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di
impatto ambientale, nazionale o regionale, le
autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono
istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla
stessa autorita’ competente per il provvedimento che
conclude motivatamente il procedimento di valutazione di
impatto ambientale.”
“Art. 109. Immersione in mare di materiale derivante da
attivita’ di escavo e attivita’ di posa in mare di cavi e
condotte. – 1. Al fine della tutela dell’ambiente marino e
in conformita’ alle disposizioni delle convenzioni
internazionali vigenti in materia, e’ consentita
l’immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e
da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad
esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e
terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o
di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti
al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la
compatibilita’ e l’innocuita’ ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o
salmastra, prodotto durante l’attivita’ di pesca effettuata
in mare o laguna o stagni salmastri.
2. L’autorizzazione all’immersione in mare dei
materiali di cui al comma 1, lettera a), e’ rilasciata
dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti
in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre
1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali e’
rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, in conformita’ alle modalita’
stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con i
Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle
politiche agricole e forestali, delle attivita’ produttive
previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto.
3. L’immersione in mare di materiale di cui al comma 1,
lettera b), e’ soggetta ad autorizzazione regionale, con
esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di
impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non
comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti,
e’ dovuta la sola comunicazione all’autorita’ competente.
4. L’immersione in mare dei materiali di cui al comma
1, lettera c), non e’ soggetta ad autorizzazione.
5. La movimentazione dei fondali marini derivante
dall’attivita’ di posa in mare di cavi e condotte e’
soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in
conformita’ alle modalita’ tecniche stabilite con decreto
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con i Ministri delle attivita’
produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle
politiche agricole e forestali, per quanto di competenza,
da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto.
5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di
impatto ambientale, nazionale o regionale, le
autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono
istruite e rilasciate dalla stessa autorita’ competente per
il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento
di valutazione di impatto ambientale. Nel caso di condotte
o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione
dell’energia elettrica o di connessione con reti
energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di
impatto ambientale, l’autorizzazione e’ rilasciata dal
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, sentite le regioni interessate, nell’ambito del
procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti.”
“4-bis) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia
elettrica, facenti parte della rete elettrica di
trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a
100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km.”
Art. 9
Valutazione di impatto sanitario per i progetti riguardanti le
centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza
termica superiore a 300 MW, nonche’ impianti di raffinazione,
gassificazione e liquefazione
1. All’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 5 e’ inserito il seguente:
«5-bis. Nei provvedimenti concernenti i progetti di cui al punto 1) dell’allegato II alla presente parte e i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato II, e’ prevista la predisposizione da parte del proponente di una valutazione di impatto sanitario (VIS), in conformita’ alle linee guida predisposte dall’Istituto superiore di sanita’, da svolgere nell’ambito del procedimento di VIA. Per le attivita’ di controllo e di monitoraggio relative alla valutazione di cui al presente comma l’autorita’ competente si avvale dell’Istituto superiore di sanita’, che opera con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
2. Le disposizioni del comma 5-bis dell’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano ai procedimenti iniziati dopo la data di entrata in vigore della presente legge.
Note all’art. 9:
Si riporta il testo dell’art. 26 del citato d.lgs. n.
152 del 2006, come modificato dalla presente legge:
“Art. 26. Decisione. – 1. Salvo quanto previsto
dall’art. 24, l’autorita’ competente conclude con
provvedimento espresso e motivato il procedimento di
valutazione dell’impatto ambientale nei centocinquanta
giorni successivi alla presentazione dell’istanza di cui
all’art. 23, comma 1. Nei casi in cui e’ necessario
procedere ad accertamenti ed indagini di particolare
complessita’, l’autorita’ competente, con atto motivato,
dispone il prolungamento del procedimento di valutazione
sino ad un massimo di ulteriori sessanta giorni dandone
comunicazione al proponente.
2. L’inutile decorso dei termini previsti dal presente
articolo ovvero dall’art. 24, implica l’esercizio del
potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che
provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti
interessate, entro sessanta giorni, previa diffida
all’organo competente ad adempire entro il termine di venti
giorni. Per i progetti sottoposti a valutazione di impatto
ambientale in sede non statale, si applicano le
disposizioni di cui al periodo precedente fino all’entrata
in vigore di apposite norme regionali e delle province
autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina
comunitaria vigente in materia e dei principi richiamati
all’art. 7, comma 7, lettera e) del presente decreto.
2-bis. La tutela avverso il silenzio
dell’Amministrazione e’ disciplinata dalle disposizioni
generali del processo amministrativo.
3. L’autorita’ competente puo’ richiedere al proponente
entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui
all’art. 24, comma 4, in un’unica soluzione, integrazioni
alla documentazione presentata, con l’indicazione di un
termine per la risposta che non puo’ superare i
quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del
proponente, per un massimo di ulteriori quarantacinque
giorni. L’autorita’ competente esprime il provvedimento di
valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni
dalla presentazione degli elaborati modificati.
3-bis. L’autorita’ competente, ove ritenga che le
modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti per il
pubblico, dispone che il proponente depositi copia delle
stesse ai sensi dell’art. 23, comma 3, e, contestualmente,
dia avviso dell’avvenuto deposito secondo le modalita’ di
cui all’art. 24, commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta
giorni dalla pubblicazione del progetto emendato ai sensi
del presente articolo, chiunque abbia interesse puo’
prendere visione del progetto e del relativo studio di
impatto ambientale, presentare proprie osservazioni, anche
fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e
valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli
elaborati ai sensi del comma 3. In questo caso, l’autorita’
competente esprime il provvedimento di valutazione
dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla scadenza
del termine previsto per la presentazione delle
osservazioni.
3-ter. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle
richieste di integrazioni da parte dell’autorita’
competente, non presentando gli elaborati modificati, o
ritiri la domanda, non si procede all’ulteriore corso della
valutazione.
4. Il provvedimento di valutazione dell’impatto
ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni,
intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi
comunque denominati in materia ambientale, necessari per la
realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto.
5. Il provvedimento contiene le condizioni per la
realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti,
nonche’ quelle relative ad eventuali malfunzionamenti. In
nessun caso puo’ farsi luogo all’inizio dei lavori senza
che sia intervenuto il provvedimento di valutazione
dell’impatto ambientale.
5-bis. Nei provvedimenti concernenti i progetti di cui
al punto 1) dell’allegato II alla presente parte e i
progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti
di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di
cui al punto 2) del medesimo allegato II, e’ prevista la
predisposizione da parte del proponente di una valutazione
di impatto sanitario (VIS), in conformita’ alle linee guida
predisposte dall’Istituto superiore di sanita’, da svolgere
nell’ambito del procedimento di VIA. Per le attivita’ di
controllo e di monitoraggio relative alla valutazione di
cui al presente comma l’autorita’ competente si avvale
dell’Istituto superiore di sanita’, che opera con le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.
6. I progetti sottoposti alla fase di valutazione
devono essere realizzati entro cinque anni dalla
pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto
ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto
il provvedimento puo’ stabilire un periodo piu’ lungo.
Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza
del proponente, dall’autorita’ che ha emanato il
provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto
ambientale deve essere reiterata. I termini di cui al
presente comma si applicano ai procedimenti avviati
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.”
Art. 10
Modifiche al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30
1. Al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 19, comma 6, dopo la lettera i) e’ aggiunta la seguente:
«i-bis) compensare i costi come definiti dal paragrafo 26 delle linee guida di cui alla comunicazione della Commissione europea (C(2012) 3230 final), con priorita’ di assegnazione alle imprese accreditate della certificazione ISO 50001»;
b) all’articolo 41, comma 2, dopo le parole: «all’articolo 23, comma 1,» sono inserite le seguenti: «all’articolo 28, comma 1,».
Note all’art. 10:
Si riporta il testo del comma 6, art. 19 e del comma 2
dell’art. 41 del citato d.lgs. n. 30 del 2013, come
modificati dalla presente legge:
“6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, il 50 per
cento dei proventi delle singole aste e’ destinato alle
seguenti attivita’ per misure aggiuntive rispetto agli
oneri complessivamente derivanti a carico della finanza
pubblica dalla normativa vigente alla data di entrata in
vigore del presente decreto:
a) ridurre le emissioni dei gas a effetto serra, anche
contribuendo al Fondo globale per l’efficienza energetica e
le energie rinnovabili e al Fondo di adattamento, cosi’
come reso operativo dalla conferenza di Poznan sui
cambiamenti climatici (COP 14 e COP/MOP 4), favorire
l’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici e
finanziare attivita’ di ricerca e di sviluppo e progetti
dimostrativi volti all’abbattimento delle emissioni e
all’adattamento ai cambiamenti climatici, compresa la
partecipazione alle iniziative realizzate nell’ambito del
Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche e
delle piattaforme tecnologiche europee;
b) sviluppare le energie rinnovabili al fine di
rispettare l’impegno comunitario di utilizzare il 20 per
cento di energia rinnovabile entro il 2020 e sviluppare
altre tecnologie che contribuiscano alla transizione verso
un’economia a basse emissioni di carbonio sicura e
sostenibile e aiutare a rispettare l’impegno comunitario di
incrementare l’efficienza energetica del 20 per cento per
il 2020;
c) favorire misure atte ad evitare la deforestazione e
ad accrescere l’afforestazione e la riforestazione nei
Paesi in via di sviluppo che avranno ratificato l’accordo
internazionale sui cambiamenti climatici, trasferire
tecnologie e favorire l’adattamento agli effetti avversi
del cambiamento climatico in tali Paesi;
d) favorire il sequestro mediante silvicoltura nella
Comunita’;
d-bis) rafforzare la tutela degli ecosistemi terrestri
e marini, a partire dalle aree e dai siti protetti
nazionali, internazionali e dell’Unione europea, anche
mediante l’impiego di idonei mezzi e strutture per il
monitoraggio, il controllo e il contrasto
dell’inquinamento;
e) incentivare la cattura e lo stoccaggio geologico
ambientalmente sicuri di CO2, in particolare quello emesso
dalle centrali a combustibili fossili solidi e da una serie
di settori e sottosettori industriali, anche nei Paesi
terzi;
f) incoraggiare il passaggio a modalita’ di trasporto
pubblico a basse emissioni;
g) finanziare la ricerca e lo sviluppo dell’efficienza
energetica e delle tecnologie pulite nei settori
disciplinati dal presente decreto;
h) favorire misure intese ad aumentare l’efficienza
energetica e l’isolamento delle abitazioni o a fornire un
sostegno finanziario per affrontare le problematiche
sociali dei nuclei a reddito medio-basso;
i) coprire le spese amministrative connesse al sistema
per lo scambio di quote di emissioni di gas ad effetto
serra nella Comunita’ istituito ai sensi della direttiva
2003/87/CE, diverse dai costi di cui alla direttiva
2003/87/CE, diverse dai costi di cui all’art. 41;
i-bis) compensare i costi come definiti dal paragrafo
26 delle linee guida di cui alla comunicazione della
Commissione europea (C(2012) 3230 final), con priorita’ di
assegnazione alle imprese accreditate della certificazione
ISO 50001.”
2. I costi delle attivita’ di cui all’art. 4, comma 4,
lettera o-bis), all’art. 8, comma 5, all’art. 9, all’art.
10, commi 3 e 4, all’art. 13, all’art. 15, comma 1,
all’art. 16, all’art. 21, all’art. 22, comma 4, all’art.
23, comma 1, all’art. 28, comma 1, e all’art. 34, comma 3,
sono a carico degli operatori interessati, secondo tariffe
e modalita’ di versamento da stabilire con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.”
Art. 11
Disposizioni in materia di dati ambientali raccolti da soggetti
pubblici e da imprese private
1. In coerenza con i contenuti dell’Agenda digitale italiana, di cui all’articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e successive modificazioni, i dati ambientali raccolti ed elaborati dagli enti e dalle agenzie pubblici e dalle imprese private sono rilasciati agli enti locali, su loro richiesta, in formato aperto per il loro riuso finalizzato a iniziative per l’impiego efficiente delle risorse ambientali o ad applicazioni digitali a supporto della green economy.
Note all’art. 11:
Si riporta il testo dell’art. 47 del decreto-legge 9
febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di
semplificazione e di sviluppo), convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35:
“Art. 47. Agenda digitale italiana. – 1. Nel quadro
delle indicazioni dell’agenda digitale europea, di cui alla
comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245
definitivo/2 del 26 agosto 2010, il Governo persegue
l’obiettivo prioritario della modernizzazione dei rapporti
tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese,
attraverso azioni coordinate dirette a favorire lo sviluppo
di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, a
potenziare l’offerta di connettivita’ a larga banda, a
incentivare cittadini e imprese all’utilizzo di servizi
digitali e a promuovere la crescita di capacita’
industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e
servizi innovativi.
1-bis. Per le finalita’ di cui al comma 1, l’Agenzia
per l’Italia digitale e le amministrazioni interessate
possono stipulare, nel rispetto della legislazione vigente
in materia di contratti pubblici e mediante procedure di
evidenza pubblica, convenzioni con societa’ concessionarie
di servizi pubblici essenziali su tutto il territorio
nazionale dotate di piattaforme tecnologiche integrate
erogatrici di servizi su scala nazionale e di computer
emergency response team. Le amministrazioni interessate
provvedono all’adempimento di quanto previsto dal presente
comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
2. E’ istituita la cabina di regia per l’attuazione
dell’agenda digitale italiana, presieduta dal Presidente
del Consiglio dei ministri o da un suo delegato e composta
dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione, dal Ministro
per la coesione territoriale, dal Ministro dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca, dal Ministro della
salute, dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali,
da un Presidente di regione e da un Sindaco designati dalla
Conferenza Unificata. La cabina di regia e’ integrata dai
Ministri interessati alla trattazione di specifiche
questioni. La cabina di regia presenta al Parlamento, entro
novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto,
avvalendosi anche dell’Agenzia per l’Italia digitale e
delle amministrazioni rappresentate nella cabina di regia,
un quadro complessivo delle norme vigenti, dei programmi
avviati e del loro stato di avanzamento e delle risorse
disponibili che costituiscono nel loro insieme l’agenda
digitale. Nell’ambito della cabina di regia e’ istituito
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il
Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale
italiana, organismo consultivo permanente composto da
esperti in materia di innovazione tecnologica e da
esponenti delle imprese private e delle universita’. Il
Presidente del predetto Tavolo e’ individuato dal Ministro
delegato per la semplificazione e la pubblica
amministrazione. All’istituzione della cabina di regia di
cui al presente comma si provvede con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
2-bis. La cabina di regia di cui al comma 2,
nell’attuare l’agenda digitale italiana nel quadro delle
indicazioni sancite dall’agenda digitale europea, persegue
i seguenti obiettivi:
a) realizzazione delle infrastrutture tecnologiche e
immateriali al servizio delle «comunita’ intelligenti»
(smart communities), finalizzate a soddisfare la crescente
domanda di servizi digitali in settori quali la mobilita’,
il risparmio energetico, il sistema educativo, la
sicurezza, la sanita’, i servizi sociali e la cultura;
b) promozione del paradigma dei dati aperti (open data)
quale modello di valorizzazione del patrimonio informativo
pubblico, al fine di creare strumenti e servizi innovativi;
c) potenziamento delle applicazioni di amministrazione
digitale (e-government) per il miglioramento dei servizi ai
cittadini e alle imprese, per favorire la partecipazione
attiva degli stessi alla vita pubblica e per realizzare
un’amministrazione aperta e trasparente;
d) promozione della diffusione e del controllo di
architetture di cloud computing per le attivita’ e i
servizi delle pubbliche amministrazioni;
e) utilizzazione degli acquisti pubblici innovativi e
degli appalti pre-commerciali al fine di stimolare la
domanda di beni e servizi innovativi basati su tecnologie
digitali;
f) infrastrutturazione per favorire l’accesso alla rete
internet nelle zone rurali, nonche’ in grandi spazi
pubblici collettivi quali scuole, universita’, spazi urbani
e locali pubblici in genere;
g) investimento nelle tecnologie digitali per il
sistema scolastico e universitario, al fine di rendere
l’offerta educativa e formativa coerente con i cambiamenti
in atto nella societa’;
h) consentire l’utilizzo dell’infrastruttura di cui
all’art. 81, comma 2-bis, del codice dell’amministrazione
digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.
82, anche al fine di consentire la messa a disposizione dei
cittadini delle proprie posizioni debitorie nei confronti
dello Stato da parte delle banche dati delle pubbliche
amministrazioni di cui all’art. 2, comma 2, del citato
codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, e
successive modificazioni;
i) individuare i criteri, i tempi e le relative
modalita’ per effettuare i pagamenti con modalita’
informatiche nonche’ le modalita’ per il riversamento, la
rendicontazione da parte del prestatore dei servizi di
pagamento e l’interazione tra i sistemi e i soggetti
coinvolti nel pagamento, anche individuando il modello di
convenzione che il prestatore di servizi deve sottoscrivere
per effettuare il pagamento.
2-ter. Le disposizioni di cui al comma 2-bis si
applicano, ove possibile tecnicamente e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, ovvero direttamente
o indirettamente aumenti di costi a carico degli utenti,
anche ai soggetti privati preposti all’esercizio di
attivita’ amministrative.
2-quater. Al fine di favorire le azioni di cui al comma
1, in accordo con i principi, gli obiettivi e le procedure
definite dal quadro normativo europeo in materia di
comunicazioni elettroniche, come recepito nell’ordinamento
nazionale dal codice di cui al decreto legislativo 1°
agosto 2003, n. 259, l’Autorita’ per le garanzie nelle
comunicazioni puo’ considerare di adottare le misure volte
a:
a) assicurare l’offerta disaggregata dei prezzi
relativi all’accesso all’ingrosso alla rete fissa e ai
servizi accessori, in modo che il prezzo del servizio di
accesso all’ingrosso alla rete fissa indichi separatamente
il costo della prestazione dell’affitto della linea e il
costo delle attivita’ accessorie, quali il servizio di
attivazione della linea stessa e il servizio di
manutenzione correttiva;
b) rendere possibile, per gli operatori richiedenti,
acquisire tali servizi anche da imprese terze operanti in
regime di concorrenza sotto la vigilanza e secondo le
modalita’ indicate dall’Autorita’ medesima, assicurando,
comunque, il mantenimento della sicurezza della rete.”
Art. 12
Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115
1. Al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1, lettera t), le parole: «, con potenza nominale non superiore a 20 MWe e complessivamente installata sullo stesso sito,» sono soppresse;
b) all’articolo 10, comma 2, lettera b), le parole: «nella titolarita’ del medesimo soggetto giuridico» sono sostituite dalle seguenti: «nella titolarita’ di societa’ riconducibili al medesimo gruppo societario ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile»;
c) all’articolo 10, dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
«2-bis. Ai sistemi di autoproduzione di energia elettrica con ciclo ORC (Organic Rankine Cycle) alimentati dal recupero di calore prodotto dai cicli industriali e da processi di combustione spettano i titoli di efficienza energetica di cui ai decreti attuativi dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, alle condizioni, con le modalita’ e nella misura definite in una specifica scheda adottata dal Ministro dello sviluppo economico entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione».
Note all’art. 12:
Si riporta il testo degli articoli 2 e 10 del decreto
legislativo 30 maggio 2008, n. 115 (Attuazione della
direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi
finali dell’energia e i servizi energetici e abrogazione
della direttiva 93/76/CEE), come modificati dalla presente
legge:
“Art. 2. Definizioni. – 1. Esclusivamente ai fini del
presente decreto, si applicano le seguenti definizioni:
a);
b) «efficienza energetica»: il rapporto tra i risultati
in termini di rendimento, servizi, merci o energia, da
intendersi come prestazione fornita, e l’immissione di
energia;
c) «miglioramento dell’efficienza energetica»: un
incremento dell’efficienza degli usi finali dell’energia,
risultante da cambiamenti tecnologici, comportamentali o
economici;
d) «risparmio energetico»: la quantita’ di energia
risparmiata, determinata mediante una misurazione o una
stima del consumo prima e dopo l’attuazione di una o piu’
misure di miglioramento dell’efficienza energetica,
assicurando nel contempo la normalizzazione delle
condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico;
e);
f) «meccanismo di efficienza energetica»: strumento
generale adottato dallo Stato o da autorita’ pubbliche per
creare un regime di sostegno o di incentivazione agli
operatori del mercato ai fini della fornitura e
dell’acquisto di servizi energetici e altre misure di
miglioramento dell’efficienza energetica;
g) «programma di miglioramento dell’efficienza
energetica»: attivita’ incentrate su gruppi di clienti
finali e che di norma si traducono in miglioramenti
dell’efficienza energetica verificabili e misurabili o
stimabili;
h) «misura di miglioramento dell’efficienza
energetica»: qualsiasi azione che di norma si traduce in
miglioramenti dell’efficienza energetica verificabili e
misurabili o stimabili;
i) «ESCO»: persona fisica o giuridica che fornisce
servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento
dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali
dell’utente e, cio’ facendo, accetta un certo margine di
rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si
basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento
dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento
degli altri criteri di rendimento stabiliti;
l);
m) «finanziamento tramite terzi»: accordo contrattuale
che comprende un terzo, oltre al fornitore di energia e al
beneficiario della misura di miglioramento dell’efficienza
energetica, che fornisce i capitali per tale misura e
addebita al beneficiario un canone pari a una parte del
risparmio energetico conseguito avvalendosi della misura
stessa. Il terzo puo’ essere una ESCO;
n);
o) «strumento finanziario per i risparmi energetici»:
qualsiasi strumento finanziario, reso disponibile sul
mercato da organismi pubblici o privati per coprire
parzialmente o integralmente i costi del progetto iniziale
per l’attuazione delle misure di miglioramento
dell’efficienza energetica;
p) «cliente finale»: persona fisica o giuridica che
acquista energia per proprio uso finale;
q) «distributore di energia», ovvero «distributore di
forme di energia diverse dall’elettricita’ e dal gas»:
persona fisica o giuridica responsabile del trasporto di
energia al fine della sua fornitura a clienti finali e a
stazioni di distribuzione che vendono energia a clienti
finali. Da questa definizione sono esclusi i gestori dei
sistemi di distribuzione del gas e dell’elettricita’, i
quali rientrano nella definizione di cui alla lettera r);
r) «gestore del sistema di distribuzione» ovvero
«impresa di distribuzione»: persona fisica o giuridica
responsabile della gestione, della manutenzione e, se
necessario, dello sviluppo del sistema di distribuzione
dell’energia elettrica o del gas naturale in una data zona
e, se del caso, delle relative interconnessioni con altri
sistemi, e di assicurare la capacita’ a lungo termine del
sistema di soddisfare richieste ragionevoli di
distribuzione di energia elettrica o gas naturale;
s) «societa’ di vendita di energia al dettaglio»:
persona fisica o giuridica che vende energia a clienti
finali;
t) «sistema efficiente di utenza»: sistema in cui un
impianto di produzione di energia elettrica alimentato da
fonti rinnovabili ovvero in assetto cogenerativo ad alto
rendimento, anche nella titolarita’ di un soggetto diverso
dal cliente finale, e’ direttamente connesso, per il
tramite di un collegamento privato senza obbligo di
connessione di terzi, all’impianto per il consumo di un
solo cliente finale ed e’ realizzato all’interno dell’area
di proprieta’ o nella piena disponibilita’ del medesimo
cliente;
u) «certificato bianco»: titolo di efficienza
energetica attestante il conseguimento di risparmi di
energia grazie a misure di miglioramento dell’efficienza
energetica e utilizzabile ai fini dell’adempimento agli
obblighi di cui all’art. 9, comma 1, del decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e successive
modificazioni, e all’art. 16, comma 4, del decreto
legislativo 23 maggio 2000, n. 164;
v);
z) «esperto in gestione dell’energia»: soggetto che ha
le conoscenze, l’esperienza e la capacita’ necessarie per
gestire l’uso dell’energia in modo efficiente;
aa) «ESPCo»: soggetto fisico o giuridico, ivi incluse
le imprese artigiane e le loro forme consortili, che ha
come scopo l’offerta di servizi energetici atti al
miglioramento dell’efficienza nell’uso dell’energia;
bb) «fornitore di servizi energetici»: soggetto che
fornisce servizi energetici, che puo’ essere uno dei
soggetti di cui alle lettere i), q), r), s), z) ed aa);
cc) «Unita’ per l’efficienza energetica»: e’ la
struttura dell’ENEA di cui all’art. 4, che svolge le
funzioni previste dall’art. 4, paragrafo 4, della direttiva
2006/32/CE.
2. Continuano a valere, ove applicabili, le definizioni
di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e al
decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.”
“Art. 10. Disciplina dei servizi energetici e dei
sistemi efficienti di utenza. – 1. Ferma restando
l’attuazione dell’art. 28 della direttiva 2009/72/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 per
quanto attiene i sistemi di distribuzione chiusi, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, l’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas
definisce le modalita’ per la regolazione dei sistemi
efficienti di utenza, nonche’ le modalita’ e i tempi per la
gestione dei rapporti contrattuali ai fini dell’erogazione
dei servizi di trasmissione, distribuzione e
dispacciamento, tenendo conto dei principi di corretto
funzionamento del mercato elettrico e assicurando che non
si producano disparita’ di trattamento sul territorio
nazionale. Salvo che il fatto costituisca reato,
l’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas, nel caso di
inosservanza dei propri provvedimenti, applica l’art. 2,
comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481.
2. In tale ambito, l’Autorita’ prevede meccanismi di
salvaguardia per le realizzazioni avviate in data
antecedente alla data di entrata in vigore del presente
decreto, in particolare estendendo il regime di regolazione
dell’accesso al sistema elettrico di cui al precedente
periodo almeno ai sistemi il cui assetto e’ conforme a
tutte le seguenti condizioni:
a) sono sistemi esistenti alla data di entrata in
vigore del suddetto regime di regolazione, ovvero sono
sistemi di cui, alla medesima data, sono stati avviati i
lavori di realizzazione ovvero sono state ottenute tutte le
autorizzazioni previste dalla normativa vigente;
b) hanno una configurazione conforme alla definizione
di cui all’art. 2, comma 1, lettera t) o, in alternativa,
connettono, per il tramite di un collegamento privato senza
obbligo di connessione di terzi, esclusivamente unita’ di
produzione e di consumo di energia elettrica nella
titolarita’ di societa’ riconducibili al medesimo gruppo
societario ai sensi dell’art. 2359 del codice civile.
2-bis. Ai sistemi di autoproduzione di energia
elettrica con ciclo ORC (Organic Rankine Cycle) alimentati
dal recupero di calore prodotto dai cicli industriali e da
processi di combustione spettano i titoli di efficienza
energetica di cui ai decreti attuativi dell’art. 9, comma
1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e
dell’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio
2000, n. 164, alle condizioni, con le modalita’ e nella
misura definite in una specifica scheda adottata dal
Ministro dello sviluppo economico entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione.
3. Le disposizioni per lo svolgimento di attivita’ nel
settore verticalmente collegato o contiguo dei servizi
post-contatore, di cui all’art. 1, commi 34 e 34-bis, della
legge 23 agosto 2004, n. 239, e successive modifiche, si
applicano anche alla fornitura di servizi energetici.”
Art. 13
Sottoprodotti utilizzabili negli impianti
a biomasse e biogas
1. Fermo restando il rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di ridurre l’impatto ambientale dell’economia italiana in termini di produzione di anidride carbonica e di realizzare processi di produzione in un’ottica di implementazione di un’economia circolare, i sottoprodotti della trasformazione degli zuccheri tramite fermentazione, nonche’ i sottoprodotti della produzione e della trasformazione degli zuccheri da biomasse non alimentari, e i sottoprodotti della lavorazione o raffinazione di oli vegetali sono inseriti nell’elenco dei sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas ai fini dell’accesso ai meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili, di cui alla Tabella 1-A dell’allegato 1 annesso al decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012.
2. Entro novanta giorni dalla data di comunicazione da parte dei gestori degli impianti esistenti della volonta’ di impiego anche dei sottoprodotti di cui al comma 1, la regione competente adegua l’autorizzazione unica ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, ed il Gestore dei servizi energetici (GSE) Spa adegua la qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (IAFR) in essere.
Note all’art. 13:
Per i riferimenti del d.lgs, n. 152 del 2006, si veda
nelle note all’art. 2.
Si riporta il testo dell’art. 12 del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell’elettricita’) pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 25, S.O. del 31 gennaio 2004:
“Art. 12. Razionalizzazione e semplificazione delle
procedure autorizzative. – 1. Le opere per la realizzazione
degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonche’ le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla
costruzione e all’esercizio degli stessi impianti,
autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilita’
ed indifferibili ed urgenti.
2. Restano ferme le procedure di competenza del
Ministero dell’interno vigenti per le attivita’ soggette ai
controlli di prevenzione incendi.
3. La costruzione e l’esercizio degli impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da fonti
rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento,
rifacimento totale o parziale e riattivazione, come
definiti dalla normativa vigente, nonche’ le opere connesse
e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una
autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle
province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con
potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal
Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle
normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di
tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico,
che costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi e’
convocata dalla regione o dal Ministero dello sviluppo
economico entro trenta giorni dal ricevimento della domanda
di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto
annuale di cui all’art. 63, commi 3 e 4, del testo unico
delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla
produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e
amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre
1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti
offshore l’autorizzazione e’ rilasciata dal Ministero dei
trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e
il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, con le modalita’ di cui al comma 4 e previa
concessione d’uso del demanio marittimo da parte della
competente autorita’ marittima.
4. L’autorizzazione di cui al comma 3 e’ rilasciata a
seguito di un procedimento unico, al quale partecipano
tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto
dei principi di semplificazione e con le modalita’
stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni e integrazioni. Il rilascio
dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed
esercire l’impianto in conformita’ al progetto approvato e
deve contenere, l’obbligo alla rimessa in pristino dello
stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito
della dismissione dell’impianto o, per gli impianti
idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di
reinserimento e recupero ambientale. Fatto salvo il previo
espletamento, qualora prevista, della verifica di
assoggettabilita’ sul progetto preliminare, di cui all’art.
20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e
successive modificazioni, il termine massimo per la
conclusione del procedimento unico non puo’ essere
superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti
dall’art. 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
e successive modificazioni, per il provvedimento di
valutazione di impatto ambientale.
4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a
biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti
per produzione di biometano di nuova costruzione, e per
impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilita’
e le procedure conseguenti per le opere connesse, il
proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e
comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilita’ del
suolo su cui realizzare l’impianto.
5. All’installazione degli impianti di fonte
rinnovabile di cui all’art. 2, comma 1, lettere b) e c) per
i quali non e’ previsto il rilascio di alcuna
autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai
commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacita’ di
generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla
tabella A allegata al presente decreto, con riferimento
alla specifica fonte, si applica la disciplina della
denuncia di inizio attivita’ di cui agli articoli 22 e 23
del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive
modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la
Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie
di capacita’ di generazione e caratteristiche dei siti di
installazione per i quali si procede con la medesima
disciplina della denuncia di inizio attivita’.
6. L’autorizzazione non puo’ essere subordinata ne’
prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e
delle province.
7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di
cui all’art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere
ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti
piani urbanistici. Nell’ubicazione si dovra’ tenere conto
delle disposizioni in materia di sostegno nel settore
agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione
delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della
biodiversita’, cosi’ come del patrimonio culturale e del
paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57,
articoli 7 e 8, nonche’ del decreto legislativo 18 maggio
2001, n. 228, art. 14.
8.
9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si
applicano anche in assenza della ripartizione di cui
all’art. 10, commi 1 e 2, nonche’ di quanto disposto al
comma 10.
10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro
delle attivita’ produttive, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro
per i beni e le attivita’ culturali, si approvano le linee
guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma
3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad
assicurare un corretto inserimento degli impianti, con
specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In
attuazione di tali linee guida, le regioni possono
procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla
installazione di specifiche tipologie di impianti. Le
regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida.
In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine,
si applicano le linee guida nazionali.
Art. 14
Attraversamento di beni demaniali da parte di opere della rete
elettrica di trasmissione nazionale
1. All’articolo 1-sexies del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, dopo il comma 4-bis e’ inserito il seguente:
«4-bis.1. I soggetti titolari ovvero gestori di beni demaniali, aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche e gasdotti, che siano interessati dal passaggio di opere della rete elettrica di trasmissione nazionale, sono tenuti ad indicare le modalita’ di attraversamento degli impianti autorizzati. A tal fine il soggetto richiedente l’autorizzazione alla costruzione delle opere della rete di trasmissione nazionale, successivamente al decreto di autorizzazione, propone le modalita’ di attraversamento ai soggetti sopra indicati, che assumono le proprie determinazioni entro i successivi sessanta giorni. Decorso tale termine, in assenza di diversa determinazione, le modalita’ proposte dal soggetto richiedente si intendono assentite definitivamente. Alle linee elettriche e agli impianti facenti parte della rete elettrica nazionale, anche in materia di distanze, si applicano esclusivamente le disposizioni previste dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 21 marzo 1988, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 79 del 5 aprile 1988, recante approvazione delle norme tecniche per la progettazione, l’esecuzione e l’esercizio delle linee aeree esterne, e successive modificazioni».
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Note all’art. 14:
Si riporta il testo dell’art. 1-sexies del
decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (Disposizioni urgenti
per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico
nazionale e per il recupero di potenza di energia
elettrica), convertito, con modificazioni, dalla legge 27
ottobre 2003, n. 290, come modificato dalla presente legge:
“Art. 1-sexies. Semplificazione dei procedimenti di
autorizzazione per le reti nazionali di trasporto
dell’energia e per gli impianti di energia elettrica di
potenza superiore a 300 MW termici. – 1. Al fine di
garantire la sicurezza del sistema energetico e di
promuovere la concorrenza nei mercati dell’energia
elettrica, la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti
facenti parte della rete nazionale di trasporto
dell’energia elettrica sono attivita’ di preminente
interesse statale e sono soggetti a un’autorizzazione unica
comprendente tutte le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili all’esercizio degli stessi, rilasciata dal
Ministero delle attivita’ produttive di concerto con il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
previa intesa con la regione o le regioni interessate, la
quale sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e
atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme
vigenti e comprende ogni opera o intervento necessari alla
risoluzione delle interferenze con altre infrastrutture
esistenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire
tali infrastrutture, opere o interventi e ad attraversare i
beni demaniali, in conformita’ al progetto approvato. Il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla
verifica della conformita’ delle opere al progetto
autorizzato. Restano ferme, nell’ambito del presente
procedimento unico, le competenze del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti in merito all’accertamento
della conformita’ delle opere alle prescrizioni delle norme
di settore e dei piani urbanistici ed edilizi.
2. L’autorizzazione di cui al comma 1:
a) indica le prescrizioni e gli obblighi di informativa
posti a carico del soggetto proponente per garantire il
coordinamento e la salvaguardia del sistema energetico
nazionale e la tutela ambientale, nonche’ il termine entro
il quale l’iniziativa e’ realizzata;
b) comprende la dichiarazione di pubblica utilita’,
indifferibilita’ ed urgenza dell’opera, l’eventuale
dichiarazione di inamovibilita’ e l’apposizione del vincolo
preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi,
conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8
giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di
espropriazione per pubblica utilita’. Qualora le opere di
cui al comma 1 comportino variazione degli strumenti
urbanistici, il rilascio dell’autorizzazione ha effetto di
variante urbanistica.
3. L’autorizzazione di cui al comma 1 e’ rilasciata a
seguito di un procedimento unico svolto entro il termine di
centottanta giorni, nel rispetto dei principi di
semplificazione e con le modalita’ di cui alla legge 7
agosto 1990, n. 241. Il procedimento puo’ essere avviato
sulla base di un progetto preliminare o analogo purche’
evidenzi, con elaborato cartografico, le aree
potenzialmente impegnate sulle quali apporre il vincolo
preordinato all’esproprio, le eventuali fasce di rispetto e
le necessarie misure di salvaguardia. Dalla data della
comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento ai
comuni interessati, e’ sospesa ogni determinazione comunale
in ordine alle domande di permesso di costruire nell’ambito
delle aree potenzialmente impegnate, fino alla conclusione
del procedimento autorizzativo. In ogni caso la misura di
salvaguardia perde efficacia decorsi tre anni dalla data
della comunicazione dell’avvio del procedimento, salvo il
caso in cui il Ministero dello sviluppo economico ne
disponga, per una sola volta, la proroga di un anno per
sopravvenute esigenze istruttorie. Al procedimento
partecipano il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e le altre amministrazioni interessate nonche’ i
soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali
interferenze con altre infrastrutture esistenti. Per il
rilascio dell’autorizzazione, ai fini della verifica della
conformita’ urbanistica dell’opera, e’ fatto obbligo di
richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui
territorio ricadano le opere di cui al comma 1. Il rilascio
del parere non puo’ incidere sul rispetto del termine entro
il quale e’ prevista la conclusione del procedimento.
4. Nel caso in cui, secondo la legislazione vigente, le
opere di cui al presente articolo siano sottoposte a
valutazione di impatto ambientale (VIA), l’esito positivo
di tale valutazione costituisce parte integrante e
condizione necessaria del procedimento autorizzatorio.
L’istruttoria si conclude una volta acquisita la VIA o, nei
casi previsti, acquisito l’esito della verifica di
assoggettabilita’ a VIA e, in ogni caso, entro il termine
di cui al comma 3. Per i procedimenti relativamente ai
quali non sono prescritte le procedure di valutazione di
impatto ambientale, il procedimento unico deve essere
concluso entro il termine di centoventi giorni dalla data
di presentazione della domanda.
4-bis. In caso di mancata definizione dell’intesa con
la regione o le regioni interessate per il rilascio
dell’autorizzazione, entro i novanta giorni successivi al
termine di cui al comma 3, si provvede al rilascio della
stessa previa intesa da concludere in un apposito comitato
interistituzionale, i cui componenti sono designati, in
modo da assicurare una composizione paritaria,
rispettivamente dai Ministeri dello sviluppo economico,
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e
delle infrastrutture e dei trasporti e dalla regione o
dalle regioni interessate. Ove non si pervenga ancora alla
definizione dell’intesa, entro i sessanta giorni successivi
al termine di cui al primo periodo, si provvede
all’autorizzazione con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, integrato con la partecipazione del presidente
della regione o delle regioni interessate, su proposta del
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente disposizione, con decreto del Ministro dello
sviluppo economico, previo parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le
regole di funzionamento del comitato di cui al presente
comma. Ai componenti del comitato interistituzionale non
spetta alcun compenso o rimborso spese comunque denominati.
Dall’attuazione del presente comma non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4-bis.1. I soggetti titolari ovvero gestori di beni
demaniali, aree demaniali marittime e lacuali, fiumi,
torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade
pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche e
impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico
servizio, linee elettriche e gasdotti, che siano
interessati dal passaggio di opere della rete elettrica di
trasmissione nazionale, sono tenuti ad indicare le
modalita’ di attraversamento degli impianti autorizzati. A
tal fine il soggetto richiedente l’autorizzazione alla
costruzione delle opere della rete di trasmissione
nazionale, successivamente al decreto di autorizzazione,
propone le modalita’ di attraversamento ai soggetti sopra
indicati, che assumono le proprie determinazioni entro i
successivi sessanta giorni. Decorso tale termine, in
assenza di diversa determinazione, le modalita’ proposte
dal soggetto richiedente si intendono assentite
definitivamente. Alle linee elettriche e agli impianti
facenti parte della rete elettrica nazionale, anche in
materia di distanze, si applicano esclusivamente le
disposizioni previste dal decreto del Ministro dei lavori
pubblici 21 marzo 1988, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 79 del 5 aprile 1988,
recante approvazione delle norme tecniche per la
progettazione, l’esecuzione e l’esercizio delle linee aeree
esterne, e successive modificazioni.
4-ter. Le disposizioni del presente articolo si
applicano, su istanza del proponente, anche ai procedimenti
in corso alla data di entrata in vigore della presente
disposizione eccetto i procedimenti per i quali sia
completata la procedura di VIA, ovvero il relativo
procedimento risulti in fase di conclusione.
4-quater. Le disposizioni del presente articolo si
applicano alle reti elettriche di interconnessione con
l’estero con livello di tensione pari o superiore a 150 kV
qualora per esse vi sia un diritto di accesso a titolo
prioritario, e si applicano alle opere connesse e alle
infrastrutture per il collegamento alle reti nazionali di
trasporto dell’energia delle centrali termoelettriche di
potenza superiore a 300 MW termici, gia’ autorizzate in
conformita’ alla normativa vigente.
4-quinquies. Non richiedono alcuna autorizzazione gli
interventi di manutenzione su elettrodotti esistenti,
consistenti nella riparazione, nella rimozione e nella
sostituzione di componenti di linea, quali, a titolo
esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia,
catene, isolatori, morsetteria, sfere di segnalazione,
impianti di terra, con elementi di caratteristiche
analoghe, anche in ragione delle evoluzioni tecnologiche.
4-sexies. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attivita’ gli interventi sugli elettrodotti che comportino
varianti di lunghezza non superiore a metri lineari 1.500,
ovvero metri lineari 3.000 qualora non ricadenti, neppure
parzialmente, in aree naturali protette, e che utilizzino
il medesimo tracciato, ovvero se ne discostino per un
massimo di 60 metri lineari, e componenti di linea, quali,
a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di
guardia, catene, isolatori, morsetteria, sfere di
segnalazione, fondazioni, impianti di terra, aventi
caratteristiche analoghe, anche in ragione delle evoluzioni
tecnologiche. Sono altresi’ realizzabili mediante denuncia
di inizio attivita’ varianti all’interno delle stazioni
elettriche che non comportino aumenti della cubatura degli
edifici ovvero che comportino aumenti di cubatura
strettamente necessari alla collocazione di apparecchiature
o impianti tecnologici al servizio delle stazioni stesse.
Tale aumento di cubatura non dovra’ superare di piu’ del 30
per cento le cubature esistenti all’interno della stazione
elettrica. Tali interventi sono realizzabili mediante
denuncia di inizio attivita’ a condizione che non siano in
contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti e
rispettino le norme in materia di elettromagnetismo e di
progettazione, costruzione ed esercizio di linee
elettriche, nonche’ le norme tecniche per le costruzioni.
4-septies. La denuncia di inizio attivita’ costituisce
parte integrante del provvedimento di autorizzazione alla
costruzione e all’esercizio dell’opera principale.
4-octies. Il gestore dell’elettrodotto, almeno trenta
giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, presenta al
Ministero dello sviluppo economico e, in copia, ai comuni
interessati la denuncia di inizio attivita’, accompagnata
da una dettagliata relazione, sottoscritta da un
progettista abilitato, e dal progetto definitivo, che
assevera la conformita’ delle opere da realizzare agli
strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con
quelli adottati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonche’
il rispetto della normativa in materia di elettromagnetismo
e di progettazione, costruzione ed esercizio delle linee
elettriche e delle norme tecniche per le costruzioni.
4-novies. Qualora la variante interessi aree sottoposte
ad un vincolo, il termine di trenta giorni decorre dalla
data del rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale
atto non sia favorevole, la denuncia e’ priva di effetti.
4-decies. La sussistenza del titolo e’ provata con la
copia della denuncia di inizio attivita’ da cui risultino
la data di ricevimento della denuncia stessa, l’elenco dei
documenti presentati a corredo del progetto, l’attestazione
del professionista abilitato, nonche’ gli atti di assenso
eventualmente necessari.
4-undecies. Il comune interessato, ove entro il termine
indicato al comma 4-octies riscontri l’assenza di una o
piu’ delle condizioni stabilite, informa il Ministero dello
sviluppo economico che puo’ notificare all’interessato
l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento.
4-duodecies. E’ fatta salva la facolta’ di ripresentare
la denuncia di inizio attivita’, con le modifiche o le
integrazioni necessarie per renderla conforme alla
normativa urbanistica ed edilizia.
4-terdecies. Ultimato l’intervento, il soggetto
incaricato del collaudo rilascia un certificato di collaudo
finale, da presentare al Ministero dello sviluppo
economico, con il quale attesta la conformita’ dell’opera
al progetto presentato con la denuncia di inizio attivita’.
4-quaterdecies. Le varianti da apportare al progetto
definitivo approvato, sia in sede di redazione del progetto
esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere, ove non
assumano rilievo sotto l’aspetto localizzativo, sono
sottoposte al regime di inizio attivita’ gia’ previsto al
comma 4-sexies. Non assumono rilievo localizzativo le
varianti di tracciato contenute nell’ambito del corridoio
individuato in sede di approvazione del progetto ai fini
urbanistici. In mancanza di diversa individuazione
costituiscono corridoio di riferimento a fini urbanistici
le fasce di rispetto previste dalla normativa in materia di
elettromagnetismo. Non assumono rilievo localizzativo,
inoltre, le varianti all’interno delle stazioni elettriche
che non comportino aumenti della cubatura degli edifici
ovvero che comportino aumenti di cubatura strettamente
necessari alla collocazione di apparecchiature o impianti
tecnologici al servizio delle stazioni stesse. Tale aumento
di cubatura non dovra’ superare di piu’ del 20 per cento le
cubature esistenti all’interno della stazione elettrica. Le
eventuali modificazioni del piano di esproprio connesse
alle varianti di tracciato prive di rilievo localizzativo
sono approvate ai fini della dichiarazione di pubblica
utilita’ dall’autorita’ espropriante ai sensi del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di espropriazione per pubblica utilita’, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.
327, e non richiedono nuova apposizione del vincolo
preordinato all’esproprio. Ove assumano rilievo
localizzativo, le varianti sono approvate dal Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con
il consenso dei presidenti delle regioni e province
autonome interessate. Sono fatte salve le norme in tema di
pubblicita’.
5. Le regioni disciplinano i procedimenti di
autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di reti
elettriche di competenza regionale in conformita’ ai
principi e ai termini temporali di cui al presente
articolo, prevedendo che, per le opere che ricadono nel
territorio di piu’ regioni, le autorizzazioni siano
rilasciate d’intesa tra le regioni interessate. In caso di
inerzia o di mancata definizione dell’intesa, lo Stato
esercita il potere sostitutivo ai sensi dell’art. 120 della
Costituzione.
6. Lo Stato e le regioni interessate stipulano accordi
di programma con i quali sono definite le modalita’
organizzative e procedimentali per l’acquisizione del
parere regionale nell’ambito dei procedimenti autorizzativi
delle opere inserite nel programma triennale di sviluppo
della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle
opere di rilevante importanza che interessano il territorio
di piu’ regioni.
7. Le norme del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilita’, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, si applicano alle
reti energetiche a decorrere dal 31 dicembre 2004.
8. Per la costruzione e l’esercizio di impianti di
energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici si
applicano le disposizioni del decreto-legge 7 febbraio
2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9
aprile 2002, n. 55.
9. All’art. 3, comma 14, del decreto legislativo 16
marzo 1999, n. 79, le parole: «previo parere conforme del»
sono sostituite dalle seguenti: «previo parere del».”
Art. 15
Disposizione di interpretazione autentica
1. La disposizione di cui all’articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, per gli impianti di cui all’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, si interpreta nel senso che, ai fini della verifica circa il possesso del requisito temporale ivi indicato, ovvero l’entrata in esercizio entro il 31 dicembre 2012, non soltanto deve essere avvenuta l’entrata in esercizio commerciale dell’energia elettrica ma anche l’entrata in esercizio commerciale dell’energia termica. A tal fine, per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione ricadente nella tipologia di cui all’articolo 24, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in modo da garantire la redditivita’ degli investimenti effettuati, il conseguente residuo periodo di diritto si calcola sottraendo ai quindici anni di durata degli incentivi il tempo gia’ trascorso dalla data di entrata in esercizio commerciale dell’energia sia elettrica che termica.
Note all’art. 15:
Si riporta il testo dell’art. 25, comma 1 del decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva
2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti
rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione
delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 28 marzo 2011, n. 71, S.O.
“Art. 25. Disposizione transitorie e abrogazioni. – 1.
La produzione di energia elettrica da impianti alimentati
da fonti rinnovabili, entrati in esercizio entro il 31
dicembre 2012, e’ incentivata con i meccanismi vigenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto, con i
correttivi di cui ai commi successivi.”
Si riporta il testo del comma 4-bis dell’art. 3 del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti
anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102:
“4-bis. L’energia elettrica prodotta dagli impianti di
cui all’art. 2, comma 3, lettera a), del decreto del
Ministro delle attivita’ produttive 24 ottobre 2005,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2005, connessi ad ambienti
agricoli, da’ diritto all’emissione dei certificati
previsti ai sensi dell’art. 11 del decreto legislativo 16
marzo 1999, n. 79, e successive modificazioni,
limitatamente alla quota di energia termica effettivamente
utilizzata. Agli impianti di cui al periodo precedente non
si applica quanto previsto dal comma 1 dell’art. 14 del
decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20.”
Si riporta il testo dell’art. 24, comma 5, lettera c),
del citato d.lgs. n. 28 del 2011:
“5. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico
di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e, per i profili di competenza,
con il Ministro delle politiche agricole e forestali,
sentite l’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas e la
Conferenza unificata, di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le
modalita’ per l’attuazione dei sistemi di incentivazione di
cui al presente articolo, nel rispetto dei criteri di cui
ai precedenti commi 2, 3 e 4. I decreti disciplinano, in
particolare:
a)- b) (omissis);
c) Le modalita’ per la transizione dal vecchio al nuovo
meccanismo di incentivazione. In particolare, sono
stabilite le modalita’ con le quali il diritto a fruire dei
certificati verdi per gli anni successivi al 2015, anche da
impianti non alimentati da fonti rinnovabili, e’ commutato
nel diritto ad accedere, per il residuo periodo di diritto
ai certificati verdi, a un incentivo ricadente nella
tipologia di cui al comma 3, in modo da garantire la
redditivita’ degli investimenti effettuati.”
Art. 16
Disposizioni per agevolare il ricorso agli appalti verdi
1. All’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Nei contratti relativi a lavori, servizi o forniture, l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo e’ ridotto del 30 per cento, anche cumulabile con la riduzione di cui al primo periodo, per gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, o del 20 per cento per gli operatori in possesso di certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001. Nei contratti relativi a servizi o forniture, l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo e’ ridotto del 20 per cento, anche cumulabile con la riduzione di cui ai periodi primo e secondo, per gli operatori economici in possesso, in relazione ai beni o servizi che costituiscano almeno il 50 per cento del valore dei beni e servizi oggetto del contratto stesso, del marchio di qualita’ ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) ai sensi del regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009. Nei contratti relativi a lavori, servizi o forniture, l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo e’ ridotto del 15 per cento per gli operatori economici che sviluppano un inventario di gas ad effetto serra ai sensi della norma UNI EN ISO 14064-1 o un’impronta climatica (carbon footprint) di prodotto ai sensi della norma UNI ISO/TS 14067»;
b) al secondo periodo, le parole: «Per fruire di tale beneficio» sono sostituite dalle seguenti: «Per fruire dei benefici di cui al presente comma» e le parole: «del requisito» sono sostituite dalle seguenti: «dei relativi requisiti».
2. All’articolo 83 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) dopo la lettera e) e’ inserita la seguente:
«e-bis) il possesso di un marchio di qualita’ ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso»;
2) alla lettera f) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita dell’opera, bene o servizio, con l’obiettivo strategico di un uso piu’ efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione»;
3) dopo la lettera f) e’ inserita la seguente:
«f-bis) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attivita’ dell’azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione, del 9 aprile 2013, relativa all’uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni»;
b) al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il bando, nel caso di previsione del criterio di valutazione di cui al comma 1, lettera f), indica i dati che devono essere forniti dagli offerenti e il metodo che l’amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati. Il metodo di valutazione di tali costi rispetta le seguenti condizioni:
a) si basa su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori;
b) e’ accessibile a tutti i concorrenti;
c) si basa su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo».
Note all’art. 16:
Si riporta il testo degli articoli 75 e 83 del codice
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163, e successive modificazioni, come modificati dalla
presente legge:
“Art. 75. Garanzie a corredo dell’offerta. – 1.
L’offerta e’ corredata da una garanzia, pari al due per
cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito,
sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta
dell’offerente. Nel caso di procedure di gara realizzate in
forma aggregata da centrali di committenza, l’importo della
garanzia e’ fissato nel bando o nell’invito nella misura
massima del 2 per cento del prezzo base.
2. La cauzione puo’ essere costituita, a scelta
dell’offerente, in contanti o in titoli del debito pubblico
garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito,
presso una sezione di tesoreria provinciale o presso le
aziende autorizzate, a titolo di pegno a favore
dell’amministrazione aggiudicatrice.
3. La fideiussione, a scelta dell’offerente, puo’
essere bancaria o assicurativa o rilasciata dagli
intermediari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 del
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che svolgono
in via esclusiva o prevalente attivita’ di rilascio di
garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da
parte di una societa’ di revisione iscritta nell’albo
previsto dall’art. 161 del decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58.
4. La garanzia deve prevedere espressamente la rinuncia
al beneficio della preventiva escussione del debitore
principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’art. 1957,
comma 2, del codice civile, nonche’ l’operativita’ della
garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice
richiesta scritta della stazione appaltante.
5. La garanzia deve avere validita’ per almeno
centottanta giorni dalla data di presentazione
dell’offerta. Il bando o l’invito possono richiedere una
garanzia con termine di validita’ maggiore o minore, in
relazione alla durata presumibile del procedimento, e
possono altresi’ prescrivere che l’offerta sia corredata
dall’impegno del garante a rinnovare la garanzia, per la
durata indicata nel bando, nel caso in cui al momento della
sua scadenza non sia ancora intervenuta l’aggiudicazione,
su richiesta della stazione appaltante nel corso della
procedura.
6. La garanzia copre la mancata sottoscrizione del
contratto per fatto dell’affidatario, ed e’ svincolata
automaticamente al momento della sottoscrizione del
contratto medesimo.
7. L’importo della garanzia, e del suo eventuale
rinnovo, e’ ridotto del cinquanta per cento per gli
operatori economici ai quali venga rilasciata, da organismi
accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI
CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, la
certificazione del sistema di qualita’ conforme alle norme
europee della serie UNI CEI ISO 9000. Nei contratti
relativi a lavori, servizi o forniture, l’importo della
garanzia e del suo eventuale rinnovo e’ ridotto del 30 per
cento, anche cumulabile con la riduzione di cui al primo
periodo, per gli operatori economici in possesso di
registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit
(EMAS), ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, o
del 20 per cento per gli operatori in possesso di
certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO
14001. Nei contratti relativi a servizi o forniture,
l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo e’
ridotto del 20 per cento, anche cumulabile con la riduzione
di cui ai periodi primo e secondo, per gli operatori
economici in possesso, in relazione ai beni o servizi che
costituiscano almeno il 50 per cento del valore dei beni e
servizi oggetto del contratto stesso, del marchio di
qualita’ ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) ai
sensi del regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009. Nei
contratti relativi a lavori, servizi o forniture, l’importo
della garanzia e del suo eventuale rinnovo e’ ridotto del
15 per cento per gli operatori economici che sviluppano un
inventario di gas ad effetto serra ai sensi della norma UNI
EN ISO 14064-1 o un’impronta climatica (carbon footprint)
di prodotto ai sensi della norma UNI ISO/ TS 14067. Per
fruire dei benefici di cui al presente comma, l’operatore
economico segnala, in sede di offerta, il possesso dei
relativi requisiti, e lo documenta nei modi prescritti
dalle norme vigenti.
8. L’offerta e’ altresi’ corredata, a pena di
esclusione, dall’impegno di un fideiussore a rilasciare la
garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, di
cui all’art. 113, qualora l’offerente risultasse
affidatario.
9. La stazione appaltante, nell’atto con cui comunica
l’aggiudicazione ai non aggiudicatari, provvede
contestualmente, nei loro confronti, allo svincolo della
garanzia di cui al comma 1, tempestivamente e comunque
entro un termine non superiore a trenta giorni
dall’aggiudicazione, anche quando non sia ancora scaduto il
termine di validita’ della garanzia.”
“Art. 83. Criterio dell’offerta economicamente piu’
vantaggiosa. – 1. Quando il contratto e’ affidato con il
criterio dell’offerta economicamente piu’ vantaggiosa, il
bando di gara stabilisce i criteri di valutazione
dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle
caratteristiche del contratto, quali, a titolo
esemplificativo:
a) il prezzo;
b) la qualita’;
c) il pregio tecnico;
d) le caratteristiche estetiche e funzionali;
e) le caratteristiche ambientali e il contenimento dei
consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera,
del servizio o del prodotto, anche con riferimento alle
specifiche tecniche premianti previste dai criteri
ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano
d’azione per la sostenibilita’ ambientale dei consumi nel
settore della pubblica amministrazione, adottati ai sensi
del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, e successive
modificazioni;
e-bis) il possesso di un marchio di qualita’ ecologica
dell’Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o
servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore
al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni
oggetto del contratto stesso;
f) il costo di utilizzazione e manutenzione, avuto
anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse
naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi,
inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei
cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita
dell’opera, bene o servizio, con l’obiettivo strategico di
un uso piu’ efficiente delle risorse e di un’economia
circolare che promuova ambiente e occupazione ;
f-bis) la compensazione delle emissioni di gas ad
effetto serra associate alle attivita’ dell’azienda
calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla
raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione, del 9
aprile 2013, relativa all’uso di metodologie comuni per
misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso
del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni;
g) la redditivita’;
h) il servizio successivo alla vendita;
i) l’assistenza tecnica;
l) la data di consegna ovvero il termine di consegna o
di esecuzione;
m) l’impegno in materia di pezzi di ricambio;
n) la sicurezza di approvvigionamento e l’origine
produttiva;
o) in caso di concessioni, altresi’ la durata del
contratto, le modalita’ di gestione, il livello e i criteri
di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti.
2. Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo
competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano
i criteri di valutazione e precisano la ponderazione
relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una
soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui
lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo
relativo all’elemento cui si riferisce la soglia deve
essere appropriato. Il bando, nel caso di previsione del
criterio di valutazione di cui al comma 1, lettera f),
indica i dati che devono essere forniti dagli offerenti e
il metodo che l’amministrazione aggiudicatrice utilizza per
valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di
smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati. Il
metodo di valutazione di tali costi rispetta le seguenti
condizioni:
a) si basa su criteri oggettivamente verificabili e non
discriminatori;
b) e’ accessibile a tutti i concorrenti;
c) si basa su dati che possono essere forniti dagli
operatori economici con un ragionevole sforzo;
3. Le stazioni appaltanti, quando ritengono la
ponderazione di cui al comma 2 impossibile per ragioni
dimostrabili, indicano nel bando di gara e nel capitolato
d’oneri, o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel
documento descrittivo, l’ordine decrescente di importanza
dei criteri.
4. Il bando per ciascun criterio di valutazione
prescelto prevede, ove necessario, i sub – criteri e i sub
– pesi o i sub – punteggi. Ove la stazione appaltante non
sia in grado di stabilirli tramite la propria
organizzazione, provvede a nominare uno o piu’ esperti con
il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi
l’incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le
relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di
gara.
5. Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il
punteggio a ciascun elemento dell’offerta, le stazioni
appaltanti utilizzano metodologie tali da consentire di
individuare con un unico parametro numerico finale
l’offerta piu’ vantaggiosa. Dette metodologie sono
stabilite dal regolamento, distintamente per lavori,
servizi e forniture e, ove occorra, con modalita’
semplificate per servizi e forniture. Il regolamento, per i
servizi, tiene conto di quanto stabilito dal decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 13 marzo 1999, n. 117
e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18
novembre 2005, in quanto compatibili con il presente
codice.”
Art. 17
Disposizioni per promuovere l’adozione dei sistemi EMAS ed Ecolabel
UE
1. Per l’assegnazione di contributi, agevolazioni e finanziamenti in materia ambientale, nella formulazione delle graduatorie costituiscono elemento di preferenza il possesso di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, da parte delle organizzazioni pubbliche e private interessate; il possesso di certificazione UNI EN ISO 14001 emessa da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008; il possesso per un proprio prodotto o servizio del marchio di qualita’ ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) ai sensi del regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009; il possesso della certificazione ISO 50001, relativa ad un sistema di gestione razionale dell’energia, emessa da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del citato regolamento (CE) n. 765/2008.
Art. 18
Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per
le forniture e negli affidamenti di servizi
1. Dopo l’articolo 68 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e’ inserito il seguente:
«Art. 68-bis (Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi). – 1. Nell’ambito delle categorie per le quali il Piano d’azione per la sostenibilita’ ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, predisposto in attuazione dei commi 1126 e 1127 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevede l’adozione dei criteri ambientali minimi di cui all’articolo 2 del citato decreto 11 aprile 2008, e’ fatto obbligo, per le pubbliche amministrazioni, ivi incluse le centrali di committenza, di contribuire al conseguimento dei relativi obiettivi ambientali, coerenti con gli obiettivi di riduzione dei gas che alterano il clima e relativi all’uso efficiente delle risorse indicati nella comunicazione della Commissione europea “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” [COM (2011) 571 definitivo], attraverso l’inserimento, nella documentazione di gara pertinente, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei sottoindicati decreti, relativi alle seguenti categorie di forniture e affidamenti:
a) acquisto di lampade a scarica ad alta intensita’, di alimentatori elettronici e di moduli a LED per illuminazione pubblica, acquisto di apparecchi di illuminazione per illuminazione pubblica e affidamento del servizio di progettazione di impianti di illuminazione pubblica: decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 23 dicembre 2013, pubblicato nel supplemento ordinario n. 8 alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2014, e successivi aggiornamenti;
b) attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio, quali personal computer, stampanti, apparecchi multifunzione e fotocopiatrici: decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2014, e successivi aggiornamenti;
c) servizi energetici per gli edifici – servizio di illuminazione e forza motrice, servizio di riscaldamento/raffrescamento di edifici: decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 marzo 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 57 alla Gazzetta Ufficiale n. 74 del 28 marzo 2012, e successivi aggiornamenti.
2. L’obbligo di cui al comma 1 si applica per almeno il 50 per cento del valore delle gare d’appalto sia sopra che sotto la soglia di rilievo comunitario previste per le seguenti categorie di forniture e affidamenti oggetto dei decreti recanti criteri ambientali minimi sottoindicati:
a) affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani: allegato 1 al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 58 dell’11 marzo 2014, e successivi aggiornamenti;
b) forniture di cartucce toner e cartucce a getto di inchiostro, affidamento del servizio integrato di ritiro e fornitura di cartucce toner e a getto di inchiostro: allegato 2 al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 58 dell’11 marzo 2014, e successivi aggiornamenti;
c) affidamento del servizio di gestione del verde pubblico, per acquisto di ammendanti, di piante ornamentali, di impianti di irrigazione: decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2014, e successivi aggiornamenti;
d) carta per copia e carta grafica: decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 4 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013, e successivi aggiornamenti;
e) ristorazione collettiva e derrate alimentari: allegato 1 al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011, e successivi aggiornamenti;
f) affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l’igiene: decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 maggio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 20 giugno 2012, e successivi aggiornamenti;
g) prodotti tessili: allegato 1 al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nel supplemento ordinario n. 74 alla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti;
h) arredi per ufficio: allegato 2 al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nel supplemento ordinario n. 74 alla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti.
3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, prevede un incremento progressivo della percentuale di cui al comma 2, relativamente ai prodotti e servizi di cui all’allegato 1 al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011, nell’arco di cinque anni, e aggiorna l’allegato medesimo, con la possibilita’ di prevedere ulteriori forme di certificazione ambientale, opportunamente regolamentate.
4. L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle forniture di beni e servizi e agli affidamenti di lavori oggetto di ulteriori decreti ministeriali di adozione dei relativi criteri ambientali minimi.
5. Ciascun soggetto obbligato all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo e’ tenuto a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale i bandi e i documenti di gara con le relative clausole contrattuali recanti i relativi criteri ambientali minimi, nonche’ l’indicazione dei soggetti aggiudicatari dell’appalto e i relativi capitolati contenenti il recepimento dei suddetti criteri ambientali minimi».
2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le attivita’ ivi previste sono svolte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali gia’ previste a legislazione vigente.
Art. 19
Applicazione di criteri ambientali minimi
negli appalti pubblici
1. All’articolo 7, comma 4, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, e’ aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«l-bis) provvede a monitorare l’applicazione dei criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, e successive modificazioni, e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano d’azione per la sostenibilita’ ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al medesimo decreto, e successive modificazioni».
2. Dall’attuazione della disposizione di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
3. All’articolo 64, comma 4-bis, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «I bandi-tipo contengono indicazioni per l’integrazione nel bando dei criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano d’azione per la sostenibilita’ ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, adottati ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, e successive modificazioni».
4. All’articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo la parola: «opera» sono inserite le seguenti: «, del servizio»;
b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche con riferimento alle specifiche tecniche premianti previste dai criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano d’azione per la sostenibilita’ ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, adottati ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, e successive modificazioni».
Note all’art. 19:
Si riporta il testo degli articoli 7 e 64, del codice
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163, come modificati dalla presente legge:
“Art. 7. Osservatorio dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture. – 1. Nell’ambito
dell’Autorita’ opera l’Osservatorio dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, composto da una
sezione centrale e da sezioni regionali aventi sede presso
le regioni e le province autonome. I modi e i protocolli
della articolazione regionale sono definiti dall’Autorita’
di concerto con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
2. Sono fatte salve le competenze del Nucleo tecnico di
valutazione e verifica degli investimenti pubblici di cui
all’art. 3, comma 5, del decreto legislativo 5 dicembre
1997, n. 430.
3. L’Osservatorio, in collaborazione con il CNIPA,
opera mediante procedure informatiche, sulla base di
apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con gli
analoghi sistemi della Ragioneria generale dello Stato, del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale e degli
altri Ministeri interessati, dell’Istituto nazionale di
statistica (ISTAT), dell’Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS), dell’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL),
delle regioni, dell’Unione province d’Italia (UPI),
dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), delle
camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
delle casse edili, della CONSIP.
4. La sezione centrale dell’Osservatorio si avvale
delle sezioni regionali competenti per territorio, per
l’acquisizione delle informazioni necessarie allo
svolgimento dei seguenti compiti, oltre a quelli previsti
da altre norme:
a) provvede alla raccolta e alla elaborazione dei dati
informativi concernenti i contratti pubblici su tutto il
territorio nazionale e, in particolare, di quelli
concernenti i bandi e gli avvisi di gara, le aggiudicazioni
e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l’impiego della
mano d’opera e le relative norme di sicurezza, i costi e
gli scostamenti rispetto a quelli preventivati, i tempi di
esecuzione e le modalita’ di attuazione degli interventi, i
ritardi e le disfunzioni;
b) determina annualmente costi standardizzati per tipo
di lavoro in relazione a specifiche aree territoriali,
facendone oggetto di una specifica pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale;
c) determina annualmente costi standardizzati per tipo
di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree
territoriali, facendone oggetto di una specifica
pubblicazione, avvalendosi dei dati forniti dall’ISTAT, e
tenendo conto dei parametri qualita-prezzo di cui alle
convenzioni stipulate dalla CONSIP, ai sensi dell’art. 26,
legge 23 dicembre 1999, n. 488;
d) pubblica annualmente per estremi i programmi
triennali dei lavori pubblici predisposti dalle
amministrazioni aggiudicatrici, nonche’ l’elenco dei
contratti pubblici affidati;
e) promuove la realizzazione di un collegamento
informatico con le stazioni appaltanti, nonche’ con le
regioni, al fine di acquisire informazioni in tempo reale
sui contratti pubblici;
f) garantisce l’accesso generalizzato, anche per via
informatica, ai dati raccolti e alle relative elaborazioni;
g) adempie agli oneri di pubblicita’ e di
conoscibilita’ richiesti dall’Autorita’;
h) favorisce la formazione di archivi di settore, in
particolare in materia contrattuale, e la formulazione di
tipologie unitarie da mettere a disposizione dei soggetti
interessati;
i) gestisce il proprio sito informatico;
l) cura l’elaborazione dei prospetti statistici di cui
all’art. 250 (contenuto del prospetto statistico per i
contratti pubblici di lavori, forniture e servizi di
rilevanza comunitaria) e di cui all’art. 251 (contenuto del
prospetto statistico per i contratti pubblici di lavori,
forniture e servizi nei settori di gas, energia termica,
elettricita’, acqua, trasporti, servizi postali,
sfruttamento di area geografica).
l-bis) provvede a monitorare l’applicazione dei criteri
ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del decreto
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, e successive
modificazioni, e il raggiungimento degli obiettivi
prefissati dal Piano d’azione per la sostenibilita’
ambientale dei consumi nel settore della pubblica
amministrazione, di cui al medesimo decreto, e successive
modificazioni.
5. Al fine della determinazione dei costi
standardizzati di cui al comma 4, lettera c), l’ISTAT,
avvalendosi, ove necessario, delle Camere di commercio,
cura la rilevazione e la elaborazione dei prezzi di mercato
dei principali beni e servizi acquisiti dalle
amministrazioni aggiudicatrici, provvedendo alla
comparazione, su base statistica, tra questi ultimi e i
prezzi di mercato. Gli elenchi dei prezzi rilevati sono
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana, con cadenza almeno semestrale, entro il 30 giugno
e il 31 dicembre. Per i prodotti e servizi informatici,
laddove la natura delle prestazioni consenta la rilevazione
di prezzi di mercato, dette rilevazioni sono operate
dall’ISTAT di concerto con il Centro nazionale per
l’informatica nella pubblica amministrazione di cui al
decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39.
5-bis. Nella determinazione dei costi standardizzati,
di cui al comma 4, lettere b) e c), si tiene conto del
costo del lavoro determinato dal Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, secondo quanto previsto dall’art.
87, comma 2, lettera g).
6. Il Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa
con quello per la funzione pubblica, assicura lo
svolgimento delle attivita’ di cui al comma 5, definendo
modalita’, tempi e responsabilita’ per la loro
realizzazione. Il Ministro dell’economia e delle finanze
vigila sul rispetto da parte delle amministrazioni
aggiudicatrici degli obblighi, dei criteri e dei tempi per
la rilevazione dei prezzi corrisposti e, in sede di
concerto per la presentazione al Parlamento del disegno di
legge recante il bilancio di previsione dello Stato, puo’
proporre riduzioni da apportare agli stanziamenti di
bilancio delle amministrazioni inadempienti.
7. In relazione alle attivita’, agli aspetti e alle
componenti peculiari dei lavori, servizi e forniture
concernenti i beni sottoposti alle disposizioni della parte
seconda del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i
compiti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 sono
svolti dalla sezione centrale dell’Osservatorio, su
comunicazione del soprintendente per i beni ambientali e
architettonici avente sede nel capoluogo di regione, da
effettuare per il tramite della sezione regionale
dell’Osservatorio.
8. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono
tenuti a comunicare all’Osservatorio, per contratti di
importo superiore a 50.000 euro:
a) entro trenta giorni dalla data dell’aggiudicazione
definitiva o di definizione della procedura negoziata, i
dati concernenti il contenuto dei bandi, con specificazione
dell’eventuale suddivisione in lotti ai sensi dell’art. 2,
comma 1-bis, dei verbali di gara, i soggetti invitati,
l’importo di aggiudicazione definitiva, il nominativo
dell’affidatario e del progettista;
b) limitatamente ai settori ordinari, entro sessanta
giorni dalla data del loro compimento ed effettuazione,
l’inizio, gli stati di avanzamento e l’ultimazione dei
lavori, servizi, forniture, l’effettuazione del collaudo,
l’importo finale.
Per gli appalti di importo inferiore a 500.000 euro non
e’ necessaria la comunicazione dell’emissione degli stati
di avanzamento. Le norme del presente comma non si
applicano ai contratti di cui agli articoli 19, 20, 21, 22,
23, 24, 25, 26, per i quali le stazioni appaltanti e gli
enti aggiudicatori trasmettono all’Autorita’, entro il 31
gennaio di ciascun anno, una relazione contenente il numero
e i dati essenziali relativi a detti contratti affidati
nell’anno precedente. Il soggetto che ometta, senza
giustificato motivo, di fornire i dati richiesti e’
sottoposto, con provvedimento dell’Autorita’, alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma fino a euro
25.822. La sanzione e’ elevata fino a euro 51.545 se sono
forniti dati non veritieri.
9. I dati di cui al comma 8, relativi ai lavori di
interesse regionale, provinciale e comunale, sono
comunicati alle sezioni regionali dell’Osservatorio che li
trasmettono alla sezione centrale.
10. E’ istituito il casellario informatico dei
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture presso
l’Osservatorio. Il regolamento di cui all’art. 5 disciplina
il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture, nonche’ le modalita’ di funzionamento
del sito informatico presso l’Osservatorio, prevedendo
archivi differenziati per i bandi, gli avvisi e gli estremi
dei programmi non ancora scaduti e per atti scaduti,
stabilendo altresi’ il termine massimo di conservazione
degli atti nell’archivio degli atti scaduti, nonche’ un
archivio per la pubblicazione di massime tratte da
decisioni giurisdizionali e lodi arbitrali.”
“Art. 64. Bando di gara. – 1. Le stazioni appaltanti
che intendono aggiudicare un appalto pubblico o un accordo
quadro mediante procedura aperta, procedura ristretta,
procedura negoziata con pubblicazione di un bando di gara,
dialogo competitivo, rendono nota tale intenzione con un
bando di gara.
2. Le stazioni appaltanti che intendono istituire un
sistema dinamico di acquisizione rendono nota tale
intenzione mediante un bando di gara.
3. Le stazioni appaltanti che intendono aggiudicare un
appalto pubblico basato su un sistema dinamico di
acquisizione rendono nota tale intenzione con un bando di
gara semplificato.
4. Il bando di gara contiene gli elementi indicati nel
presente codice, le informazioni di cui all’allegato IX A e
ogni altra informazione ritenuta utile dalla stazione
appaltante, secondo il formato dei modelli di formulari
adottati dalla Commissione in conformita’ alla procedura di
cui all’art. 77, paragrafo 2, direttiva 2004/18.
4-bis. I bandi sono predisposti dalle stazioni
appaltanti sulla base di modelli (bandi – tipo) approvati
dall’Autorita’, previo parere del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie
professionali interessate, con l’indicazione delle cause
tassative di esclusione di cui all’art. 46, comma 1-bis. I
bandi-tipo contengono indicazioni per l’integrazione nel
bando dei criteri ambientali minimi di cui ai decreti
attuativi del Piano d’azione per la sostenibilita’
ambientale dei consumi nel settore della pubblica
amministrazione, adottati ai sensi del decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11
aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107
dell’8 maggio 2008, e successive modificazioni. Le stazioni
appaltanti nella delibera a contrarre motivano
espressamente in ordine alle deroghe al bando – tipo.”
Per il testo dell’art. 83 del codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come modificato
dalla presente legge, si veda nelle note all’art. 16.
Art. 20
Consumo energetico delle lanterne semaforiche
1. All’articolo 41 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il comma 8 e’ inserito il seguente:
«8-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, nelle lanterne semaforiche, le lampade ad incandescenza, quando necessitino di sostituzione, devono essere sostituite con lampade a basso consumo energetico, ivi comprese le lampade realizzate con tecnologia a LED. Le lampade da utilizzare nelle lanterne semaforiche devono avere marcatura CE e attacco normalizzato E27 e assicurare l’accensione istantanea. La loro sostituzione deve essere eseguita utilizzando la struttura ottica della lanterna semaforica gia’ esistente, ove cio’ sia tecnicamente possibile senza apportarvi modifiche. Le lampade realizzate con tecnologia a LED, in caso di rottura anche di un solo componente, devono spegnersi automaticamente in modo da garantire l’uniformita’ del segnale luminoso durante il loro funzionamento».
Note all’art. 20:
Si riporta il testo dell’art. 41 del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), come modificato dalla presente legge:
“Art. 41. Segnali luminosi. – 1. I segnali luminosi si
suddividono nelle seguenti categorie:
a) segnali luminosi di pericolo e di prescrizione;
b) segnali luminosi di indicazione;
b-bis) tabelloni luminosi rilevatori della velocita’ in
tempo reale dei veicoli in transito;
c) lanterne semaforiche veicolari normali;
d) lanterne semaforiche veicolari di corsia;
e) lanterne semaforiche per i veicoli di trasporto
pubblico;
f) lanterne semaforiche pedonali;
g) lanterne semaforiche per velocipedi;
h) lanterne semaforiche veicolari per corsie
reversibili;
i) lanterna semaforica gialla lampeggiante;
l) lanterne semaforiche speciali;
m) segnali luminosi particolari.
2. Le luci delle lanterne semaforiche veicolari normali
sono di forma circolare e di colore:
a) rosso, con significato di arresto;
b) giallo, con significato di preavviso di arresto;
c) verde, con significato di via libera.
3. Le luci delle lanterne semaforiche di corsia sono a
forma di freccia colorata su fondo nero; i colori sono
rosso, giallo e verde; il significato e’ identico a quello
delle luci di cui al comma 2, ma limitatamente ai veicoli
che devono proseguire nella direzione indicata dalla
freccia.
4. Le luci delle lanterne semaforiche per i veicoli di
trasporto pubblico sono a forma di barra bianca su fondo
nero, orizzontale con significato di arresto, verticale o
inclinata a destra o sinistra con significato di via
libera, rispettivamente diritto, a destra o sinistra, e di
un triangolo giallo su fondo nero, con significato di
preavviso di arresto.
5. Gli attraversamenti pedonali semaforizzati possono
essere dotati di segnalazioni acustiche per non vedenti. Le
luci delle lanterne semaforiche pedonali sono a forma di
pedone colorato su fondo nero. I colori sono:
a) rosso, con significato di arresto e non consente ai
pedoni di effettuare l’attraversamento, ne’ di impegnare la
carreggiata;
b) giallo, con significato di sgombero
dell’attraversamento pedonale e consente ai pedoni che si
trovano all’interno dell’attraversamento di sgombrarlo il
piu’ rapidamente possibile e vieta a quelli che si trovano
sul marciapiede di impegnare la carreggiata;
c) verde, con significato di via libera e consente ai
pedoni l’attraversamento della carreggiata nella sola
direzione consentita dalla luce verde.
6. Le luci delle lanterne semaforiche per velocipedi
sono a forma di bicicletta colorata su fondo nero; i colori
sono rosso, giallo e verde; il significato e’ identico a
quello delle luci di cui al comma 2, ma limitatamente ai
velocipedi provenienti da una pista ciclabile.
7. Le luci delle lanterne semaforiche per corsie
reversibili sono rossa a forma di X, con significato di
divieto di percorrere la corsia o di impegnare il varco
sottostante la luce, e verde a forma di freccia, con
significato di consenso a percorrere la corsia o ad
impegnare il varco sottostante la luce.
8. Tutti i segnali e dispositivi luminosi previsti dal
presente articolo sono soggetti ad omologazione da parte
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo
accertamento del grado di protezione e delle
caratteristiche geometriche, fotometriche, cromatiche e di
idoneita’ indicati dal regolamento e da specifiche
normative.
8-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore
della presente disposizione, nelle lanterne semaforiche, le
lampade ad incandescenza, quando necessitino di
sostituzione, devono essere sostituite con lampade a basso
consumo energetico, ivi comprese le lampade realizzate con
tecnologia a LED. Le lampade da utilizzare nelle lanterne
semaforiche devono avere marcatura CE e attacco
normalizzato E27 e assicurare l’accensione istantanea. La
loro sostituzione deve essere eseguita utilizzando la
struttura ottica della lanterna semaforica gia’ esistente,
ove cio’ sia tecnicamente possibile senza apportarvi
modifiche. Le lampade realizzate con tecnologia a LED, in
caso di rottura anche di un solo componente, devono
spegnersi automaticamente in modo da garantire
l’uniformita’ del segnale luminoso durante il loro
funzionamento.
9. Durante il periodo di accensione della luce verde, i
veicoli possono procedere verso tutte le direzioni
consentite dalla segnaletica verticale ed orizzontale; in
ogni caso i veicoli non possono impegnare l’area di
intersezione se i conducenti non hanno la certezza di
poterla sgombrare prima dell’accensione della luce rossa; i
conducenti devono dare sempre la precedenza ai pedoni ed ai
ciclisti ai quali sia data contemporaneamente via libera; i
conducenti in svolta devono, altresi’ dare la precedenza ai
veicoli provenienti da destra ed ai veicoli della corrente
di traffico nella quale vanno ad immettersi.
10. Durante il periodo di accensione della luce gialla,
i veicoli non possono oltrepassare gli stessi punti
stabiliti per l’arresto, di cui al comma 11, a meno che vi
si trovino cosi’ prossimi, al momento dell’accensione della
luce gialla, che non possano piu’ arrestarsi in condizioni
di sufficiente sicurezza; in tal caso essi devono sgombrare
sollecitamente l’area di intersezione con opportuna
prudenza.
11. Durante il periodo di accensione della luce rossa,
i veicoli non devono superare la striscia di arresto; in
mancanza di tale striscia i veicoli non devono impegnare
l’area di intersezione, ne’ l’attraversamento pedonale, ne’
oltrepassare il segnale, in modo da poterne osservare le
indicazioni.
12. Le luci delle lanterne semaforiche veicolari di
corsia o quelle per i veicoli di trasporto pubblico hanno
lo stesso significato delle corrispondenti luci delle
lanterne semaforiche normali, ma limitatamente ai soli
veicoli che devono proseguire nella direzione indicata
dalle frecce o dalle barre; di conseguenza, i conducenti di
detti veicoli devono attenersi alle stesse disposizioni di
cui ai commi 9, 10 e 11.
13. Nel caso in cui la lanterna semaforica pedonale o
quella per i velocipedi risulti spenta o presenti
indicazioni anomale, il pedone o il ciclista ha l’obbligo
di usare particolare prudenza anche in relazione alla
possibilita’ che verso altre direzioni siano accese luci
che consentano il passaggio ai veicoli che interferiscono
con la sua traiettoria di attraversamento.
14. Durante il periodo di accensione delle luci verde,
giallo o rossa a forma di bicicletta, i ciclisti devono
tenere lo stesso comportamento dei veicoli nel caso di
lanterne semaforiche veicolari normali di cui
rispettivamente ai commi 9, 10 e 11.
15. In assenza di lanterne semaforiche per i
velocipedi, i ciclisti sulle intersezioni semaforizzate
devono assumere il comportamento dei pedoni.
16. Durante il periodo di accensione delle luci delle
lanterne semaforiche per corsie reversibili, i conducenti
non possono percorrere la corsia o impegnare il varco
sottostanti alla luce rossa a forma di X; possono
percorrere la corsia o impegnare il varco sottostanti la
luce verde a forma di freccia rivolta verso il basso. E’
vietato ai veicoli di arrestarsi comunque dinnanzi alle
luci delle lanterne semaforiche per corsie reversibili
anche quando venga data l’indicazione della X rossa.
17. In presenza di una luce gialla lampeggiante, di cui
al comma 1, lettera i), i veicoli possono procedere purche’
a moderata velocita’ e con particolare prudenza,
rispettando le norme di precedenza.
18. Qualora per avaria o per altre cause una lanterna
semaforica veicolare di qualsiasi tipo sia spenta o
presenti indicazioni anomale, il conducente ha l’obbligo di
procedere a minima velocita’ e di usare particolare
prudenza anche in relazione alla possibilita’ che verso
altre direzioni siano accese luci che consentono il
passaggio. Se, peraltro, le indicazioni a lui dirette sono
ripetute da altre lanterne semaforiche efficienti egli deve
tener conto di esse.
19. Il regolamento stabilisce forme, caratteristiche,
dimensioni, colori e simboli dei segnali luminosi, nonche’
le modalita’ di impiego e il comportamento che l’utente
della strada deve tenere in rapporto alle varie situazioni
segnalate.”
Art. 21
Schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione
dell’impronta ambientale
1. Al fine di promuovere la competitivita’ del sistema produttivo italiano nel contesto della crescente domanda di prodotti ad elevata qualificazione ambientale sui mercati nazionali ed internazionali, e’ istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, lo schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, denominato «Made Green in Italy». Tale schema adotta la metodologia per la determinazione dell’impronta ambientale dei prodotti (PEF), come definita nella raccomandazione 2013/179/UE della Commissione, del 9 aprile 2013. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabilite le modalita’ di funzionamento dello schema.
2. Nella definizione delle azioni di cui al comma 1 si tiene conto delle indicazioni contenute nella comunicazione della Commissione europea «Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse» (COM(2011) 571 definitivo), e in particolare di quelle concernenti la strategia in materia di consumo e produzione sostenibili.
3. Lo schema nazionale volontario ed il relativo regolamento di cui al comma 1 sono finalizzati a:
a) promuovere, con la collaborazione dei soggetti interessati, l’adozione di tecnologie e disciplinari di produzione innovativi, in grado di garantire il miglioramento delle prestazioni dei prodotti e, in particolare, la riduzione degli impatti ambientali che i prodotti hanno durante il loro ciclo di vita, anche in relazione alle prestazioni ambientali previste dai criteri ambientali minimi di cui all’articolo 68-bis del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dall’articolo 18 della presente legge;
b) rafforzare l’immagine, il richiamo e l’impatto comunicativo che distingue le produzioni italiane, associandovi aspetti di qualita’ ambientale, anche nel rispetto di requisiti di sostenibilita’ sociale;
c) rafforzare la qualificazione ambientale dei prodotti agricoli, attraverso l’attenzione prioritaria alla definizione di parametri di produzione sostenibili dal punto di vista ambientale e della qualita’ del paesaggio;
d) garantire l’informazione, in tutto il territorio nazionale, riguardo alle esperienze positive sviluppate in progetti precedenti, e in particolare nel progetto relativo allo schema di qualificazione ambientale dei prodotti che caratterizzano i cluster (sistemi produttivi locali, distretti industriali e filiere) sviluppato con il protocollo d’intesa firmato il 14 luglio 2011 tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico e le regioni Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Sardegna, Marche e Molise.
4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, e’ emanato, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il Piano d’azione nazionale in materia di consumo e produzione sostenibili, che integra le azioni previste al comma 1, avendo riguardo agli interventi e alle azioni nei settori del consumo, della grande distribuzione e del turismo.
5. La disposizione di cui al comma 3 trova applicazione prioritaria nella programmazione dei fondi europei 2014-2020.
Art. 22
Modifica all’articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui
libri fondiari allegato al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, in
materia di diritti edificatori
1. All’articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui libri fondiari, allegato al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, e successive modificazioni, dopo le parole: «le servitu’,» sono inserite le seguenti: «i diritti edificatori di cui all’articolo 2643, numero 2-bis), del codice civile,».
Note all’art. 22:
Si riporta il testo dell’art. 9, del nuovo testo della
legge generale sui libri fondiari allegato al regio decreto
28 marzo 1929, n. 499, come modificato dalla presente
legge:
“Art. 9. – Nel libro fondiario possono essere
intavolati o prenotati, in quanto si riferiscono a beni
immobili, solamente il diritto di proprieta’, le servitu’,
i diritti edificatori di cui all’art. 2643, numero 2-bis),
del codice civile, il diritto di usufrutto, salvo quello
previsto al successivo art. 20, lettera a), i diritti di
uso, di abitazione, di enfiteusi, di superficie, di
ipoteca, i privilegi, per i quali leggi speciali richiedano
l’iscrizione nei registri immobiliari, e gli oneri reali.”
Art. 23
Accordi di programma e incentivi per l’acquisto dei prodotti
derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e
dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi
1. Dopo l’articolo 206-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono inseriti i seguenti:
«Art. 206-ter (Accordi e contratti di programma per incentivare l’acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). – 1. Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all’acquisto di prodotti derivanti da materiali riciclati post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, puo’ stipulare appositi accordi e contratti di programma:
a) con le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorita’ per i beni provenienti dai rifiuti;
b) con enti pubblici;
c) con soggetti pubblici o privati;
d) con le associazioni di categoria, ivi comprese le associazioni di aziende che si occupano di riuso, preparazione al riutilizzo e riciclaggio;
e) con associazioni senza fini di lucro, di promozione sociale nonche’ con imprese artigiane e imprese individuali;
f) con i soggetti incaricati di svolgere le attivita’ connesse all’applicazione del principio di responsabilita’ estesa del produttore.
2. Gli accordi e i contratti di programma di cui al comma 1 hanno ad oggetto:
a) l’erogazione di incentivi in favore di attivita’ imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorita’ per i beni provenienti dai rifiuti per i quali devono essere perseguiti obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto del presente decreto e della normativa dell’Unione europea, e l’erogazione di incentivi in favore di attivita’ imprenditoriali di produzione e di preparazione dei materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi per il loro riutilizzo e di attivita’ imprenditoriali di produzione e di commercializzazione di prodotti e componenti di prodotti reimpiegati per la stessa finalita’ per la quale erano stati concepiti;
b) l’erogazione di incentivi in favore di attivita’ imprenditoriali di commercializzazione di aggregati riciclati marcati CE e definiti secondo le norme UNI EN 13242:2013 e UNI EN 12620:2013, nonche’ di prodotti derivanti da rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e da pneumatici fuori uso ovvero realizzati con i materiali plastici provenienti dal trattamento dei prodotti giunti a fine vita, cosi’ come definiti dalla norma UNI 10667-13:2013, dal post consumo o dal recupero degli scarti di produzione;
c) l’erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alle lettere a) e b).
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell’economia e delle finanze, individua con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e fissa le modalita’ di stipulazione dei medesimi accordi e contratti secondo criteri che privilegino prioritariamente le attivita’ per il riutilizzo, la produzione o l’acquisto di beni riciclati utilizzati per la stessa finalita’ originaria e sistemi produttivi con il minor impatto ambientale rispetto ai metodi tradizionali.
Art. 206-quater (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). – 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di materiale post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi di cui all’articolo 206-ter, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riciclando i materiali, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti. La presenza delle percentuali di materiale riciclato e riciclato post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi puo’ essere dimostrata tramite certificazioni di enti riconosciuti. Il medesimo decreto stabilisce gli strumenti e le misure di incentivazione per il commercio e per l’acquisto di prodotti e componenti di prodotti usati per favorire l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti.
2. Per l’acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in materiali polimerici misti riciclati, l’incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in base ai criteri e alle percentuali stabiliti dall’allegato L-bis alla presente parte.
3. Gli incentivi di cui al comma 2 si applicano ai soli manufatti che impiegano materiali polimerici eterogenei da riciclo post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi in misura almeno pari alle percentuali indicate dall’allegato L-bis alla presente parte. Il contenuto di materiali polimerici eterogenei da riciclo nei manufatti di cui al presente comma deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente.
4. Gli incentivi di cui al presente articolo possono essere fruiti nel rispetto delle regole in materia di aiuti di importanza minore concessi dagli Stati membri dell’Unione europea in favore di talune imprese o produzioni, di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013.
Art. 206-quinquies (Incentivi per l’acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). – 1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell’economia e delle finanze, adotta, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento che stabilisce i criteri e il livello di incentivo, anche di natura fiscale, per l’acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo riciclati o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, ivi inclusi quelli provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti diversi dal materiale polimerico.
Art. 206-sexies (Azioni premianti l’utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi negli interventi concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le barriere acustiche). – 1. Le amministrazioni pubbliche, nelle more dell’adozione da parte delle regioni di specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi negli edifici scolastici, al fine di consentirne la piena fruibilita’ dal punto di vista acustico, prevedono, nelle gare d’appalto per l’incremento dell’efficienza energetica delle scuole e comunque per la loro ristrutturazione o costruzione, l’impiego di materiali e soluzioni progettuali idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici dalla norma UNI 11367:2010 e dalla norma UNI 11532:2014. Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con il decreto di cui al comma 3 del presente articolo.
2. Nelle gare d’appalto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e barriere acustiche, anche ai fini dell’esecuzione degli interventi di risanamento acustico realizzati ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, le amministrazioni pubbliche e gli enti gestori delle infrastrutture prevedono criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con i decreti di cui al comma 3 del presente articolo.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con uno o piu’ decreti, anche attraverso i decreti di attuazione del Piano d’azione per la sostenibilita’ ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, definisce:
a) l’entita’ dei punteggi premianti e le caratteristiche dei materiali che ne beneficeranno, quali quelli indicati all’articolo 206-ter, comma 2, lettera a), e quelli derivanti dall’utilizzo di polverino da pneumatici fuori uso;
b) i descrittori acustici da tenere in considerazione nei bandi di gara e i relativi valori di riferimento;
c) le percentuali minime di residui di produzione e di materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere assegnati i punteggi premianti, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riutilizzando i materiali, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti;
d) i materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che non possono essere utilizzati senza operazioni di pre-trattamento finalizzate a escludere effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana».
2. Negli allegati alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo l’allegato L e’ aggiunto l’allegato L-bis di cui all’allegato 1 annesso alla presente legge.
3. In sede di prima applicazione di quanto previsto dagli articoli 206-quater e 206-quinquies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotti dal comma 1 del presente articolo, le regioni utilizzano le risorse rivenienti dall’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 32 della presente legge. Il decreto di cui al comma 1 del predetto articolo 206-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006 individua le modalita’ di finanziamento degli incentivi da esso disciplinati.
Art. 24
Modifiche alle norme in materia di incentivazione della produzione di
energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai
fotovoltaici
1. Al decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’allegato 1, tabella 1.A, punto 4, dopo le parole: «produzione di mobili e relativi componenti» sono aggiunte le seguenti: «limitatamente al legno non trattato»;
b) all’allegato 2:
1) al punto 6.2 e’ aggiunto, in fine, il seguente capoverso:
«I rifiuti provenienti da raccolta differenziata identificati con il codice CER 200138 e i rifiuti pericolosi, ad eccezione di quelli identificati con i codici CER 180103* e 180202*, sono esclusi dal sistema incentivante per la produzione di energia da fonti rinnovabili previsto dal presente decreto»;
2) alla tabella 6.A sono soppresse le voci: «17 02 01 – Legno» e «19 12 07 – Legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06».
Art. 25
Modifica all’allegato 2 al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75,
in materia di fertilizzanti
1. All’allegato 2, punto 2, numero 5, terza colonna, al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni, dopo le parole: «proveniente da raccolta differenziata» sono inserite le seguenti: «, ivi inclusi i rifiuti in plastica compostabile certificata secondo la norma UNI EN 13432:2002, compresi i prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali e assimilati, previo idoneo processo di sanificazione, qualora necessario».
Note all’art. 25:
Si riporta il nuovo testo dell’allegato 2, punto 2, al
decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, “Riordino e
revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a
norma dell’art. 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88”,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 (S.O.) del 26
maggio 2010, come modificato dalla presente legge:
Parte di provvedimento in formato grafico
Art. 26
Fertilizzanti correttivi
1. L’utilizzazione agronomica dei correttivi di cui al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, ed in particolare del gesso di defecazione e del carbonato di calcio di defecazione, come definiti all’allegato 3 del medesimo decreto legislativo n. 75 del 2010, qualora ottenuti da processi che prevedono l’utilizzo di materiali biologici classificati come rifiuti, deve garantire il rispetto dei limiti di apporto di azoto nel terreno di cui al codice di buona pratica agricola, adottato con decreto del Ministro per le politiche agricole 19 aprile 1999, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999, in attuazione dell’articolo 4 della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, e dell’articolo 37, comma 2, lettera c), della legge 22 febbraio 1994, n. 146. I correttivi di cui al primo periodo devono riportare in etichetta il titolo di azoto.
Note all’art. 26:
Per i riferimenti del d.lgs. n. 75 del 2010, si veda
nelle note all’art. 25.
Si riporta il testo dell’art. 37 della legge 22
febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle
Comunita’ europee – legge comunitaria 1993), pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 52 (S.O.) del 4 marzo 1994:
“Art. 37. Tutela delle acque: criteri di delega. – 1.
L’attuazione della direttiva del Consiglio 91/271/CEE,
concernente il trattamento delle acque reflue urbane, sara’
informata ai seguenti ulteriori principi e criteri
direttivi:
a) promuovere gli interventi necessari per proteggere
l’ambiente dalle ripercussioni negative degli scarichi
delle acque reflue urbane;
b) assicurare la realizzazione, la ristrutturazione ed
il completamento di reti fognarie e degli impianti di
depurazione per il convogliamento ed il trattamento delle
acque reflue urbane;
c) individuare nel decreto di recepimento, sulla base
dei criteri di cui all’allegato II della direttiva, un
primo elenco di aree sensibili per le quali risultino gia’
disponibili i dati per la caratterizzazione qualitativa,
nonche’ determinare i criteri di indirizzo per la
successiva individuazione delle ulteriori aree sensibili da
parte delle regioni e delle province autonome;
d) definire i criteri generali per l’ottimale
programmazione degli interventi di disinquinamento dal
punto di vista del rapporto tra costi e benefici;
e) prevedere che le regioni e le province autonome
promuovano per le finalita’ di cui alle lettere a) e b) una
programmazione su base pluriennale di interventi corredata
da relativi costi di investimento e di esercizio, da
finanziare attraverso l’adeguamento, previsto dagli
articoli 2 e 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 , e
nelle forme di gestione previste dall’art. 22 della legge 8
giugno 1990, n. 142 , e dal citato art. 12 della legge 23
dicembre 1992, n. 498 , delle tariffe per i servizi di
acquedotto, di fognatura e di depurazione.
2. L’attuazione della direttiva del Consiglio
91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da
fonti agricole, sara’ informata ai seguenti ulteriori
principi e criteri direttivi:
a) individuare le acque inquinate dai nitrati per una
prima definizione di zone vulnerabili, sulla base dei dati
disponibili derivanti dai piani di campionamento, relativi
alle predette zone, effettuati in esecuzione della
legislazione vigente; predisporre ed effettuare ulteriori
piani di campionamento atti a consentire una delimitazione
piu’ puntuale delle zone vulnerabili;
b) predisporre e realizzare, per le zone vulnerabili,
programmi di azione da parte delle regioni e delle province
autonome sulla base dei criteri stabiliti dai Ministri
competenti;
c) predisporre da parte delle regioni e delle province
autonome, sulla base di criteri generali fissati con
decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e
forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e con
il Ministro della sanita’, in relazione alle
caratteristiche del territorio, ed al rapporto tra numero
dei capi e superficie disponibile, codici di buona pratica
agricola che consentano lo spandimento delle deiezioni
zootecniche e la fertilizzazione senza la necessita’ di
preventive autorizzazioni o di comunicazioni di attivita’;
d) predisporre programmi di formazione e di
informazione per gli agricoltori, a valere sulle risorse
comunitarie concernenti la formazione agricola;
e) predisporre programmi periodici di verifica
dell’efficacia dei programmi di azione attuati nelle zone
vulnerabili;
f) coordinare le azioni di risanamento svolte ai sensi
della direttiva con quelle da adottare in conformita’ con
la direttiva del Consiglio 91/271/CEE, concernente il
trattamento delle acque reflue urbane, e con il decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236.”
Art. 27
Pulizia dei fondali marini
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, avvalendosi del Reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto, di cui all’articolo 20 della legge 31 luglio 2002, n. 179, puo’ individuare i porti marittimi dotati di siti idonei nei quali avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attivita’ di gestione delle aree marine protette, le attivita’ di pesca o altre attivita’ di turismo subacqueo svolte da associazioni sportive, ambientaliste e culturali, tramite appositi accordi di programma stipulati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, con le associazioni citate, con gli enti gestori delle aree marine protette, con le imprese ittiche e con la capitaneria di porto, l’autorita’ portuale, se costituita, e il comune territorialmente competenti.
2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base dei risultati dell’attivita’ di cui al comma 1, sono disciplinate le procedure, le modalita’ e le condizioni per l’estensione delle medesime attivita’ ad altri porti.
3. All’articolo 5, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, e successive modificazioni, le parole: «A tale fine, la regione cura altresi’» sono sostituite dalle seguenti: «Il comune cura».
Note all’art. 27:
Si riporta il testo dell’art. 20 della legge 31 luglio
2002, n. 179 “Disposizioni in materia ambientale”,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 189 (S.O.) del 13
agosto 2002:
“Art. 20. Istituzione del Reparto ambientale marino. –
1. Al fine di conseguire un piu’ rapido ed efficace
supporto alle attivita’ di tutela e di difesa dell’ambiente
marino e costiero, e’ istituito presso il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio il Reparto
ambientale marino (RAM) del Corpo delle capitanerie di
porto, posto alle dipendenze funzionali del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio.
2. Dall’attuazione del presente articolo non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello
Stato.”
Si riporta il testo dell’art. 5 del decreto legislativo
24 giugno 2003, n. 182 (Attuazione della direttiva
2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per
i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 168 del 22 luglio
2003, come modificato dalla presente legge:
“Art. 5. Piano di raccolta e piano di gestione dei
rifiuti. – 1. Nel rispetto delle prescrizioni previste
dall’allegato I e tenuto conto degli obblighi di cui agli
articoli 4, 6, 7, 10 e 14, comma 1, l’Autorita’ portuale,
previa consultazione delle parti interessate e, in
particolare, degli enti locali, dell’ufficio di sanita’
marittima e degli operatori dello scalo o dei loro
rappresentanti, entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto elabora un piano di raccolta
dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico e
ne da’ immediata comunicazione alla regione competente per
territorio.
2. Entro sessanta giorni dall’avvenuta comunicazione
del piano di cui al comma 1, la regione valuta ed approva
lo stesso piano, integrandolo, per gli aspetti relativi
alla gestione, con il piano regionale di gestione dei
rifiuti di cui all’art. 22 del decreto legislativo n. 22
del 1997 e ne controlla lo stato di attuazione.
3. In caso di inadempimento da parte dell’Autorita’
portuale dell’obbligo di cui al comma 1 nei termini ivi
stabiliti, la regione competente per territorio nomina,
entro sessanta giorni dalla scadenza di detto termine, un
commissario ad acta per la elaborazione del piano di
raccolta dei rifiuti, da approvarsi secondo quanto previsto
al comma 2.
4. Nei porti in cui l’Autorita’ competente e’
l’Autorita’ marittima, le prescrizioni di cui al comma 1
sono adottate, d’intesa con la regione competente, con
ordinanza che costituisce piano di raccolta, ed integrate a
cura della regione, per gli aspetti relativi alla gestione,
con il piano regionale di gestione dei rifiuti di cui
all’art. 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il comune cura le procedure relative all’affidamento del
servizio di gestione dei rifiuti, d’intesa con l’Autorita’
marittima per i fini di interesse di quest’ultima. Nei
porti di cui al presente comma, spetta alla regione
provvedere alla predisposizione dello studio di cui al
comma 2 dell’art. 5 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357,
nonche’ alla acquisizione di ogni altra valutazione di
compatibilita’ ambientale inerente al piano di raccolta.
Dall’attuazione del presente comma non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
5. Nel caso di porti ricadenti nello stesso territorio
regionale, l’Autorita’ portuale puo’ elaborare un unico
piano di raccolta dei rifiuti, purche’ il piano stesso
indichi per ciascun porto il fabbisogno di impianti di
raccolta e l’entita’ degli impianti disponibili.
6. Il piano di raccolta e di gestione dei rifiuti e’
aggiornato ed approvato in coerenza con la pianificazione
regionale in materia di rifiuti, almeno ogni tre anni e,
comunque, in presenza di significativi cambiamenti
operativi nella gestione del porto.”
Art. 28
Modifiche alle norme in materia di utilizzazione
delle terre e rocce da scavo
1. All’articolo 1, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161, le parole: «; residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide)» sono soppresse.
Note all’art. 28:
Si riporta il testo dell’art. 1 del regolamento di cui
al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161, come
modificato dalla presente legge:
“Art. 1. Definizioni. – 1. Ai fini del presente
regolamento si applicano le definizioni di cui all’art.
183, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e
successive modificazioni, nonche’ le seguenti:
a. «opera»: il risultato di un insieme di lavori di
costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione,
restauro, manutenzione, che di per se’ esplichi una
funzione economica o tecnica ai sensi dell’art. 3, comma 8,
del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e
successive modificazioni;
b. «materiali da scavo»: il suolo o sottosuolo, con
eventuali presenze di riporto, derivanti dalla
realizzazione di un’opera quali, a titolo esemplificativo:
scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee,
ecc.);
perforazione, trivellazione, palificazione,
consolidamento, ecc.;
opere infrastrutturali in generale (galleria, diga,
strada, ecc.);
rimozione e livellamento di opere in terra;
materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre
plausibili frazioni granulometriche provenienti da
escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici
superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone
golenali dei corsi d’acqua, spiagge, fondali lacustri e
marini.
I materiali da scavo possono contenere, sempreche’ la
composizione media dell’intera massa non presenti
concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi
previsti dal presente Regolamento, anche i seguenti
materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC),
vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo
meccanizzato;
c. «riporto»: orizzonte stratigrafico costituito da una
miscela eterogenea di materiali di origine antropica e
suolo/sottosuolo come definito nell’allegato 9 del presente
Regolamento;
d. «materiale inerte di origine antropica»: i materiali
di cui all’Allegato 9. Le tipologie che si riscontrano piu’
comunemente sono riportate in Allegato 9;
e. «suolo/sottosuolo»: il suolo e’ la parte piu’
superficiale della crosta terrestre distinguibile, per
caratteristiche chimico-fisiche e contenuto di sostanze
organiche, dal sottostante sottosuolo;
f. «autorita’ competente»: e’ l’autorita’ che autorizza
la realizzazione dell’opera e, nel caso di opere soggette a
valutazione ambientale o ad autorizzazione integrata
ambientale, e’ l’autorita’ competente di cui all’art. 5,
comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 152 del
2006 e successive modificazioni;
g. «caratterizzazione ambientale dei materiali di
scavo»: attivita’ svolta per accertare la sussistenza dei
requisiti di qualita’ ambientale dei materiali da scavo in
conformita’ a quanto stabilito dagli Allegati 1 e 2;
h. «Piano di Utilizzo»: il piano di cui all’art. 5 del
presente Regolamento;
i. «ambito territoriale con fondo naturale»: porzione
di territorio geograficamente individuabile in cui puo’
essere dimostrato per il suolo/sottosuolo che un valore
superiore alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione
(CSC) di cui alle colonne A e B della tabella 1
dell’allegato 5, alla parte quarta, del decreto legislativo
n. 152 del 2006 e successive modificazioni sia ascrivibile
a fenomeni naturali legati alla specifica pedogenesi del
territorio stesso, alle sue caratteristiche litologiche e
alle condizioni chimico-fisiche presenti;
l. «sito»: area o porzione di territorio
geograficamente definita e determinata, intesa nelle sue
componenti ambientali (suolo, sottosuolo e acque
sotterranee, ivi incluso l’eventuale riporto) dove avviene
lo scavo o l’utilizzo del materiale;
m. «sito di produzione»: uno o piu’ siti perimetrati in
cui e’ generato il materiale da scavo;
n. «sito di destinazione»: il sito, diverso dal sito di
produzione, come risultante dal Piano di Utilizzo, in cui
il materiale da scavo e’ utilizzato;
o. «sito di deposito intermedio»: il sito, diverso dal
sito di produzione, come risultante dal Piano di Utilizzo
di cui alla lettera h) del presente articolo, in cui il
materiale da scavo e’ temporaneamente depositato in attesa
del suo trasferimento al sito di destinazione;
p. «normale pratica industriale»: le operazioni
definite ed elencate, in via esemplificativa, nell’Allegato
3;
q. «proponente»: il soggetto che presenta il Piano di
Utilizzo;
r. «esecutore»: il soggetto che attua il Piano di
Utilizzo.”
Art. 29
Attivita’ di vigilanza sulla gestione dei rifiuti
1. All’articolo 206-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica e’ sostituita dalla seguente: «Vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti»;
b) al comma 1:
1) all’alinea, le parole: «e’ istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L’Osservatorio» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare»;
2) dopo la lettera g) sono aggiunte le seguenti:
«g-bis) elabora i parametri per l’individuazione dei costi standard, comunque nel rispetto del procedimento di determinazione di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, e la definizione di un sistema tariffario equo e trasparente basato sul principio dell’ordinamento dell’Unione europea “chi inquina paga” e sulla copertura integrale dei costi efficienti di esercizio e di investimento;
g-ter) elabora uno o piu’ schemi tipo di contratto di servizio di cui all’articolo 203;
g-quater) verifica il rispetto dei termini di cui all’articolo 204, segnalando le inadempienze al Presidente del Consiglio dei ministri;
g-quinquies) verifica il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea in materia di rifiuti e accerta il rispetto della responsabilita’ estesa del produttore da parte dei produttori e degli importatori di beni»;
c) i commi 2, 3 e 5 sono abrogati;
d) il comma 4 e’ sostituito dal seguente:
«4. Per l’espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale dell’ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al comma 6»;
e) al comma 6, al primo periodo, le parole: «dalla costituzione e dal funzionamento dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti e della Segreteria tecnica» sono sostituite dalle seguenti: «dall’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo di cui al presente articolo».
2. Tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorita’ di cui all’articolo 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, effettuati dall’articolo 221, commi 5, 7, 8 e 9, dall’articolo 222, comma 2, dall’articolo 223, commi 4, 5 e 6, dall’articolo 224, commi 3, lettera m), e 6, dall’articolo 225, commi 3, 4 e 5, dall’articolo 233, comma 9, e dall’articolo 234, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altre disposizioni di legge si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. Al fine di accelerare lo svolgimento delle procedure e la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo, il personale assunto a tempo indeterminato, sulla base di procedure concorsuali, presso le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in posizione di distacco o di comando presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare alla data di entrata in vigore della presente legge, in deroga all’articolo 30, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, puo’ richiedere, entro il 31 dicembre 2016, di essere inquadrato nei ruoli del medesimo Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nell’ambito dei posti vacanti nella dotazione organica, fino a un massimo di quindici unita’ e a condizione che il transito non comporti un aumento del trattamento economico, previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici in cui il predetto personale opera. L’inquadramento e’ disposto nell’area funzionale del personale individuata dall’amministrazione di destinazione sulla base di apposita tabella di equiparazione approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Limitatamente all’attuazione del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 luglio 2014, n. 142, e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2017, i limiti percentuali per il conferimento degli incarichi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, fissati nel 15 e nel 10 per cento della dotazione organica di dirigenti appartenenti alla prima e alla seconda fascia dal comma 5-bis del medesimo articolo 19, sono elevati rispettivamente al 30 e al 20 per cento.
4. Il comma 12 dell’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e’ sostituito dai seguenti:
«12. Le regioni e le province autonome assicurano, attraverso propria deliberazione, la pubblicazione annuale nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei programmi di cui al presente articolo.
12-bis. L’attivita’ di vigilanza sulla gestione dei rifiuti e’ garantita almeno dalla fruibilita’ delle seguenti informazioni:
a) produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune;
b) percentuale di raccolta differenziata totale e percentuale di rifiuti effettivamente riciclati;
c) ubicazione, proprieta’, capacita’ nominale autorizzata e capacita’ tecnica delle piattaforme per il conferimento dei materiali raccolti in maniera differenziata, degli impianti di selezione del multimateriale, degli impianti di trattamento meccanico-biologico, degli impianti di compostaggio, di ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati e degli inceneritori e coinceneritori;
d) per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico e per ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantita’ di rifiuti in ingresso e quantita’ di prodotti in uscita, suddivisi per codice CER;
e) per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantita’ di rifiuti in ingresso, suddivisi per codice CER;
f) per le discariche, ubicazione, proprieta’, autorizzazioni, capacita’ volumetrica autorizzata, capacita’ volumetrica residua disponibile e quantita’ di materiale ricevuto suddiviso per codice CER, nonche’ quantita’ di percolato prodotto».
5. Al comma 3 dell’articolo 188-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono premesse le seguenti parole: «Oltre a quanto previsto dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2014,».
6. All’articolo 193, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile possono delegare alla tenuta ed alla compilazione del formulario di identificazione la cooperativa agricola di cui sono soci che abbia messo a loro disposizione un sito per il deposito temporaneo ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera bb); con apposito decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le organizzazioni di categoria piu’ rappresentative, possono essere previste ulteriori modalita’ semplificate per la tenuta e compilazione del formulario di identificazione, nel caso in cui l’imprenditore agricolo disponga di un deposito temporaneo presso la cooperativa agricola di cui e’ socio».
Note all’art. 29:
Si riporta il testo dell’art. 206-bis del citato d.
lgs. n. 152 del 2006, come modificato dalla presente legge:
“Art. 206-bis. Vigilanza e controllo in materia di
gestione dei rifiuti – 1. Al fine di garantire l’attuazione
delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto
con particolare riferimento alla prevenzione della
produzione della quantita’ e della pericolosita’ dei
rifiuti ed all’efficacia, all’efficienza ed
all’economicita’ della gestione dei rifiuti, degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonche’ alla
tutela della salute pubblica e dell’ambiente, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi
e dei rifiuti di imballaggio;
b) provvede all’elaborazione ed all’aggiornamento
permanente di criteri e specifici obiettivi d’azione,
nonche’ alla definizione ed all’aggiornamento permanente di
un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione
dei rifiuti, anche attraverso l’elaborazione di linee guida
sulle modalita’ di gestione dei rifiuti per migliorarne
efficacia, efficienza e qualita’, per promuovere la
diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche
disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate,
il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
c) predispone il Programma generale di prevenzione di
cui all’art. 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi
non provveda nei termini previsti;
d) verifica l’attuazione del Programma generale di cui
all’art. 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di
recupero e di riciclaggio;
e) verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle
diverse componenti dei costi medesimi e delle modalita’ di
gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi
ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
f) verifica livelli di qualita’ dei servizi erogati;
g) predispone un rapporto annuale sulla gestione dei
rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne
cura la trasmissione al Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare.
g-bis) elabora i parametri per l’individuazione dei
costi standard, comunque nel rispetto del procedimento di
determinazione di cui all’art. 5 del decreto legislativo 26
novembre 2010, n. 216, e la definizione di un sistema
tariffario equo e trasparente basato sul principio
dell’ordinamento dell’Unione europea “chi inquina paga” e
sulla copertura integrale dei costi efficienti di esercizio
e di investimento;
g-ter) elabora uno o piu’ schemi tipo di contratto di
servizio di cui all’art. 203;
g-quater) verifica il rispetto dei termini di cui
all’art. 204, segnalando le inadempienze
al Presidente del Consiglio dei ministri;
g-quinquies) verifica il raggiungimento degli obiettivi
stabiliti dall’Unione europea in materia di rifiuti e
accerta il rispetto della responsabilita’ estesa del
produttore da parte dei produttori e degli importatori di
beni.
2. (abrogato)
3. (abrogato)
4. Per l’espletamento delle funzioni di vigilanza e
controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare si avvale
dell’ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al
comma 6.
5. (abrogato)
6. All’onere derivante dall’esercizio delle funzioni di
vigilanza e controllo di cui al presente articolo, pari a
due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di
inflazione, provvedono, tramite contributi di pari importo
complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui
all’art. 224, i soggetti di cui all’art. 221, comma 3,
lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234,
235, 236 nonche’ quelli istituiti ai sensi degli articoli
227 e 228. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare con decreto da emanarsi entro novanta
giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento e
successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, determina
l’entita’ del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e
soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio
Nazionale Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi
all’entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e della
finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare.”
Si riporta il testo dell’art. 221, commi 5, 7, 8 e 9,
223, commi 4, 5 e 6, 224, commi 3 e 6, 225, commi 3, 4 e 5,
233, comma 9, 234, comma 7, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152:
“5. I produttori che non intendono aderire al Consorzio
Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all’art. 223,
devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il
progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c)
richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea
documentazione. Il progetto va presentato entro novanta
giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai
sensi dell’art. 218, comma 1, lettera r) o prima del
recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso e’, in
ogni caso, efficace solo dal momento in cui, intervenuto il
riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del
sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo
fino a tale momento l’obbligo di corrispondere il
contributo ambientale di cui all’art. 224, comma 3, lettera
h). Per ottenere il riconoscimento i produttori devono
dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri
di efficienza, efficacia ed economicita’, che il sistema
sara’ effettivamente ed autonomamente funzionante e che
sara’ in grado di conseguire, nell’ambito delle attivita’
svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui
all’art. 220. I produttori devono inoltre garantire che gli
utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano
informati sulle modalita’ del sistema adottato.
L’Osservatorio, acquisiti i necessari elementi di
valutazione forniti dal Consorzio nazionale imballaggi, si
esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di
mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato
chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare l’adozione dei relativi provvedimenti
sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni.
L’Osservatorio sara’ tenuta a presentare una relazione
annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie
esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti gia’ operati ai
sensi della previgente normativa. Alle domande disciplinate
dal presente comma si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni relative alle attivita’ private sottoposte
alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto
1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le
condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche
adottate ai sensi del presente articolo, le attivita’ di
cui al comma 3 lettere a) e c) possono essere intraprese
decorsi novanta giorni dallo scadere del termine per
l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare come
indicato nella presente norma.
7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di
cui al comma 5 presentano all’Autorita’ prevista dall’art.
207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico
di prevenzione e gestione relativo all’anno solare
successivo, che sara’ inserito nel programma generale di
prevenzione e gestione di cui all’art. 225.
8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui
al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all’Autorita’
prevista dall’art. 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi
una relazione sulla gestione relativa all’anno solare
precedente, comprensiva dell’indicazione nominativa degli
utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema
di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico
e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei
rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono
essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento
degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di
adeguamento della normativa.
9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del
comma 5, o la revoca disposta dall’Autorita’, previo avviso
all’interessato, qualora i risultati ottenuti siano
insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’art.
220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai
commi 6 e 7, comportano per i produttori l’obbligo di
partecipare ad uno dei consorzi di cui all’art. 223 e,
assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al
consumo, al consorzio previsto dall’art. 224. I
provvedimenti dell’Autorita’ sono comunicati ai produttori
interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L’adesione
obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del
presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della
corresponsione del contributo ambientale previsto dall’art.
224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora.
Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni
dal ricevimento della comunicazione dell’Autorita’, non
provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a
essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste
dall’art. 261.”
“4. Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al
CONAI e all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio
programma pluriennale di prevenzione della produzione di
rifiuti d’imballaggio entro il 30 settembre di ogni anno.
5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui
al presente articolo presentano all’Osservatorio nazionale
sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano
specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno
solare successivo, che sara’ inserito nel programma
generale di prevenzione e gestione.
6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui
al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare
all’Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio
nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa
all’anno precedente, con l’indicazione nominativa dei
consorziati, il programma specifico ed i risultati
conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di
imballaggio.”
“3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
a) definisce, in accordo con le regioni e con le
pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti
territoriali in cui rendere operante un sistema integrato
che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei
materiali selezionati a centri di raccolta o di
smistamento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni
appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla
lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei
produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla
raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici
di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223,
comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la
gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di
cui all’art. 225;
d) promuove accordi di programma con gli operatori
economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei
rifiuti di imballaggio e ne garantisce l’attuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi
di cui all’art. 223, i soggetti di cui all’art. 221, comma
3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche
eventualmente destinando una quota del contributo
ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che
realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a
quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del
conseguimento degli obiettivi globali di cui all’Allegato E
alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non
raggiungono i singoli obiettivi di recupero e’ in ogni caso
ridotta la quota del contributo ambientale ad essi
riconosciuto dal Conai;
f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le
amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori
economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche
amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili
ai fini dell’attuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il
corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta
differenziata di cui all’art. 221, comma 10, lettera b),
nonche’ gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei
rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta
differenziata, in proporzione alla quantita’ totale, al
peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi
sul mercato nazionale, al netto delle quantita’ di
imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per
ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e
pone a carico dei consorziati, con le modalita’ individuate
dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai
criteri di cui al comma 8, il contributo denominato
contributo ambientale CONAI;
i) promuove il coordinamento con la gestione di altri
rifiuti previsto dall’art. 222, comma 1, lettera b), anche
definendone gli ambiti di applicazione;
l) promuove la conclusione, su base volontaria, di
accordi tra i consorzi di cui all’art. 223 e i soggetti di
cui all’art. 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti
pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla
gestione ambientale della medesima tipologia di materiale
oggetto dell’intervento dei consorzi con riguardo agli
imballaggi, esclusa in ogni caso l’utilizzazione del
contributo ambientale CONAI;
m) fornisce i dati e le informazioni richieste
dall’Autorita’ di cui all’art. 207 e assicura l’osservanza
degli indirizzi da questa tracciati;
n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o
esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in
entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli
operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati
al CONAI e la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo degli
stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto
previsto dall’art. 178, comma 1, di rilevante interesse
pubblico ai sensi dell’art. 53 del decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196.
6. L’accordo di programma di cui al comma 5 e’
trasmesso all’Autorita’ di cui all’art. 207, che puo’
richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i
successivi sessanta giorni.”
“3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI
trasmette all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano
specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno
solare successivo, che sara’ inserito nel programma
generale di prevenzione e gestione.
4. La relazione generale consuntiva relativa all’anno
solare precedente e’ trasmessa per il parere all’Autorita’
di cui all’art. 207, entro il 30 giugno di ogni anno. Con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e del Ministro delle attivita’
produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano e l’ANCI si provvede alla approvazione
ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del
Programma generale di prevenzione e di gestione degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
5. Nel caso in cui il Programma generale non sia
predisposto, lo stesso e’ elaborato in via sostitutiva
dall’Osservatorio nazionale sui rifiuti. In tal caso gli
obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi
previsti dall’allegato E alla parte quarta del presente
decreto.”
“9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma
1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del
comma 2, organizzare autonomamente la gestione degli oli e
grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio
nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono
richiedere all’Autorita’ di cui all’art. 207, previa
trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento
del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori
devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo
criteri di efficienza, efficacia ed economicita’, che il
sistema e’ effettivamente ed autonomamente funzionante e
che e’ in grado di conseguire, nell’ambito delle attivita’
svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli
operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e
gli utenti finali siano informati sulle modalita’ del
sistema adottato. L’Autorita’, dopo aver acquisito i
necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta
giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel
termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da
emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Autorita’ e’
tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi
relativa a tutte le istruttorie esperite.”
“7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma
1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:
a) organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di
beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
b) mettere in atto un sistema di raccolta e
restituzione dei beni in polietilene al termine del loro
utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo
accordi con aziende che svolgono tali attivita’, con
quantita’ definite e documentate;
Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono
richiedere all’osservatorio nazionale sui rifiuti, previa
trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento
del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori
devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo
criteri di efficienza, efficacia ed economicita’, che il
sistema e’ effettivamente ed autonomamente funzionante e
che e’ in grado di conseguire, nell’ambito delle attivita’
svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli
operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e
gli utenti finali siano informati sulle modalita’ del
sistema adottato. L’Autorita’, dopo aver acquisito i
necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta
giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel
termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da
emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Autorita’
presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte
le istruttorie esperite.”
Si riporta il testo degli articoli 1 , 3 e 30 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165:
“Art. 1 Finalita’ ed ambito di applicazione. – 1. Le
disposizioni del presente decreto disciplinano
l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di
impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche,
tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle
regioni e delle province autonome, nel rispetto dell’art.
97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l’efficienza delle amministrazioni in
relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei
Paesi dell’Unione europea, anche mediante il coordinato
sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico,
contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e
indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse
umane nelle pubbliche amministrazioni, assicurando la
formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti,
applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro
privato, garantendo pari opportunita’ alle lavoratrici ed
ai lavoratori nonche’ l’assenza di qualunque forma di
discriminazione e di violenza morale o psichica.
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita’
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione
organica della disciplina di settore, le disposizioni di
cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al
CONI.
3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono
principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della
Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si attengono
ad esse tenendo conto delle peculiarita’ dei rispettivi
ordinamenti. I principi desumibili dall’art. 2 della legge
23 ottobre 1992, n. 421, e successive modificazioni, e
dall’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e
successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono
altresi’, per le Regioni a statuto speciale e per le
province autonome di Trento e di Bolzano, norme
fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica.”
“Art. 3 Personale in regime di diritto pubblico. – 1.
In deroga all’art. 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati
dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari,
amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori
dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia
di Stato, il personale della carriera diplomatica e della
carriera prefettizia, nonche’ i dipendenti degli enti che
svolgono la loro attivita’ nelle materie contemplate
dall’art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio
dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno
1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e
10 ottobre 1990, n. 287.
1-bis. In deroga all’art. 2, commi 2 e 3, il rapporto
di impiego del personale, anche di livello dirigenziale,
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il
personale volontario previsto dal regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n.
362, e il personale volontario di leva, e’ disciplinato in
regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni
ordinamentali.
1-ter. In deroga all’art. 2, commi 2 e 3, il personale
della carriera dirigenziale penitenziaria e’ disciplinato
dal rispettivo ordinamento.
2. Il rapporto di impiego dei professori e dei
ricercatori universitari resta disciplinato dalle
disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della
specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in
conformita’ ai principi della autonomia universitaria di
cui all’art. 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e
seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive
modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di
cui all’art. 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n.
421.”
“Art. 30. Passaggio diretto di personale tra
amministrazioni diverse. – 1. Le amministrazioni possono
ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio
diretto di dipendenti di cui all’art. 2, comma 2,
appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio
presso altre amministrazioni, che facciano domanda di
trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di
appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente
i requisiti e le competenze professionali richieste,
pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo
pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati
i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio
diretto di personale di altre amministrazioni, con
indicazione dei requisiti da possedere. In via sperimentale
e fino all’introduzione di nuove procedure per la
determinazione dei fabbisogni standard di personale delle
amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi
centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici
non economici nazionali non e’ richiesto l’assenso
dell’amministrazione di appartenenza, la quale dispone il
trasferimento entro due mesi dalla richiesta
dell’amministrazione di destinazione, fatti salvi i termini
per il preavviso e a condizione che l’amministrazione di
destinazione abbia una percentuale di posti vacanti
superiore all’amministrazione di appartenenza. Per
agevolare le procedure di mobilita’ la Presidenza del
Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione
pubblica istituisce un portale finalizzato all’incontro tra
la domanda e l’offerta di mobilita’.”
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10
luglio 2014, n. 142 “Regolamento di organizzazione del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, dell’Organismo indipendente di valutazione della
performance e degli Uffici di diretta collaborazione” e’
stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 (S.O.) del
6 ottobre 2014.
Si riporta il testo dell’art. 19, commi 1, 2, 4 , 5 e
5-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165:
“Art. 19 Incarichi di funzioni dirigenziali. – 1. Ai
fini del conferimento di ciascun incarico di funzione
dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e
alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla
complessita’ della struttura interessata, delle attitudini
e delle capacita’ professionali del singolo dirigente, dei
risultati conseguiti in precedenza nell’amministrazione di
appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche
competenze organizzative possedute, nonche’ delle
esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero,
presso il settore privato o presso altre amministrazioni
pubbliche, purche’ attinenti al conferimento dell’incarico.
Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi
diversi non si applica l’art. 2103 del codice civile.
omissis
2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
sono conferiti secondo le disposizioni del presente
articolo. Con il provvedimento di conferimento
dell’incarico, ovvero con separato provvedimento del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro
competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono
individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da
conseguire, con riferimento alle priorita’, ai piani e ai
programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti
di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che
intervengano nel corso del rapporto, nonche’ la durata
dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi
prefissati e che, comunque, non puo’ essere inferiore a tre
anni ne’ eccedere il termine di cinque anni. La durata
dell’incarico puo’ essere inferiore a tre anni se coincide
con il conseguimento del limite di eta’ per il collocamento
a riposo dell’interessato. Gli incarichi sono rinnovabili.
Al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un
contratto individuale con cui e’ definito il corrispondente
trattamento economico, nel rispetto dei principi definiti
dall’art. 24. E’ sempre ammessa la risoluzione consensuale
del rapporto. In caso di primo conferimento ad un dirigente
della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali
generali o di funzioni equiparate, la durata dell’incarico
e’ pari a tre anni. Resta fermo che per i dipendenti
statali titolari di incarichi di funzioni dirigenziali ai
sensi del presente articolo, ai fini dell’applicazione
dell’art. 43, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive
modificazioni, l’ultimo stipendio va individuato
nell’ultima retribuzione percepita in relazione
all’incarico svolto. Nell’ipotesi prevista dal terzo
periodo del presente comma, ai fini della liquidazione del
trattamento di fine servizio, comunque denominato, nonche’
dell’applicazione dell’art. 43, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e
successive modificazioni, l’ultimo stipendio va individuato
nell’ultima retribuzione percepita prima del conferimento
dell’incarico avente durata inferiore a tre anni.
omissis
4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello
generale sono conferiti con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui
all’art. 23 o, in misura non superiore al 70 per cento
della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti
ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo
determinato, a persone in possesso delle specifiche
qualita’ professionali richieste dal comma 6.
5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello
dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell’ufficio di
livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al
suo ufficio ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera c).
5-bis. Ferma restando la dotazione effettiva di
ciascuna amministrazione, gli incarichi di cui ai commi da
1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna
amministrazione, anche a dirigenti non appartenenti ai
ruoli di cui all’art. 23, purche’ dipendenti delle
amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, ovvero di
organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo,
aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento
secondo i rispettivi ordinamenti. Gli incarichi di cui ai
commi 1, 2, 4 e 5 possono essere conferiti entro il limite
del 15 per cento della dotazione organica dei dirigenti
appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui al medesimo
art. 23 e del 10 per cento della dotazione organica di
quelli appartenenti alla seconda fascia. I suddetti limiti
percentuali possono essere aumentati, rispettivamente, fino
ad un massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale
diminuzione delle corrispondenti percentuali fissate dal
comma 6.”
Si riporta il testo degli articoli 199, 188-ter e 193,
comma 2 del citato d.lgs. n. 152 del 2006, come modificati
dalla presente legge:
“Art. 199. Piani regionali. – 1. Le regioni, sentite le
province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani,
le Autorita’ d’ambito di cui all’art. 201, nel rispetto dei
principi e delle finalita’ di cui agli articoli 177, 178,
179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformita’ ai criteri
generali stabiliti dall’art. 195, comma 1, lettera m), ed a
quelli previsti dal presente articolo, predispongono e
adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per
l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura
di cui alla Parte II del presente decreto in materia di
VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili
informazioni relative alla partecipazione del pubblico al
procedimento e alle motivazioni sulle quali si e’ fondata
la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte
presentate.
2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1
comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente
nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare
per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse
operazioni di gestione dei rifiuti, nonche’ una valutazione
del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli
obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del
presente decreto.
3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono
inoltre:
a) tipo, quantita’ e fonte dei rifiuti prodotti
all’interno del territorio, suddivisi per ambito
territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani,
rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il
territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura
dei flussi di rifiuti, nonche’ la fissazione degli
obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a
livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’
art. 205;
b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di
smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi
speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di
rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria
specifica;
c) una valutazione della necessita’ di nuovi sistemi di
raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i
rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i
rifiuti in conformita’ del principio di autosufficienza e
prossimita’ di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se
necessario degli investimenti correlati;
d) informazioni sui criteri di riferimento per
l’individuazione dei siti e la capacita’ dei futuri
impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero,
se necessario;
e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse
tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o
altre politiche per i rifiuti che pongono problemi
particolari di gestione;
f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale
ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee
guida di cui all’art. 195, comma 1, lettera m);
g) il complesso delle attivita’ e dei fabbisogni degli
impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti
urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia,
efficienza, economicita’ e autosufficienza della gestione
dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno
degli ambiti territoriali ottimali di cui all’art. 200,
nonche’ ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei
rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione
al fine di favorire la riduzione della movimentazione di
rifiuti;
h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti
territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una
adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per
gli ambiti piu’ meritevoli, tenuto conto delle risorse
disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di
contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei
propri bilanci un apposito fondo;
i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di
smaltimento dei rifiuti urbani;
l) i criteri per l’individuazione, da parte delle
province, delle aree non idonee alla localizzazione degli
impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonche’ per
l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo
smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali
di cui all’art. 195, comma 1, lettera p);
m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il
riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed
energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei
rifiuti che ne derivino;
n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione
della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei
rifiuti urbani;
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche
di cui all’art. 195, comma 2, lettera a), di disposizioni
speciali per specifiche tipologie di rifiuto;
p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione
degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all’art.
225, comma 6;
q) il programma per la riduzione dei rifiuti
biodegradabili da collocare in discarica di cui all’ art. 5
del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
r) un programma di prevenzione della produzione dei
rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di
prevenzione dei rifiuti di cui all’ art. 180, che descriva
le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure
adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di
prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a
dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali
connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve
contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi
per le misure di prevenzione al fine di monitorare e
valutare i progressi realizzati, anche mediante la
fissazione di indicatori.
4. Il piano di gestione dei rifiuti puo’ contenere,
tenuto conto del livello e della copertura geografica
dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:
a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei
rifiuti;
b) valutazione dell’utilita’ e dell’idoneita’ del
ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la
soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto
conto della necessita’ di continuare ad assicurare il buon
funzionamento del mercato interno;
c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di
informazioni destinate al pubblico in generale o a
specifiche categorie di consumatori.
5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti e’
coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di
competenza regionale previsti dalla normativa vigente.
6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i
piani per la bonifica delle aree inquinate che devono
prevedere:
a) l’ordine di priorita’ degli interventi, basato su un
criterio di valutazione del rischio elaborato dall’Istituto
Superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA);
b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle
caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
c) le modalita’ degli interventi di bonifica e
risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente
l’impiego di materiali provenienti da attivita’ di recupero
di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalita’ di smaltimento dei materiali da
asportare.
7. L’approvazione del piano regionale o il suo
adeguamento e’ requisito necessario per accedere ai
finanziamenti nazionali.
8. La regione approva o adegua il piano entro il 12
dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i
piani regionali vigenti.
9. In caso di inutile decorso del termine di cui al
comma 8 e di accertata inattivita’ nell’approvare o
adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e tutela
del territorio e del mare, ai sensi dell’ art. 5, comma 1,
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli
organi regionali competenti a provvedere entro un congruo
termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via
sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e
approvazione o adeguamento del piano regionale.
10. Le regioni, sentite le province interessate,
d’intesa tra loro o singolarmente, per le finalita’ di cui
alla parte quarta del presente decreto provvedono alla
valutazione della necessita’ dell’aggiornamento del piano
almeno ogni sei anni, nonche’ alla programmazione degli
interventi attuativi occorrenti in conformita’ alle
procedure e nei limiti delle risorse previste dalla
normativa vigente.
11. Le regioni e le province autonome comunicano
tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei
piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei
rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo
invio degli stessi alla Commissione europea.
12. Le regioni e le province autonome assicurano,
attraverso propria deliberazione, la pubblicazione annuale
nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a
definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei
programmi di cui al presente articolo.
12-bis. L’attivita’ di vigilanza sulla gestione dei
rifiuti e’ garantita almeno dalla fruibilita’ delle
seguenti informazioni:
a) produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi
urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se
costituito, ovvero per ogni comune;
b)percentuale di raccolta differenziata totale e
percentuale di rifiuti effettivamente riciclati;
c)ubicazione, proprieta’, capacita’ nominale
autorizzata e capacita’ tecnica delle piattaforme per il
conferimento dei materiali raccolti in maniera
differenziata, degli impianti di selezione del
multimateriale, degli impianti di trattamento
meccanico-biologico, degli impianti di compostaggio, di
ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di
rifiuti solidi urbani indifferenziati e degli inceneritori
e coinceneritori;
d) per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico
e per ogni ulteriore tipo di impianto destinato al
trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre
a quanto previsto alla lettera c), quantita’ di rifiuti in
ingresso e quantita’ di prodotti in uscita, suddivisi per
codice CER;
e) per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a
quanto previsto alla lettera c), quantita’ di rifiuti in
ingresso, suddivisi per codice CER;
f) per le discariche, ubicazione, proprieta’,
autorizzazioni, capacita’ volumetrica autorizzata,
capacita’ volumetrica residua disponibile e quantita’ di
materiale ricevuto suddiviso per codice CER, nonche’
quantita’ di percolato prodotto.
13. Dall’attuazione del presente articolo non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.”
Art. 188-ter. Sistema di controllo della tracciabilita’
dei rifiuti (SISTRI). – 1. Sono tenuti ad aderire al
sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti
(SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lettera a), gli
enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali
pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o
trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo
professionale compresi i vettori esteri che operano sul
territorio nazionale, o che effettuano operazioni di
trattamento, recupero, smaltimento, commercio e
intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi,
inclusi i nuovi produttori che trattano o producono rifiuti
pericolosi. Sono altresi’ tenuti ad aderire al SISTRI, in
caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono
affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della
presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o
ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo
trasporto. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, con uno o piu’ decreti
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono
definite le modalita’ di applicazione a regime del SISTRI
al trasporto intermodale.
2. Possono aderire al sistema di controllo della
tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art.
188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i
produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti
dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1.
3. Oltre a quanto previsto dal decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 24
aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del
30 aprile 2014, con uno o piu’ decreti del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere
specificate le categorie di soggetti di cui al comma 1 e
sono individuate, nell’ambito degli enti o imprese che
effettuano il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie
di soggetti a cui e’ necessario estendere il sistema di
tracciabilita’ dei rifiuti di cui all’art. 188-bis.
4. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della
tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art.
188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di
trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione
Campania.
6. Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre
mesi dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme
comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione
del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti
(SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), alle
procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al
regolamento (CE) n. 1013/2006, e successive modificazioni,
ivi compresa l’adozione di un sistema di interscambio di
dati previsto dall’art. 26, paragrafo 4, del predetto
regolamento. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti,
sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del
territorio nazionale interessata dal trasporto
transfrontaliero.
7. Con uno o piu’ regolamenti, ai sensi dell’art. 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, e’ effettuata la ricognizione delle
disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le
quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei
predetti decreti ministeriali, sono abrogate.
8. In relazione alle esigenze organizzative e operative
delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente,
alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla
tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso
pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalita’
con le quali il sistema di controllo della tracciabilita’
dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti
Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e del Ministro dell’economia e delle finanze e, per
quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa
e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni
dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione.
9. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare potranno essere
individuate modalita’ semplificate per l’iscrizione dei
produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo
della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art.
188-bis, comma 2, lett. a).
10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti
pericolosi il produttore e’ tenuto a procedere alla
richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi
dall’accertamento della pericolosita’ dei rifiuti.”
“2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1
deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato
e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal
trasportatore che in tal modo da’ atto di aver ricevuto i
rifiuti. Gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del
codice civile possono delegare alla tenuta ed alla
compilazione del formulario di identificazione la
cooperativa agricola di cui sono soci che abbia messo a
loro disposizione un sito per il deposito temporaneo ai
sensi dell’art. 183, comma 1, lettera bb); con apposito
decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentite le organizzazioni di
categoria piu’ rappresentative, possono essere previste
ulteriori modalita’ semplificate per la tenuta e
compilazione del formulario di identificazione, nel caso in
cui l’imprenditore agricolo disponga di un deposito
temporaneo presso la cooperativa agricola di cui e’ socio.
Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore
e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal
destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal
trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto
produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono
essere conservate per cinque anni.”
Art. 30
Raccolta e trattamento dei rifiuti di rame
e di metalli ferrosi e non ferrosi
1. All’articolo 188 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
«1-bis. Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attivita’ di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attivita’ di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformita’ all’articolo 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all’articolo 266, comma 5».
Note all’art. 30:
Si riporta il testo dell’art. 188 del citato d.lgs. n.
152 del 2006, come modificato dalla presente legge:
“Art. 188. Responsabilita’ della gestione dei rifiuti.
– 1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti
provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li
consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un
ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento
dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto
alla raccolta dei rifiuti, in conformita’ agli articoli 177
e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del
presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore
conserva la responsabilita’ per l’intera catena di
trattamento, restando inteso che qualora il produttore
iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il
trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di
cui al presente comma, tale responsabilita’, di regola,
comunque sussiste.
1-bis. Il produttore iniziale o altro detentore dei
rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non
provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli
unicamente ad imprese autorizzate alle attivita’ di
trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o
alle attivita’ di commercio o di intermediazione senza
detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che
effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un
soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei
rifiuti, in conformita’ all’art. 212, comma 5, ovvero al
recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi
delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.
Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di
metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina
di cui all’art. 266, comma 5.
2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel
fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.
1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e
il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli
obblighi del sistema di controllo della tracciabilita’ dei
rifiuti (SISTRI) di cui all’ art. 188-bis, comma 2, lett.
a), la responsabilita’ di ciascuno di tali soggetti e’
limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal
predetto sistema.
3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel
fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.
1013/2006, la responsabilita’ dei soggetti non iscritti al
sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti
(SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), che,
ai sensi dell’art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i
propri rifiuti non pericolosi e’ esclusa:
a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio
pubblico di raccolta previa convenzione;
b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti
autorizzati alle attivita’ di recupero o di smaltimento, a
condizione che il produttore sia in possesso del formulario
di cui all’art. 193 controfirmato e datato in arrivo dal
destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei
rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto
termine abbia provveduto a dare comunicazione alla
provincia della mancata ricezione del formulario.
4. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o
al trasporto dei rifiuti a titolo professionale,
conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti
autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli
articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle
disposizioni di cui all’art. 177, comma 4.
5. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti
dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del
momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.”
Art. 31
Introduzione dell’articolo 306-bis del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, in materia di risarcimento del danno e ripristino
ambientale dei siti di interesse nazionale
1. Dopo l’articolo 306 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ inserito il seguente:
«Art. 306-bis (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale). – 1. Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all’allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell’articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonche’ ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, puo’ formulare una proposta transattiva.
2. La proposta di transazione di cui al comma 1:
a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilita’ della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l’ambiente;
e) tiene conto degli interventi di bonifica gia’ approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) in caso di concorso di piu’ soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, puo’ essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g) contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie.
3. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.
4. Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell’Istituto superiore di sanita’. In ogni caso il parere tiene conto della necessita’ che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalita’ dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall’evento lesivo. Della conferenza di servizi e’ data adeguata pubblicita’ al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.
5. La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale e’ comunicata al proponente per l’accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.
6. Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall’interessato, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale e’ acquisito il parere dell’Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.
7. Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, e’ adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimita’ della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
8. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest’ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, puo’ dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente gia’ corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1».
2. L’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e’ abrogato. Tale disciplina continua ad applicarsi ai procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia gia’ avvenuta la comunicazione dello schema di contratto a regioni, province e comuni ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 208 del 2008.
3. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Note all’art. 31:
La rubrica dell’art. 2 del decreto-legge 30 dicembre
2008, n. 208, convertito con modificazioni dalla legge di
conversione 27 febbraio 2009, n. 13, abrogato dalla
presente legge, recava: “Danno ambientale”.
Art. 32
Misure per incrementare la raccolta differenziata
e il riciclaggio
1. All’articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, alinea, dopo le parole: «ambito territoriale ottimale» sono inserite le seguenti: «, se costituito, ovvero in ogni comune»;
b) il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
«3. Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, e’ applicata un’addizionale del 20 per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni»;
c) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3-bis. Al fine di favorire la raccolta differenziata di rifiuti urbani e assimilati, la misura del tributo di cui all’articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e’ modulata in base alla quota percentuale di superamento del livello di raccolta differenziata (RD), fatto salvo l’ammontare minimo fissato dal comma 29 dell’articolo 3 della medesima legge n. 549 del 1995, secondo la tabella seguente:
=================================================
| Superamento del livello | |
| di RD rispetto alla | Riduzione del |
| normativa statale | tributo |
+=========================+=====================+
| da 0,01 per cento fino | |
| alla percentuale | |
|inferiore al 10 per cento| 30 per cento |
+————————-+———————+
| | 40 per cento 50 per |
|10 per cento 15 per cento|cento 60 per cento 70|
|20 per cento 25 per cento| per cento |
+————————-+———————+
3-ter. Per la determinazione del tributo si assume come riferimento il valore di RD raggiunto nell’anno precedente. Il grado di efficienza della RD e’ calcolato annualmente sulla base dei dati relativi a ciascun comune.
3-quater. La regione, avvalendosi del supporto tecnico-scientifico del gestore del catasto regionale dei rifiuti o di altro organismo pubblico che gia’ svolge tale attivita’, definisce, con apposita deliberazione, il metodo standard per calcolare e verificare le percentuali di RD dei rifiuti solidi urbani e assimilati raggiunte in ogni comune, sulla base di linee guida definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La regione individua i formati, i termini e le modalita’ di rilevamento e trasmissione dei dati che i comuni sono tenuti a comunicare ai fini della certificazione della percentuale di RD raggiunta, nonche’ le modalita’ di eventuale compensazione o di conguaglio dei versamenti effettuati in rapporto alle percentuali da applicare.
3-quinquies. La trasmissione dei dati di cui al comma 3-quater e’ effettuata annualmente dai comuni attraverso l’adesione al sistema informatizzato adottato per la tenuta del catasto regionale dei rifiuti. L’omessa, incompleta o inesatta trasmissione dei dati determina l’esclusione del comune dall’applicazione della modulazione del tributo di cui al comma 3-bis.
3-sexies. L’ARPA o l’organismo di cui al comma 3-quater provvede alla validazione dei dati raccolti e alla loro trasmissione alla regione, che stabilisce annualmente il livello di RD relativo a ciascun comune e a ciascun ambito territoriale ottimale, ai fini dell’applicazione del tributo.
3-septies. L’addizionale di cui al comma 3 non si applica ai comuni che hanno ottenuto la deroga di cui al comma 1-bis oppure che hanno conseguito nell’anno di riferimento una produzione pro capite di rifiuti, come risultante dai dati forniti dal catasto regionale dei rifiuti, inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quella media dell’ambito territoriale ottimale di appartenenza, anche a seguito dell’attivazione di interventi di prevenzione della produzione di rifiuti.
3-octies. L’addizionale di cui al comma 3 e’ dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui all’articolo 199, gli incentivi per l’acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e 206-quinquies, il cofinanziamento degli impianti e attivita’ di informazione ai cittadini in materia di prevenzione e di raccolta differenziata»;
d) al comma 6, le parole: «Le regioni» sono sostituite dalle seguenti: «Fatti salvi gli obiettivi indicati all’articolo 181, comma 1, lettera a), la cui realizzazione e’ valutata secondo la metodologia scelta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi della decisione 2011/753/UE della Commissione, del 18 novembre 2011, le regioni».
2. L’adeguamento delle situazioni pregresse, per il raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata come previste dalla vigente normativa, avviene nel termine massimo di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Note all’art. 32:
Si riporta il testo dell’art. 205 del citato d.lgs. n.
152 del 2006, come modificato dalla presente legge:
“Art. 205. Misure per incrementare la raccolta
differenziata. – 1. Fatto salvo quanto previsto al comma
1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale, se costituito,
ovvero in ogni comune deve essere assicurata una raccolta
differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti
percentuali minime di rifiuti prodotti:
a) almeno il trentacinque per cento entro il 31
dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31
dicembre 2008;
c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31
dicembre 2012.
1-bis. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico,
ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere
gli obiettivi di cui al comma 1, il comune puo’ richiedere
al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al
medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti
stabiliti al primo periodo, il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare puo’ autorizzare la
predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma
tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che
stabilisca:
a) le modalita’ attraverso le quali il comune
richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui
all’art. 181, comma 1. Le predette modalita’ possono
consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in
altri comuni;
b) la destinazione a recupero di energia della quota di
rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta
differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di
trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non
destinati al recupero di materia;
c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti
urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente
si obbliga ad effettuare.
1-ter. L’accordo di programma di cui al comma
precedente puo’ stabilire obblighi, in linea con le
disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati
al perseguimento delle finalita’ di cui alla parte quarta,
titolo I, del presente decreto nonche’ stabilire modalita’
di accertamento dell’adempimento degli obblighi assunti
nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una
disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali
si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma
di cui al presente articolo.
3. Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale
ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano
conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente
articolo, e’ applicata un’addizionale del 20 per cento al
tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico
dei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali
previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta
differenziata raggiunte nei singoli comuni.
3-bis. Al fine di favorire la raccolta differenziata di
rifiuti urbani e assimilati, la misura del tributo di cui
all’art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
e’ modulata in base alla quota percentuale di superamento
del livello di raccolta differenziata (RD), fatto salvo
l’ammontare minimo fissato dal comma 29 dell’art. 3 della
medesima legge n. 549 del 1995, secondo la tabella
seguente:
Parte di provvedimento in formato grafico
3-ter. Per la determinazione del tributo si assume
come riferimento il valore di RD raggiunto nell’anno
precedente. Il grado di efficienza della RD e’ calcolato
annualmente sulla base dei dati relativi a ciascun comune.
3-quater. La regione, avvalendosi del supporto
tecnico-scientifico del gestore del catasto regionale dei
rifiuti o di altro organismo pubblico che gia’ svolge tale
attivita’, definisce, con apposita deliberazione, il metodo
standard per calcolare e verificare le percentuali di RD
dei rifiuti solidi urbani e assimilati raggiunte in ogni
comune, sulla base di linee guida definite, entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare. La regione
individua i formati, i termini e le modalita’ di
rilevamento e trasmissione dei dati che i comuni sono
tenuti a comunicare ai fini della certificazione della
percentuale di RD raggiunta, nonche’ le modalita’ di
eventuale compensazione o di conguaglio dei versamenti
effettuati in rapporto alle percentuali da applicare.
3-quinquies. La trasmissione dei dati di cui al comma
3-quater e’ effettuata annualmente dai comuni attraverso
l’adesione al sistema informatizzato adottato per la tenuta
del catasto regionale dei rifiuti. L’omessa, incompleta o
inesatta trasmissione dei dati determina l’esclusione del
comune dall’applicazione della modulazione del tributo di
cui al comma 3-bis.
3-sexies. L’ARPA o l’organismo di cui al comma 3-quater
provvede alla validazione dei dati raccolti e alla loro
trasmissione alla regione, che stabilisce annualmente il
livello di RD relativo a ciascun comune e a ciascun ambito
territoriale ottimale, ai fini dell’applicazione del
tributo.
3-septies. L’addizionale di cui al comma 3 non si
applica ai comuni che hanno ottenuto la deroga di cui al
comma 1-bis oppure che hanno conseguito nell’anno di
riferimento una produzione pro capite di rifiuti, come
risultante dai dati forniti dal catasto regionale dei
rifiuti, inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a
quella media dell’ambito territoriale ottimale di
appartenenza, anche a seguito dell’attivazione di
interventi di prevenzione della produzione di rifiuti.
3-octies. L’addizionale di cui al comma 3 e’ dovuta
alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale
destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della
produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui
all’art. 199, gli incentivi per l’acquisto di prodotti e
materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e
206-quinquies, il cofinanziamento degli impianti e
attivita’ di informazione ai cittadini in materia di
prevenzione e di raccolta differenziata.
4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare di concerto con il
Ministro delle attivita’ produttive d’intesa con la
Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la
metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui
ai commi 1 e 2, nonche’ la nuova determinazione del
coefficiente di correzione di cui all’art. 3, comma 29,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al
conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.
5. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 4
continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui
all’art. 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549.
6. Fatti salvi gli obiettivi indicati all’art. 181,
comma 1, lettera a), la cui realizzazione e’ valutata
secondo la metodologia scelta dal Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare ai sensi della
decisione 2011/753/UE della Commissione, del 18 novembre
2011, le regioni tramite apposita legge, e previa intesa
con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo
e recupero.”
Art. 33
Contributo di sbarco nelle isole minori a sostegno degli interventi
di raccolta e di smaltimento dei rifiuti
1. Al fine di sostenere e finanziare gli interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti nonche’ gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nelle isole minori, il comma 3-bis dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.23, e’ sostituito dal seguente:
«3-bis. I comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori possono istituire, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.446, e successive modificazioni, in alternativa all’imposta di soggiorno di cui al comma 1 del presente articolo, un contributo di sbarco, da applicare fino ad un massimo di euro 2,50, ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell’isola minore, utilizzando vettori che forniscono collegamenti di linea o vettori aeronavali che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l’isola. Il comune che ha sede giuridica in un’isola minore, e nel cui territorio insistono altre isole minori con centri abitati, destina il gettito del contributo per interventi nelle singole isole minori dell’arcipelago in proporzione agli sbarchi effettuati nelle medesime. Il contributo di sbarco e’ riscosso, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, che sono responsabili del pagamento del contributo, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, ovvero con le diverse modalita’ stabilite dal medesimo regolamento comunale, in relazione alle particolari modalita’ di accesso alle isole. Per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto. Per l’omesso, ritardato o parziale versamento del contributo si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.471, e successive modificazioni. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo si applica l’articolo 1, commi da 158 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n.296. Il contributo di sbarco non e’ dovuto dai soggetti residenti nel comune, dai lavoratori, dagli studenti pendolari, nonche’ dai componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultino aver pagato l’imposta municipale propria nel medesimo comune e che sono parificati ai residenti. I comuni possono prevedere nel regolamento modalita’ applicative del contributo nonche’ eventuali esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo; possono altresi’ prevedere un aumento del contributo fino ad un massimo di euro 5 in relazione a determinati periodi di tempo. I comuni possono altresi’ prevedere un contributo fino ad un massimo di euro 5 in relazione all’accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimita’ di fenomeni attivi di origine vulcanica; in tal caso il contributo puo’ essere riscosso dalle locali guide vulcanologiche regolarmente autorizzate o da altri soggetti individuati dall’amministrazione comunale con apposito avviso pubblico. Il gettito del contributo e’ destinato a finanziare interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nonche’ interventi in materia di turismo, cultura, polizia locale e mobilita’ nelle isole minori».
Note all’art. 33:
Si riporta il testo dell’art. 4 del decreto legislativo
14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di
federalismo Fiscale Municipale), pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 67 del 23 marzo 2011, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 4. Imposta di soggiorno. – 1. I comuni capoluogo
di provincia, le unioni di comuni nonche’ i comuni inclusi
negli elenchi regionali delle localita’ turistiche o citta’
d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio,
un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano
nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio,
da applicare, secondo criteri di gradualita’ in proporzione
al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il
relativo gettito e’ destinato a finanziare interventi in
materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle
strutture ricettive, nonche’ interventi di manutenzione,
fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali
locali, nonche’ dei relativi servizi pubblici locali.
2. Ferma restando la facolta’ di disporre limitazioni
alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell’art. 7
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l’imposta
di soggiorno puo’ sostituire, in tutto o in parte, gli
eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la
circolazione e la sosta nell’ambito del territorio
comunale.
3. Con regolamento da adottare entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai
sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400, d’intesa con la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
locali, e’ dettata la disciplina generale di attuazione
dell’imposta di soggiorno. In conformita’ con quanto
stabilito nel predetto regolamento, i comuni, con proprio
regolamento da adottare ai sensi dell’art. 52 del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le
associazioni maggiormente rappresentative dei titolari
delle strutture ricettive, hanno la facolta’ di disporre
ulteriori modalita’ applicative del tributo, nonche’ di
prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie
o per determinati periodi di tempo. Nel caso di mancata
emanazione del regolamento previsto nel primo periodo del
presente comma nel termine ivi indicato, i comuni possono
comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo.
3-bis. I comuni che hanno sede giuridica nelle isole
minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori
possono istituire, con regolamento da adottare ai sensi
dell’art. 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, e successive modificazioni, in alternativa all’imposta
di soggiorno di cui al comma 1 del presente articolo, un
contributo di sbarco, da applicare fino ad un massimo di
euro 2,50, ai passeggeri che sbarcano sul territorio
dell’isola minore, utilizzando vettori che forniscono
collegamenti di linea o vettori aeronavali che svolgono
servizio di trasporto di persone a fini commerciali,
abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso
l’isola. Il comune che ha sede giuridica in un’isola
minore, e nel cui territorio insistono altre isole minori
con centri abitati, destina il gettito del contributo per
interventi nelle singole isole minori dell’arcipelago in
proporzione agli sbarchi effettuati nelle medesime. Il
contributo di sbarco e’ riscosso, unitamente al prezzo del
biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree
o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di
persone a fini commerciali, che sono responsabili del
pagamento del contributo, con diritto di rivalsa sui
soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e
degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal
regolamento comunale, ovvero con le diverse modalita’
stabilite dal medesimo regolamento comunale, in relazione
alle particolari modalita’ di accesso alle isole. Per
l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da
parte del responsabile si applica la sanzione
amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’importo
dovuto. Per l’omesso, ritardato o parziale versamento del
contributo si applica la sanzione amministrativa di cui
all’art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
471, e successive modificazioni. Per tutto quanto non
previsto dalle disposizioni del presente articolo si
applica l’art. 1, commi da 158 a 170, della legge 27
dicembre 2006, n. 296. Il contributo di sbarco non e’
dovuto dai soggetti residenti nel comune, dai lavoratori,
dagli studenti pendolari, nonche’ dai componenti dei nuclei
familiari dei soggetti che risultino aver pagato l’imposta
municipale propria nel medesimo comune e che sono
parificati ai residenti. I comuni possono prevedere nel
regolamento modalita’ applicative del contributo nonche’
eventuali esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie
o per determinati periodi di tempo; possono altresi’
prevedere un aumento del contributo fino ad un massimo di
euro 5 in relazione a determinati periodi di tempo. I
comuni possono altresi’ prevedere un contributo fino ad un
massimo di euro 5 in relazione all’accesso a zone
disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in
prossimita’ di fenomeni attivi di origine vulcanica; in tal
caso il contributo puo’ essere riscosso dalle locali guide
vulcanologiche regolarmente autorizzate o da altri soggetti
individuati dall’amministrazione comunale con apposito
avviso pubblico. Il gettito del contributo e’ destinato a
finanziare interventi di raccolta e di smaltimento dei
rifiuti, gli interventi di recupero e salvaguardia
ambientale nonche’ interventi in materia di turismo,
cultura, polizia locale e mobilita’ nelle isole minori.”
Art. 34
Modifiche all’articolo 3, commi 24, 25 e 27, della legge 28 dicembre
1995, n. 549, in materia di destinazione del tributo speciale per
il deposito in discarica e in impianti di incenerimento dei rifiuti
1. All’articolo 3, commi 24 e 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dopo le parole: «il deposito in discarica» sono inserite le seguenti: «e in impianti di incenerimento senza recupero energetico».
2. All’articolo 3, comma 27, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le parole: «; una quota del 10 per cento di esso spetta alle province» sono soppresse e le parole: «Il 20 per cento del gettito derivante dall’applicazione del tributo, al netto della quota spettante alle province,» sono sostituite dalle seguenti: «Il gettito derivante dall’applicazione del tributo».
Note all’art. 34:
Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 28 dicembre
1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302
(S.O.) del 29 dicembre 1995, come modificato dalla presente
legge:
“Art. 3. – 1. A decorrere dall’anno 1996 cessano i
finanziamenti in favore delle regioni a statuto ordinario,
previsti dalle disposizioni di cui alla tabella B allegata
alla presente legge, per gli importi indicati nella tabella
C allegata alla presente legge, intendendosi trasferire
alla competenza regionale le relative funzioni.
2. A decorrere dall’anno 1997, e’ istituito nello stato
di previsione del Ministero del tesoro un fondo perequativo
per la corresponsione in favore delle regioni di un importo
pari alla differenza tra l’ammontare del gettito realizzato
nell’anno 1996 ai sensi dei commi da 12 a 14 del presente
articolo e l’ammontare dei trasferimenti indicati nella
tabella C allegata alla presente legge; tale importo e’
aumentato per gli anni successivi del tasso programmato di
inflazione previsto dal Documento di programmazione
economico-finanziaria.
3. Per ogni anno a partire dal 1998, l’aumento
percentuale della quota spettante a ciascuna regione e’
calcolato con riferimento alla differenza, calcolata sui
valori per abitante, tra importo dei trasferimenti
soppressi rilevato nella tabella C allegata alla presente
legge e gettito dell’accisa rilevato due anni prima. Per le
regioni ove tale differenza e’ inferiore al valore medio,
le quote del fondo perequativo aumentano in relazione
diretta a tale differenza, in misura pari a zero per la
regione ove la differenza e’ minima e pari al tasso
d’inflazione programmato per la regione ove tale differenza
e’ massima. Quando in una regione il gettito dell’accisa
diventa superiore ai trasferimenti soppressi, la quota del
fondo perequativo viene ridotta in misura pari al 50 per
cento della eccedenza. Per le regioni ove tale differenza
e’ superiore al valore medio e per le regioni del
Mezzogiorno, le quote del fondo perequativo delle singole
regioni aumentano tutte in misura pari al tasso
d’inflazione programmato.
4. Al fine di far fronte ad eventuali difficolta’ di
cassa segnalate dalle regioni a statuto ordinario, il
Ministero del tesoro e’ autorizzato a concedere
anticipazioni straordinarie di cassa, senza interessi, nei
limiti delle differenze presunte risultanti dalla tabella C
allegata alla presente legge, con regolamentazione da
effettuare nell’anno successivo, a valere sulle erogazioni
di cui al comma 2. Le regioni sono autorizzate ad iscrivere
nei propri bilanci in distinti capitoli di entrata la quota
dell’accisa di cui ai commi da 12 a 14 del presente
articolo e l’ammontare presunto del fondo perequativo ad
esse spettante negli importi rispettivamente indicati dalla
tabella C; il limite di indebitamento e delle anticipazioni
ordinarie di cassa non puo’ comunque essere inferiore a
quello determinato per l’anno 1995.
5. L’entrate di cui al comma 12 del presente articolo
sono comprensive dei conguagli relativi al fondo comune di
cui all’art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 , e
successive modificazioni ed integrazioni, relativo all’anno
1993, occorrenti per assicurare a ciascuna regione le
risorse indicate all’art. 4, comma 6, della legge 23
dicembre 1992, n. 500; per gli anni 1994 e 1995 si provvede
in sede di assegnazione dei fondi di cui al comma 2. Per le
regioni che evidenziano conguagli negativi, per le quali il
fondo di cui al comma 2 non risulta sufficiente, per
procedere alle relative compensazioni si provvede, per la
parte eccedente, sulle erogazioni di cui al comma 12 del
presente articolo. Per effetto dei predetti conguagli e
della consequenziale nuova distribuzione regionale del
fondo comune relativo all’anno 1995, il Ministro del tesoro
e’ autorizzato ad apportare, con proprio decreto e con
effetto dall’anno 1997, modifiche agli importi di cui alla
tabella C allegata alla presente legge e ad operare, con le
stesse modalita’ sopra indicate, le opportune compensazioni
relative all’anno 1996.
6. Le disposizioni di cui all’art. 20, comma 2, del
decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, possono
applicarsi anche alle eventuali operazioni di
ricontrattazione e consolidamento delle esposizioni
debitorie verso istituti di credito avviate insieme al
ripiano dei disavanzi dalle regioni ai sensi dell’art. 20,
comma 1, del citato decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8. Le
erogazioni del Ministero del tesoro sono effettuate ad
unico istituto di credito indicato dalla regione quale
capofila qualora le operazioni di ricontrattazione e
consolidamento siano effettuate con piu’ di due istituti di
credito.
7. A decorrere dall’anno 1997 la trattenuta di cui
all’art. 20, comma 2, del D.L. 18 gennaio 1993, n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993,
n. 68, e’ effettuata sulle erogazioni di cui al comma 2 del
presente articolo. Per l’anno 1996 la trattenuta viene
operata sulle erogazioni di cui al comma 12 del presente
articolo.
8. Le risorse attribuite alle regioni con le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 11 del presente
articolo includono la somma di lire 1.130 miliardi
vincolata agli interventi nei settori dell’agricoltura,
agroindustriale e delle foreste concorrenti a definire la
percentuale dell’80 per cento dei fondi destinati alle
regioni secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 10,
della legge 4 dicembre 1993, n. 491. Una parte delle
risorse attribuite alle regioni con le disposizioni del
presente comma e’ utilizzata per l’attuazione di interventi
regionali o interregionali, cofinanziati con il Ministero
delle risorse agricole, alimentari e forestali, nei
medesimi settori, secondo quanto previsto da apposita legge
statale di programmazione economica.
9. Fino all’entrata in vigore delle leggi regionali di
utilizzo delle risorse assegnate nel settore
dell’agricoltura, continuano ad applicarsi le disposizioni
della legge statale. Se entro il 30 giugno 1996 non sara’
in vigore la nuova legge sugli interventi programmatici in
agricoltura, le regioni potranno utilizzare le risorse
attribuite con la presente legge nel rispetto delle
indicazioni di cui al comma 8. Nel 1996 le regioni
destinano al settore del trasporto pubblico locale somme
non inferiori alla quota del Fondo nazionale trasporti per
il 1995.
10. omissis
11. Per l’anno 1996 il Fondo nazionale per la montagna
di cui all’art. 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97,
determinato in misura percentuale del Fondo di cui all’art.
19, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96,
non dovra’ essere inferiore a lire 300 miliardi.
13. L’imposta regionale sulla benzina per autotrazione,
di cui all’art. 17 del decreto legislativo 21 dicembre
1990, n. 398, e’ versata direttamente alla regione dal
concessionario dell’impianto di distribuzione di carburante
o, per sua delega, dalla societa’ petrolifera che sia unica
fornitrice del suddetto impianto, sulla base dei
quantitativi erogati in ciascuna regione dagli impianti di
distribuzione di carburante che risultano dal registro di
carico e scarico di cui all’art. 3 del decreto-legge 5
maggio 1957, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla
legge 2 luglio 1957, n. 474, e successive modificazioni. Le
modalita’ ed i termini di versamento, anche di eventuali
rate di acconto, le sanzioni, da stabilire in misura
compresa tra il 50 e il 100 per cento dell’imposta evasa,
sono stabiliti da ciascuna regione con propria legge.
L’imposta regionale puo’ essere differenziata in relazione
al luogo di ubicazione dell’impianto di distribuzione,
tenendo conto di condizioni particolari di mercato. Gli
uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la
liquidazione dell’imposta regionale sulla base di
dichiarazioni annuali presentate, con le modalita’
stabilite dal Ministero delle finanze, dai soggetti
obbligati al versamento dell’imposta, entro il 31 gennaio
dell’anno successivo a quello cui si riferiscono, e
trasmettono alle regioni i dati relativi alla quantita’ di
benzina erogata nei rispettivi territori. Per la
riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso
e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del
presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in
materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per
la individuazione dell’organo amministrativo competente. Le
regioni hanno facolta’ di svolgere controlli sui soggetti
obbligati al versamento dell’imposta e di accedere ai dati
risultanti dalle registrazioni fiscali tenute in base alle
norme vigenti, al fine di segnalare eventuali infrazioni o
irregolarita’ all’organo competente per l’accertamento.
Ciascuna regione riscuote, contabilizza e da’ quietanza
delle somme versate, secondo le proprie norme di
contabilita’.
14. A decorrere dal 1° gennaio 1996 sono abrogati gli
articoli 18 e 19 del decreto legislativo 21 dicembre 1990,
n. 398.
15. Fermi restando i vincoli derivanti dagli accordi
internazionali e dalle normative dell’Unione europea,
nonche’ dalle norme ad essi connesse, le regioni, nonche’
le province autonome, possono determinare, con propria
legge, una riduzione del prezzo alla pompa della benzina e
del gasolio per autotrazione, per i soli cittadini
residenti nella regione o nella provincia autonoma o in una
parte di essa.
17. Nell’esercizio della facolta’ di cui ai commi da 15
a 18 del presente articolo le regioni e le province
autonome di confine devono garantire:
a) che il prezzo alla pompa non sia inferiore a quello
praticato negli Stati confinanti e che, comunque, la
riduzione del prezzo di cui al comma 15 sia differenziata
nel territorio regionale o provinciale in maniera
inversamente proporzionale alla distanza dei punti vendita
dal confine;
b) che siano disciplinati precisi controlli sulle
cessioni di carburanti e previste le relative sanzioni nei
casi di inadempienza o abuso.
18. L’eventuale perdita di gettito a carico della
regione o della provincia autonoma, derivante
dall’applicazione della disposizione di cui al comma 15,
non puo’ essere compensata con trasferimenti erariali.
19. Nel rispetto delle competenze delle regioni in
merito agli interventi volti a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale per la concreta realizzazione
del diritto agli studi universitari previsti dalla legge 2
dicembre 1991, n. 390, a decorrere dall’anno accademico
1996-1997, sono aboliti:
a) il contributo suppletivo di cui all’art. 4 della
legge 18 dicembre 1951, n. 1551;
b) la quota di compartecipazione del 20 per cento degli
introiti derivanti dalle tasse di iscrizione di cui al
comma 15 dell’art. 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
Conseguentemente e’ ridotta da 10 per cento la tassa minima
di iscrizione prevista dal comma 14 dell’art. 5 della legge
24 dicembre 1993, n. 537.
20. Al fine di incrementare le disponibilita’
finanziarie delle regioni finalizzate all’erogazione di
borse di studio e di prestiti d’onore agli studenti
universitari capaci e meritevoli e privi di mezzi, nel
rispetto del principio di solidarieta’ tra le famiglie a
reddito piu’ elevato e quelle a reddito basso, con la
medesima decorrenza e’ istituita la tassa regionale per il
diritto allo studio universitario, quale tributo proprio
delle regioni e delle province autonome. Per l’iscrizione
ai corsi di studio delle universita’ statali e legalmente
riconosciute, degli istituti universitari e degli istituti
superiori di grado universitario che rilasciano titoli di
studio aventi valore legale, gli studenti sono tenuti al
pagamento della tassa per il diritto allo studio
universitario alla regione o alla provincia autonoma nella
quale l’universita’ o l’istituto hanno la sede legale, ad
eccezione dell’universita’ degli studi della Calabria per
la quale la tassa e’ dovuta alla medesima universita’ ai
sensi del comma 2 dell’art. 26 della legge 2 dicembre 1991,
n. 390. Le universita’ e gli istituti accettano le
immatricolazioni e le iscrizioni ai corsi previa verifica
del versamento della tassa di cui ai commi da 19 a 23 del
presente articolo.
21. Le regioni e le province autonome rideterminano
l’importo della tassa per il diritto allo studio
articolandolo in 3 fasce. La misura minima della fascia
piu’ bassa della tassa e’ fissata in 120 euro e si applica
a coloro che presentano una condizione economica non
superiore al livello minimo dell’indicatore di situazione
economica equivalente corrispondente ai requisiti di
eleggibilita’ per l’accesso ai LEP del diritto allo studio.
I restanti valori della tassa minima sono fissati in 140
euro e 160 euro per coloro che presentano un indicatore di
situazione economica equivalente rispettivamente superiore
al livello minimo e al doppio del livello minimo previsto
dai requisiti di eleggibilita’ per l’accesso ai LEP del
diritto allo studio. Il livello massimo della tassa per il
diritto allo studio e’ fissato in 200 euro. Qualora le
Regioni e le province autonome non stabiliscano, entro il
30 giugno di ciascun anno, l’importo della tassa di
ciascuna fascia, la stessa e’ dovuta nella misura di 140
euro. Per ciascun anno il limite massimo della tassa e’
aggiornato sulla base del tasso di inflazione programmato.
22. Le regioni e le province autonome concedono
l’esonero parziale o totale dal pagamento della tassa
regionale per il diritto allo studio universitario agli
studenti capaci e meritevoli privi di mezzi. Sono comunque
esonerati dal pagamento gli studenti beneficiari delle
borse di studio e dei prestiti d’onore di cui alla legge 2
dicembre 1991, n. 390, nonche’ gli studenti risultati
idonei nelle graduatorie per l’ottenimento di tali
benefici.
23. Il gettito della tassa regionale per il diritto
allo studio universitario e’ interamente devoluto alla
erogazione delle borse di studio e dei prestiti d’onore di
cui alla legge 2 dicembre 1991, n. 390.
24. Al fine di favorire la minore produzione di rifiuti
e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia, a
decorrere dal 1° gennaio 1996 e’ istituito il tributo
speciale per il deposito in discarica e in impianti di
incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi,
cosi’ come definiti e disciplinati dall’art. 2 del D.P.R.
10 settembre 1982, n. 915.
25. Presupposto dell’imposta e’ il deposito in
discarica e in impianti di incenerimento senza recupero
energetico dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili.
26. Soggetto passivo dell’imposta e’ il gestore
dell’impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di
rivalsa nei confronti di colui che effettua il
conferimento.
27. Il tributo e’ dovuto alle regioni. Il gettito
derivante dall’applicazione del tributo affluisce in un
apposito fondo della regione destinato a favorire la minore
produzione di rifiuti, le attivita’ di recupero di materie
prime e di energia, con priorita’ per i soggetti che
realizzano sistemi di smaltimento alternativi alle
discariche, nonche’ a realizzare la bonifica dei suoli
inquinati, ivi comprese le aree industriali dismesse, il
recupero delle aree degradate per l’avvio ed il
finanziamento delle agenzie regionali per l’ambiente e la
istituzione e manutenzione delle aree naturali protette.
L’impiego delle risorse e’ disposto dalla regione,
nell’ambito delle destinazioni sopra indicate, con propria
deliberazione, ad eccezione di quelle derivanti dalla
tassazione dei fanghi di risulta che sono destinate ad
investimenti di tipo ambientale riferibili ai rifiuti del
settore produttivo soggetto al predetto tributo.
28. La base imponibile e’ costituita dalla quantita’
dei rifiuti conferiti in discarica sulla base delle
annotazioni nei registri tenuti in attuazione degli
articoli 11 e 19 del decreto del Presidente della
Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.
29. L’ammontare dell’imposta e’ fissato, con legge
della regione entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno
successivo, per chilogrammo di rifiuti conferiti: in misura
non inferiore ad euro 0,001 e non superiore ad euro 0,01
per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per
i rifiuti inerti ai sensi dell’art. 2 del D.M. 13 marzo
2003 del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del
21 marzo 2003; in misura non inferiore ad euro 0,00517 e
non superiore ad euro 0,02582 per i rifiuti ammissibili al
conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e
pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del medesimo
decreto. In caso di mancata determinazione dell’importo da
parte delle regioni entro il 31 luglio di ogni anno per
l’anno successivo, si intende prorogata la misura vigente.
Il tributo e’ determinato moltiplicando l’ammontare
dell’imposta per il quantitativo, espresso in chilogrammi,
dei rifiuti conferiti in discarica, nonche’ per un
coefficiente di correzione che tenga conto del peso
specifico, della qualita’ e delle condizioni di
conferimento dei rifiuti ai fini della commisurazione
dell’incidenza sul costo ambientale da stabilire con
decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i
Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e
della sanita’, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge.
30. Il tributo e’ versato alla regione in apposito
capitolo di bilancio dal gestore della discarica entro il
mese successivo alla scadenza del trimestre solare in cui
sono state effettuate le operazioni di deposito. Entro i
termini previsti per il versamento relativo all’ultimo
trimestre dell’anno il gestore e’ tenuto a produrre alla
regione in cui e’ ubicata la discarica una dichiarazione
contenente l’indicazione delle quantita’ complessive dei
rifiuti conferiti nell’anno nonche’ dei versamenti
effettuati. La regione trasmette copia della predetta
dichiarazione alla provincia nel cui territorio e’ ubicata
la discarica. Con legge della regione sono stabilite le
modalita’ di versamento del tributo e di presentazione
della dichiarazione. Per l’anno 1996 il termine per il
versamento del tributo alle regioni, relativo alle
operazioni di deposito effettuate nel primo trimestre, e’
differito al 31 luglio 1996.
31. Per l’omessa o infedele registrazione delle
operazioni di conferimento in discarica, ferme restando le
sanzioni stabilite per le violazioni di altre norme, si
applica la sanzione amministrativa dal duecento al
quattrocento per cento del tributo relativo all’operazione.
Per l’omessa o infedele dichiarazione si applica la
sanzione da lire duecentomila a lire un milione. Le
sanzioni sono ridotte alla misura stabilita dagli articoli
16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472
se, entro il termine per ricorrere alle commissioni
tributarie, interviene adesione del contribuente e
contestuale pagamento del tributo, se dovuto, e della
sanzione.
32. Fermi restando l’applicazione della disciplina
sanzionatoria per la violazione della normativa sullo
smaltimento dei rifiuti di cui al D.P.R. 10 settembre 1982,
n. 915, e successive modificazioni, e l’obbligo di
procedere alla bonifica e alla rimessa in pristino
dell’area, chiunque esercita, ancorche’ in via non
esclusiva, l’attivita’ di discarica abusiva e chiunque
abbandona, scarica o effettua deposito incontrollato di
rifiuti, e’ soggetto al pagamento del tributo determinato
ai sensi della presente legge e di una sanzione
amministrativa pari a tre volte l’ammontare del tributo
medesimo. Si applicano a carico di chi esercita l’attivita’
le sanzioni di cui al comma 31. L’utilizzatore a qualsiasi
titolo o, in mancanza, il proprietario dei terreni sui
quali insiste la discarica abusiva, e’ tenuto in solido
agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno
ambientale e al pagamento del tributo e delle sanzioni
pecuniarie ai sensi della presente legge, ove non dimostri
di aver presentato denuncia di discarica abusiva ai
competenti organi della regione, prima della costatazione
delle violazioni di legge. Le discariche abusive non
possono essere oggetto di autorizzazione regionale, ai
sensi dell’art. 6 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915.
33. Le violazioni ai commi da 24 a 41 del presente
articolo sono constatate con processo verbale dai
funzionari provinciali addetti ai controlli ai sensi
dell’art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell’art.
7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1982, n. 915, muniti di speciale tessera di riconoscimento
rilasciata dal presidente della provincia. Per
l’assolvimento dei loro compiti i funzionari possono
accedere, muniti di apposita autorizzazione del capo
dell’ufficio, nei luoghi adibiti all’esercizio
dell’attivita’ e negli altri luoghi ove devono essere
custoditi i registri e la documentazione inerente
l’attivita’, al fine di procedere alla ispezione dei luoghi
ed alla verifica della relativa documentazione. Qualora nel
corso dell’ispezione o della verifica emergano inosservanze
di obblighi regolati da disposizioni di leggi concernenti
tributi diversi da quelli previsti dai commi da 24 a 41 del
presente articolo, i funzionari predetti devono comunicarle
alla Guardia di finanza secondo le modalita’ previste
dall’ultimo comma dell’art. 36 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto
dall’art. 19, comma 1, lettera d), della legge 30 dicembre
1991, n. 413. La Guardia di finanza coopera con i
funzionari provinciali per l’acquisizione ed il reperimento
degli elementi utili ai fini dell’accertamento dell’imposta
e per la repressione delle connesse violazioni, procedendo
di propria iniziativa o su richiesta delle regioni o
province nei modi e con le facolta’ di cui all’art. 63 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, e successive modificazioni.
34. L’accertamento, la riscossione, i rimborsi, il
contenzioso amministrativo e quanto non previsto dai commi
da 24 a 41 del presente articolo sono disciplinati con
legge della regione.
35. Le disposizioni dei commi da 24 a 41 del presente
articolo costituiscono principi fondamentali ai sensi
dell’art. 119 della Costituzione. Le regioni a statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono con propria legge secondo le disposizioni dei
rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
36. omissis
37. omissis
38. Per l’anno 1996 il tributo e’ dovuto nella misura
minima, esclusi i rifiuti dei settori minerario,
estrattivo, edilizio, lapideo e metallurgico, per i quali
la misura minima del tributo e’ determinata tra lire 2 e
lire 5 con decreto del Ministro dell’ambiente di concerto
con il Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, da emanare entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge in relazione alla
possibilita’ di recupero e riutilizzo e alle incidenze del
tributo sui costi di produzione. In sede di prima
applicazione delle disposizioni del comma 32 l’utilizzatore
o, in mancanza, il proprietario del terreno su cui insiste
la discarica abusiva e’ esente dalla responsabilita’
relativamente alle sanzioni amministrative previste al
comma 32 qualora provveda entro il 30 giugno 1996 alla
relativa denuncia agli organi della regione.
39. A decorrere dell’anno 1996 i proventi delle
addizionali erariali di cui al R.D.L. 30 novembre 1937, n.
2145, convertito dalla legge 25 aprile 1938, n. 614, e alla
legge 10 dicembre 1961, n. 1346, applicate alla tassa per
lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, comprese
le riscossioni relative agli anni precedenti sono devoluti
direttamente ai comuni dal concessionario della
riscossione. La maggiore spesa del servizio di nettezza
urbana derivante dal pagamento del tributo di cui al comma
24 costituisce costo ai sensi dell’art. 61 del D.Lgs. 15
novembre 1993, n. 507 , e successive modificazioni. Con
decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i
Ministri dell’interno e del tesoro, sono stabilite le
modalita’ di attuazione delle disposizioni del presente
comma.
40. Per i rifiuti smaltiti in impianti di incenerimento
senza recupero di energia o comunque classificati
esclusivamente come impianti di smaltimento mediante
l’operazione “D10 Incenerimento a terra”, ai sensi
dell’allegato B alla parte quarta del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per gli
scarti ed i sovvalli di impianti di selezione automatica,
riciclaggio e compostaggio, nonche’ per i fanghi anche
palabili si applicano le disposizioni dei commi da 24 a 39.
Il tributo e’ dovuto nella misura del 20 per cento
dell’ammontare determinato ai sensi del comma 29.”
Art. 35
Modifica dell’articolo 3, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n.
549, in materia di incenerimento dei rifiuti
1. All’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, il comma 40 e’ sostituito dal seguente:
«40. Per i rifiuti smaltiti in impianti di incenerimento senza recupero di energia o comunque classificati esclusivamente come impianti di smaltimento mediante l’operazione “D10 Incenerimento a terra”, ai sensi dell’allegato B alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per gli scarti ed i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, nonche’ per i fanghi anche palabili si applicano le disposizioni dei commi da 24 a 39. Il tributo e’ dovuto nella misura del 20 per cento dell’ammontare determinato ai sensi del comma 29».
Note all’art. 35:
Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 28 dicembre
1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302
(S.O.) del 29 dicembre 1995, come modificato dalla presente
legge:
“Art. 3. – 1. A decorrere dall’anno 1996 cessano i
finanziamenti in favore delle regioni a statuto ordinario,
previsti dalle disposizioni di cui alla tabella B allegata
alla presente legge, per gli importi indicati nella tabella
C allegata alla presente legge, intendendosi trasferire
alla competenza regionale le relative funzioni.
2. A decorrere dall’anno 1997, e’ istituito nello stato
di previsione del Ministero del tesoro un fondo perequativo
per la corresponsione in favore delle regioni di un importo
pari alla differenza tra l’ammontare del gettito realizzato
nell’anno 1996 ai sensi dei commi da 12 a 14 del presente
articolo e l’ammontare dei trasferimenti indicati nella
tabella C allegata alla presente legge; tale importo e’
aumentato per gli anni successivi del tasso programmato di
inflazione previsto dal Documento di programmazione
economico-finanziaria.
3. Per ogni anno a partire dal 1998, l’aumento
percentuale della quota spettante a ciascuna regione e’
calcolato con riferimento alla differenza, calcolata sui
valori per abitante, tra importo dei trasferimenti
soppressi rilevato nella tabella C allegata alla presente
legge e gettito dell’accisa rilevato due anni prima. Per le
regioni ove tale differenza e’ inferiore al valore medio,
le quote del fondo perequativo aumentano in relazione
diretta a tale differenza, in misura pari a zero per la
regione ove la differenza e’ minima e pari al tasso
d’inflazione programmato per la regione ove tale differenza
e’ massima. Quando in una regione il gettito dell’accisa
diventa superiore ai trasferimenti soppressi, la quota del
fondo perequativo viene ridotta in misura pari al 50 per
cento della eccedenza. Per le regioni ove tale differenza
e’ superiore al valore medio e per le regioni del
Mezzogiorno, le quote del fondo perequativo delle singole
regioni aumentano tutte in misura pari al tasso
d’inflazione programmato.
4. Al fine di far fronte ad eventuali difficolta’ di
cassa segnalate dalle regioni a statuto ordinario, il
Ministero del tesoro e’ autorizzato a concedere
anticipazioni straordinarie di cassa, senza interessi, nei
limiti delle differenze presunte risultanti dalla tabella C
allegata alla presente legge, con regolamentazione da
effettuare nell’anno successivo, a valere sulle erogazioni
di cui al comma 2. Le regioni sono autorizzate ad iscrivere
nei propri bilanci in distinti capitoli di entrata la quota
dell’accisa di cui ai commi da 12 a 14 del presente
articolo e l’ammontare presunto del fondo perequativo ad
esse spettante negli importi rispettivamente indicati dalla
tabella C; il limite di indebitamento e delle anticipazioni
ordinarie di cassa non puo’ comunque essere inferiore a
quello determinato per l’anno 1995.
5. L’entrate di cui al comma 12 del presente articolo
sono comprensive dei conguagli relativi al fondo comune di
cui all’art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 , e
successive modificazioni ed integrazioni, relativo all’anno
1993, occorrenti per assicurare a ciascuna regione le
risorse indicate all’art. 4, comma 6, della legge 23
dicembre 1992, n. 500; per gli anni 1994 e 1995 si provvede
in sede di assegnazione dei fondi di cui al comma 2. Per le
regioni che evidenziano conguagli negativi, per le quali il
fondo di cui al comma 2 non risulta sufficiente, per
procedere alle relative compensazioni si provvede, per la
parte eccedente, sulle erogazioni di cui al comma 12 del
presente articolo. Per effetto dei predetti conguagli e
della consequenziale nuova distribuzione regionale del
fondo comune relativo all’anno 1995, il Ministro del tesoro
e’ autorizzato ad apportare, con proprio decreto e con
effetto dall’anno 1997, modifiche agli importi di cui alla
tabella C allegata alla presente legge e ad operare, con le
stesse modalita’ sopra indicate, le opportune compensazioni
relative all’anno 1996.
6. Le disposizioni di cui all’art. 20, comma 2, del
decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, possono
applicarsi anche alle eventuali operazioni di
ricontrattazione e consolidamento delle esposizioni
debitorie verso istituti di credito avviate insieme al
ripiano dei disavanzi dalle regioni ai sensi dell’art. 20,
comma 1, del citato decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8. Le
erogazioni del Ministero del tesoro sono effettuate ad
unico istituto di credito indicato dalla regione quale
capofila qualora le operazioni di ricontrattazione e
consolidamento siano effettuate con piu’ di due istituti di
credito.
7. A decorrere dall’anno 1997 la trattenuta di cui
all’art. 20, comma 2, del D.L. 18 gennaio 1993, n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993,
n. 68, e’ effettuata sulle erogazioni di cui al comma 2 del
presente articolo. Per l’anno 1996 la trattenuta viene
operata sulle erogazioni di cui al comma 12 del presente
articolo.
8. Le risorse attribuite alle regioni con le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 11 del presente
articolo includono la somma di lire 1.130 miliardi
vincolata agli interventi nei settori dell’agricoltura,
agroindustriale e delle foreste concorrenti a definire la
percentuale dell’80 per cento dei fondi destinati alle
regioni secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 10,
della legge 4 dicembre 1993, n. 491. Una parte delle
risorse attribuite alle regioni con le disposizioni del
presente comma e’ utilizzata per l’attuazione di interventi
regionali o interregionali, cofinanziati con il Ministero
delle risorse agricole, alimentari e forestali, nei
medesimi settori, secondo quanto previsto da apposita legge
statale di programmazione economica.
9. Fino all’entrata in vigore delle leggi regionali di
utilizzo delle risorse assegnate nel settore
dell’agricoltura, continuano ad applicarsi le disposizioni
della legge statale. Se entro il 30 giugno 1996 non sara’
in vigore la nuova legge sugli interventi programmatici in
agricoltura, le regioni potranno utilizzare le risorse
attribuite con la presente legge nel rispetto delle
indicazioni di cui al comma 8. Nel 1996 le regioni
destinano al settore del trasporto pubblico locale somme
non inferiori alla quota del Fondo nazionale trasporti per
il 1995.
10. omissis
11. Per l’anno 1996 il Fondo nazionale per la montagna
di cui all’art. 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97,
determinato in misura percentuale del Fondo di cui all’art.
19, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96,
non dovra’ essere inferiore a lire 300 miliardi.
13. L’imposta regionale sulla benzina per autotrazione,
di cui all’art. 17 del decreto legislativo 21 dicembre
1990, n. 398, e’ versata direttamente alla regione dal
concessionario dell’impianto di distribuzione di carburante
o, per sua delega, dalla societa’ petrolifera che sia unica
fornitrice del suddetto impianto, sulla base dei
quantitativi erogati in ciascuna regione dagli impianti di
distribuzione di carburante che risultano dal registro di
carico e scarico di cui all’art. 3 del decreto-legge 5
maggio 1957, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla
legge 2 luglio 1957, n. 474, e successive modificazioni. Le
modalita’ ed i termini di versamento, anche di eventuali
rate di acconto, le sanzioni, da stabilire in misura
compresa tra il 50 e il 100 per cento dell’imposta evasa,
sono stabiliti da ciascuna regione con propria legge.
L’imposta regionale puo’ essere differenziata in relazione
al luogo di ubicazione dell’impianto di distribuzione,
tenendo conto di condizioni particolari di mercato. Gli
uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la
liquidazione dell’imposta regionale sulla base di
dichiarazioni annuali presentate, con le modalita’
stabilite dal Ministero delle finanze, dai soggetti
obbligati al versamento dell’imposta, entro il 31 gennaio
dell’anno successivo a quello cui si riferiscono, e
trasmettono alle regioni i dati relativi alla quantita’ di
benzina erogata nei rispettivi territori. Per la
riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso
e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del
presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in
materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per
la individuazione dell’organo amministrativo competente. Le
regioni hanno facolta’ di svolgere controlli sui soggetti
obbligati al versamento dell’imposta e di accedere ai dati
risultanti dalle registrazioni fiscali tenute in base alle
norme vigenti, al fine di segnalare eventuali infrazioni o
irregolarita’ all’organo competente per l’accertamento.
Ciascuna regione riscuote, contabilizza e da’ quietanza
delle somme versate, secondo le proprie norme di
contabilita’.
14. A decorrere dal 1° gennaio 1996 sono abrogati gli
articoli 18 e 19 del decreto legislativo 21 dicembre 1990,
n. 398.
15. Fermi restando i vincoli derivanti dagli accordi
internazionali e dalle normative dell’Unione europea,
nonche’ dalle norme ad essi connesse, le regioni, nonche’
le province autonome, possono determinare, con propria
legge, una riduzione del prezzo alla pompa della benzina e
del gasolio per autotrazione, per i soli cittadini
residenti nella regione o nella provincia autonoma o in una
parte di essa.
17. Nell’esercizio della facolta’ di cui ai commi da 15
a 18 del presente articolo le regioni e le province
autonome di confine devono garantire:
a) che il prezzo alla pompa non sia inferiore a quello
praticato negli Stati confinanti e che, comunque, la
riduzione del prezzo di cui al comma 15 sia differenziata
nel territorio regionale o provinciale in maniera
inversamente proporzionale alla distanza dei punti vendita
dal confine;
b) che siano disciplinati precisi controlli sulle
cessioni di carburanti e previste le relative sanzioni nei
casi di inadempienza o abuso.
18. L’eventuale perdita di gettito a carico della
regione o della provincia autonoma, derivante
dall’applicazione della disposizione di cui al comma 15,
non puo’ essere compensata con trasferimenti erariali.
19. Nel rispetto delle competenze delle regioni in
merito agli interventi volti a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale per la concreta realizzazione
del diritto agli studi universitari previsti dalla legge 2
dicembre 1991, n. 390, a decorrere dall’anno accademico
1996-1997, sono aboliti:
a) il contributo suppletivo di cui all’art. 4 della
legge 18 dicembre 1951, n. 1551;
b) la quota di compartecipazione del 20 per cento degli
introiti derivanti dalle tasse di iscrizione di cui al
comma 15 dell’art. 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
Conseguentemente e’ ridotta da 10 per cento la tassa minima
di iscrizione prevista dal comma 14 dell’art. 5 della legge
24 dicembre 1993, n. 537.
20. Al fine di incrementare le disponibilita’
finanziarie delle regioni finalizzate all’erogazione di
borse di studio e di prestiti d’onore agli studenti
universitari capaci e meritevoli e privi di mezzi, nel
rispetto del principio di solidarieta’ tra le famiglie a
reddito piu’ elevato e quelle a reddito basso, con la
medesima decorrenza e’ istituita la tassa regionale per il
diritto allo studio universitario, quale tributo proprio
delle regioni e delle province autonome. Per l’iscrizione
ai corsi di studio delle universita’ statali e legalmente
riconosciute, degli istituti universitari e degli istituti
superiori di grado universitario che rilasciano titoli di
studio aventi valore legale, gli studenti sono tenuti al
pagamento della tassa per il diritto allo studio
universitario alla regione o alla provincia autonoma nella
quale l’universita’ o l’istituto hanno la sede legale, ad
eccezione dell’universita’ degli studi della Calabria per
la quale la tassa e’ dovuta alla medesima universita’ ai
sensi del comma 2 dell’art. 26 della legge 2 dicembre 1991,
n. 390. Le universita’ e gli istituti accettano le
immatricolazioni e le iscrizioni ai corsi previa verifica
del versamento della tassa di cui ai commi da 19 a 23 del
presente articolo.
21. Le regioni e le province autonome rideterminano
l’importo della tassa per il diritto allo studio
articolandolo in 3 fasce. La misura minima della fascia
piu’ bassa della tassa e’ fissata in 120 euro e si applica
a coloro che presentano una condizione economica non
superiore al livello minimo dell’indicatore di situazione
economica equivalente corrispondente ai requisiti di
eleggibilita’ per l’accesso ai LEP del diritto allo studio.
I restanti valori della tassa minima sono fissati in 140
euro e 160 euro per coloro che presentano un indicatore di
situazione economica equivalente rispettivamente superiore
al livello minimo e al doppio del livello minimo previsto
dai requisiti di eleggibilita’ per l’accesso ai LEP del
diritto allo studio. Il livello massimo della tassa per il
diritto allo studio e’ fissato in 200 euro. Qualora le
Regioni e le province autonome non stabiliscano, entro il
30 giugno di ciascun anno, l’importo della tassa di
ciascuna fascia, la stessa e’ dovuta nella misura di 140
euro. Per ciascun anno il limite massimo della tassa e’
aggiornato sulla base del tasso di inflazione programmato.
22. Le regioni e le province autonome concedono
l’esonero parziale o totale dal pagamento della tassa
regionale per il diritto allo studio universitario agli
studenti capaci e meritevoli privi di mezzi. Sono comunque
esonerati dal pagamento gli studenti beneficiari delle
borse di studio e dei prestiti d’onore di cui alla legge 2
dicembre 1991, n. 390, nonche’ gli studenti risultati
idonei nelle graduatorie per l’ottenimento di tali
benefici.
23. Il gettito della tassa regionale per il diritto
allo studio universitario e’ interamente devoluto alla
erogazione delle borse di studio e dei prestiti d’onore di
cui alla legge 2 dicembre 1991, n. 390.
24. Al fine di favorire la minore produzione di rifiuti
e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia, a
decorrere dal 1° gennaio 1996 e’ istituito il tributo
speciale per il deposito in discarica e in impianti di
incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi,
cosi’ come definiti e disciplinati dall’art. 2 del D.P.R.
10 settembre 1982, n. 915.
25. Presupposto dell’imposta e’ il deposito in
discarica e in impianti di incenerimento senza recupero
energetico dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili.
26. Soggetto passivo dell’imposta e’ il gestore
dell’impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di
rivalsa nei confronti di colui che effettua il
conferimento.
27. Il tributo e’ dovuto alle regioni. Il gettito
derivante dall’applicazione del tributo affluisce in un
apposito fondo della regione destinato a favorire la minore
produzione di rifiuti, le attivita’ di recupero di materie
prime e di energia, con priorita’ per i soggetti che
realizzano sistemi di smaltimento alternativi alle
discariche, nonche’ a realizzare la bonifica dei suoli
inquinati, ivi comprese le aree industriali dismesse, il
recupero delle aree degradate per l’avvio ed il
finanziamento delle agenzie regionali per l’ambiente e la
istituzione e manutenzione delle aree naturali protette.
L’impiego delle risorse e’ disposto dalla regione,
nell’ambito delle destinazioni sopra indicate, con propria
deliberazione, ad eccezione di quelle derivanti dalla
tassazione dei fanghi di risulta che sono destinate ad
investimenti di tipo ambientale riferibili ai rifiuti del
settore produttivo soggetto al predetto tributo.
28. La base imponibile e’ costituita dalla quantita’
dei rifiuti conferiti in discarica sulla base delle
annotazioni nei registri tenuti in attuazione degli
articoli 11 e 19 del decreto del Presidente della
Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.
29. L’ammontare dell’imposta e’ fissato, con legge
della regione entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno
successivo, per chilogrammo di rifiuti conferiti: in misura
non inferiore ad euro 0,001 e non superiore ad euro 0,01
per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per
i rifiuti inerti ai sensi dell’art. 2 del D.M. 13 marzo
2003 del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del
21 marzo 2003; in misura non inferiore ad euro 0,00517 e
non superiore ad euro 0,02582 per i rifiuti ammissibili al
conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e
pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del medesimo
decreto. In caso di mancata determinazione dell’importo da
parte delle regioni entro il 31 luglio di ogni anno per
l’anno successivo, si intende prorogata la misura vigente.
Il tributo e’ determinato moltiplicando l’ammontare
dell’imposta per il quantitativo, espresso in chilogrammi,
dei rifiuti conferiti in discarica, nonche’ per un
coefficiente di correzione che tenga conto del peso
specifico, della qualita’ e delle condizioni di
conferimento dei rifiuti ai fini della commisurazione
dell’incidenza sul costo ambientale da stabilire con
decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i
Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e
della sanita’, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge.
30. Il tributo e’ versato alla regione in apposito
capitolo di bilancio dal gestore della discarica entro il
mese successivo alla scadenza del trimestre solare in cui
sono state effettuate le operazioni di deposito. Entro i
termini previsti per il versamento relativo all’ultimo
trimestre dell’anno il gestore e’ tenuto a produrre alla
regione in cui e’ ubicata la discarica una dichiarazione
contenente l’indicazione delle quantita’ complessive dei
rifiuti conferiti nell’anno nonche’ dei versamenti
effettuati. La regione trasmette copia della predetta
dichiarazione alla provincia nel cui territorio e’ ubicata
la discarica. Con legge della regione sono stabilite le
modalita’ di versamento del tributo e di presentazione
della dichiarazione. Per l’anno 1996 il termine per il
versamento del tributo alle regioni, relativo alle
operazioni di deposito effettuate nel primo trimestre, e’
differito al 31 luglio 1996.
31. Per l’omessa o infedele registrazione delle
operazioni di conferimento in discarica, ferme restando le
sanzioni stabilite per le violazioni di altre norme, si
applica la sanzione amministrativa dal duecento al
quattrocento per cento del tributo relativo all’operazione.
Per l’omessa o infedele dichiarazione si applica la
sanzione da lire duecentomila a lire un milione. Le
sanzioni sono ridotte alla misura stabilita dagli articoli
16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472
se, entro il termine per ricorrere alle commissioni
tributarie, interviene adesione del contribuente e
contestuale pagamento del tributo, se dovuto, e della
sanzione.
32. Fermi restando l’applicazione della disciplina
sanzionatoria per la violazione della normativa sullo
smaltimento dei rifiuti di cui al D.P.R. 10 settembre 1982,
n. 915, e successive modificazioni, e l’obbligo di
procedere alla bonifica e alla rimessa in pristino
dell’area, chiunque esercita, ancorche’ in via non
esclusiva, l’attivita’ di discarica abusiva e chiunque
abbandona, scarica o effettua deposito incontrollato di
rifiuti, e’ soggetto al pagamento del tributo determinato
ai sensi della presente legge e di una sanzione
amministrativa pari a tre volte l’ammontare del tributo
medesimo. Si applicano a carico di chi esercita l’attivita’
le sanzioni di cui al comma 31. L’utilizzatore a qualsiasi
titolo o, in mancanza, il proprietario dei terreni sui
quali insiste la discarica abusiva, e’ tenuto in solido
agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno
ambientale e al pagamento del tributo e delle sanzioni
pecuniarie ai sensi della presente legge, ove non dimostri
di aver presentato denuncia di discarica abusiva ai
competenti organi della regione, prima della costatazione
delle violazioni di legge. Le discariche abusive non
possono essere oggetto di autorizzazione regionale, ai
sensi dell’art. 6 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915.
33. Le violazioni ai commi da 24 a 41 del presente
articolo sono constatate con processo verbale dai
funzionari provinciali addetti ai controlli ai sensi
dell’art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell’art.
7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1982, n. 915, muniti di speciale tessera di riconoscimento
rilasciata dal presidente della provincia. Per
l’assolvimento dei loro compiti i funzionari possono
accedere, muniti di apposita autorizzazione del capo
dell’ufficio, nei luoghi adibiti all’esercizio
dell’attivita’ e negli altri luoghi ove devono essere
custoditi i registri e la documentazione inerente
l’attivita’, al fine di procedere alla ispezione dei luoghi
ed alla verifica della relativa documentazione. Qualora nel
corso dell’ispezione o della verifica emergano inosservanze
di obblighi regolati da disposizioni di leggi concernenti
tributi diversi da quelli previsti dai commi da 24 a 41 del
presente articolo, i funzionari predetti devono comunicarle
alla Guardia di finanza secondo le modalita’ previste
dall’ultimo comma dell’art. 36 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto
dall’art. 19, comma 1, lettera d), della legge 30 dicembre
1991, n. 413. La Guardia di finanza coopera con i
funzionari provinciali per l’acquisizione ed il reperimento
degli elementi utili ai fini dell’accertamento dell’imposta
e per la repressione delle connesse violazioni, procedendo
di propria iniziativa o su richiesta delle regioni o
province nei modi e con le facolta’ di cui all’art. 63 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, e successive modificazioni.
34. L’accertamento, la riscossione, i rimborsi, il
contenzioso amministrativo e quanto non previsto dai commi
da 24 a 41 del presente articolo sono disciplinati con
legge della regione.
35. Le disposizioni dei commi da 24 a 41 del presente
articolo costituiscono principi fondamentali ai sensi
dell’art. 119 della Costituzione. Le regioni a statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono con propria legge secondo le disposizioni dei
rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
36. omissis
37. omissis
38. Per l’anno 1996 il tributo e’ dovuto nella misura
minima, esclusi i rifiuti dei settori minerario,
estrattivo, edilizio, lapideo e metallurgico, per i quali
la misura minima del tributo e’ determinata tra lire 2 e
lire 5 con decreto del Ministro dell’ambiente di concerto
con il Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, da emanare entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge in relazione alla
possibilita’ di recupero e riutilizzo e alle incidenze del
tributo sui costi di produzione. In sede di prima
applicazione delle disposizioni del comma 32 l’utilizzatore
o, in mancanza, il proprietario del terreno su cui insiste
la discarica abusiva e’ esente dalla responsabilita’
relativamente alle sanzioni amministrative previste al
comma 32 qualora provveda entro il 30 giugno 1996 alla
relativa denuncia agli organi della regione.
39. A decorrere dell’anno 1996 i proventi delle
addizionali erariali di cui al R.D.L. 30 novembre 1937, n.
2145, convertito dalla legge 25 aprile 1938, n. 614, e alla
legge 10 dicembre 1961, n. 1346, applicate alla tassa per
lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, comprese
le riscossioni relative agli anni precedenti sono devoluti
direttamente ai comuni dal concessionario della
riscossione. La maggiore spesa del servizio di nettezza
urbana derivante dal pagamento del tributo di cui al comma
24 costituisce costo ai sensi dell’art. 61 del D.Lgs. 15
novembre 1993, n. 507 , e successive modificazioni. Con
decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i
Ministri dell’interno e del tesoro, sono stabilite le
modalita’ di attuazione delle disposizioni del presente
comma.
40. Per i rifiuti smaltiti in impianti di incenerimento
senza recupero di energia o comunque classificati
esclusivamente come impianti di smaltimento mediante
l’operazione “D10 Incenerimento a terra”, ai sensi
dell’allegato B alla parte quarta del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per gli
scarti ed i sovvalli di impianti di selezione automatica,
riciclaggio e compostaggio, nonche’ per i fanghi anche
palabili si applicano le disposizioni dei commi da 24 a 39.
Il tributo e’ dovuto nella misura del 20 per cento
dell’ammontare determinato ai sensi del comma 29.”
Art. 36
Disposizioni per favorire le politiche
di prevenzione nella produzione di rifiuti
1. All’articolo 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo la lettera e) e’ aggiunta la seguente:
«e-bis) attivita’ di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantita’ di rifiuti non prodotti».
Note all’art. 36:
Si riporta il testo del comma 659 dell’art. 1 della
legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
-legge di stabilita’ 2014-), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013, come modificato
dalla presente legge:
“659. Il comune con regolamento di cui all’art. 52 del
decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, puo’
prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di:
a) abitazioni con unico occupante;
b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale
od altro uso limitato e discontinuo;
c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte
adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma
ricorrente;
d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o
abbiano la dimora, per piu’ di sei mesi all’anno,
all’estero;
e) fabbricati rurali ad uso abitativo;
e-bis) attivita’ di prevenzione nella produzione di
rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla
quantita’ di rifiuti non prodotti.”
Art. 37
Trattamento del rifiuto tramite compostaggio aerobico
1. Dopo il comma 19 dell’articolo 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e’ aggiunto il seguente:
«19-bis. Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle attivita’ agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino e’ applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani».
2. Dopo il comma 7 dell’articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e’ inserito il seguente:
«7-bis. In deroga a quanto stabilito dal comma 7, ferme restando le disposizioni delle direttive e dei regolamenti dell’Unione europea, gli impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili derivanti da attivita’ agricole e vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi, che hanno una capacita’ di trattamento non eccedente 80 tonnellate annue e sono destinati esclusivamente al trattamento di rifiuti raccolti nel comune dove i suddetti rifiuti sono prodotti e nei comuni confinanti che stipulano una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio, acquisito il parere dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) previa predisposizione di un regolamento di gestione dell’impianto che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in ambito comunale, possono essere realizzati e posti in esercizio con denuncia di inizio di attivita’ ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche in aree agricole, nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all’efficienza energetica nonche’ delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».
3. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Note all’art. 37:
Si riporta il testo degli articoli 208 e 214 del citato
d.lgs. n. 152 del 2006, come modificati dalla presente
legge:
“Art. 208. Autorizzazione unica per i nuovi impianti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti. – 1. I soggetti che
intendono realizzare e gestire nuovi impianti di
smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi,
devono presentare apposita domanda alla regione competente
per territorio, allegando il progetto definitivo
dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la
realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni
vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di
salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove
l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di
valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa
vigente, alla domanda e’ altresi’ allegata la comunicazione
del progetto all’autorita’ competente ai predetti fini; i
termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino
all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilita’
ambientale ai sensi della parte seconda del presente
decreto.
2. Per le installazioni di cui all’art. 6, comma 13,
l’autorizzazione integrata ambientale sostituisce
l’autorizzazione di cui al presente articolo. A tal fine,
in relazione alle attivita’ di smaltimento o di recupero
dei rifiuti:
a) ove un provvedimento di cui al presente articolo sia
stato gia’ emanato, la domanda di autorizzazione integrata
ambientale ne riporta gli estremi;
b) se l’istanza non riguarda esclusivamente il rinnovo
o l’adeguamento dell’autorizzazione all’esercizio,
prevedendo invece nuove realizzazioni o modifiche, la
partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’art.
29-quater, comma 5, e’ estesa a tutti i partecipanti alla
conferenza di servizio di cui all’art. 208, comma 3;
c) la Regione, o l’autorita’ da essa delegata,
specifica in conferenza le garanzie finanziarie da
richiedere ai sensi dell’art. 208, comma 11, lettera g);
d) i contenuti dell’AIA sono opportunamente integrati
con gli elementi di cui all’art. 208, comma 11;
e) le garanzie finanziarie di cui all’art. 208, comma
11, sono prestate a favore della Regione, o dell’autorita’
da essa delegata alla gestione della materia;
f) la comunicazione di cui all’art. 208, comma 18, e’
effettuata dall’amministrazione che rilascia
l’autorizzazione integrata ambientale;
g) la comunicazione di cui all’art. 208, comma 19, e’
effettuata dal soggetto pubblico che accerta l’evento
incidente.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di
cui al comma 1, la regione individua il responsabile del
procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla
conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di
almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali
competenti e i rappresentanti delle autorita’ d’ambito e
degli enti locali sul cui territorio e’ realizzato
l’impianto, nonche’ il richiedente l’autorizzazione o un
suo rappresentante al fine di acquisire documenti,
informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20
giorni, la documentazione di cui al comma 1 e’ inviata ai
componenti della conferenza di servizi. La decisione della
conferenza dei servizi e’ assunta a maggioranza e le
relative determinazioni devono fornire una adeguata
motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse
nel corso della conferenza.
4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la
Conferenza di servizi:
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla
compatibilita’ del progetto con quanto previsto dall’art.
177, comma 4;
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la
valutazione di compatibilita’ ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti
alla regione.
5. Per l’istruttoria tecnica della domanda le regioni
possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente.
6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni
della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della
stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del
progetto, autorizza la realizzazione e la gestione
dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto
visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi
regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove
occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la
dichiarazione di pubblica utilita’, urgenza ed
indifferibilita’ dei lavori.
7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate
ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si
applicano le disposizioni dell’art. 146 di tale decreto in
materia di autorizzazione.
8. L’istruttoria si conclude entro centocinquanta
giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1
con il rilascio dell’autorizzazione unica o con il diniego
motivato della stessa.
9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una
sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal
responsabile del procedimento al soggetto interessato e
ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi
forniti dall’interessato.
10. Ferma restando la valutazione delle eventuali
responsabilita’ ai sensi della normativa vigente, ove
l’autorita’ competente non provveda a concludere il
procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica entro i
termini previsti al comma 8, si applica il potere
sostitutivo di cui all’art. 5 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112.
11. L’autorizzazione individua le condizioni e le
prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei
principi di cui all’art. 178 e contiene almeno i seguenti
elementi:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono
essere trattati;
b) per ciascun tipo di operazione autorizzata, i
requisiti tecnici con particolare riferimento alla
compatibilita’ del sito, alle attrezzature utilizzate, ai
tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalita’
di verifica, monitoraggio e controllo della conformita’
dell’impianto al progetto approvato;
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
d) la localizzazione dell’impianto autorizzato;
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di
operazione;
f) le disposizioni relative alla chiusura e agli
interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie;
g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere
prestate solo al momento dell’avvio effettivo
dell’esercizio dell’impianto; le garanzie finanziarie per
la gestione della discarica, anche per la fase successiva
alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a
quanto disposto dall’art. 14 del decreto legislativo 13
gennaio 2003, n. 36;
h) la data di scadenza dell’autorizzazione, in
conformita’ con quanto previsto al comma 12;
i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di
trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da
recupero energetico.
11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o
il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate
alla condizione che il recupero avvenga con un livello
elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle
migliori tecniche disponibili.
12. Salva l’applicazione dell’art. 29-octies per le
installazioni di cui all’art. 6, comma 13, l’autorizzazione
di cui al comma 1 e’ concessa per un periodo di dieci anni
ed e’ rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni
prima della scadenza dell’autorizzazione, deve essere
presentata apposita domanda alla regione che decide prima
della scadenza dell’autorizzazione stessa. In ogni caso
l’attivita’ puo’ essere proseguita fino alla decisione
espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie
prestate. Le prescrizioni dell’autorizzazione possono
essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo
almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di
criticita’ ambientale, tenendo conto dell’evoluzione delle
migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle
garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.
12-bis. Per impianti di smaltimento o di recupero di
rifiuti ricompresi in un’installazione di cui all’art. 6,
comma 13, il rinnovo, l’aggiornamento e il riesame
dell’autorizzazione di cui al presente articolo sono
disciplinati dal Titolo III-bis della Parte Seconda, previa
estensione delle garanzie finanziarie gia’ prestate.
13. Ferma restando l’applicazione delle norme
sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del
presente decreto, in caso di inosservanza delle
prescrizioni dell’autorizzazione l’autorita’ competente
procede, secondo la gravita’ dell’infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale
devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione
dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si
manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e
per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato
adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in
caso di reiterate violazioni che determinino situazione di
pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente.
14. Il controllo e l’autorizzazione delle operazioni di
carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti
in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche
disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di
cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di
attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti
sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia
dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto
transfrontaliero di rifiuti, l’autorizzazione delle
operazioni di imbarco e di sbarco non puo’ essere
rilasciata se il richiedente non dimostra di avere
ottemperato agli adempimenti di cui all’art. 193, comma 1,
del presente decreto.
15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero,
esclusi gli impianti mobili che effettuano la
disidratazione dei fanghi generati da impianti di
depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo
depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in
cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e
separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in
via definitiva, dalla regione ove l’interessato ha la sede
legale o la societa’ straniera proprietaria dell’impianto
ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle
singole campagne di attivita’ sul territorio nazionale,
l’interessato, almeno sessanta giorni prima
dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla
regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le
specifiche dettagliate relative alla campagna di attivita’,
allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione
all’Albo nazionale gestori ambientali, nonche’ l’ulteriore
documentazione richiesta. La regione puo’ adottare
prescrizioni integrative oppure puo’ vietare l’attivita’
con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della
stessa nello specifico sito non sia compatibile con la
tutela dell’ambiente o della salute pubblica.
16. Le disposizioni di cui al presente articolo si
applicano anche ai procedimenti in corso alla data di
entrata in vigore della parte quarta del presente decreto,
eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di
valutazione di impatto ambientale.
17. Fatti salvi l’obbligo di tenuta dei registri di
carico e scarico da parte dei soggetti di cui all’art. 190
ed il divieto di miscelazione di cui all’art. 187, le
disposizioni del presente articolo non si applicano al
deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle
condizioni stabilite dall’art. 183, comma 1, lettera m).
17-bis. L’autorizzazione di cui al presente articolo
deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione
competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti
di cui all’art. 189 attraverso il Catasto telematico e
secondo gli standard concordati con ISPRA che cura
l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al
pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell’impresa autorizzata;
c) sede dell’impianto autorizzato;
d) attivita’ di gestione autorizzata;
e) i rifiuti oggetto dell’attivita’ di gestione;
f) quantita’ autorizzate;
g) scadenza dell’autorizzazione.
17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma
17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico
della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali
esistenti, e il Catasto telematico secondo standard
condivisi.
18. In caso di eventi incidenti sull’autorizzazione,
questi sono comunicati, previo avviso all’interessato, al
Catasto dei rifiuti di cui all’ art. 189.
19. Le procedure di cui al presente articolo si
applicano anche per la realizzazione di varianti
sostanziali in corso d’opera o di esercizio che comportino
modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono piu’
conformi all’autorizzazione rilasciata.
19-bis. Alle utenze non domestiche che effettuano il
compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da
sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle
attivita’ agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche
che effettuano compostaggio aerobico individuale per i
propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da
giardino e’ applicata una riduzione della tariffa dovuta
per la gestione dei rifiuti urbani.”
“Art. 214 (Determinazione delle attivita’ e delle
caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure
semplificate). – 1. Le procedure semplificate di cui al
presente capo devono garantire in ogni caso un elevato
livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai
sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’art. 177,
comma 4.
2. Con decreti del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con i
Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i
rifiuti agricoli e le attivita’ che generano i
fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e
forestali, sono adottate per ciascun tipo di attivita’ le
norme, che fissano i tipi e le quantita’ di rifiuti e le
condizioni in base alle quali le attivita’ di smaltimento
di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei
luoghi di produzione degli stessi e le attivita’ di
recupero di cui all’Allegato C alla parte quarta del
presente decreto sono sottoposte alle procedure
semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la
medesima procedura si provvede all’aggiornamento delle
predette norme tecniche e condizioni.
3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le
procedure semplificate devono garantire che i tipi o le
quantita’ di rifiuti ed i procedimenti e metodi di
smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un
pericolo per la salute dell’uomo e da non recare
pregiudizio all’ambiente. In particolare, ferma restando la
disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133,
per accedere alle procedure semplificate, le attivita’ di
trattamento termico e di recupero energetico devono,
inoltre, rispettare le seguenti condizioni:
a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani
oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;
b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli
stabiliti per gli impianti di incenerimento e
coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con
particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio
2005, n. 133;
c) sia garantita la produzione di una quota minima di
trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia
utile calcolata su base annuale;
d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e
le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi
1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.
4. Sino all’adozione dei decreti di cui al comma 2
relativamente alle attivita’ di recupero continuano ad
applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro
dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla
Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno
2002, n. 161.
5. L’adozione delle norme e delle condizioni di cui al
comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati
nella lista verde di cui all’Allegato III del regolamento
(CE), n. 1013/2006.
6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215,
comma 3, e 216, comma 3, e per l’effettuazione dei
controlli periodici, l’interessato e’ tenuto a versare alla
provincia territorialmente competente un diritto di
iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con i Ministri dello sviluppo economico e
dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione
del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui
al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n.
350. All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma
le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti
nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle
norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 e’ disciplinata dalla
normativa nazionale e comunitaria in materia di qualita’
dell’aria e di inquinamento atmosferico da impianti
industriali e dalle altre disposizioni che regolano la
costruzione di impianti industriali. L’autorizzazione
all’esercizio nei predetti impianti di operazioni di
recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente
articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui
agli articoli 208, 209 e 211.
7-bis. In deroga a quanto stabilito dal comma 7, ferme
restando le disposizioni delle direttive e dei regolamenti
dell’Unione europea, gli impianti di compostaggio aerobico
di rifiuti biodegradabili derivanti da attivita’ agricole e
vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi,
che hanno una capacita’ di trattamento non eccedente 80
tonnellate annue e sono destinati esclusivamente al
trattamento di rifiuti raccolti nel comune dove i suddetti
rifiuti sono prodotti e nei comuni confinanti che stipulano
una convenzione di associazione per la gestione congiunta
del servizio, acquisito il parere dell’Agenzia regionale
per la protezione dell’ambiente (ARPA) previa
predisposizione di un regolamento di gestione dell’impianto
che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in
ambito comunale, possono essere realizzati e posti in
esercizio con de-nuncia di inizio di attivita’ ai sensi del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche in aree agricole,
nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica,
delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza,
antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative
all’efficienza energetica nonche’ delle disposizioni del
codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande
disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni relative alle attivita’
private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20
della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresi’,
le disposizioni di cui all’art. 21 della legge 7 agosto
1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le
condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche
adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 216,
l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti puo’
essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla
comunicazione di inizio di attivita’ alla provincia.
9. Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui
all’ art. 189, attraverso il Catasto telematico e secondo
gli standard concordati con ISPRA, che cura l’inserimento
in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei
seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei
registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell’impresa;
c) sede dell’impianto;
d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attivita’ di
gestione;
e) relative quantita’;
f) attivita’ di gestione;
g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli
215, comma 3, e 216, comma 3.
10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve
avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della
finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali
esistenti, e il Catasto telematico secondo standard
condivisi.
11. Con uno o piu’ decreti, emanati ai sensi dell’ art.
17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, su proposta del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono
individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un
combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei
combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al
regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di
certificazione di qualita’ ambientale, sia da qualificarsi,
ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti
decreti possono stabilire, nel rispetto dell’ art. 177,
comma 4, le opportune modalita’ di integrazione ed
unificazione delle procedure, anche presupposte, per
l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale,
con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro
prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente
necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e
l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate
nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non gia’
autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il
regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.”
Art. 38
Disposizioni per favorire la diffusione
del compostaggio dei rifiuti organici
1. All’articolo 180 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 1-sexies sono aggiunti i seguenti:
«1-septies. Al fine di ridurre la produzione di rifiuti organici e gli impatti sull’ambiente derivanti dalla gestione degli stessi, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni ed i comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, incentivano le pratiche di compostaggio di rifiuti organici effettuate sul luogo stesso di produzione, come l’autocompostaggio e il compostaggio di comunita’, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all’articolo 199 del presente decreto. I comuni possono applicare una riduzione sulla tassa di cui all’articolo 1, comma 641, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, alle utenze che effettuano pratiche di riduzione dei rifiuti di cui al presente comma.
1-octies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, sono stabiliti i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per il compostaggio di comunita’ di rifiuti organici. Le attivita’ di compostaggio di comunita’ che, alla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma, risultano gia’ autorizzate ai sensi degli articoli 208 o 214 del presente decreto, possono continuare ad operare sulla base dell’autorizzazione vigente sino alla scadenza della stessa».
2. All’articolo 183, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera e), dopo la parola: «domestiche» sono inserite le seguenti: «e non domestiche»;
b) dopo la lettera qq) e’ aggiunta la seguente:
«qq-bis) “compostaggio di comunita’”: compostaggio effettuato collettivamente da piu’ utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti».
Note all’art. 38:
Si riporta il testo degli articoli 180 e 183 del citato
d.lgs. 152 del 2006, come modificati dalla presente legge:
“Art. 180 (Prevenzione della produzione di rifiuti). –
1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione
e la riduzione della produzione e della nocivita’ dei
rifiuti, le iniziative di cui all’art. 179 riguardano in
particolare:
a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci,
sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle
migliori tecniche disponibili, analisi del ciclo di vita
dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione
dei consumatori, l’uso di sistemi di qualita’, nonche’ lo
sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della
corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto
sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto
medesimo;
b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere
d’invito che valorizzino le capacita’ e le competenze
tecniche in materia di prevenzione della produzione di
rifiuti;
c) la promozione di accordi e contratti di programma o
protocolli d’intesa anche sperimentali finalizzati alla
prevenzione ed alla riduzione della quantita’ e della
pericolosita’ dei rifiuti;
1-bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare adotta entro il 31 dicembre 2012, a
norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma
nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni
affinche’ tale programma sia integrato nei piani di
gestione dei rifiuti di cui all’art. 199. In caso di
integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente
identificate le misure di prevenzione dei rifiuti. Entro il
31 dicembre di ogni anno, a decorrere dal 2013, il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare presenta alle Camere una relazione recante
l’aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei
rifiuti e contenente anche l’indicazione dei risultati
raggiunti e delle eventuali criticita’ registrate nel
perseguimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti.
1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli
obiettivi di prevenzione. Il Ministero descrive le misure
di prevenzione esistenti e valuta l’utilita’ degli esempi
di misure di cui all’allegato L o di altre misure adeguate.
1-quater. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare individua gli appropriati specifici
parametri qualitativi o quantitativi per le misure di
prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare
i progressi realizzati nell’attuazione delle misure di
prevenzione e puo’ stabilire specifici traguardi e
indicatori qualitativi o quantitativi.
1-quinquies. Il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare assicura la disponibilita’ di
informazioni sulle migliori pratiche in materia di
prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora linee guida
per assistere le regioni nella preparazione dei programmi
di cui all’ art. 199, comma 3, lett. r).
1-sexies. Le amministrazioni interessate provvedono
agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
1-septies. Al fine di ridurre la produzione di rifiuti
organici e gli impatti sull’ambiente derivanti dalla
gestione degli stessi, il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, le regioni ed i comuni,
nell’ambito delle rispettive competenze, incentivano le
pratiche di compostaggio di rifiuti organici effettuate sul
luogo stesso di produzione, come l’autocompostaggio e il
compostaggio di comunita’, anche attraverso gli strumenti
di pianificazione di cui all’art. 199 del presente decreto.
I comuni possono applicare una riduzione sulla tassa di cui
all’art. 1, comma 641, della legge 27 dicembre 2013, n.
147, alle utenze che effettuano pratiche di riduzione dei
rifiuti di cui al presente comma.
1-octies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro della salute, sono
stabiliti i criteri operativi e le procedure autorizzative
semplificate per il compostaggio di comunita’ di rifiuti
organici. Le attivita’ di compostaggio di comunita’ che,
alla data di entrata in vigore del decreto di cui al
presente comma, risultano gia’ autorizzate ai sensi degli
articoli 208 o 214 del presente decreto, possono continuare
ad operare sulla base dell’autorizzazione vigente sino alla
scadenza della stessa.”
“Art. 183 (Definizioni). – 1. Ai fini della parte
quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori
definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si
intende per:
a) «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il
detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo
di disfarsi;
b) «rifiuto pericoloso»: rifiuto che presenta una o
piu’ caratteristiche di cui all’allegato I della parte
quarta del presente decreto;
c) «oli usati»: qualsiasi olio industriale o
lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio
all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati
dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione,
nonche’ gli oli usati per turbine e comandi idraulici;
d) «rifiuto organico»: rifiuti biodegradabili di
giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti
da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e
punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti
dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato;
e) «autocompostaggio»: compostaggio degli scarti
organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze
domestiche e non domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito
del materiale prodotto;
f) «produttore di rifiuti»: il soggetto la cui
attivita’ produce rifiuti e il soggetto al quale sia
giuridicamente riferibile detta produzione (produttore
iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento,
di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la
natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo
produttore);
g) «produttore del prodotto»: qualsiasi persona fisica
o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi,
trasformi, tratti, venda o importi prodotti;
h) «detentore»: il produttore dei rifiuti o la persona
fisica o giuridica che ne e’ in possesso;
i) «commerciante»: qualsiasi impresa che agisce in
qualita’ di committente, al fine di acquistare e
successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti
che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;
l) «intermediario»: qualsiasi impresa che dispone il
recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi,
compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale
disponibilita’ dei rifiuti;
m) «prevenzione»: misure adottate prima che una
sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che
riducono:
1) la quantita’ dei rifiuti, anche attraverso il
riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di
vita;
2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti
sull’ambiente e la salute umana;
3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e
prodotti;
n) «gestione»: la raccolta, il trasporto, il recupero e
lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali
operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei
siti di smaltimento, nonche’ le operazioni effettuate in
qualita’ di commerciante o intermediario. Non costituiscono
attivita’ di gestione dei rifiuti le operazioni di
prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari
alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da
eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e
piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine
antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente
necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi
li hanno depositati;
o) «raccolta»: il prelievo dei rifiuti, compresi la
cernita preliminare e il deposito preliminare alla
raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta
di cui alla lettera «mm», ai fini del loro trasporto in un
impianto di trattamento;
p) «raccolta differenziata»: la raccolta in cui un
flusso di rifiuti e’ tenuto separato in base al tipo ed
alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il
trattamento specifico;
q) «preparazione per il riutilizzo»: le operazioni di
controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui
prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono
preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro
pretrattamento;
r) «riutilizzo»: qualsiasi operazione attraverso la
quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono
reimpiegati per la stessa finalita’ per la quale erano
stati concepiti;
s) «trattamento»: operazioni di recupero o smaltimento,
inclusa la preparazione prima del recupero o dello
smaltimento;
t) «recupero»: qualsiasi operazione il cui principale
risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo
utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati
altrimenti utilizzati per assolvere una particolare
funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione,
all’interno dell’impianto o nell’economia in generale.
L’allegato C della parte IV del presente decreto riporta un
elenco non esaustivo di operazioni di recupero;
u) «riciclaggio»: qualsiasi operazione di recupero
attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere
prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro
funzione originaria o per altri fini. Include il
trattamento di materiale organico ma non il recupero di
energia ne’ il ritrattamento per ottenere materiali da
utilizzare quali combustibili o in operazioni di
riempimento;
v) «rigenerazione degli oli usati»: qualsiasi
operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di
base mediante una raffinazione degli oli usati, che
comporti in particolare la separazione dei contaminanti,
dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in
tali oli;
z) «smaltimento»: qualsiasi operazione diversa dal
recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza
secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato
B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non
esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa) «stoccaggio»: le attivita’ di smaltimento
consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di
rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte
quarta del presente decreto, nonche’ le attivita’ di
recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva
di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla
medesima parte quarta;
bb) «deposito temporaneo»: il raggruppamento dei
rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del
trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento,
effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli
stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in
cui si svolge l’attivita’ che ha determinato la produzione
dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui
all’art. 2135 del codice civile, presso il sito che sia
nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola,
ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono
soci, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici
persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e
successive modificazioni, devono essere depositati nel
rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e
l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e
gestiti conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle
operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle
seguenti modalita’ alternative, a scelta del produttore dei
rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente
dalle quantita’ in deposito; quando il quantitativo di
rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri
cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.
In ogni caso, allorche’ il quantitativo di rifiuti non
superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo
non puo’ avere durata superiore ad un anno;
3) il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per
categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative
norme tecniche, nonche’, per i rifiuti pericolosi, nel
rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle
sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano
l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con
decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo
sviluppo economico, sono fissate le modalita’ di gestione
del deposito temporaneo;
cc) «combustibile solido secondario (CSS)»: il
combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le
caratteristiche di classificazione e di specificazione
individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e
successive modifiche ed integrazioni; fatta salva
l’applicazione dell’ art. 184-ter, il combustibile solido
secondario, e’ classificato come rifiuto speciale;
dd) «rifiuto biostabilizzato»: rifiuto ottenuto dal
trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti
indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche,
da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne
contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e
sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di
qualita’;
ee) «compost di qualita’»: prodotto, ottenuto dal
compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente,
che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite
dall’allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n.
75, e successive modificazioni;
ff) «digestato di qualita’»: prodotto ottenuto dalla
digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti
separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme
tecniche da emanarsi con decreto del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con il Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali;
gg) «emissioni»: le emissioni in atmosfera di cui
all’art. 268, comma 1, lettera b);
hh) «scarichi idrici»: le immissioni di acque reflue di
cui all’art. 74, comma 1, lettera ff);
ii) «inquinamento atmosferico»: ogni modifica
atmosferica di cui all’art. 268, comma 1, lettera a);
ll) «gestione integrata dei rifiuti»: il complesso
delle attivita’, ivi compresa quella di spazzamento delle
strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare
la gestione dei rifiuti;
mm) «centro di raccolta»: area presidiata ed allestita,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, per l’attivita’ di raccolta mediante
raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per
frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto
agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei
centri di raccolta e’ data con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentita la Conferenza unificata, di cui al decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nn) «migliori tecniche disponibili»: le migliori
tecniche disponibili quali definite all’ art. 5, comma 1,
lett. l-ter) del presente decreto;
oo) «spazzamento delle strade»: modalita’ di raccolta
dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade,
aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le
operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue
pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro
fruibilita’ e la sicurezza del transito;
pp) «circuito organizzato di raccolta»: sistema di
raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai
Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del
presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato
sulla base di un accordo di programma stipulato tra la
pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali
rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni
territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro
stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili
della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di
trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione
definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla
convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto
di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della
piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto
dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della
predetta convenzione;
qq) «sottoprodotto»: qualsiasi sostanza od oggetto che
soddisfa le condizioni di cui all’ art. 184-bis, comma 1, o
che rispetta i criteri stabiliti in base all’ art. 184-bis,
comma 2;
qq-bis) «compostaggio di comunita’»: compostaggio
effettuato collettivamente da piu’ utenze domestiche e non
domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani
prodotti dalle medesime, al fine dell’utilizzo del compost
prodotto da parte delle utenze conferenti.”
Art. 39
Sistema di restituzione di specifiche tipologie
di imballaggi destinati all’uso alimentare
1. Dopo l’articolo 219 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ inserito il seguente:
«Art. 219-bis (Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all’uso alimentare). – 1. Al fine di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e di favorire il riutilizzo degli imballaggi usati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e’ introdotto, in via sperimentale e su base volontaria del singolo esercente, il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi contenenti birra o acqua minerale serviti al pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punti di consumo.
2. La sperimentazione di cui al comma 1 ha una durata di dodici mesi.
3. Ai fini del comma 1, al momento dell’acquisto dell’imballaggio pieno l’utente versa una cauzione con diritto di ripetizione della stessa al momento della restituzione dell’imballaggio usato.
4. Con regolamento adottato, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono disciplinate le modalita’ della sperimentazione di cui al presente articolo. Con il medesimo regolamento sono determinate le forme di incentivazione e le loro modalita’ di applicazione nonche’ i valori cauzionali per ogni singola tipologia di imballaggi di cui al presente articolo. Al termine della fase sperimentale si valutera’, sulla base degli esiti della sperimentazione stessa e sentite le categorie interessate, se confermare e se estendere il sistema del vuoto a rendere ad altri tipi di prodotto nonche’ ad altre tipologie di consumo».
2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 40
Rifiuti di prodotti da fumo e rifiuti
di piccolissime dimensioni
1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l’articolo 232 sono inseriti i seguenti:
«Art. 232-bis (Rifiuti di prodotti da fumo). – 1. I comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo.
2. Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l’ambiente derivanti dall’abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione.
3. E’ vietato l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi.
Art. 232-ter (Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni). – 1. Al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell’ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, e’ vietato l’abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi»;
b) all’articolo 255, dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
«1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all’articolo 232-ter e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l’abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all’articolo 232-bis, la sanzione amministrativa e’ aumentata fino al doppio»;
c) all’articolo 263, dopo il comma 2 e’ aggiunto il seguente:
«2-bis. Il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi dell’articolo 255, comma 1-bis, e’ versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinato alle attivita’ di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 232-bis. Il restante 50 per cento dei suddetti proventi e’ destinato ai comuni nel cui territorio sono state accertate le relative violazioni ed e’ destinato alle attivita’ di cui al comma 1 dell’articolo 232-bis, ad apposite campagne di informazione da parte degli stessi comuni, volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l’ambiente derivanti dall’abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo e dei rifiuti di piccolissime dimensioni di cui all’articolo 232-ter, nonche’ alla pulizia del sistema fognario urbano. Con provvedimento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’interno e con il Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalita’ attuative del presente comma».
Note all’art. 40:
Si riporta il testo degli articoli 255 e 263 del citato
d. lgs. n. 152 del 2006, come modificati dalla presente
legge:
“Art. 255 (Abbandono di rifiuti). – 1. Fatto salvo
quanto disposto dall’art. 25, comma 2, chiunque, in
violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192,
commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o
deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali
o sotterranee e’ punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono
riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa e’
aumentata fino al doppio.
1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all’art.
232-ter e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria
da euro trenta a euro centocinquanta. Se l’abbandono
riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all’art.
232-bis, la sanzione amministrativa e’ aumentata fino al
doppio.
2. Il titolare del centro di raccolta, il
concessionario o il titolare della succursale della casa
costruttrice che viola le disposizioni di cui all’art. 231,
comma 5, e’ punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro duecentosessanta a euro
millecinquecentocinquanta.
3. Chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di
cui all’art. 192, comma 3, o non adempie all’obbligo di cui
all’art. 187, comma 3, e’ punito con la pena dell’arresto
fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella
sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di
procedura penale, il beneficio della sospensione
condizionale della pena puo’ essere subordinato alla
esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui
all’art. 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo
di cui all’art. 187, comma 3.”
“Art. 263 (Proventi delle sanzioni amministrative
pecuniarie). – 1. I proventi delle sanzioni amministrative
pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della
parte quarta del presente decreto sono devoluti alle
province e sono destinati all’esercizio delle funzioni di
controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi
delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art.
261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’art. 226,
comma 1, che sono devoluti ai comuni.
2. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni
amministrative irrogate ai sensi dell’art. 261-bis sono
versate all’entrata dei bilanci delle autorita’ competenti
e sono destinate a potenziare le ispezioni ambientali
straordinarie previste dal presente decreto, in particolare
all’art. 29-decies, comma 4, nonche’ le ispezioni
finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi
ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.
2-bis. Il 50 per cento delle somme derivanti dai
proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate
ai sensi dell’art. 255, comma 1-bis, e’ versato all’entrata
del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un
apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e destinato alle attivita’ di cui ai commi 1 e 2
dell’art. 232-bis. Il restante 50 per cento dei suddetti
proventi e’ destinato ai comuni nel cui territorio sono
state accertate le relative violazioni ed e’ destinato alle
attivita’ di cui al comma 1 dell’art. 232-bis, ad apposite
campagne di informazione da parte degli stessi comuni,
volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze
nocive per l’ambiente derivanti dall’abbandono dei
mozziconi dei prodotti da fumo e dei rifiuti di
piccolissime dimensioni di cui all’art. 232-ter, nonche’
alla pulizia del sistema fognario urbano. Con provvedimento
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministero dell’interno e con
il Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono stabilite le modalita’
attuative del presente comma.”
Art. 41
Gestione del fine vita di pannelli fotovoltaici
1. All’articolo 40, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Limitatamente ai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, per uso domestico o professionale, al fine di una corretta gestione del loro fine vita, i sistemi individuali e collettivi di cui agli articoli 9 e 10, per ciascun nuovo modulo immesso sul mercato, adottano un sistema di garanzia finanziaria e un sistema di geolocalizzazione delle medesime tipologie di quelle richieste dal Gestore dei servizi energetici nel disciplinare tecnico adottato nel mese di dicembre 2012, recante “Definizione e verifica dei requisiti dei ‘Sistemi o Consorzi per il recupero e riciclo dei moduli fotovoltaici a fine vita’ in attuazione delle ‘Regole applicative per il riconoscimento delle tariffe incentivanti’ (DM 5 maggio 2011 e DM 5 luglio 2012)”».
Note all’art. 41:
Si riporta il testo dell’art. 40 del decreto
legislativo 14 marzo 2014, n. 49, recante “Attuazione della
direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature
elettriche ed elettroniche (RAEE)”, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 28 marzo 2014, n. 73, S.O., come
modificato dalla presente legge:
“Art. 40. Disposizioni transitorie e finali. – 1. Sino
all’approvazione da parte del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare degli statuti dei
sistemi collettivi gia’ esistenti ed operanti, tenuti
all’adeguamento ai sensi dell’art. 10, comma 6, i sistemi
collettivi continuano ad operare secondo le modalita’
previgenti.
2. Sino all’adozione del decreto ministeriale di cui
all’art. 25, comma 1, la garanzia puo’ assumere la forma
dell’adesione del produttore ad uno dei sistemi collettivi
esistenti.
3. Il finanziamento della gestione dei rifiuti
derivanti dai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato
prima dell’entrata in vigore del presente decreto
legislativo, avviene secondo le modalita’ definite agli
articoli 23, comma 1, e 24, comma 1, fatta salva la
ripartizione degli oneri che sia stata eventualmente gia’
definita in conformita’ alle disposizioni di cui all’art.
25, comma 10, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
Limitatamente ai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato
successivamente alla data di entrata in vigore della
presente disposizione, per uso domestico o professionale,
al fine di una corretta gestione del loro fine vita, i
sistemi individuali e collettivi di cui agli articoli 9 e
10, per ciascun nuovo modulo immesso sul mercato, adottano
un sistema di garanzia finanziaria e un sistema di
geo-localizzazione delle medesime tipologie di quelle
richieste dal Gestore dei servizi energetici nel
disciplinare tecnico adottato nel mese di dicembre 2012,
recante “Definizione e verifica dei requisiti dei ‘Sistemi
o Consorzi per il recupero e riciclo dei moduli
fotovoltaici a fine vita’ in attuazione delle ‘Regole
applicative per il riconoscimento delle tariffe
incentivanti’ (DM 5 maggio 2011 e DM 5 luglio 2012). Per la
gestione dei rifiuti prodotti dai pannelli fotovoltaici che
beneficiano dei meccanismi incentivanti di cui al decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successivi decreti
e delibere attuativi, al fine di garantire il finanziamento
delle operazioni di raccolta, trasporto, trattamento
adeguato, recupero e smaltimento ambientalmente compatibile
dei rifiuti prodotti da tali pannelli fotovoltaici, il
Gestore Servizi Energetici (GSE) trattiene dai meccanismi
incentivanti negli ultimi dieci anni di diritto
all’incentivo una quota finalizzata a garantire la
copertura dei costi di gestione dei predetti rifiuti. La
somma trattenuta, determinata sulla base dei costi medi di
adesione ai consorzi previsti dai decreti ministeriali 5
maggio 2011 e 5 luglio 2012, viene restituita al detentore,
laddove sia accertato l’avvenuto adempimento agli obblighi
previsti dal presente decreto, oppure qualora, a seguito di
fornitura di un nuovo pannello, la responsabilita’ ricada
sul produttore. In caso contrario il GSE provvede
direttamente, utilizzando gli importi trattenuti. Entro un
anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo, il GSE definisce il metodo di calcolo della
quota da trattenere e le relative modalita’ operative a
garanzia della totale gestione dei rifiuti da pannelli
fotovoltaici.
4. Le prescrizioni di cui all’art. 28 diventano
vincolanti per i produttori dopo 180 giorni dall’entrata in
vigore del presente decreto legislativo.
5. Le modalita’ di finanziamento previste agli articoli
23, comma 2, e 24, comma 2, anche ai fini di quanto
disposto dall’art. 38, comma 2, lettera b), e dall’art. 35,
comma 1, lettera e), si intendono riferite al termine
indicato nell’art. 20, comma 4 del decreto legislativo 25
luglio 2005, n. 151.
6. Nelle more dell’adozione del decreto di cui al comma
2 dell’art. 20, ai fini dell’applicazione delle procedure
semplificate di cui agli articoli 214 e 216 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per i RAEE gestiti
nell’ambito delle operazioni di recupero indicate
nell’Allegato 1, sub allegato 1 del decreto del Ministero
dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, con le tipologie n.
5.6, 5.7, 5.8, 5.9, 5.16, 5.19, 6.2, 7.20 e 13.20, la
comunicazione di inizio attivita’ contiene l’indicazione
delle misure adottate per garantire il trattamento adeguato
ai sensi dell’art. 18, nonche’ il rispetto delle
prescrizioni tecniche stabilite agli Allegati VII e VIII e
dei requisiti necessari a garantire il conseguimento degli
obiettivi di cui all’Allegato V.”
Art. 42
Modifica al comma 667 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013,
n. 147, in materia di tariffa del servizio di gestione dei rifiuti
urbani e assimilati
1. Al comma 667 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole da: «Con regolamento» fino a: «su proposta» sono sostituite dalle seguenti: «Al fine di dare attuazione al principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto».
Note all’art. 42:
Si riporta il testo del comma 667, dell’art. 1, della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante “Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge di stabilita’ 2014)”, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, S.O., come
modificata dalla presente legge:
“667. Al fine di dare attuazione al principio “chi
inquina paga”, sancito dall’art. 14 della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19
novembre 2008, entro un anno dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sentita la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
locali, sono stabiliti criteri per la realizzazione da
parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della
quantita’ di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di
sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di
correttivi ai criteri di ripartizione del costo del
servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di
tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale
dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti
urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse
dal diritto dell’Unione europea.”
Art. 43
Disposizioni per la piena attuazione delle direttive dell’Unione
europea in materia di rifiuti elettrici ed elettronici e di rifiuti
di pile e accumulatori
1. All’articolo 227 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, dopo le parole: «rifiuti elettrici ed elettronici,» sono inserite le seguenti: «rifiuti di pile e accumulatori,»;
b) al comma 1, dopo la lettera d) e’ aggiunta la seguente:
«d-bis) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva 2006/66/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 20 novembre 2008, n. 188».
2. I proventi derivanti dalle tariffe di cui all’articolo 41, comma 5, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con propri decreti, a trasferire ai soggetti competenti la quota dei proventi relativa alla copertura degli oneri derivanti dalle rispettive attivita’ di cui al comma 4 del medesimo articolo 41.
3. I proventi derivanti dalle tariffe di cui all’articolo 27, comma 5, del decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con propri decreti, a trasferire ai soggetti competenti la quota parte dei proventi relativi alla copertura degli oneri derivanti dalle rispettive attivita’ di cui al comma 4 del medesimo articolo 27.
4. Al decreto legislativo 14 marzo 2014, n.49, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 9, comma 3, l’ultimo periodo e’ sostituito dal seguente: «I sistemi devono dimostrare, ai fini del riconoscimento, di essere in possesso delle certificazioni ISO 9001 e 14001, oppure EMAS, o altro sistema equivalente di gestione della qualita’ sottoposto ad audit e che comprenda anche i processi di trattamento ed il monitoraggio interno all’azienda»;
b) all’articolo 10, comma 10, l’ultimo periodo e’ sostituito dal seguente: «I sistemi devono dimostrare di essere in possesso delle certificazioni ISO 9001 e 14001, oppure EMAS, o altro sistema equivalente di gestione della qualita’ sottoposto ad audit e che comprenda anche i processi di trattamento ed il monitoraggio interno all’azienda»;
c) all’articolo 18, comma 4, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nelle more dell’emanazione del decreto, continuano ad applicarsi gli accordi conclusi ai sensi dell’articolo 33, comma 5, lettera g),nei confronti dei soggetti che hanno aderito agli stessi»;
d) all’articolo 20, comma 1, dopo le parole: «essere autorizzate ai sensi dell’articolo 208» sono inserite le seguenti: «o dell’articolo 213»;
e) all’articolo 33, comma 5, lettera f), le parole: «di cui alla lettera d)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alla lettera e)»;
f) all’articolo 38, comma 1, le parole: «un’AEE» sono sostituite dalle seguenti: «un RAEE» e le parole: «per ciascuna apparecchiatura non ritirata o ritirata a titolo oneroso» sono sostituite dalle seguenti: «per ciascun RAEE non ritirato o ritirato a titolo oneroso»;
g) all’articolo 38, comma 3, dopo le parole: «In caso di mancata registrazione» sono inserite le seguenti: «ovvero qualora il Centro di coordinamento accerti il venir meno dei requisiti per l’iscrizione»;
h) all’allegato VIII, al punto 1.5.1, primo periodo, le parole: «nel rispetto dei requisiti indicati al» sono sostituite dalle seguenti: «fatti salvi i requisiti di cui al».
Note all’art. 43:
Si riporta il testo dell’art. 227 del citato decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 227 (Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti di
pile e accumulatori, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e
prodotti contenenti amianto). – 1. Restano ferme le
disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative
alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle
riguardanti:
a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva
2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e
relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005,
n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle
singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more
dell’entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad
applicarsi la disciplina di cui all’art. 44 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della
Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto
legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la
ripartizione degli oneri, a carico degli operatori
economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori
uso in conformita’ a quanto previsto dall’art. 5, comma 4,
della citata direttiva 2000/53/CE;
d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti
amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248;
d-bis) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva
2006/66/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 20
novembre 2008, n. 188.”
Si riporta il testo dell’art. 41 del decreto
legislativo 14 marzo 2014, n. 49, recante “Attuazione della
direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature
elettriche ed elettroniche (RAEE), pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 28 marzo 2014, n. 73 (S.O.):
“Art. 41 Disposizioni finanziarie. – 1. Dall’attuazione
del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
2. Le amministrazioni pubbliche competenti provvedono
agli adempimenti previsti dal presente decreto con le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
3. Gli oneri per lo svolgimento della visita preventiva
e delle ispezioni di cui all’art. 20, commi 3 e 4, nonche’
quelli derivanti dallo svolgimento delle prestazioni e dei
controlli effettuati da parte dei pubblici uffici
territoriali in applicazione del presente decreto sono
posti a carico dei soggetti destinatari di tali prestazioni
e controlli, sulla base del costo effettivo del servizio,
secondo tariffe da stabilirsi con disposizioni regionali.
4. Gli oneri relativi alle attivita’ di monitoraggio di
cui all’art. 14, comma 3, e 19, comma 9, nonche’ gli oneri
di funzionamento del Comitato di vigilanza e controllo, del
Comitato di indirizzo sulla gestione dei RAEE e di tenuta
del Registro nazionale di cui all’art. 29 sono a carico dei
produttori di AEE in base alle rispettive quote di mercato.
5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, sono stabilite le tariffe per la
copertura degli oneri di cui al comma 4, nonche’ le
relative modalita’ di versamento. Con disposizioni
regionali, sentiti gli enti locali interessati, sono
determinate le tariffe per la copertura degli oneri di cui
al comma 3, nonche’ le relative modalita’ di versamento.”
Si riporta il testo dell’art. 27 del decreto
legislativo 20 novembre 2008, n. 188, “Attuazione della
direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e
relativi rifiuti e che abroga la direttiva 91/157/CEE”,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 2008, n.
283, S.O.:
“Art. 27. Disposizioni finanziarie. – 1.
Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare
nuovi o maggiori oneri, ne’ minori entrate per la finanza
pubblica.
2. I soggetti pubblici competenti provvedono
all’attuazione del decreto con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente.
3. Gli oneri derivanti dalle ispezioni di cui all’art.
10, comma 5, sono posti a carico dei soggetti destinatari
di tali controlli, mediante tariffe e modalita’ di
versamento stabilite, sulla base del costo effettivo del
servizio, con disposizioni regionali. Dette tariffe sono
aggiornate almeno ogni due anni.
4. Gli oneri relativi all’istituzione ed al
funzionamento del Registro di cui agli articoli 14 e 15,
all’espletamento delle attivita’ del Comitato di vigilanza
e controllo di cui all’art. 19, ivi incluse le attivita’
ispettive, previste dal comma 6, lettera e), del medesimo
articolo, e delle attivita’ dell’ISPRA di cui di agli
articoli 8, comma 3, e 15, sono a carico dei produttori di
pile e accumulatori.
5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con i
Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo
economico, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le
tariffe per la copertura degli oneri di cui al comma 4,
nonche’ le relative modalita’ di versamento. Fino
all’adozione del predetto decreto, alla copertura degli
oneri di funzionamento del Comitato di cui all’art. 16 si
provvede in conformita’ al decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
adottato ai sensi dell’art. 19, comma 4, del decreto n. 151
del 2005.”
Si riporta il testo degli articoli 9, 10, 18, 20, 33,
38 e dell’Allegato VIII del citato decreto legislativo 14
marzo 2014, n. 49, come modificati dalla presente legge:
“Art. 9. I sistemi individuali. – 1. I produttori che
intendono adempiere ai propri obblighi in forma individuale
organizzano un sistema autosufficiente operante in modo
uniforme sull’intero territorio nazionale per la gestione
dei RAEE che derivano dal consumo delle proprie AEE e ne
chiedono il riconoscimento al Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare. L’istanza e’
corredata da un progetto descrittivo, idoneo a dimostrare
che il sistema:
a) e’ organizzato secondo criteri di efficienza,
efficacia, economicita’ e trasparenza;
b) e’ effettivamente in grado di operare su tutto il
territorio nazionale e di conseguire, nell’ambito delle
attivita’ svolte, gli obiettivi di recupero e riciclaggio
di cui all’Allegato V;
c) opera attraverso modalita’ di gestione idonee a
garantire che gli utilizzatori finali siano adeguatamente
informati sulle modalita’ di funzionamento del sistema e
sui metodi di raccolta dei RAEE.
2. Costituisce parte integrante del progetto di cui al
comma 1, un piano di raccolta, attestante che il sistema
proposto sia in grado di intercettare tutti i RAEE generati
dalle proprie AEE sull’intero territorio nazionale, secondo
una delle seguenti modalita’:
a) la predisposizione di un efficiente sistema di
restituzione dei RAEE generati dalle proprie AEE;
b) la stipula di apposite convenzioni con i soggetti
responsabili della raccolta sull’intero territorio
nazionale, da redigere al fine di assicurare che il
produttore contraente effettui il ritiro presso i centri di
raccolta ed altri luoghi di raggruppamento dei soli RAEE
derivanti dalle proprie AEE immesse sul mercato,
identificate tramite il marchio di cui all’art. 28 e
appositamente selezionate.
3. Il riconoscimento da parte del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
avviene entro 90 giorni dalla presentazione del progetto ed
e’ requisito essenziale per l’iscrizione al Registro
nazionale di cui all’art. 29 del presente decreto
legislativo. Qualora il riconoscimento di un sistema
individuale sia richiesto a seguito di recesso da un
sistema collettivo, tale recesso ha effetto solo dalla data
indicata nel provvedimento di riconoscimento del sistema. I
sistemi riconosciuti trasmettono annualmente al Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un
programma specifico di gestione dei propri RAEE relativo
all’anno solare successivo, copia del bilancio di esercizio
corredato da una relazione sulla gestione relativa all’anno
solare precedente con l’indicazione degli obiettivi
raggiunti. La revoca del riconoscimento disposta nel caso
in cui non siano raggiunti gli obiettivi di recupero
stabiliti nell’art. 19 determina la cancellazione
automatica dal Registro nazionale e l’applicazione della
sanzione di cui all’art. 38, comma 7, del presente decreto
legislativo. I sistemi devono dimostrare, ai fini del
riconoscimento, di essere in possesso delle certificazioni
ISO 9001 e 14001, oppure EMAS, o altro sistema equivalente
di gestione della qualita’ sottoposto ad audit e che
comprenda anche i processi di trattamento ed il
monitoraggio interno all’azienda.”
“Art. 10. I sistemi collettivi. – 1. I produttori che
non adempiono ai propri obblighi mediante un sistema
individuale devono aderire a un sistema collettivo. Possono
partecipare ai sistemi collettivi i distributori, i
raccoglitori, i trasportatori, i riciclatori e i
recuperatori, previo accordo con i produttori di AEE.
L’adesione ai sistemi collettivi e’ libera e parimenti non
puo’ essere ostacolata la fuoriuscita dei produttori da un
consorzio per l’adesione ad un altro, nel rispetto del
principio di libera concorrenza.
2. I sistemi collettivi sono organizzati in forma
consortile ai sensi degli articoli 2602 e seguenti del
codice civile in quanto applicabili e salvo quanto previsto
dal presente decreto legislativo.
3. I consorzi di cui al comma 2 hanno autonoma
personalita’ giuridica di diritto privato, non hanno fine
di lucro ed operano sotto la vigilanza del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e
del Ministero dello sviluppo economico, che entro 6 mesi
dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo
approvano lo statuto-tipo.
4. Ciascun sistema collettivo deve garantire il ritiro
di RAEE dai centri comunali di raccolta su tutto il
territorio nazionale secondo le indicazioni del Centro di
coordinamento. I contratti stipulati dai sistemi collettivi
inerenti la gestione dei RAEE sono stipulati in forma
scritta a pena di nullita’.
4-bis. Ciascun sistema collettivo deve, prima
dell’inizio dell’attivita’ o entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente disposizione in
caso di sistemi collettivi esistenti, dimostrare al
Comitato di vigilanza e controllo una capacita’ finanziaria
minima proporzionata alla quantita’ di RAEE da gestire.
5. I consorzi esistenti e quelli di nuova costituzione
conformano la loro attivita’ ai criteri direttivi dei
sistemi di gestione di cui all’art. 237 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e il loro statuto allo
statuto-tipo, secondo le modalita’ indicate ai commi 6, 7 e
8.
5-bis. Lo statuto-tipo assicura che i sistemi
collettivi siano dotati di adeguati organi di controllo,
quali il collegio sindacale, l’organismo di vigilanza ai
sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ed una
societa’ di revisione indipendente, al fine di verificare
periodicamente la regolarita’ contabile e fiscale.
6. I sistemi collettivi esistenti adeguano il proprio
statuto entro 90 giorni dall’approvazione dello
statuto-tipo e lo trasmettono entro 15 giorni al Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai
fini dell’approvazione.
7. I sistemi collettivi di nuova costituzione
trasmettono lo statuto al Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare entro 15 giorni
dall’adozione, ai fini dell’approvazione.
8. Lo statuto e’ approvato nei successivi 90 giorni
alla trasmissione, con decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare di concerto con il
Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate
osservazioni cui il consorzio e’ tenuto ad adeguarsi nei
successivi 60 giorni. L’approvazione dello statuto e’
condizione essenziale ai fini dell’iscrizione al Registro
nazionale.
9. I sistemi collettivi trasmettono annualmente al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare il piano di prevenzione e gestione relativo all’anno
solare successivo, inclusivo di un prospetto relativo alle
risorse economiche che verranno impiegate e di una copia
del bilancio di esercizio corredato da una relazione sulla
gestione relativa all’anno solare precedente con
l’indicazione degli obiettivi raggiunti. Ogni anno ciascun
sistema collettivo inoltra al Comitato di vigilanza e
controllo un’autocertificazione attestante la regolarita’
fiscale e contributiva. Il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e il Comitato di vigilanza
e controllo assicurano la trasparenza e la pubblicita’ dei
dati raccolti ai sensi del presente comma.
10. I sistemi collettivi sono tenuti a garantire
l’equilibrio della propria gestione finanziaria e gli
eventuali avanzi di gestione non concorrono alla formazione
del reddito e non possono essere divisi tra i consorziati.
I sistemi devono dimostrare di essere in possesso delle
certificazioni ISO 9001 e 14001, oppure EMAS, o altro
sistema equivalente di gestione della qualita’ sottoposto
ad audit e che comprenda anche i processi di trattamento ed
il monitoraggio interno all’azienda.
10-bis. Ciascun sistema collettivo deve rappresentare
una quota di mercato di AEE, immessa complessivamente sul
mercato nell’anno solare precedente dai produttori che lo
costituiscono, almeno superiore al 3 per cento, in almeno
un raggruppamento.
10-ter. I sistemi collettivi esistenti alla data di
entrata in vigore della presente disposizione si adeguano
alla disposizione di cui al comma 10-bis entro il 31
dicembre dell’anno solare successivo a quello
dell’approvazione dello statuto-tipo. Qualora un sistema
collettivo scenda, per la prima volta dopo la costituzione
dello stesso, sotto la quota di mercato di cui al comma
10-bis, lo comunica senza indugio al Comitato di vigilanza
e controllo, e puo’ proseguire le attivita’ di gestione dei
RAEE fino al 31 dicembre dell’anno solare successivo. Fermo
restando l’obbligo di comunicazione di cui al precedente
periodo, i successivi casi di mancato raggiungimento, da
parte del medesimo sistema collettivo, della quota di
mercato di cui al comma 10-bis, sono valutati dal Comitato
di vigilanza e controllo in conformita’ all’art. 35.”
“Art. 18. Trattamento adeguato. – 1. Tutti i RAEE
raccolti separatamente devono essere sottoposti ad un
trattamento adeguato.
2. Il trattamento adeguato e le operazioni di recupero
e di riciclaggio, salvo il caso di rifiuti avviati alla
preparazione per il riutilizzo, includono almeno
l’eliminazione di tutti i liquidi e un trattamento
selettivo effettuato in impianti conformi alle disposizioni
vigenti in materia, nonche’ ai requisiti tecnici e alle
modalita’ di gestione e di stoccaggio stabilite negli
Allegati VII e VIII. A tal fine i produttori istituiscono
sistemi per il trattamento adeguato dei RAEE, utilizzando
le migliori tecniche di trattamento, di recupero e di
riciclaggio disponibili.
3. Nel caso di RAEE contenenti sostanze lesive
dell’ozono alle operazioni di trattamento si applicano le
disposizioni del regolamento (CE) n. 1005/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009,
sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, nonche’ del
regolamento (CE) n. 842/2006, del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 17 maggio 2006, su taluni gas fluorurati ad
effetto serra.
4. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, avvalendosi del Centro di
Coordinamento e dell’ISPRA, determina con decreto i criteri
e le modalita’ tecniche di trattamento ulteriori rispetto a
quelli contenuti agli allegati VII e VIII, e le relative
modalita’ di verifica, in conformita’ alle norme minime di
qualita’ definite dalla Commissione europea ai sensi di
quanto disposto dall’art. 8, paragrafo 5, della direttiva
2012/19/UE, entro tre mesi dalla loro adozione. Nelle more
dell’emanazione del decreto, continuano ad applicarsi gli
accordi conclusi ai sensi dell’art. 33, comma 5, lettera
g), nei confronti dei soggetti che hanno aderito agli
stessi.
5. Entro tre mesi dall’adozione del decreto
ministeriale di cui al comma 4, i soggetti che effettuano
le operazioni di trattamento devono presentare istanza per
l’adeguamento dell’autorizzazione, ed entro i successivi
quattro mesi la Regione o la Provincia delegata rilasciano
il provvedimento. In ogni caso, fino all’adozione del
provvedimento da parte della Regione o della Provincia
delegata, i soggetti istanti possono proseguire
l’attivita’.
6. A seguito dell’adozione del decreto ministeriale di
cui al comma 4 ed in ragione di quanto nello stesso
disposto, il Centro di Coordinamento procede
all’adeguamento degli Accordi di programma stipulati ai
sensi dell’art. 33, comma 5, lettera g).
7. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, d’intesa con i Ministri
dello sviluppo economico, della salute e dell’economia e
delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data
dell’entrata in vigore del presente decreto, sono definite,
nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio previsti
per gli scopi di cui al presente articolo, misure per
incentivare l’introduzione volontaria, nelle imprese che
effettuano le operazioni di trattamento dei RAEE, dei
sistemi certificati di gestione ambientale disciplinati dal
regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria
delle organizzazioni a un sistema comunitario di
ecogestione e audit (EMAS).”
“Art. 20. Autorizzazioni. – 1. Gli impianti o le
imprese che effettuano operazioni di trattamento di RAEE
devono essere autorizzate ai sensi dell’art. 208 o
dell’art. 213 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152. L’autorizzazione garantisce l’utilizzo delle migliori
tecniche di trattamento adeguato, di recupero e di
riciclaggio disponibili e stabilisce le condizioni
necessarie per garantire osservanza dei requisiti previsti
all’art. 18 per il trattamento adeguato e per il
conseguimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero di
cui all’Allegato V.
2. Con decreto adottato ai sensi dell’art. 214 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono
disciplinate le operazioni di recupero dei RAEE non
pericolosi, sottoposte alle procedure semplificate ai sensi
dell’art. 216 di detto decreto legislativo.
3. La visita preventiva di cui al primo comma dell’art.
216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, deve
verificare anche la conformita’ delle attivita’ di recupero
alle prescrizioni tecniche stabilite dagli Allegati VII e
VIII ed alle prescrizioni tecniche ed alle misure di
sicurezza previste dalle disposizioni adottate in
attuazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
4. Per gli impianti autorizzati secondo procedura
ordinaria, l’ispezione da parte degli organi competenti e’
effettuata, dopo l’inizio dell’attivita’, almeno una volta
all’anno. Per gli impianti autorizzati mediante le
procedure di cui all’art. 216 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, le Province competenti trasmettono,
secondo modalita’ dalle stesse definite e, comunque, almeno
una volta l’anno, i risultati delle ispezioni svolte ai
sensi del presente articolo all’ISPRA, che li elabora e li
trasmette al Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare per la successiva comunicazione alla
Commissione europea.”
“Art. 33. Centro di coordinamento. – 1. Il Centro di
coordinamento, istituito e disciplinato ai sensi degli
articoli 9, commi 1 e 3, 11 e 12 del regolamento 25
settembre 2007, n. 185, ha la forma del consorzio con
personalita’ giuridica di diritto privato ed e’
disciplinato ai sensi dell’art. 2602 e seguenti del codice
civile in quanto applicabili e salvo quanto previsto nel
presente decreto legislativo. Il consorzio e’ composto da
tutti i sistemi collettivi di gestione dei RAEE provenienti
dai nuclei domestici, che vi aderiscono entro 30 giorni
dalla loro costituzione, e da due componenti nominati
rispettivamente dal Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e dal Ministero dello sviluppo
economico.
2. Entro sei mesi dalla data dell’entrata in vigore del
presente decreto, il Centro di coordinamento predispone
apposito elenco, in cui i titolari degli impianti di
trattamento dei RAEE sono tenuti ad iscriversi mediante
semplice comunicazione e senza ulteriori oneri, ed a
comunicare annualmente le quantita’ di RAEE trattate entro
il 30 aprile di ogni anno.
3. Al Centro di coordinamento possono altresi’
partecipare i sistemi individuali di gestione dei RAEE
domestici, nonche’ i sistemi individuali e collettivi di
gestione dei RAEE professionali.
4. Il Centro di Coordinamento adegua lo statuto alle
disposizioni del presente decreto legislativo entro 90
giorni dall’entrata in vigore. Lo statuto e le successive
modifiche sono approvate con decreto del Ministro
dell’ambiente della tutela del territorio e del mare di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il
Ministro dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni
dalla presentazione.
5. Il Centro di coordinamento ottimizza, uniformando le
relative modalita’ e condizioni, la raccolta, il ritiro e
la gestione dei RAEE in modo omogeneo su tutto il
territorio nazionale da parte dei sistemi collettivi per il
conferimento agli impianti di trattamento. In particolare
il Centro di coordinamento ha il compito di:
a) garantire il ritiro dei RAEE conferiti ai centri di
raccolta comunali in modo omogeneo su tutto il territorio
nazionale da parte di ogni sistema collettivo, nel rispetto
del principio di concorrenza e non discriminazione, al fine
di incrementare la raccolta dei RAEE da parte dei Comuni e
di conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata,
riciclaggio, recupero stabiliti dal presente decreto
legislativo;
b) collaborare alla definizione della metodologia di
cui al decreto ministeriale dell’art. 18, comma 4;
c) supportare il Comitato di vigilanza nella
definizione criteri oggettivi di quantificazione delle
quote di mercato, promuovendo a tal fine studi da parte di
istituti scientifici e di ricerca;
d) assicurare risposte tempestive alle richieste di
ritiro da parte dei centri di raccolta, utilizzando a tal
fine metodologie telematiche;
e) raccogliere e rendicontare i dati relativi alla
raccolta e al trattamento sulla base delle informazioni
acquisite ai sensi dell’art. 34;
f) trasmettere annualmente all’ISPRA le informazioni di
cui alla lettera e) ai fini della predisposizione della
relazione di cui all’art. 31, comma 1;
g) stipulare specifici accordi con le associazioni di
categoria dei soggetti recuperatori, sentito il Comitato di
indirizzo, al fine di assicurare adeguati ed omogenei
livelli di trattamento e qualificazione delle aziende di
settore;
h) assicurare il monitoraggio dei flussi di RAEE
distinti per categoria di cui agli Allegati I e III del
presente decreto legislativo smistati ai sistemi collettivi
sulla base di modalita’ da definire d’intesa con l’ISPRA e
il Comitato di vigilanza e controllo;
i) predisporre per ciascun raggruppamento di RAEE un
programma annuale di prevenzione e attivita’ da trasmettere
al Comitato di vigilanza e controllo. Tale programma deve
contenere indicazioni specifiche anche con riguardo agli
obiettivi di recupero dei RAEE stabilite per ogni
categoria;
l) coordinare e garantire il corretto trasferimento
delle informazioni di cui all’art. 27 fornite dai
produttori agli impianti di preparazione per il riutilizzo,
trattamento e riciclaggio attraverso strumenti elettronici,
mediante la predisposizione di un’apposita banca dati.
6. Il Centro di coordinamento puo’ svolgere i propri
compiti anche mediante il ricorso a societa’ di servizi ed
altri soggetti esterni purche’ venga garantita la
riservatezza dei dati trattati.”
“Art. 38. Sanzioni. – 1. Il distributore che,
nell’ipotesi di cui all’art. 11, commi 1 e 3, indebitamente
non ritira, a titolo gratuito, un RAEE e’ soggetto, ove il
fatto non costituisca reato, alla sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 150 ad euro 400, per ciascun RAEE non
ritirato o ritirato a titolo oneroso.
2. Salvo che il fatto non costituisca reato, il
produttore:
a) che non provvede ad organizzare il sistema di
raccolta separata dei RAEE professionali di cui all’art.
13, ed i sistemi di ritiro ed invio, di trattamento e di
recupero dei RAEE di cui agli articoli 18, comma 2, e 19,
comma 1, ed a finanziare le relative operazioni, nelle
ipotesi e secondo le modalita’ di cui agli articoli 23 e
24, fatti salvi, per tali ultime operazioni, gli accordi
eventualmente conclusi ai sensi dell’art. 24, comma 3, e’
soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro
30.000 ad euro 100.000;
b) che, nel momento in cui immette una apparecchiatura
elettrica od elettronica sul mercato, non provvede a
costituire la garanzia finanziaria di cui all’art. 25, e’
soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro
200 ad euro 1.000 per ciascuna apparecchiatura immessa sul
mercato; resta ferma la sanzionabilita’ delle identiche
condotte commesse dopo il 10 luglio 2010;
c) che non fornisce, nelle istruzioni per l’uso di AEE,
le informazioni di cui all’art. 26, e’ soggetto alla
sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro
5.000;
d) che, entro un anno dalla immissione sul mercato di
ogni tipo di nuova AEE, non mette a disposizione degli
impianti di trattamento le informazioni di cui all’art. 27,
e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro
5.000 ad euro 30.000;
e) che, dopo il termine di cui all’art. 40, comma 4,
immette sul mercato AEE prive del marchio di cui all’art.
28, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 200 ad euro 1.000 per ciascuna apparecchiatura immessa
sul mercato;
f) che, immette sul mercato AEE prive del simbolo di
cui all’art. 28, comma 5, e’ soggetto alla sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 100 ad euro 500 per
ciascuna apparecchiatura immessa sul mercato; resta ferma
la sanzionabilita’ delle identiche condotte commesse dopo
il 31 dicembre 2010;
g) che, senza avere provveduto all’iscrizione presso la
Camera di Commercio ai sensi dell’art. 29, comma 8, immette
sul mercato AEE, e’ soggetto alla sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 30.000 ad euro 100.000;
h) che, entro il termine stabilito dall’art. 29, comma
2, non effettua l’iscrizione al Registro nazionale o non
effettua le comunicazioni delle informazioni ivi previste,
ovvero le comunica in modo incompleto o inesatto, e’
soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro
2.000 ad euro 20.000.
3. La mancata iscrizione degli impianti di trattamento
al registro predisposto dal Centro di Coordinamento ai
sensi dell’art. 33, comma 2, comporta l’applicazione della
sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro
20.000. In caso di mancata registrazione ovvero qualora il
Centro di coordinamento accerti il venir meno dei requisiti
per l’iscrizione, l’autorita’ diffida a provvedere entro e
non oltre 30 giorni, decorsi inutilmente i quali
l’autorizzazione e’ revocata.
4. La violazione dell’obbligo di comunicazione di cui
all’art. 33, comma 2, comporta l’applicazione della
sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro
20.000. L’inesatta o incompleta comunicazione dei medesimi
dati comporta l’applicazione delle suddette sanzioni
amministrative ridotte alla meta’. La violazione
dell’obbligo di comunicazione delle informazioni da parte
dei sistemi individuali e collettivi per due anni, anche
non consecutivi, in un triennio comporta la cancellazione
d’ufficio dal Registro nazionale di cui all’art. 29. Le
persone fisiche e giuridiche cancellate per la violazione
dell’obbligo di comunicazione non possono essere iscritte
al Registro nazionale di cui all’art. 29 per i due anni
successivi.
5. Il mancato adempimento all’obbligo di cui all’art.
30, comma 2, comporta l’irrogazione della sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 200 ad euro 1.000 per
ciascuna apparecchiatura immessa sul mercato estero.
6. Nelle ipotesi di cui all’art. 21, qualora la
spedizione di AEE usate sospettate di essere RAEE avvenga
in difformita’ dalle prescrizioni di cui all’Allegato VI,
si applicano le sanzioni di cui agli articoli 259 e 260 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
7.Per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni
previste dal presente decreto legislativo, nonche’ per la
destinazione dei proventi delle stesse si applicano le
disposizioni degli articoli 262 e 263 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152.”
“Allegato VIII – Requisiti tecnici degli impianti di
trattamento di cui all’art. 18, comma 2 del presente
decreto:
1.1 Gli impianti di trattamento disciplinati dal
presente decreto non sono caratterizzati da impatti
ambientali superiori a quelli di un qualsiasi impianti
industriale e non comportano, quindi, particolari
precauzioni dovute alla natura dei materiali trattati.
1.2 L’impianto di trattamento deve essere delimitato da
idonea recinzione lungo tutto il suo perimetro. La barriera
esterna di protezione deve essere realizzata con siepi,
alberature e schermi mobili, atti a minimizzare l’impatto
visivo dell’impianto. Deve essere garantita la manutenzione
nel tempo di detta barriera di protezione ambientale.
L’impianto deve essere opportunamente attrezzato per:
a) trattare lo specifico flusso di apparecchiature
dimesse;
b) identificare e gestire le componenti pericolose che
devono essere rimosse preventivamente ala fase di
trattamento.
1.3 Deve essere garantita la presenza di personale
qualificato ed adeguatamente addestrato per gestire gli
specifici rifiuti, evitando rilasci nell’ambiente, ed in
grado di adottare tempestivamente procedure di emergenza in
caso di incidenti, sulla base della vigente normativa in
tema di sicurezza sul lavoro.
1.4 A chiusura dell’impianti deve essere previsto un
piano di ripristino al fine di garantire la fruibilita’ del
sito in coerenza con la destinazione urbanistica dell’area.
1.5 Organizzazione e dotazioni dell’impianto di
trattamento.
1.5.1 L’impianto deve essere dotato di aree adibite
allo stoccaggio temporaneo dei RAEE, realizzate fatti salvi
i requisiti di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003,
n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa
alle discariche di rifiuti. Nell’impianto devono essere
distinte le aree di stoccaggio dei rifiuti in ingresso da
quelle utilizzate per lo stoccaggio dei rifiuti in uscita e
dei materiali da avviare a recupero. L’impianto deve essere
organizzato nei seguenti specifici settori corrispondenti,
per quanto applicabile, alle rispettive fasi di
trattamento:
a) settore di conferimento e stoccaggio dei RAEE
dismessi;
b) settore di messa in sicurezza;
c) settore di smontaggio dei pezzi riutilizzabili;
d) settore di frantumazione delle carcasse;
e) settore di stoccaggio delle componenti
ambientalmente critiche;
f) settore di stoccaggio dei componenti e dei materiali
recuperabili;
g) settore di stoccaggio dei rifiuti non recuperabili
risultanti dalle operazioni di trattamento da destinarsi
allo smaltimento
1.5.2 L’impianto per lo stoccaggio ed il trattamento
deve essere dotato di:
a) bilance per misurare il peso dei rifiuti trattati;
b) adeguato sistema di canalizzazione a difesa delle
acque meteoriche esterne;
c) adeguato sistema di raccolta ed allontanamento delle
acque meteoriche con separatore delle acque di prima
pioggia, da avviare all’impianto di trattamento;
d) adeguato sistema di raccolta dei reflui; n caso di
stoccaggio di rifiuti che contengono sostanze oleose, deve
essere garantita la presenza di decantatori e di
detersivi-sgrassanti;
e) superfici resistenti all’attacco chimico dei
rifiuti;
f) copertura resistente alle intemperie per le aree di
conferimento, di messa in sicurezza, di stoccaggio delle
componenti ambientalmente critiche e dei pezzi smontati e
dei materiali destinati al recupero.
g) container adeguati per lo stoccaggio di pile ,
condensatori contenenti PCB/PCT e altri rifiuti pericolosi
come rifiuti radioattivi
1.5.3. I settori di conferimento e di stoccaggio dei
RAEE dismessi, di messa in sicurezza e di stoccaggio delle
componenti ambientalmente critiche devono essere provvisti
di superfici impermeabili con una pendenza tale da
convogliare gli eventuali liquidi in apposite canalette e
in pozzetti di raccolta.
1.5.4 L’area di conferimento deve avere dimensioni tali
da consentire un’agevole movimentazione dei mezzi e delle
attrezzature in ingresso e in uscita.
1.5.5 Gli impianti di trattamento di apparecchiature
contenenti sostanze lesive dell’ozono stratosferico devono
rispettare i requisiti previsti dalle disposizioni di
attuazione dell’art. 5 della legge 28 dicembre 1993, n.
549, recante misure a tutela dell’ozono stratosferico.”
Art. 44
Semplificazione in materia di emanazione di ordinanze contingibili e
urgenti e poteri sostitutivi nel settore dei rifiuti
1. All’articolo 191, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,dopo le parole: «anche in deroga alle disposizioni vigenti» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto, comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione europea».
2. All’articolo 191, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «un congruo termine» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni».
Note all’art. 44:
Si riporta il testo dell’art. 191 del citato decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 191. Ordinanze contingibili e urgenti e poteri
sostitutivi. – 1. Ferme restando le disposizioni vigenti in
materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica
sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni
sul potere di ordinanza di cui all’art. 5 della legge 24
febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale
della protezione civile, qualora si verifichino situazioni
di eccezionale ed urgente necessita’ di tutela della salute
pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti
provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il
Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono
emettere, nell’ambito delle rispettive competenze,
ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso
temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche
in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto,
comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive
dell’Unione europea garantendo un elevato livello di tutela
della salute e dell’ambiente. Dette ordinanze sono
comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, al
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attivita’
produttive, al Presidente della regione e all’autorita’
d’ambito di cui all’art. 201 entro tre giorni
dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non
superiore a sei mesi.
2. Entro centoventi giorni dall’adozione delle
ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta
regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per
garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il
riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di
inutile decorso del termine e di accertata inattivita’, il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare diffida il Presidente della Giunta regionale a
provvedere entro sessanta giorni e, in caso di protrazione
dell’inerzia, puo’ adottare in via sostitutiva tutte le
iniziative necessarie ai predetti fini.
3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a
cui si intende derogare e sono adottate su parere degli
organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono
con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.
4. Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere
reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni
speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano
comprovate necessita’, il Presidente della regione d’intesa
con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare puo’ adottare, dettando specifiche prescrizioni,
le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti
termini.
5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il
ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti
pericolosi sono comunicate dal Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare alla Commissione
dell’Unione europea.”
Art. 45
Misure per incrementare la raccolta differenziata
e ridurre la quantita’ dei rifiuti non riciclati
1. Le regioni possono promuovere misure economiche di incentivo, da corrispondere con modalita’ automatiche e progressive, per i comuni che attuano misure di prevenzione della produzione dei rifiuti in applicazione dei principi e delle misure previsti dal programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, adottato ai sensi dell’articolo 180, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e dai rispettivi programmi regionali ovvero riducono i rifiuti residuali e gli scarti del trattamento di selezione delle raccolte differenziate da avviare a smaltimento. Gli incentivi di cui al presente comma si applicano tramite modulazione della tariffa del servizio di igiene urbana.
2. Le regioni, sulla base delle misure previste dal programma nazionale di cui al comma 1, adottano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, propri programmi regionali di prevenzione della produzione dei rifiuti o verificano la coerenza dei programmi gia’ approvati.
3. Le regioni, anche in collaborazione con gli enti locali, le associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n.349, e successive modificazioni, quelle di volontariato, i comitati e le scuole locali attivi nell’educazione ambientale nonche’ nella riduzione e riciclo dei rifiuti, possono promuovere campagne di sensibilizzazione finalizzate alla riduzione, al riutilizzo e al massimo riciclo dei rifiuti. Per favorire la riduzione della produzione, il riutilizzo ed il recupero dei rifiuti urbani, la regione puo’ affidare ad universita’ e ad istituti scientifici, mediante apposite convenzioni, studi e ricerche di supporto all’attivita’ degli enti locali.
Note all’art. 45:
Si riporta il testo dell’art. 180, comma 1-bis del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:
“Art. 180. Prevenzione della produzione di rifiuti. –
1-bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare adotta entro il 31 dicembre 2012, a
norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma
nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni
affinche’ tale programma sia integrato nei piani di
gestione dei rifiuti di cui all’art. 199. In caso di
integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente
identificate le misure di prevenzione dei rifiuti. Entro il
31 dicembre di ogni anno, a decorrere dal 2013, il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare presenta alle Camere una relazione recante
l’aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei
rifiuti e contenente anche l’indicazione dei risultati
raggiunti e delle eventuali criticita’ registrate nel
perseguimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti.”
Si riporta il testo dell’art. 13 della legge 8 luglio
1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’ambiente e
norme in materia di danno ambientale):
“Art. 13. – 1. Le associazioni di protezione ambientale
a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque
regioni sono individuate con decreto del Ministro
dell’ambiente sulla base delle finalita’ programmatiche e
dell’ordinamento interno democratico previsti dallo
statuto, nonche’ della continuita’ dell’azione e della sua
rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale
per l’ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla
richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia
stato espresso, il Ministro dell’ambiente decide.
2. Il Ministro, al solo fine di ottenere, per la prima
composizione del Consiglio nazionale per l’ambiente, le
terne di cui al precedente art. 12, comma 1, lettera c),
effettua, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della
presente legge, una prima individuazione delle associazioni
a carattere nazionale e di quelle presenti in almeno cinque
regioni, secondo i criteri di cui al precedente comma 1, e
ne informa il Parlamento.”
Art. 46
Disposizione in materia di rifiuti
non ammessi in discarica
1. All’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, la lettera p) e’ abrogata.
Note all’art. 46:
Si riporta il testo dell’art. 6 del decreto legislativo
13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva
1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2003, n. 59, S.O.,
come modificato dalla presente legge:
“Art. 6. Rifiuti non ammessi in discarica. – 1. Non
sono ammessi in discarica i seguenti rifiuti:
a) rifiuti allo stato liquido;
b) rifiuti classificati come Esplosivi (H1), Comburenti
(H2) e Infiammabili (H3-A e H3-B), ai sensi dell’allegato I
al decreto legislativo n. 22 del 1997;
c) rifiuti che contengono una o piu’ sostanze corrosive
classificate come R35 in concentrazione totale ≥ 1%;
d) rifiuti che contengono una o piu’ sostanze corrosive
classificate come R34 in concentrazione totale >5%;
e) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo –
Categoria di rischio H9 ai sensi dell’allegato al decreto
legislativo n. 22 del 1997 ed ai sensi del D.M. 26 giugno
2000, n. 219 del Ministro dell’ambiente;
f) rifiuti che rientrano nella categoria 14
dell’allegato G1 al decreto legislativo n. 22 del 1997;
g) rifiuti della produzione di principi attivi per
biocidi, come definiti ai sensi del decreto legislativo 25
febbraio 2000, n. 174, e per prodotti fitosanitari come
definiti dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194;
h) materiale specifico a rischio di cui al D.M. 29
settembre 2000 del Ministro della sanita’, e successive
modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 263
del 10 novembre 2000, e materiali ad alto rischio
disciplinati dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n.
508, comprese le proteine animali e i grassi fusi da essi
derivati;
i) rifiuti che contengono o sono contaminati da PCB
come definiti dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n.
209; in quantita’ superiore a 50 ppm;
l) rifiuti che contengono o sono contaminati da
diossine e furani in quantita’ superiore a 10 ppb;
m) rifiuti che contengono fluidi refrigeranti
costituiti da CFC e HCFC, o rifiuti contaminati da CFC e
HCFC in quantita’ superiore al 0,5% in peso riferito al
materiale di supporto;
n) rifiuti che contengono sostanze chimiche non
identificate o nuove provenienti da attivita’ di ricerca,
di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull’uomo e
sull’ambiente non siano noti;
o) pneumatici interi fuori uso a partire dal 16 luglio
2003, esclusi i pneumatici usati come materiale di
ingegneria ed i pneumatici fuori uso triturati a partire da
tre anni da tale data, esclusi in entrambi i casi quelli
per biciclette e quelli con un diametro esterno superiore a
1400 mm;
p) (abrogata)
2. E’ vietato diluire o miscelare rifiuti al solo fine
di renderli conformi ai criteri di ammissibilita’ di cui
all’art. 7.”
Art. 47
Aggiornamento degli obiettivi di riduzione
dei rifiuti in discarica
1. L’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 5 (Obiettivi di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica). – 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ciascuna regione elabora ed approva un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica ad integrazione del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, allo scopo di raggiungere a livello di ambito territoriale ottimale, oppure, ove questo non sia stato istituito, a livello provinciale, i seguenti obiettivi:
a) entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;
b) entro otto anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;
c) entro quindici anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.
2. Il programma di cui al comma 1 prevede in via prioritaria la prevenzione dei rifiuti e, in subordine, il trattamento dei medesimi conformemente alla gerarchia fissata dalla normativa europea.
3. Le regioni soggette a fluttuazioni stagionali del numero degli abitanti superiori al 10 per cento devono calcolare la popolazione cui riferire gli obiettivi del programma di cui al comma 1 sulla base delle effettive presenze all’interno del territorio al momento del maggiore afflusso.
4. I programmi e i relativi stati annuali di attuazione sono trasmessi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che provvede a darne comunicazione alla Commissione europea».
Art. 48
Rifiuti ammessi in discarica
1. All’articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale individua, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i criteri tecnici da applicare per stabilire quando il trattamento non e’ necessario ai predetti fini».
Note all’art. 48:
Si riporta il testo dell’art. 7 del decreto legislativo
13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva
1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2003, n. 59, S.O.,
come modificato dalla presente legge:
“Art. 7. Rifiuti ammessi in discarica. – 1. I rifiuti
possono essere collocati in discarica solo dopo
trattamento. Tale disposizione non si applica:
a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia
tecnicamente fattibile;
b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al
raggiungimento delle finalita’ di cui all’art. 1, riducendo
la quantita’ dei rifiuti o i rischi per la salute umana e
l’ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del
rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale individua, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione, i criteri
tecnici da applicare per stabilire quando il trattamento
non e’ necessario ai predetti fini.
2. Nelle discariche per rifiuti inerti possono essere
ammessi esclusivamente i rifiuti inerti che soddisfano i
criteri della normativa vigente.
3. Nelle discariche per i rifiuti non pericolosi
possono essere ammessi i seguenti rifiuti:
a) rifiuti urbani;
b) rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine
che soddisfano i criteri di ammissione dei rifiuti previsti
dalla normativa vigente;
c) rifiuti pericolosi stabili e non reattivi che
soddisfano i criteri di ammissione previsti dal decreto di
cui al comma 5.
4. Nelle discariche per rifiuti pericolosi possono
essere ammessi solo rifiuti pericolosi che soddisfano i
criteri fissati dalla normativa vigente.
5. I criteri di ammissione in discarica sono definiti
con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con i Ministri delle attivita’
produttive e della salute, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome.”
Art. 49
Miscelazione dei rifiuti
1. All’articolo 187 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
«3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge».
Note all’art. 49:
Si riporta il nuovo testo dell’art. 187 del citato
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato
dalla presente legge:
“Art. 187. Divieto di miscelazione di rifiuti
pericolosi. – 1. E’ vietato miscelare rifiuti pericolosi
aventi differenti caratteristiche di pericolosita’ ovvero
rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La
miscelazione comprende la diluizione di sostanze
pericolose.
2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti
pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di
pericolosita’, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o
materiali, puo’ essere autorizzata ai sensi degli articoli
208, 209 e 211 a condizione che:
a) siano rispettate le condizioni di cui all’art. 177,
comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti
sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un
ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai
sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle
migliori tecniche disponibili di cui all’ art. 183, comma
1, lettera nn).
2-bis. Gli effetti delle autorizzazioni in essere
relative all’esercizio degli impianti di recupero o di
smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di
rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente articolo
e dell’allegato G alla parte quarta del presente decreto,
nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del
decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in
vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime.
3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche
ed in particolare di quelle di cui all’art. 256, comma 5,
chiunque viola il divieto di cui al comma 1 e’ tenuto a
procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti
miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente
possibile e nel rispetto di quanto previsto dall’ art. 177,
comma 4.
3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente
articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se
effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli
arti-coli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a
prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a
quelle previste per legge.”
Art. 50
Utilizzo dei solfati di calcio nell’attivita’
di recupero ambientale
1. All’articolo 298-bis di cui alla parte quinta-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 6 sono aggiunti i seguenti:
«6-bis. Fatto salvo quanto disposto dal decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l’autorita’ competente, in sede di valutazione di compatibilita’ ambientale, puo’ non applicare i valori di concentrazione soglia di contaminazione, indicati nella tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, agli analiti presenti nei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, utilizzati nell’attivita’ di recupero ambientale, qualora sia dimostrata, secondo le metodiche previste dal citato decreto ministeriale, l’assenza di cedibilita’ dei suddetti analiti.
6-ter. Fatto salvo l’obbligo di sottoporre i solfati di calcio destinati all’attivita’ di recupero ambientale a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all’allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l’autorita’ competente, nell’autorizzare l’utilizzo dei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, nell’attivita’ di recupero ambientale, puo’ derogare, sulla base delle caratteristiche del sito, alle concentrazioni limite di cloruri di cui al citato allegato 3, qualora tale deroga non costituisca un pericolo per la salute dell’uomo e non rechi pregiudizio all’ambiente».
2. Alla rubrica dell’articolo 298-bis di cui alla parte quinta-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo, nonche’ alla rubrica del titolo I della citata parte quinta-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e solfati di calcio».
Note all’art. 50:
Si riporta il testo dell’art. 298-bis del citato
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato
dalla presente legge:
“Art. 298-bis. Disposizioni particolari per
installazioni e stabilimenti che producono biossido di
titanio e solfati di calcio. – 1. Sono vietati, con
riferimento alle sostanze relative ai processi di
produzione di biossido di titanio, l’immersione,
l’iniezione e lo scarico in qualsiasi corpo d’acqua e nel
mare dei seguenti rifiuti:
a) rifiuti solidi, in particolare i residui insolubili
del minerale che non vengono attaccati dall’acido solforico
o dal cloro nel procedimento di fabbricazione; il vetriolo
verde, ossia il solfato ferroso cristallizzato (FeSO4H2O; i
cloruri metallici e idrossidi metallici (stanze di
filtrazione) provenienti in forma solida dalla
fabbricazione del tetracloruro di titanio; i residui di
coke provenienti dalla fabbricazione del tetracloruro di
titanio;
b) le acque madri provenienti dalla fase di filtrazione
successiva all’idrolisi della soluzione di solfato di 1
titanio e da installazioni che utilizzano il procedimento
al solfato; sono compresi i rifiuti acidi associati a tali
acque madri, contenenti complessivamente piu’ dello 0,5 per
cento di acido solforico libero nonche’ vari metalli
pesanti; sono e comprese le acque madri che sono state
diluite fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido
solforico libero;
c) i rifiuti provenienti da installazioni che
utilizzano il procedimento con cloruro, contenenti piu’
dello 0,5 per cento di acido cloridrico, nonche’ vari
metalli pesanti; sono compresi i rifiuti acidi che sono
stati diluiti fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di
acido cloridrico libero;
d) i sali di filtrazione, i fanghi ed i rifiuti liquidi
ottenuti dal trattamento (concentrazione o
neutralizzazione) dei rifiuti di cui alle lettere b) e c) e
contenenti vari metalli pesanti; sono esclusi i rifiuti
neutralizzati e filtrati o decantati che contengono metalli
pesanti solo in tracce e che, prima di qualsiasi
diluizione, hanno un valore di pH superiore a 5,5.
2. Per le installazioni e gli stabilimenti che
producono biossido di titanio, le emissioni nelle acque e
nell’atmosfera devono rispettare i valori limite di
emissione previsti all’Allegato I, parti 1 e 2, alla Parte
Quinta-bis. Le autorizzazioni prevedono inoltre opportune
misure per prevenire l’emissione di aerosol acidi dalle
installazioni.
3. Le autorita’ competenti per il controllo possono
effettuare ispezioni e prelievi di campioni 3.relativamente
alla emissioni nelle acque, alle emissioni nell’atmosfera,
agli stoccaggi ed alle lavorazioni presso le installazioni
e gli stabilimenti che producono biossido di titanio. Tale
controllo comprende almeno il controllo delle emissioni di
cui all’Allegato I, Parte 3.3, alla Parte Quinta-bis. Il
controllo e’ effettuato conformemente alle norme CEN
oppure, se non sono disponibili norme CEN, conformemente a
norme ISO, nazionali o internazionali che assicurino dati
equivalenti sotto il profilo della qualita’ scientifica.
4. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare integra la relazione di cui all’art.
29-terdecies, comma 2, con i dati relativi all’attuazione
del presente articolo, secondo le modalita’ fissate dalla
normativa comunitaria e sulla base di rapporti di cui al
comma 5 che le regioni e le province autonome forniscono
entro il 30 aprile di ogni anno.
5. Il rapporto di cui al comma 4, elaborato sulla base
dei controlli di cui al comma 3 e dei dati di cui al comma
6, deve contenere almeno, con riferimento a ciascuna
risorsa ambientale interessata, le seguenti informazioni:
a) una descrizione del luogo di campionamento e delle
sue caratteristiche permanenti, unitamente ad altre notizie
di tipo amministrativo e geografico;
b) l’indicazione dei metodi di campionamento e analisi
usati;
c) i risultati delle analisi;
d) le modifiche apportate alla frequenza di
campionamento e di analisi ed al luogo di campionamento.
6. I gestori delle installazioni e degli stabilimenti
che producono biossido di titanio trasmettono alle regioni
e alla province autonome, entro il 31 marzo di ogni anno,
una relazione contenente i dati necessari per il rapporto
di cui al comma 5 con riferimento alle emissioni, agli
stoccaggi e alle lavorazioni di cui al comma 3, indicando
anche la tipologia e sui quantitativi di rifiuti prodotti
e/o scaricati o stoccati nell’anno civile precedente.
6-bis. Fatto salvo quanto disposto dal decreto del
Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel
supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88
del 16 aprile 1998, l’autorita’ competente, in sede di
valutazione di compatibilita’ ambientale, puo’ non
applicare i valori di concentrazione soglia di
contaminazione, indicati nella tabella 1 dell’allegato 5 al
titolo V della parte quarta del presente decreto, agli
analiti presenti nei solfati di calcio, ottenuti da
neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose
generati da lavorazioni industriali, utilizzati
nell’attivita’ di recupero ambientale, qualora sia
dimostrata, secondo le metodiche previste dal citato
decreto ministeriale, l’assenza di cedibilita’ dei suddetti
analiti.
6-ter. Fatto salvo l’obbligo di sottoporre i solfati di
calcio destinati all’attivita’ di recupero ambientale a
test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui
all’allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente 5
febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72
alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998,
l’autorita’ competente, nell’autorizzare l’utilizzo dei
solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti
acide liquide o gassose generati da lavora-zioni
industriali, nell’attivita’ di recupero ambientale, puo’
derogare, sulla base delle caratteristiche del sito, alle
concentrazioni limite di cloruri di cui al citato allegato
3, qualora tale deroga non costituisca un pericolo per la
salute dell’uomo e non rechi pregiudizio all’ambiente.”
Si riporta la rubrica del titolo I della parte
quinta-bis del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, come modificata dalla presente legge:
“ATTIVITA’ DI PRODUZIONE DI BIOSSIDO DI TITANIO E
SOLFATI DI CALCIO.”
Art. 51
Norme in materia di Autorita’ di bacino
1. All’articolo 54, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la lettera z) sono aggiunte le seguenti:
«z-bis) Autorita’ di bacino distrettuale o Autorita’ di bacino: l’autorita’ competente ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;
z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto».
2. L’articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 63 (Autorita’ di bacino distrettuale). – 1. In ciascun distretto idrografico di cui all’articolo 64 e’ istituita l’Autorita’ di bacino distrettuale, di seguito denominata “Autorita’ di bacino”, ente pubblico non economico che opera in conformita’ agli obiettivi della presente sezione e uniforma la propria attivita’ a criteri di efficienza, efficacia, economicita’ e pubblicita’.
2. Nel rispetto dei principi di sussidiarieta’, differenziazione e adeguatezza nonche’ di efficienza e riduzione della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di adeguare il proprio ordinamento ai principi del presente decreto, istituiscono l’Autorita’ di bacino distrettuale, che esercita i compiti e le funzioni previsti nel presente articolo; alla medesima Autorita’ di bacino distrettuale sono altresi’ attribuite le competenze delle regioni di cui alla presente parte. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell’ISPRA, assume le funzioni di indirizzo dell’Autorita’ di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorita’ di bacino distrettuali.
3. Sono organi dell’Autorita’ di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti, quest’ultimo in conformita’ alle previsioni della normativa vigente. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell’Autorita’ di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei principi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l’espletamento delle stesse e di sussidiarieta’. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l’attribuzione e il trasferimento alle Autorita’ di bacino di cui al comma 1 del presente articolo del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle Autorita’ di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l’attuale organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell’ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fine di garantire un piu’ efficiente esercizio delle funzioni delle Autorita’ di bacino di cui al comma 1 del presente articolo, il decreto di cui al periodo precedente puo’ prevederne un’articolazione territoriale a livello regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorita’ di bacino regionali e interregionali.
4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o piu’ decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio e’ interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unita’ di personale trasferite alle Autorita’ di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorita’. I dipendenti trasferiti mantengono l’inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell’inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti piu’ elevato rispetto a quello previsto per il personale dell’ente incorporante, e’ attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresi’, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
5. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorita’ di bacino di cui al comma 1 sono adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti o del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente partecipano i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio e’ interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonche’ il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei casi in cui siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell’ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza istituzionale permanente e’ validamente costituita con la presenza di almeno tre membri, tra i quali necessariamente il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere della conferenza istituzionale permanente sono approvate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione e approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
6. La conferenza istituzionale permanente:
a) adotta criteri e metodi per l’elaborazione del Piano di bacino in conformita’ agli indirizzi e ai criteri di cui all’articolo 57;
b) individua tempi e modalita’ per l’adozione del Piano di bacino, che puo’ articolarsi in piani riferiti a sotto-bacini o sub-distretti;
c) determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a piu’ regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l’elaborazione del Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino e i suoi stralci;
f) controlla l’attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui progressi realizzati nell’attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo nell’esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l’amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l’inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all’adozione delle misure necessarie ad assicurare l’avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata che, a tal fine, puo’ avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) delibera, nel rispetto dei principi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l’espletamento delle funzioni stesse e di sussidiarieta’, lo statuto dell’Autorita’ di bacino in relazione alle specifiche condizioni ed esigenze rappresentate dalle amministrazioni interessate, nonche’ i bilanci preventivi, i conti consuntivi e le variazioni di bilancio, il regolamento di amministrazione e contabilita’, la pianta organica, il piano del fabbisogno del personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l’approvazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell’economia e delle finanze. Lo statuto e’ approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
7. Il segretario generale e’ nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
8. Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:
a) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell’Autorita’ di bacino;
b) cura l’istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui formula proposte;
c) promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del coordinamento delle rispettive attivita’;
d) cura l’attuazione delle direttive della conferenza operativa;
e) riferisce semestralmente alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione del Piano di bacino;
f) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonche’ alle risorse stanziate per le finalita’ del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali e comunque agli interventi da attuare nell’ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con le finalita’ del Piano medesimo, rendendoli accessibili alla libera consultazione nel sito internet dell’Autorita’.
9. La conferenza operativa e’ composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente; e’ convocata dal segretario generale che la presiede. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell’ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e puo’ essere integrata, per le attivita’ istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e societa’ pubbliche, designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui al comma 10, lettera a), ed emana direttive, anche tecniche qualora pertinenti, per lo svolgimento delle attivita’ di cui al comma 10, lettera b).
10. Le Autorita’ di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:
a) a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del bacino idrografico, previsto dall’articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del rischio di alluvioni, previsto dall’articolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonche’ i programmi di intervento;
b) a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell’Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche.
11. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell’articolo 62 del presente decreto, le Autorita’ di bacino coordinano e sovrintendono le attivita’ e le funzioni di titolarita’ dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonche’ del Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del Lago Maggiore, del Consorzio dell’Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del Lago d’Iseo e del Consorzio dell’Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del Lago di Como, con particolare riguardo all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e alla fitodepurazione».
3. Per assicurare continuita’ alla sperimentazione, di cui all’articolo 30 della legge 18 maggio 1989, n. 183, avviata con decreto del Ministro dei lavori pubblici 1° luglio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 1989, considerate le particolari condizioni di dissesto idrogeologico caratterizzanti il bacino idrografico del fiume Serchio, e’ mantenuta la sede operativa esistente al fine di garantire il necessario presidio e la pianificazione del territorio.
4. Il decreto di cui al comma 3 dell’articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, e’ adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge; da tale data sono soppresse le Autorita’ di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183. In fase di prima attuazione, dalla data di entrata in vigore della presente legge le funzioni di Autorita’ di bacino distrettuale sono esercitate dalle Autorita’ di bacino di rilievo nazionale di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, che a tal fine si avvalgono delle strutture, del personale, dei beni e delle risorse strumentali delle Autorita’ di bacino regionali e interregionali comprese nel proprio distretto. Dopo l’emanazione del decreto di cui al comma 3 dell’articolo 63 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, i segretari generali delle Autorita’ di bacino di rilievo nazionale di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, sono incaricati anche dell’attuazione dello stesso e svolgono le funzioni loro attribuite comunque non oltre la nomina dei segretari generali di cui al comma 7 dell’articolo 63 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
5. L’articolo 64 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 64 (Distretti idrografici). – 1. L’intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, e’ ripartito nei seguenti distretti idrografici:
a) distretto idrografico delle Alpi orientali, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Adige, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Alto Adriatico, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3) bacini del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4) Lemene, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
b) distretto idrografico del Fiume Po, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Po, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Reno, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3) Fissero Tartaro Canalbianco, gia’ bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4) Conca Marecchia, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5) Lamone, gia’ bacino regionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
6) Fiumi Uniti (Montone, Ronco), Savio, Rubicone e Uso, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
7) bacini minori afferenti alla costa romagnola, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
c) distretto idrografico dell’Appennino settentrionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Arno, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Serchio, gia’ bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3) Magra, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4) bacini della Liguria, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5) bacini della Toscana, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
d) distretto idrografico dell’Appennino centrale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Tevere, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Tronto, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3) Sangro, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4) bacini dell’Abruzzo, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5) bacini del Lazio, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
7) Fiora, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
8) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
e) distretto idrografico dell’Appennino meridionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Liri-Garigliano, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Volturno, gia’ bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3) Sele, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4) Sinni e Noce, gia’ bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5) Bradano, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
6) Saccione, Fortore e Biferno, gia’ bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
7) Ofanto, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
8) Lao, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
9) Trigno, gia’ bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
10) bacini della Campania, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
11) bacini della Puglia, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
12) bacini della Basilicata, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
13) bacini della Calabria, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
14) bacini del Molise, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
f) distretto idrografico della Sardegna, comprendente i bacini della Sardegna, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
g) distretto idrografico della Sicilia, comprendente i bacini della Sicilia, gia’ bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183».
6. Il comma 1 dell’articolo 118 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ sostituito dal seguente:
«1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di gestione di cui all’articolo 117, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l’impatto antropico esercitato sul medesimo, nonche’ alla raccolta dei dati necessari all’analisi economica dell’utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall’allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze delle attivita’ di cui al primo periodo sono trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle competenti Autorita’ di bacino e al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale».
7. All’articolo 119 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3 e’ aggiunto il seguente:
«3-bis. Fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 154, comma 3, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di programma ai sensi dell’articolo 34 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l’ammontare, la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni del demanio idrico nonche’ le maggiori entrate derivanti dall’applicazione del principio “chi inquina paga” di cui al comma 1 del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall’articolo 116 del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorita’ di bacino ai sensi dell’articolo 71 del presente decreto».
8. All’articolo 121, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2016».
9. All’articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le parole: «decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2,» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 3» e all’articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: «decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare».
10. All’articolo 117 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 2-ter e’ inserito il seguente:
«2-quater. Al fine di coniugare la prevenzione del rischio di alluvioni con la tutela degli ecosistemi fluviali, nell’ambito del Piano di gestione, le Autorita’ di bacino, in concorso con gli altri enti competenti, predispongono il programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo, gestionale e di programmazione di interventi relativo all’assetto morfologico dei corridoi fluviali. I programmi di cui al presente comma sono redatti in ottemperanza agli obiettivi individuati dalle direttive 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e concorrono all’attuazione dell’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che individua come prioritari, tra le misure da finanziare per la mitigazione del dissesto idrogeologico, gli interventi integrati che mirino contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversita’. Il programma di gestione dei sedimenti ha l’obiettivo di migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d’acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite interventi sul trasporto solido, sull’assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e sull’assetto e sulle modalita’ di gestione delle opere idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche morfologiche del reticolo idrografico. Il programma di gestione dei sedimenti e’ costituito dalle tre componenti seguenti:
a) definizione di un quadro conoscitivo a scala spaziale e temporale adeguata, in relazione allo stato morfologico attuale dei corsi d’acqua, alla traiettoria evolutiva degli alvei, alle dinamiche e quantita’ di trasporto solido in atto, all’interferenza delle opere presenti con i processi morfologici e a ogni elemento utile alla definizione degli obiettivi di cui alla lettera b);
b) definizione, sulla base del quadro conoscitivo di cui alla lettera a), di obiettivi espliciti in termini di assetto dei corridoi fluviali, al fine di un loro miglioramento morfologico ed ecologico e di ridurre il rischio idraulico; in questo ambito e’ prioritario, ovunque possibile, ridurre l’alterazione dell’equilibrio geomorfologico e la disconnessione degli alvei con le pianure inondabili, evitando un’ulteriore artificializzazione dei corridoi fluviali;
c) identificazione degli eventuali interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti alla lettera b), al loro monitoraggio e all’adeguamento nel tempo del quadro conoscitivo; la scelta delle misure piu’ appropriate tra le diverse alternative possibili, incluso il non intervento, deve avvenire sulla base di un’adeguata valutazione e di un confronto degli effetti attesi in relazione ai diversi obiettivi, tenendo conto di un orizzonte temporale e spaziale sufficientemente esteso; tra gli interventi da valutare deve essere data priorita’ alle misure, anche gestionali, per il ripristino della continuita’ idromorfologica longitudinale, laterale e verticale, in particolare al ripristino del trasporto solido laddove vi siano significative interruzioni a monte di tratti incisi, alla riconnessione degli alvei con le pianure inondabili e al ripristino di piu’ ampi spazi di mobilita’ laterale, nonche’ alle misure di rinaturazione e riqualificazione morfologica; l’eventuale asportazione locale di materiale litoide o vegetale o altri interventi di artificializzazione del corso d’acqua devono essere giustificati da adeguate valutazioni rispetto alla traiettoria evolutiva del corso d’acqua, agli effetti attesi, sia positivi che negativi nel lungo periodo, rispetto ad altre alternative di intervento; all’asportazione dal corso d’acqua e’ da preferire comunque, ovunque sia possibile, la reintroduzione del materiale litoide eventualmente rimosso in tratti dello stesso adeguatamente individuati sulla base del quadro conoscitivo, in coerenza con gli obiettivi in termini di assetto del corridoio fluviale».
Note all’art. 51:
Si riporta il testo dell’ art. 54 del citato decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 54. Definizioni. – 1. Ai fini della presente
sezione si intende per:
a)
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e
sotterranee come di seguito specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione
delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le
acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato
chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque
territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano
sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a
contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti
o stagnanti e tutte le acque sotterranee all’interno della
linea di base che serve da riferimento per definire il
limite delle acque territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre
prevalentemente in superficie, ma che puo’ essere
parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in
prossimita’ della foce di un fiume, che sono parzialmente
di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque
costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di
acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate
all’interno rispetto a una retta immaginaria distante, in
ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal
punto piu’ vicino della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque
territoriali, e che si estendono eventualmente fino al
limite esterno delle acque di transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e
significativo di acque superficiali, quale un lago, un
bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte
di un torrente, fiume o canale, nonche’ di acque di
transizione o un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico
superficiale creato da un’attivita’ umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico
superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni
fisiche dovute a un’attivita’ umana, e’ sostanzialmente
modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di
acque sotterranee contenute da una o piu’ falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o piu’ strati sotterranei di
roccia o altri strati geologici di porosita’ e
permeabilita’ sufficiente da consentire un flusso
significativo di acque sotterranee o l’estrazione di
quantita’ significative di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l’insieme degli elementi che
costituiscono il sistema drenante alveato del bacino
idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono
tutte le acque superficiali attraverso una serie di
torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare
in un’unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale
scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie
di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in
un punto specifico di un corso d’acqua, di solito un lago o
la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare,
costituita da uno o piu’ bacini idrografici limitrofi e
dalle rispettive acque sotterranee e costiere che
costituisce la principale unita’ per la gestione dei bacini
idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed
attivita’ riferibili alla tutela e salvaguardia del
territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli
specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle
acque sotterranee, nonche’ del territorio a questi
connessi, aventi le finalita’ di ridurre il rischio
idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico,
ottimizzare l’uso e la gestione del patrimonio idrico,
valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche
collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che
caratterizza aree ove processi naturali o antropici,
relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei
versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
z) opera idraulica: l’insieme degli elementi che
costituiscono il sistema drenante alveato del bacino
idrografico;
z-bis) Autorita’ di bacino distrettuale o Autorita’ di
bacino: l’autorita’ competente ai sensi dell’art. 3 della
direttiva 2000/60/ CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell’art. 3 del decreto
legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;
z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino:
il Piano di distretto.”
Si riporta il testo dell’art. 4 del decreto legislativo
10 dicembre 2010, n. 219 (Attuazione della direttiva
2008/105/CE relativa a standard di qualita’ ambientale nel
settore della politica delle acque, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE,
83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonche’
modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della
direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla
direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l’analisi
chimica e il monitoraggio dello stato delle acque),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 dicembre 2010,
n. 296:
“Art. 4 Disposizioni transitorie. – 1. Ai fini
dell’adempimento degli obblighi derivanti dalle direttive
2000/60/CE e 2007/60/CE, nelle more della costituzione
delle autorita’ di bacino distrettuali di cui all’art. 63
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni:
a) le autorita’ di bacino di rilievo nazionale, di cui
alla legge 18 maggio 1989, n. 183, provvedono
all’aggiornamento dei piani di gestione previsti all’art.
13 della direttiva 2000/60/CE. A tale fine dette autorita’
svolgono funzioni di coordinamento nei confronti delle
regioni ricadenti nei rispettivi distretti idrografici;
b) le autorita’ di bacino di rilievo nazionale, di cui
alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e le regioni, ciascuna
per la parte di territorio di propria competenza,
provvedono all’adempimento degli obblighi previsti dal
decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Ai fini della
predisposizione degli strumenti di pianificazione di cui al
predetto decreto legislativo n. 49 del 2010, le autorita’
di bacino di rilievo nazionale svolgono la funzione di
coordinamento nell’ambito del distretto idrografico di
appartenenza.
2. Agli adempimenti di cui al comma 1, lettere a) e b),
nel caso di distretti nei quali non e’ presente alcuna
autorita’ di bacino di rilievo nazionale, provvedono le
regioni.
3. L’approvazione di atti di rilevanza distrettuale e’
effettuata dai comitati istituzionali e tecnici delle
autorita’ di bacino di rilievo nazionale, integrati da
componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade
nel distretto idrografico a cui gli atti si riferiscono se
non gia’ rappresentate nei medesimi comitati.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato,
sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.”
Si riporta il testo degli articoli 118, 119, 121 e 170
del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come
modificati dalla presente legge:
“Art. 118. Rilevamento delle caratteristiche del bacino
idrografico ed analisi dell’impatto esercitato
dall’attivita’ antropica. – 1. Al fine di aggiornare le
informazioni necessarie alla redazione del Piano di
gestione di cui all’art. 117, le regioni attuano appositi
programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le
caratteristiche del bacino idrografico e a valutare
l’impatto antropico esercitato sul medesimo, nonche’ alla
raccolta dei dati necessari all’analisi economica
dell’utilizzo delle acque, secondo quanto previsto
dall’allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze
delle attivita’ di cui al primo periodo sono trasmesse al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, alle competenti Autorita’ di bacino e al Dipartimento
tutela delle acque interne e marine dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in
conformita’ alle indicazioni di cui all’Allegato 3 alla
parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni
adottate con apposito decreto dal Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e sono aggiornati
entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni sei anni.
3. Nell’espletamento dell’attivita’ conoscitiva di cui
al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e
le informazioni gia’ acquisite.”
“Art. 119. Principio del recupero dei costi relativi ai
servizi idrici. – 1. Ai fini del raggiungimento degli
obiettivi di qualita’ di cui al Capo I del titolo II della
parte terza del presente decreto, le Autorita’ competenti
tengono conto del principio del recupero dei costi dei
servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla
risorsa, prendendo in considerazione l’analisi economica
effettuata in base all’Allegato 10 alla parte terza del
presente decreto e, in particolare, secondo il principio
«chi inquina paga».
2. Entro il 2010 le Autorita’ competenti provvedono ad
attuare politiche dei prezzi dell’acqua idonee ad
incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse
idriche in modo efficiente ed a contribuire al
raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di
qualita’ ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE
nonche’ di cui agli articoli 76 e seguenti del presente
decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero
dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di
impiego dell’acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie
e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute
in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche
del recupero dei suddetti costi, nonche’ delle condizioni
geografiche e climatiche della regione o delle regioni in
questione. In particolare:
a) i canoni di concessione per le derivazioni delle
acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei
costi della risorsa connessi all’utilizzo dell’acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari
settori di impiego dell’acqua, quali quelli civile,
industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al
recupero dei costi sulla base dell’analisi economica
effettuata secondo l’Allegato 10 alla parte terza del
presente decreto.
3. Nei Piani di tutela di cui all’art. 121 sono
riportate le fasi previste per l’attuazione delle
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al
raggiungimento degli obiettivi di qualita’ di cui alla
parte terza del presente decreto.
3-bis. Fino all’emanazione del decreto di cui all’art.
154, comma 3, il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e le regioni, mediante la
stipulazione di accordi di programma ai sensi dell’art. 34
del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, possono determinare, stabilendone l’ammontare, la
quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle
concessioni del demanio idrico nonche’ le maggiori entrate
derivanti dall’applicazione del principio “chi inquina
paga” di cui al comma 1 del presente articolo, e in
particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli
relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle
misure e delle funzioni previste dall’art. 116 del presente
decreto e delle funzioni di studio e progettazione e
tecnico-organizzative attribuite alle Autorita’ di bacino
ai sensi dell’art. 71 del presente decreto.”
“Art. 121. Piani di tutela delle acque. – 1. Il Piano
di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di
settore ed e’ articolato secondo i contenuti elencati nel
presente articolo, nonche’ secondo le specifiche indicate
nella parte B dell’Allegato 4 alla parte terza del presente
decreto.
2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorita’ di bacino,
nel contesto delle attivita’ di pianificazione o mediante
appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentiti le
province e gli enti di governo dell’ambito, definiscono gli
obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i
piani di tutela delle acque, nonche’ le priorita’ degli
interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite
le province e previa adozione delle eventuali misure di
salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acque e lo
trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare nonche’ alle competenti Autorita’ di
bacino, per le verifiche di competenza.
3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi
volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli
obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le
misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa
del sistema idrico.
4. Per le finalita’ di cui al comma 1 il Piano di
tutela contiene in particolare:
a) i risultati dell’attivita’ conoscitiva;
b) l’individuazione degli obiettivi di qualita’
ambientale e per specifica destinazione;
c) l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e
delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione
dall’inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra
loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
e) l’indicazione della cadenza temporale degli
interventi e delle relative priorita’;
f) il programma di verifica dell’efficacia degli
interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
g-bis) i dati in possesso delle autorita’ e agenzie
competenti rispetto al monitoraggio delle acque di falda
delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni
interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la
rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da
renderli disponibili per i cittadini;
h) l’analisi economica di cui all’Allegato 10 alla
parte terza del presente decreto e le misure previste al
fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art.
119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste a legislazione
vigente.
5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano
di tutela le Autorita’ di bacino verificano la conformita’
del piano agli atti di pianificazione o agli atti di
indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo
parere vincolante. Il Piano di tutela e’ approvato dalle
regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il
31 dicembre 2016. Le successive revisioni e gli
aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.”
“Art. 170. Norme transitorie. – 1. Ai fini
dell’applicazione dell’art. 65, limitatamente alle
procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino,
fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del
presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di
adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla
legge 18 maggio 1989, n. 183.
2. Ai fini dell’applicazione dell’art. 1 del
decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i
riferimenti in esso contenuti all’art. 1 del decreto-legge
11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi
riferiti all’art. 66 del presente decreto; i riferimenti
alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi
riferiti alla sezione prima della parte terza del presente
decreto, ove compatibili.
2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti
idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del
presente decreto e della eventuale revisione della relativa
disciplina legislativa, le Autorita’ di bacino di cui alla
legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla
data di entrata in vigore del decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di
cui al comma 3, dell’art. 63 del presente decreto.
3. Ai fini dell’applicazione della parte terza del
presente decreto:
a) fino all’emanazione dei decreti di cui all’art. 95,
commi 4 e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale
28 luglio 2004;
b) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 99,
comma 1, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12
giugno 2003, n. 185;
c) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 104,
comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
d) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 112,
comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 114,
comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30
giugno 2004;
f) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 118,
comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale
18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 123,
comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19
agosto 2003;
h) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 146,
comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8
gennaio 1997, n. 99;
i) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 150,
comma 2, all’affidamento della concessione di gestione del
servizio idrico integrato nonche’ all’affidamento a
societa’ miste continuano ad applicarsi il decreto
ministeriale 22 novembre 2001, nonche’ le circolari del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare del 6 dicembre 2004;
l) fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 154,
comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1°
agosto 1996.
4. La parte terza del presente decreto contiene le
norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualita’ delle
acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l’inquinamento
provocato da certe sostanze pericolose scaricate
nell’ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualita’ delle
acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per
essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura,
alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle
acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di
qualita’ delle acque destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle
acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe
sostanze pericolose;
g) direttiva 82/ 176/CEE relativa ai valori limite ed
obiettivi di qualita’ per gli scarichi di mercurio del
settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed
obiettivi di qualita’ per gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/ 156/CEE relativa ai valori limite ed
obiettivi di qualita’ per gli scarichi di mercurio
provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi
dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e
obiettivi di qualita’ per gli scarichi di
esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica
dell’Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualita’ per gli scarichi
di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco 1
dell’Allegato della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della
direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli
obiettivi di qualita’ per gli scarichi di talune sostanze
pericolose che figurano nell’elenco 1 della direttiva
76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento
delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle
acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da
fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva
91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti
dell’Allegato 1;
r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per
l’azione comunitaria in materia di acque.
5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a
due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi
comprese quelle adottate ai sensi dell’art. 101, comma 2,
contenute nella legislazione regionale attuativa della
parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di
cui all’art. 121.
6. Resta fermo quanto disposto dall’art. 36 della legge
24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di
attuazione della direttiva 96/92/CE.
7. Fino all’emanazione della disciplina regionale di
cui all’art. 112, le attivita’ di utilizzazione agronomica
sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti
alla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto.
8. Dall’attuazione della parte terza del presente
decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori
entrate a carico della finanza pubblica.
9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non
superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti
da disposizioni statali di finanziamento e’ riservata alle
attivita’ di monitoraggio e studio destinati all’attuazione
della parte terza del presente decreto.
10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa
del mare.
11. Fino all’emanazione di corrispondenti atti adottati
in attuazione della parte terza del presente decreto,
restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti
emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate
dall’art. 175.
12. All’onere derivante dalla costituzione e dal
funzionamento della Commissione nazionale per la vigilanza
sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle
risorse di cui all’art. 22, comma 6, della legge 5 gennaio
1994, n. 36.
13.
14. In sede di prima applicazione, il termine di
centottanta giorni di cui all’art. 112, comma 2, decorre
dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto.”
Si riporta il testo dell’art. 1 del decreto-legge 30
dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 2009, n. 13, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 1. Autorita’ di bacino di rilievo nazionale. – 1.
Il comma 2-bis dell’art. 170 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e’ sostituito dal seguente: «2-bis.
Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di
cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e
della eventuale revisione della relativa disciplina
legislativa, le Autorita’ di bacino di cui alla legge 18
maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di
entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri di cui al comma 2, dell’art. 63 del presente
decreto.».
2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare di cui all’art. 170, comma 2-bis, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal
comma 1, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle
Autorita’ di bacino di cui al presente articolo dal 30
aprile 2006.
3. Fino alla data di cui al comma 2, le Autorita’ di
bacino di rilievo nazionale restano escluse
dall’applicazione dell’art. 74 del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, fermi restando gli obiettivi fissati
ai sensi del medesimo art. 74 da considerare ai fini
dell’adozione del decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare di cui al comma 2.
3-bis. L’adozione dei piani di gestione di cui all’art.
13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 23 ottobre 2000, e’ effettuata, sulla base
degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre il
28 febbraio 2010, dai comitati istituzionali delle
autorita’ di bacino di rilievo nazionale, integrati da
componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade
nel distretto idrografico al quale si riferisce il piano di
gestione non gia’ rappresentate nei medesimi comitati
istituzionali. Ai fini del rispetto del termine di cui al
primo periodo, le autorita’ di bacino di rilievo nazionale
provvedono, entro il 30 giugno 2009, a coordinare i
contenuti e gli obiettivi dei piani di cui al presente
comma all’interno del distretto idrografico di
appartenenza, con particolare riferimento al programma di
misure di cui all’art. 11 della citata direttiva
2000/60/CE. Per i distretti idrografici nei quali non e’
presente alcuna autorita’ di bacino di rilievo nazionale,
provvedono le regioni.
3-ter. Affinche’ l’adozione e l’attuazione dei piani di
gestione abbia luogo garantendo uniformita’ ed equita’ sul
territorio nazionale, con particolare riferimento alle
risorse finanziarie necessarie al conseguimento degli
obiettivi ambientali e ai costi sopportati dagli utenti, il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, con proprio decreto, emana, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, linee guida che sono trasmesse ai
comitati istituzionali di cui al comma 3-bis.
3-quater. Dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione del presente decreto e fino alla data di cui
al comma 2, non si applicano le disposizioni di cui
all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 27
luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del
3 dicembre 1999, recante ripartizione dei fondi finalizzati
al finanziamento degli interventi in materia di difesa del
suolo per il quadriennio 1998-2001, e all’art. 3, comma 2,
del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 2001,
n. 331, recante ripartizione dei fondi finalizzati al
finanziamento degli interventi in materia di difesa del
suolo per il quadriennio 2000-2003.”
Si riporta il testo dell’art. 117 del citato decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 117. Piani di gestione e registro delle aree
protette. – 1. Per ciascun distretto idrografico e’
adottato un Piano di gestione, che rappresenta
articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di
cui all’art. 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto
piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e
approvato secondo le procedure stabilite per quest’ultimo
dall’art. 66. Le Autorita’ di bacino, ai fini della
predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la
partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti
nello specifico settore.
2. Il Piano di gestione e’ composto dagli elementi
indicati nella parte A dell’Allegato 4 alla parte terza del
presente decreto.
2-bis. I Piani di gestione dei distretti idrografici,
adottati ai sensi dell’art. 1, comma 3-bis, del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono
riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e,
successivamente, ogni sei anni.
2-ter. Qualora l’analisi effettuata ai sensi dell’art.
118 e i risultati dell’attivita’ di monitoraggio condotta
ai sensi dell’art. 120 evidenzino impatti antropici
significativi da fonti diffuse, le Autorita’ competenti
individuano misure vincolanti di controllo
dell’inquinamento. In tali casi i piani di gestione
prevedono misure che vietano l’introduzione di inquinanti
nell’acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione
preventiva o di registrazione in base a norme generali e
vincolanti. Dette misure di controllo sono riesaminate
periodicamente e aggiornate quando occorre.
2-quater. Al fine di coniugare la prevenzione del
rischio di alluvioni con la tutela degli ecosistemi
fluviali, nell’ambito del Piano di gestione, le Autorita’
di bacino, in concorso con gli altri enti competenti,
predispongono il programma di gestione dei sedimenti a
livello di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo,
gestionale e di programmazione di interventi relativo
all’assetto morfologico dei corridoi fluviali. I programmi
di cui al presente comma sono redatti in ottemperanza agli
obiettivi individuati dalle direttive 2000/60/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e
2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2007, e concorrono all’attuazione dell’art. 7,
comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre
2014, n. 164, che individua come prioritari, tra le misure
da finanziare per la mitigazione del dissesto
idrogeologico, gli interventi integrati che mirino
contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela
e al recupero degli ecosistemi e della biodiversita’. Il
programma di gestione dei sedimenti ha l’obiettivo di
migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi
d’acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite
interventi sul trasporto solido, sull’assetto
plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e
sull’assetto e sulle modalita’ di gestione delle opere
idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio
fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche
morfologiche del reticolo idrografico. Il programma di
gestione dei sedimenti e’ costituito dalle tre componenti
seguenti:
a) definizione di un quadro conoscitivo a scala
spaziale e temporale adeguata, in re-lazione allo stato
morfologico attuale dei corsi d’acqua, alla traiettoria
evolutiva degli alvei, alle dinamiche e quantita’ di
trasporto solido in atto, all’interferenza delle opere
presenti con i processi morfologici e a ogni elemento utile
alla definizione degli obiettivi di cui alla lettera b);
b) definizione, sulla base del quadro conoscitivo di
cui alla lettera a), di obiettivi espliciti in termini di
assetto dei corridoi fluviali, al fine di un loro
miglioramento morfologico ed ecologico e di ridurre il
rischio idraulico; in questo ambito e’ prioritario, ovunque
possibile, ridurre l’alterazione dell’equilibrio
geomorfologico e la disconnessione degli alvei con le
pianure inondabili, evitando un’ulteriore
artificializzazione dei corridoi fluviali;
c) identificazione degli eventuali inter-venti
necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti alla
lettera b), al loro monitoraggio e all’adeguamento nel
tempo del quadro conoscitivo; la scelta delle misure piu’
appropriate tra le diverse alternative possibili, incluso
il non intervento, deve avvenire sulla base di un’adeguata
valutazione e di un confronto degli effetti attesi in
relazione ai diversi obiettivi, tenendo conto di un
orizzonte temporale e spaziale sufficientemente esteso; tra
gli interventi da valutare deve essere data priorita’ alle
misure, anche gestionali, per il ripristino della
continuita’ idromorfologica longitudinale, laterale e
verticale, in particolare al ripristino del tra-sporto
solido laddove vi siano significative interruzioni a monte
di tratti incisi, alla riconnessione degli alvei con le
pianure inon-dabili e al ripristino di piu’ ampi spazi di
mobilita’ laterale, nonche’ alle misure di rinaturazione e
riqualificazione morfologica; l’eventuale asportazione
locale di materiale litoide o vegetale o altri interventi
di artificializzazione del corso d’acqua devono essere
giustificati da adeguate valutazioni rispetto alla
traiettoria evolutiva del corso d’acqua, agli effetti
attesi, sia positivi che negativi nel lungo periodo,
rispetto ad altre alterna-tive di intervento;
all’asportazione dal corso d’acqua e’ da preferire
comunque, ovunque sia possibile, la reintroduzione del
materiale litoide eventualmente rimosso in tratti dello
stesso adeguatamente individuati sulla base del quadro
conoscitivo, in coerenza con gli obiettivi in termini di
assetto del corridoio fluviale.
3. L’Autorita’ di bacino, sentiti gli enti di governo
dell’ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro
sei mesi dall’entrata in vigore della presente norma, sulla
base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un
registro delle aree protette di cui all’Allegato 9 alla
parte terza del presente decreto, designate dalle autorita’
competenti ai sensi della normativa vigente.
3-bis. Il registro delle aree protette di cui al comma
3 deve essere tenuto aggiornato per ciascun distretto
idrografico.”
Art. 52
Disposizioni in materia di immobili abusivi realizzati in aree
soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero
esposti a rischio idrogeologico
1. Nella parte terza, sezione I, titolo II, capo III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo l’articolo 72 e’ aggiunto il seguente:
«Art. 72-bis (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico). – 1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e’ istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzati, in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, ovvero di opere e immobili dei quali viene comprovata l’esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformita’ del permesso di costruire.
2. Ai fini del comma 1 e’ autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno finanziario 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l’anno 2016, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell’area di sedime ai sensi dell’articolo 31, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinche’ le stesse siano integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo.
4. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorita’ per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e adottato ogni dodici mesi dalla Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali.
5. Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, corredata di una relazione contenente il progetto delle attivita’ di rimozione o di demolizione, l’elenco dettagliato dei relativi costi, l’elenco delle opere e degli immobili ubicati nel proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l’inottemperanza a tali provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione.
6. I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite ai sensi dell’articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle modalita’ di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e immobili abusivi contenuta in altre disposizioni.
7. Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel termine di centoventi giorni dall’erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere restituiti, con le modalita’ di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
8. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione sull’attuazione del presente articolo, in cui sono indicati i finanziamenti utilizzati e gli interventi realizzati».
2. All’articolo 3, comma 1, lettera e.5), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le parole da: «e che non siano diretti a» fino alla fine della lettera sono sostituite dalle seguenti: «ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformita’ alle normative regionali di settore».
3. Al comma 7 dell’articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, dopo le parole: «I commissari esercitano comunque i poteri di cui ai commi» e’ inserita la seguente: «2-ter,».
Note all’art. 52:
Si riporta il testo dell’art. 1, comma 432, della legge
23 dicembre 2005, n. 266, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 23 dicembre 2005, n. 302 (S.O.)
“432. Il Fondo da ripartire per esigenze di tutela
ambientale di cui all’art. 1, comma 1, del decreto-legge 21
febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 aprile 2005, n. 58, e’ iscritto a decorrere
dall’anno 2006 nello stato di previsione del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio con riserva del
50 per cento da destinare per le finalita’ di cui al
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267. A tale
scopo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, d’intesa con le regioni o gli enti locali
interessati, definisce ed attiva programmi di interventi
urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio
idrogeologico.”
Si riporta il testo dell’art. 31, comma 3 del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
recante “Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia (Testo A)”, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 20 ottobre 2001, n. 245, S.O.:
“3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla
demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel
termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e
l’area di sedime, nonche’ quella necessaria, secondo le
vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di
opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto
gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita
non puo’ comunque essere superiore a dieci volte la
complessiva superficie utile abusivamente costruita.”
Si riporta il testo degli articoli 6, 13, 29 e 30 della
legge 6 dicembre 1991, n. 394, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale del 13 dicembre 1991, n. 292 (S.O.):
“Art. 6. Misure di salvaguardia. – 1. In caso di
necessita’ ed urgenza il Ministro dell’ambiente e le
regioni, secondo le rispettive competenze, possono
individuare aree da proteggere ai sensi della presente
legge ed adottare su di esse misure di salvaguardia. Per
quanto concerne le aree protette marine detti poteri sono
esercitati dal Ministro dell’ambiente di concerto con il
Ministro della marina mercantile. Nei casi previsti dal
presente comma la proposta d’istituzione dell’area protetta
e le relative misure di salvaguardia devono essere
esaminate dal Comitato nella prima seduta successiva alla
pubblicazione del provvedimento di individuazione dell’area
stessa. Resta fermo quanto previsto dall’art. 5 della legge
8 luglio 1986, n. 349 , in materia di individuazione di
zone di importanza naturalistica nazionale ed
internazionale, nonche’ dall’art. 7 della legge 3 marzo
1987, n. 59 .
2. Dalla pubblicazione del programma fino
all’istituzione delle singole aree protette operano
direttamente le misure di salvaguardia di cui al comma 3
nonche’ le altre specifiche misure eventualmente
individuate nel programma stesso e si applicano le misure
di incentivazione di cui all’art. 7.
3. Sono vietati fuori dei centri edificati di cui
all’art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e, per
gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento
motivato, anche nei centri edificati, l’esecuzione di nuove
costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti,
qualsiasi mutamento dell’utilizzazione dei terreni con
destinazione diversa da quella agricola e quant’altro possa
incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri
ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalita’
istitutive dell’area protetta. In caso di necessita’ ed
urgenza, il Ministro dell’ambiente, con provvedimento
motivato, sentita la Consulta, puo’ consentire deroghe alle
misure di salvaguardia in questione, prescrivendo le
modalita’ di attuazione di lavori ed opere idonei a
salvaguardare l’integrita’ dei luoghi e dell’ambiente
naturale. Resta ferma la possibilita’ di realizzare
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui
alle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 31 della
legge 5 agosto 1978, n. 457 , dandone comunicazione al
Ministro dell’ambiente e alla regione interessata.
4. Dall’istituzione della singola area protetta sino
all’approvazione del relativo regolamento operano i divieti
e le procedure per eventuali deroghe di cui all’art. 11.
5. Per le aree protette marine le misure di
salvaguardia sono adottate ai sensi dell’art. 7 della legge
3 marzo 1987, n. 59 .
6. L’inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1,
2 e 3 comporta la riduzione in pristino dei luoghi e la
eventuale ricostituzione delle specie vegetali ed animali
danneggiate a spese dell’inadempiente. Sono solidalmente
responsabili per le spese il committente, il titolare
dell’impresa e il direttore dei lavori in caso di
costruzione e trasformazione di opere. Accertata
l’inosservanza, il Ministro dell’ambiente o l’autorita’ di
gestione ingiunge al trasgressore l’ordine di riduzione in
pristino e, ove questi non provveda entro il termine
assegnato, che non puo’ essere inferiore a trenta giorni,
dispone l’esecuzione in danno degli inadempienti secondo la
procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’art.
27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , ovvero avvalendosi
del Corpo forestale dello Stato o del nucleo operativo
ecologico di cui al comma 4 dell’art. 8 della legge 8
luglio 1986, n. 349 . La nota relativa alle spese e’ resa
esecutiva dal Ministro dell’ambiente ed e’ riscossa ai
sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative
alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato,
approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.”
“Art. 13. Nulla osta. – 1. Il rilascio di concessioni o
autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere
all’interno del parco e’ sottoposto al preventivo nulla
osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformita’
tra le disposizioni del piano e del regolamento e
l’intervento ed e’ reso entro sessanta giorni dalla
richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta
si intende rilasciato.
Il diniego, che e’ immediatamente impugnabile, e’
affisso contemporaneamente all’albo del comune interessato
e all’albo dell’Ente parco e l’affissione ha la durata di
sette giorni. L’Ente parco da’ notizia per estratto, con le
medesime modalita’, dei nulla osta rilasciati e di quelli
determinatisi per decorrenza del termine.
2. Avverso il rilascio del nulla osta e’ ammesso
ricorso giurisdizionale anche da parte delle associazioni
di protezione ambientale individuate ai sensi della legge 8
luglio 1986, n. 349 .
3. L’esame delle richieste di nulla osta puo’ essere
affidato con deliberazione del Consiglio direttivo ad un
apposito comitato la cui composizione e la cui attivita’
sono disciplinate dal regolamento del parco.
4. Il Presidente del parco, entro sessanta giorni dalla
richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, puo’
rinviare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni i
termini di espressione del nulla osta.”
“Art. 29. Poteri dell’organismo di gestione dell’area
naturale protetta. – 1. Il legale rappresentante
dell’organismo di gestione dell’area naturale protetta,
qualora venga esercitata un’attivita’ in difformita’ dal
piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone
l’immediata sospensione dell’attivita’ medesima ed ordina
in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione
di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con
la responsabilita’ solidale del committente, del titolare
dell’impresa e del direttore dei lavori in caso di
costruzione e trasformazione di opere.
2. In caso di inottemperanza all’ordine di riduzione in
pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o
animali entro un congruo termine, il legale rappresentante
dell’organismo di gestione provvede all’esecuzione in danno
degli obbligati secondo la procedura di cui ai commi
secondo, terzo e quarto dell’art. 27 della legge 28
febbraio 1985, n. 47 , in quanto compatibili, e recuperando
le relative spese mediante ingiunzione emessa ai sensi del
testo unico delle disposizioni di legge relative alla
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato,
approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .
3. L’organismo di gestione dell’area naturale protetta
puo’ intervenire nei giudizi riguardanti fatti dolosi o
colposi che possano compromettere l’integrita’ del
patrimonio naturale dell’area protetta e ha la facolta’ di
ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per
l’annullamento di atti illegittimi lesivi delle finalita’
istitutive dell’area protetta.”
“Art. 30. Sanzioni. – 1. Chiunque viola le disposizioni
di cui agli articoli 6 e 13 e’ punito con l’arresto fino a
dodici mesi e con l’ammenda da lire duecentomila a lire
cinquantamilioni. Chiunque viola le disposizioni di cui
agli articoli 11, comma 3, e 19, comma 3, e’ punito con
l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da lire
duecentomila a lire venticinquemilioni. Le pene sono
raddoppiate in caso di recidiva.
1-bis. Qualora l’area protetta marina non sia segnalata
con i mezzi e gli strumenti di cui all’art. 2, comma 9-bis,
chiunque, al comando o alla conduzione di un’unita’ da
diporto, che comunque non sia a conoscenza dei vincoli
relativi a tale area, violi il divieto di navigazione a
motore di cui all’art. 19, comma 3, lettera e), e’ soggetto
alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
200 euro a 1.000 euro.
2. La violazione delle disposizioni emanate dagli
organismi di gestione delle aree protette e’ altresi’
punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da lire cinquantamila a lire duemilioni. Tali
sanzioni sono irrogate, nel rispetto delle disposizioni di
cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , dal legale
rappresentante dell’organismo di gestione dell’area
protetta.
2-bis. La sanzione amministrativa pecuniaria di cui al
comma 2 e’ determinata in misura compresa tra 25 euro e 500
euro, qualora l’area protetta marina non sia segnalata con
i mezzi e gli strumenti di cui all’art. 2, comma 9-bis, e
la persona al comando o alla conduzione dell’unita’ da
diporto non sia comunque a conoscenza dei vincoli relativi
a tale area.
3. In caso di violazioni costituenti ipotesi di reati
perseguiti ai sensi degli articoli 733 e 734 del codice
penale puo’ essere disposto dal giudice o, in caso di
flagranza, per evitare l’aggravamento o la continuazione
del reato, dagli addetti alla sorveglianza dell’area
protetta, il sequestro di quanto adoperato per commettere
gli illeciti ad essi relativi. Il responsabile e’ tenuto a
provvedere alla riduzione in pristino dell’area
danneggiata, ove possibile, e comunque e’ tenuto al
risarcimento del danno.
4. Nelle sentenze di condanna il giudice puo’ disporre,
nei casi di particolare gravita’, la confisca delle cose
utilizzate per la consumazione dell’illecito.
5. Si applicano le disposizioni di cui alla legge 24
novembre 1981, n. 689 , in quanto non in contrasto con il
presente articolo.
6. In ogni caso trovano applicazione le norme dell’art.
18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , sul diritto al
risarcimento del danno ambientale da parte dell’organismo
di gestione dell’area protetta.
7. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano
anche nel caso di violazione dei regolamenti e delle misure
di salvaguardia delle riserve naturali statali.
8. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano
anche in relazione alla violazione alle disposizioni di
leggi regionali che prevedono misure di salvaguardia in
vista della istituzione di aree protette e con riguardo
alla trasgressione di regolamenti di parchi naturali
regionali.
9. Nell’area protetta dei monti Cervati, non si
applicano, fino alla costituzione del parco nazionale, i
divieti di cui all’art. 17, comma 2.”
Si riporta il testo dell’art. 32, comma 12, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con
modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326:
“12. A decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto la Cassa depositi e prestiti e’
autorizzata a mettere a disposizione l’importo massimo di
50 milioni di euro per la costituzione, presso la Cassa
stessa, di un Fondo di rotazione, denominato Fondo per le
demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai
comuni e ai soggetti titolari dei poteri di cui all’art.
27, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, anche avvalendosi delle modalita’ di
cui all’art. 2, comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n.
662 e all’art. 41, comma 4, del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380, di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi
agli interventi di demolizione delle opere abusive anche
disposti dall’autorita’ giudiziaria e per le spese
giudiziarie, tecniche e amministrative connesse. Le
anticipazioni, comprensive della corrispondente quota delle
spese di gestione del Fondo, sono restituite al Fondo
stesso in un periodo massimo di cinque anni, secondo
modalita’ e condizioni stabilite con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, utilizzando le somme
riscosse a carico degli esecutori degli abusi. In caso di
mancato pagamento spontaneo del credito, l’amministrazione
comunale provvede alla riscossione mediante ruolo ai sensi
del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46. Qualora le
somme anticipate non siano rimborsate nei tempi e nelle
modalita’ stabilite, il Ministro dell’interno provvede al
reintegro alla Cassa depositi e prestiti, trattenendone le
relative somme dai fondi del bilancio dello Stato da
trasferire a qualsiasi titolo ai comuni.”
Si riporta il testo dell’art. 3 del citato decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come
modificato dalla presente legge:
“Art. 3. (L) Definizioni degli interventi edilizi
(legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 31) – 1. Ai fini del
presente testo unico si intendono per:
a) “interventi di manutenzione ordinaria”, gli
interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione,
rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e
quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza
gli impianti tecnologici esistenti;
b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere
e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti
anche strutturali degli edifici, nonche’ per realizzare ed
integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre
che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e
non comportino modifiche delle destinazioni di uso.
Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria
sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento
o accorpamento delle unita’ immobiliari con esecuzione di
opere anche se comportanti la variazione delle superfici
delle singole unita’ immobiliari nonche’ del carico
urbanistico purche’ non sia modificata la volumetria
complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria
destinazione di uso;
c) “interventi di restauro e di risanamento
conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a conservare
l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalita’
mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto
degli elementi tipologici, formali e strutturali
dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con
essi compatibili. Tali interventi comprendono il
consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi
costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi
accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze
dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei
all’organismo edilizio;
d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli
interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi
mediante un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il
ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento
di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi
di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli
consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa
volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa
antisismica nonche’ quelli volti al ripristino di edifici,
o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti,
attraverso la loro ricostruzione, purche’ sia possibile
accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che,
con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive
modificazioni, gli interventi di demolizione e
ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici
crollati o demoliti costituiscono interventi di
ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la
medesima sagoma dell’edificio preesistente;
e) “interventi di nuova costruzione”, quelli di
trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non
rientranti nelle categorie definite alle lettere
precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o
interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti
all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli
interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera
e.6);
e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e
secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti,
anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione
in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l’installazione di torri e tralicci per impianti
radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di
telecomunicazione;
e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche
prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali
roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano
utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come
depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che
siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o
siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la
sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate
sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto,
paesaggistico, in conformita’ alle normative regionali di
settore;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche
degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione
e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree,
qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero
che comportino la realizzazione di un volume superiore al
20% del volume dell’edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di
materiali, la realizzazione di impianti per attivita’
produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori
cui consegua la trasformazione permanente del suolo
inedificato;
f) gli “interventi di ristrutturazione urbanistica”,
quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico
– edilizio con altro diverso, mediante un insieme
sistematico di interventi edilizi, anche con la
modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della
rete stradale.
2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle
disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei
regolamenti edilizi. Resta ferma la definizione di restauro
prevista dall’art. 34 del decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490.”
Si riporta il testo del comma 7 dell’art. 7 del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,
recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione
del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del
dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita’
produttive”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12
settembre 2014, n. 212., come modificato dalla presente
legge:
“7. Al fine di accelerare la progettazione e la
realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento
dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione
oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di
condanna della Corte di Giustizia dell’Unione europea in
ordine all’applicazione della direttiva 91/271/CEE sul
trattamento delle acque reflue urbane, entro il 30
settembre 2015, su proposta del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, puo’ essere
attivata la procedura di esercizio del potere sostitutivo
del Governo secondo quanto previsto dall’art. 8, comma 1,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche con la nomina di
appositi commissari straordinari, che possono avvalersi
della facolta’ di cui al comma 4 del presente articolo. I
commissari sono nominati con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei
successivi quindici giorni. I commissari esercitano
comunque i poteri di cui ai commi 2-ter, 4, 5 e 6 dell’art.
10 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014. Ai commissari
non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o
altri emolumenti, comunque denominati.”
Art. 53
Materiali litoidi
1. I materiali litoidi prodotti come obiettivo primario e come sottoprodotto dell’attivita’ di estrazione effettuata in base a concessioni e pagamento di canoni sono assoggettati alla normativa sulle attivita’ estrattive.
Art. 54
Modifiche alla normativa in materia edilizia e di silenzio assenso, a
fini di tutela dell’assetto idrogeologico
1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 2, dopo le parole: «Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490,» sono inserite le seguenti: «la normativa di tutela dell’assetto idrogeologico»;
b) all’articolo 5:
1) il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente:
«1-bis. (L) Lo sportello unico per l’edilizia costituisce l’unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l’intervento edilizio oggetto dello stesso, che fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte. Acquisisce altresi’ presso le amministrazioni competenti, anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, dell’assetto idrogeologico o alla tutela della salute e della pubblica incolumita’. Resta comunque ferma la competenza dello sportello unico per le attivita’ produttive definita dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160»;
2) il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
«2. (L) Tale ufficio provvede in particolare:
a) alla ricezione delle denunce di inizio attivita’ e delle domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attivita’ edilizia, ivi compreso il certificato di agibilita’, nonche’ dei progetti approvati dalla Soprintendenza ai sensi e per gli effetti degli articoli 36, 38 e 46 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
b) a fornire informazioni sulle materie di cui alla lettera a), anche mediante predisposizione di un archivio informatico contenente i necessari elementi normativi, che consenta a chi vi abbia interesse l’accesso gratuito, anche in via telematica, alle informazioni sugli adempimenti necessari per lo svolgimento delle procedure previste dal presente testo unico, all’elenco delle domande presentate, allo stato del loro iter procedurale, nonche’ a tutte le possibili informazioni utili disponibili;
c) all’adozione, nelle medesime materie, dei provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi in favore di chiunque vi abbia interesse ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonche’ delle norme comunali di attuazione;
d) al rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilita’, nonche’ delle certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio, idrogeologico e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio;
e) alla cura dei rapporti tra l’amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni chiamate a pronunciarsi in ordine all’intervento edilizio oggetto dell’istanza o denuncia, con particolare riferimento agli adempimenti connessi all’applicazione della parte II del presente testo unico»;
c) all’articolo 6, comma 1, alinea, dopo le parole: «di quelle relative all’efficienza energetica» sono inserite le seguenti: «, di tutela dal rischio idrogeologico,»;
d) all’articolo 17, comma 3, lettera e), dopo le parole: «di tutela» sono inserite le seguenti: «dell’assetto idrogeologico,»;
e) all’articolo 20, i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:
«8. (L) Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9.
9. (L) Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto a vincoli di assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso, il procedimento e’ concluso con l’adozione di un provvedimento espresso e si applica quanto previsto dall’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. In caso di diniego dell’atto di assenso, eventualmente acquisito in conferenza di servizi, decorso il termine per l’adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende respinta. Il responsabile del procedimento trasmette al richiedente il provvedimento di diniego dell’atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui e’ acquisito agli atti, con le indicazioni di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, resta fermo quanto previsto dall’articolo 146, comma 9, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni»;
f) all’articolo 22, comma 6, le parole: «tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale» sono sostituite dalle seguenti: «tutela storico-artistica, paesaggistico-ambientale o dell’assetto idrogeologico»;
g) all’articolo 23, comma 1-bis, dopo le parole: «con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli» sono inserite le seguenti: «relativi all’assetto idrogeologico,»;
h) all’articolo 31, comma 5, le parole: «urbanistici o ambientali» sono sostituite dalle seguenti: «urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico»;
i) all’articolo 32, comma 3, le parole: «ed ambientale» sono sostituite dalle seguenti: «, ambientale e idrogeologico»;
l) all’articolo 123, comma 1, le parole: «e ambientale» sono sostituite dalle seguenti: «, ambientale e dell’assetto idrogeologico».
2. All’articolo 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dopo le parole: «non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente,» sono inserite le seguenti: «la tutela dal rischio idrogeologico,».
Note all’art. 54:
Si riporta il testo degli articoli 1, 5, 6, 17, 20, 22,
23, 31, 32 e 123 del citato decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come modificati dalla
presente legge:
“Art. 1. (L) Ambito di applicazione. – 1. Il presente
testo unico contiene i principi fondamentali e generali e
le disposizioni per la disciplina dell’attivita’ edilizia.
2. Restano ferme le disposizioni in materia di tutela
dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, la normativa di tutela
dell’assetto idrogeologico e le altre normative di settore
aventi incidenza sulla disciplina dell’attivita’ edilizia.
3. Sono fatte salve altresi’ le disposizioni di cui
agli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112, ed alle relative norme di attuazione, in
materia di realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e
riconversione di impianti produttivi.”
“Art. 5 (R) Sportello unico per l’edilizia
(decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, commi 1, 2,
3, 4, 5 e 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 4
dicembre 1993, n. 493; art. 220, regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265). – 1. Le amministrazioni comunali,
nell’ambito della propria autonomia organizzativa,
provvedono, anche mediante esercizio in forma associata
delle strutture ai sensi del capo V, Titolo II, del d.lgs.
18 agosto 2000, n. 267, ovvero accorpamento,
disarticolazione, soppressione di uffici o organi gia’
esistenti, a costituire un ufficio denominato sportello
unico per l’edilizia, che cura tutti i rapporti fra il
privato, l’amministrazione e, ove occorra, le altre
amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine
all’intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso
o di segnalazione certificata di inizio attivita’.
1-bis (L) Lo sportello unico per l’edilizia costituisce
l’unico punto di accesso per il privato interessato in
relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il
titolo abilitativo e l’intervento edilizio oggetto dello
stesso, che fornisce una risposta tempestiva in luogo di
tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte.
Acquisisce altresi’ presso le amministrazioni competenti,
anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli
articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14- quater e 14-quinquies
della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati,
delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico, dell’assetto idrogeologico o alla tutela
della salute e della pubblica incolumita’. Resta comunque
ferma la competenza dello sportello unico per le attivita’
produttive definita dal regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160.
1-ter Le comunicazioni al richiedente sono trasmesse
esclusivamente dallo sportello unico per l’edilizia; gli
altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche
diverse dal comune, che sono interessati al procedimento,
non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori,
nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto
negativo, comunque denominati e sono tenuti a trasmettere
immediatamente allo sportello unico per l’edilizia le
denunce, le domande, le segnalazioni, gli atti e la
documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone
comunicazione al richiedente.
2. (L) Tale ufficio provvede in particolare:
a) alla ricezione delle denunce di inizio attivita’ e
delle domande per il rilascio di permessi di costruire e di
ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia
di attivita’ edilizia, ivi compreso il certificato di
agibilita’, nonche’ dei progetti approvati dalla
Soprintendenza ai sensi e per gli effetti degli articoli
36, 38 e 46 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.
490;
b) a fornire informazioni sulle materie di cui alla
lettera a), anche mediante predisposizione di un archivio
informatico contenente i necessari elementi normativi, che
consenta a chi vi abbia interesse l’accesso gratuito, anche
in via telematica, alle informazioni sugli adempimenti
necessari per lo svolgimento delle procedure previste dal
presente testo unico, all’elenco delle do-mande presentate,
allo stato del loro iter procedurale, nonche’ a tutte le
possibili informazioni utili disponibili;
c) all’adozione, nelle medesime materie, dei
provvedimenti in tema di accesso ai documenti
amministrativi in favore di chiunque vi abbia interesse ai
sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto
1990, n. 241, nonche’ delle norme comunali di attuazione;
d) al rilascio dei permessi di costruire, dei
certificati di agibilita’, nonche’ delle certificazioni
attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni
provvedimentali a carattere urbanistico,
paesaggistico-ambientale, edilizio, idrogeologico e di
qualsiasi altro tipo comunque rilevanti ai fini degli
inter-venti di trasformazione edilizia del territorio;
e) alla cura dei rapporti tra l’amministrazione
comunale, il privato e le altre amministrazioni chiamate a
pronunciarsi in ordine all’intervento edilizio oggetto
dell’istanza o denuncia, con particolare riferimento agli
adempimenti connessi all’applicazione della parte II del
presente testo unico.
3. Ai fini del rilascio del permesso di costruire, lo
sportello unico per l’edilizia acquisisce direttamente o
tramite conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14,
14-bis, 14-ter,14-quater e 14-quinquies della legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti
di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della
realizzazione dell’intervento edilizio. Nel novero di tali
assensi rientrano, in particolare:
a) il parere dell’azienda sanitaria locale (ASL), nel
caso in cui non possa essere sostituito da una
dichiarazione ai sensi dell’art. 20, comma 1;
b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in
ordine al rispetto della normativa antincendio;
c) le autorizzazioni e le certificazioni del competente
ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone
sismiche di cui agli articoli 61, 62 e 94;
d) l’assenso dell’amministrazione militare per le
costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di
difesa dello Stato o a stabilimenti militari, di cui
all’art. 333 del codice dell’ordinamento militare, di cui
al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
e) l’autorizzazione del direttore della circoscrizione
doganale in caso di costruzione, spostamento e modifica di
edifici nelle zone di salvaguardia in prossimita’ della
linea doganale e nel mare territoriale, ai sensi e per gli
effetti dell’art. 19 del decreto legislativo 8 novembre
1990, n. 374;
f) l’autorizzazione dell’autorita’ competente per le
costruzioni su terreni confinanti con il demanio marittimo,
ai sensi e per gli effetti dell’art. 55 del codice della
navigazione;
g) gli atti di assenso, comunque denominati, previsti
per gli interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi
del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fermo restando
che, in caso di dissenso manifestato dall’amministrazione
preposta alla tutela dei beni culturali, si procede ai
sensi del medesimo codice;
h) il parere vincolante della Commissione per la
salvaguardia di Venezia, ai sensi e per gli effetti
dell’art. 6 della legge 16 aprile 1973, n. 171, e
successive modificazioni, salvi i casi in cui vi sia stato
l’adeguamento al piano comprensoriale previsto dall’art. 5
della stessa legge, per l’attivita’ edilizia nella laguna
veneta nonche’ nel territorio dei centri storici di
Chioggia e di Sottomarina e nelle isole di Pellestrina,
Lido e Sant’Erasmo;
i) il parere dell’autorita’ competente in materia di
assetti e vincoli idrogeologici;
l) gli assensi in materia di servitu’ viarie,
ferroviarie, portuali e aeroportuali;
m) il nulla osta dell’autorita’ competente ai sensi
dell’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, in
materia di aree naturali protette.
4.
4-bis. Lo sportello unico per l’edilizia accetta le
domande, le dichiarazioni, le segnalazioni, le
comunicazioni e i relativi elaborati tecnici o allegati
presentati dal richiedente con modalita’ telematica e
provvede all’inoltro telematico della documentazione alle
altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, le
quali adottano modalita’ telematiche di ricevimento e di
trasmissione in conformita’ alle modalita’ tecniche
individuate ai sensi dell’art. 34-quinquies del
decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80. Tali
modalita’ assicurano l’interoperabilita’ con le regole
tecniche definite dal regolamento ai sensi dell’art. 38,
comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133, e successive modificazioni. Ai predetti adempimenti
si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”
“Art. 6. (L) Attivita’ edilizia libera (legge 28
gennaio 1977, n. 10, art. 9, lettera c); legge 9 gennaio
1989, n. 13, art. 7, commi 1 e 2; decreto-legge 23 gennaio
1982, n. 9, art. 7, comma 4, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 marzo 1982, n. 94) . – 1. Fatte salve le
prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e
comunque nel rispetto delle altre normative di settore
aventi incidenza sulla disciplina dell’attivita’ edilizia
e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza,
antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative
all’efficienza energetica, di tutela dal rischio
idrogeologico, nonche’ delle disposizioni contenute nel
codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti
interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria di cui
all’art. 3, comma 1, lettera a), ivi compresi gli
interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria
di potenza termica utile nominale inferiore a 12 kW;
b) gli interventi volti all’eliminazione di barriere
architettoniche che non comportino la realizzazione di
rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che
alterino la sagoma dell’edificio;
c) le opere temporanee per attivita’ di ricerca nel
sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione
di attivita’ di ricerca di idrocarburi, e che siano
eseguite in aree esterne al centro edificato;
d) i movimenti di terra strettamente pertinenti
all’esercizio dell’attivita’ agricola e le pratiche
agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti
idraulici agrari;
e) le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture
in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attivita’
agricola.
2. Nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al
comma 1, previa comunicazione, anche per via telematica,
dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato
all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza
alcun titolo abilitativo i seguenti interventi:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui
all’art. 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l’apertura di
porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre
che non riguardino le parti strutturali dell’edificio;
b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze
contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse
al cessare della necessita’ e, comunque, entro un termine
non superiore a novanta giorni;
c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi
esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro
l’indice di permeabilita’, ove stabilito dallo strumento
urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di
intercapedini interamente interrate e non accessibili,
vasche di raccolta delle acque, locali tombati;
d) i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli
edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968,
n. 1444;
e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi
di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;
e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla
superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio
d’impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali,
ovvero le modifiche della destinazione d’uso dei locali
adibiti ad esercizio d’impresa.
3.
4. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2,
lettere a) ed e-bis), l’interessato trasmette
all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la
comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico
abilitato, il quale attesta, sotto la propria
responsabilita’, che i lavori sono conformi agli strumenti
urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti,
nonche’ che sono compatibili con la normativa in materia
sismica e con quella sul rendimento energetico
nell’edilizia e che non vi e’ interessamento delle parti
strutturali dell’edificio; la comunicazione contiene,
altresi’, i dati identificativi dell’impresa alla quale si
intende affidare la realizzazione dei lavori.
5. Riguardo agli interventi di cui al comma 2, la
comunicazione di inizio dei lavori, laddove integrata con
la comunicazione di fine dei lavori, e’ valida anche ai
fini di cui all’art. 17, primo comma, lettera b), del regio
decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, ed e’
tempestivamente inoltrata da parte dell’amministrazione
comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.
6. Le regioni a statuto ordinario:
a) possono estendere la disciplina di cui al presente
articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli
previsti dai commi 1 e 2;
b) disciplinano con legge le modalita’ per
l’effettuazione dei controlli.
7. La mancata comunicazione dell’inizio dei lavori di
cui al comma 2, ovvero la mancata comunicazione asseverata
dell’inizio dei lavori di cui al comma 4, comportano la
sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione e’
ridotta di due terzi se la comunicazione e’ effettuata
spontaneamente quando l’intervento e’ in corso di
esecuzione.
8.”
“Art. 17 (L) Riduzione o esonero dal contributo di
costruzione (legge 28 gennaio 1977, n. 10, articoli 7,
comma 1; 9; decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, articoli 7
e 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94; legge 24
marzo 1989, n. 122, art. 11; legge 9 gennaio 1991, n. 10,
art. 26, comma 1; legge n. 662 del 1996, art. 2, comma 60).
– 1. Nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa
anche ad edifici esistenti, il contributo afferente al
permesso di costruire e’ ridotto alla sola quota degli
oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si
impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad
applicare prezzi di vendita e canoni di locazione
determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista
dall’art. 18.
2. Il contributo per la realizzazione della prima
abitazione e’ pari a quanto stabilito per la corrispondente
edilizia residenziale pubblica, purche’ sussistano i
requisiti indicati dalla normativa di settore.
3. Il contributo di costruzione non e’ dovuto:
a) per gli interventi da realizzare nelle zone
agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della
conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore
agricolo a titolo principale, ai sensi dell’art. 12 della
legge 9 maggio 1975, n. 153;
b) per gli interventi di ristrutturazione e di
ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici
unifamiliari;
c) per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonche’ per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici;
d) per gli interventi da realizzare in attuazione di
norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche
calamita’;
e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche,
installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia,
alla conservazione, al risparmio e all’uso razionale
dell’energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di
tutela dell’assetto idrogeologico, artistico-storica e
ambientale.
4. Per gli interventi da realizzarsi su immobili di
proprieta’ dello Stato, nonche’ per gli interventi di
manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 2,
lettera a), qualora comportanti aumento del carico
urbanistico, il contributo di costruzione e’ commisurato
alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione, purche’
ne derivi un aumento della superficie calpestabile.
4-bis. Al fine di agevolare gli interventi di
densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il
recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di
dismissione, il contributo di costruzione e’ ridotto in
misura non inferiore al venti per cento rispetto a quello
previsto per le nuove costruzioni nei casi non interessati
da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione
d’uso comportanti maggior valore rispetto alla destinazione
originaria. I comuni definiscono, entro novanta giorni
dall’entrata in vigore della presente disposizione, i
criteri e le modalita’ applicative per l’applicazione della
relativa riduzione.”
“Art. 20 (R) Procedimento per il rilascio del permesso
di costruire (decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4,
commi 1, 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 dicembre 1993, n. 493). – 1. La domanda per il
rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei
soggetti legittimati ai sensi dell’art. 11, va presentata
allo sportello unico corredata da un’attestazione
concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati
progettuali richiesti, e quando ne ricorrano i presupposti,
dagli altri documenti previsti dalla parte II. La domanda
e’ accompagnata da una dichiarazione del progettista
abilitato che asseveri la conformita’ del progetto agli
strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti
edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi
incidenza sulla disciplina dell’attivita’ edilizia e, in
particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza,
antincendio, igienico-sanitarie nel caso in cui la verifica
in ordine a tale conformita’ non comporti valutazioni
tecnico-discrezionali, alle norme relative all’efficienza
energetica.
2. Lo sportello unico comunica entro dieci giorni al
richiedente il nominativo del responsabile del procedimento
ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni. L’esame delle domande si
svolge secondo l’ordine cronologico di presentazione.
3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della
domanda, il responsabile del procedimento cura
l’istruttoria, acquisisce, avvalendosi dello sportello
unico, secondo quanto previsto all’ art. 5, comma 3, i
prescritti pareri e gli atti di assenso eventualmente
necessari e, valutata la conformita’ del progetto alla
normativa vigente, formula una proposta di provvedimento,
corredata da una dettagliata relazione, con la
qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto.
4. Il responsabile del procedimento, qualora ritenga
che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia
necessario apportare modifiche di modesta entita’ rispetto
al progetto originario, puo’, nello stesso termine di cui
al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le
ragioni. L’interessato si pronuncia sulla richiesta di
modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione,
e’ tenuto ad integrare la documentazione nei successivi
quindici giorni. La richiesta di cui al presente comma
sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di
cui al comma 3.
5. Il termine di cui al comma 3 puo’ essere interrotto
una sola volta dal responsabile del procedimento, entro
trenta giorni dalla presentazione della domanda,
esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che
integrino o completino la documentazione presentata e che
non siano gia’ nella disponibilita’ dell’amministrazione o
che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso,
il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione
della documentazione integrativa.
5-bis. Se entro il termine di cui al comma 3 non sono
intervenute le intese, i concerti, i nulla osta o gli
assensi, comunque denominati, delle altre amministrazioni
pubbliche, o e’ intervenuto il dissenso di una o piu’
amministrazioni interpellate, qualora tale dissenso non
risulti fondato sull’assoluta incompatibilita’
dell’intervento, il responsabile dello sportello unico
indice la conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14
e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni. Le amministrazioni che esprimono parere
positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi
e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si
tiene conto ai fini dell’individuazione delle posizioni
prevalenti per l’adozione della determinazione motivata di
conclusione del procedimento, di cui all’art. 14-ter, comma
6-bis, della citata legge n. 241 del 1990, e successive
modificazioni.
6. Il provvedimento finale, che lo sportello unico
provvede a notificare all’interessato, e’ adottato dal
dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro il termine
di trenta giorni dalla proposta di cui al comma 3. Qualora
sia indetta la conferenza di servizi di cui al comma 5-bis,
la determinazione motivata di conclusione del procedimento,
assunta nei termini di cui agli articoli da 14 a 14-ter
della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, e’, ad ogni effetto, titolo per la
realizzazione dell’intervento. Il termine di cui al primo
periodo e’ fissato in quaranta giorni con la medesima
decorrenza qualora il dirigente o il responsabile del
procedimento abbia comunicato all’istante i motivi che
ostano all’accoglimento della domanda, ai sensi dell’art.
10-bis della citata legge n. 241 del 1990, e successive
modificazioni. Dell’avvenuto rilascio del permesso di
costruire e’ data notizia al pubblico mediante affissione
all’albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire
sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere,
secondo le modalita’ stabilite dal regolamento edilizio.
7. I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati nei
soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la
motivata risoluzione del responsabile del procedimento.
8. (L) Decorso inutilmente il termine per l’adozione
del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il
responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato
diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende
formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui
sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico,
ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si
applicano le disposizioni di cui al comma 9.
9. (L) Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia
sottoposto a vincoli di assetto idrogeologico, ambientali,
paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6
decorre dal rilascio del relativo atto di assenso, il
procedimento e’ concluso con l’adozione di un provvedimento
espresso e si applica quanto previsto dall’art. 2 della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. In
caso di diniego dell’atto di assenso, eventualmente
acquisito in conferenza di servizi, decorso il termine per
l’adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio
del permesso di costruire si intende respinta. Il
responsabile del procedimento trasmette al richiedente il
provvedimento di diniego dell’atto di assenso entro cinque
giorni dalla data in cui e’ acquisito agli atti, con le
indicazioni di cui all’art. 3, comma 4, della legge 7
agosto 1990, n. 241. Per gli immobili sottoposti a vincolo
paesaggistico, resta fermo quanto previsto dall’art. 146,
comma 9, del codice di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.
10.
11. Il termine per il rilascio del permesso di
costruire per gli interventi di cui all’art. 22, comma 7,
e’ di settantacinque giorni dalla data di presentazione
della domanda.
12. Fermo restando quanto previsto dalla vigente
normativa in relazione agli adempimenti di competenza delle
amministrazioni statali coinvolte, sono fatte salve le
disposizioni contenute nelle leggi regionali che prevedano
misure di ulteriore semplificazione e ulteriori riduzioni
di termini procedimentali.
13. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato,
chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o
asseverazioni di cui al comma 1, dichiara o attesta
falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di
cui al medesimo comma e’ punito con la reclusione da uno a
tre anni. In tali casi, il responsabile del procedimento
informa il competente ordine professionale per
l’irrogazione delle sanzioni disciplinari.”
“Art. 22 (L) Interventi subordinati a denuncia di
inizio attivita’ (decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398,
art. 4, commi 7, 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 dicembre 1993, n. 493, come modificato dall’art. 2,
comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nel testo
risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 10 del
decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669; decreto-legge 25
marzo 1997, n. 67, art. 11, convertito, con modifiche,
dalla legge 23 maggio 1997, n. 135; decreto legislativo 29
ottobre 1999, n. 490, in part. articoli 34 ss, e 149). – 1.
Sono realizzabili mediante segnalazione certificata di
inizio attivita’ gli interventi non riconducibili
all’elenco di cui all’art. 10 e all’art. 6, che siano
conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei
regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia
vigente.
2. Sono, altresi’, realizzabili mediante segnalazione
certificata di inizio attivita’ le varianti a permessi di
costruire che non incidono sui parametri urbanistici e
sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso
e la categoria edilizia, non alterano la sagoma
dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive
modificazioni, e non violano le eventuali prescrizioni
contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell’attivita’
di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonche’ ai fini del
rilascio del certificato di agibilita’, tali segnalazioni
certificate di inizio attivita’ costituiscono parte
integrante del procedimento relativo al permesso di
costruzione dell’intervento principale e possono essere
presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei
lavori.
2-bis. Sono realizzabili mediante segnalazione
certificata d’inizio attivita’ e comunicate a fine lavori
con attestazione del professionista, le varianti a permessi
di costruire che non configurano una variazione essenziale,
a condizione che siano conformi alle prescrizioni
urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione
degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa
sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di
tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e
dalle altre normative di settore.
3. In alternativa al permesso di costruire, possono
essere realizzati mediante denuncia di inizio attivita’:
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all’art.
10, comma 1, lettera c);
b) gli interventi di nuova costruzione o di
ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da
piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli
accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che
contengano precise disposizioni plano-volumetriche,
tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia
stata esplicitamente dichiarata dal competente organo
comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di
ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi
risultino approvati anteriormente all’entrata in vigore
della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di
ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla
richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde
dall’atto di ricognizione, purche’ il progetto di
costruzione venga accompagnato da apposita relazione
tecnica nella quale venga asseverata l’esistenza di piani
attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;
c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in
diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali
recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono
ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni
di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le
sanzioni penali previste all’art. 44.
5. Gli interventi di cui al comma 3 sono soggetti al
contributo di costruzione ai sensi dell’art. 16. Le regioni
possono individuare con legge gli altri interventi soggetti
a denuncia di inizio attivita’, diversi da quelli di cui al
comma 3, assoggettati al contributo di costruzione
definendo criteri e parametri per la relativa
determinazione.
6. La realizzazione degli interventi di cui ai commi 1,
2 e 3 che riguardino immobili sottoposti a tutela
storico-artistica, paesaggistico-ambientale o dell’assetto
idrogeologico, e’ subordinata al preventivo rilascio del
parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative
previsioni normative. Nell’ambito delle norme di tutela
rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al
decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.
7. E’ comunque salva la facolta’ dell’interessato di
chiedere il rilascio di permesso di costruire per la
realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 e 2, senza
obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui
all’art. 16, salvo quanto previsto dal secondo periodo del
comma 5. In questo caso la violazione della disciplina
urbanistico-edilizia non comporta l’applicazione delle
sanzioni di cui all’art. 44 ed e’ soggetta all’applicazione
delle sanzioni di cui all’art. 37.”
“Art. 23 (L commi 3 e 4 – R commi 1, 2, 5, 6 e 7)
Disciplina della denuncia di inizio attivita’ (legge 24
dicembre 1993, n. 537, art. 2, comma 10, che sostituisce
l’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241; decreto-legge
5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, commi 8-bis, 9, 10, 11, 14,
e 15, come modificato dall’art. 2, comma 60, della legge 23
dicembre 1996, n. 662, nel testo risultante dalle modifiche
introdotte dall’art. 10 del decreto-legge 31 dicembre 1996,
n. 669). – 1. Il proprietario dell’immobile o chi abbia
titolo per presentare la denuncia di inizio attivita’,
almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei
lavori, presenta allo sportello unico la denuncia,
accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un
progettista abilitato e dagli opportuni elaborati
progettuali, che asseveri la conformita’ delle opere da
realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in
contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi
vigenti, nonche’ il rispetto delle norme di sicurezza e di
quelle igienico-sanitarie.
1-bis. Nei casi in cui la normativa vigente prevede
l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi,
ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, con la sola
esclusione dei casi in cui sussistano vincoli relativi
all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o
culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni
preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza,
all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza,
all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione
delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di
acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,
nonche’ di quelli previsti dalla normativa per le
costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla
normativa comunitaria, essi sono comunque sostituiti dalle
autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o
certificazioni di tecnici abilitati relative alla
sussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla
legge, dagli strumenti urbanistici approvati o adottati e
dai regolamenti edilizi, da produrre a corredo della
documentazione di cui al comma 1, salve le verifiche
successive degli organi e delle amministrazioni competenti.
1-ter. La denuncia, corredata delle dichiarazioni,
attestazioni e asseverazioni nonche’ dei relativi elaborati
tecnici, puo’ essere presentata mediante posta raccomandata
con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti
per cui e’ previsto l’utilizzo esclusivo della modalita’
telematica; in tal caso la denuncia si considera presentata
al momento della ricezione da parte dell’amministrazione.
Con regolamento, emanato ai sensi dell’art. 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, su proposta del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro
per la pubblica amministrazione e la semplificazione,
previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui
all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
e successive modificazioni, si procede all’individuazione
dei criteri e delle modalita’ per l’utilizzo esclusivo
degli strumenti telematici ai fini della presentazione
della denuncia.
2. La denuncia di inizio attivita’ e’ corredata
dall’indicazione dell’impresa cui si intende affidare i
lavori ed e’ sottoposta al termine massimo di efficacia
pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata
dell’intervento e’ subordinata a nuova denuncia.
L’interessato e’ comunque tenuto a comunicare allo
sportello unico la data di ultimazione dei lavori.
3. Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto
dell’esclusione di cui al comma 1-bis, qualora l’immobile
oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui
tutela compete, anche in via di delega, alla stessa
amministrazione comunale, il termine di trenta giorni di
cui al comma 1 decorre dal rilascio del relativo atto di
assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia e’
priva di effetti.
4. Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto
dell’esclusione di cui al comma 1-bis, qualora l’immobile
oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui
tutela non compete all’amministrazione comunale, ove il
parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia
allegato alla denuncia, il competente ufficio comunale
convoca una conferenza di servizi ai sensi degli articoli
14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, della legge 7 agosto 1990,
n. 241. Il termine di trenta giorni di cui al comma 1
decorre dall’esito della conferenza. In caso di esito non
favorevole, la denuncia e’ priva di effetti.
5. La sussistenza del titolo e’ provata con la copia
della denuncia di inizio attivita’ da cui risulti la data
di ricevimento della denuncia, l’elenco di quanto
presentato a corredo del progetto, l’attestazione del
professionista abilitato, nonche’ gli atti di assenso
eventualmente necessari.
6. Il dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1
sia riscontrata l’assenza di una o piu’ delle condizioni
stabilite, notifica all’interessato l’ordine motivato di
non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa
attestazione del professionista abilitato, informa
l’autorita’ giudiziaria e il consiglio dell’ordine di
appartenenza. E’ comunque salva la facolta’ di ripresentare
la denuncia di inizio attivita’, con le modifiche o le
integrazioni necessarie per renderla conforme alla
normativa urbanistica ed edilizia.
7. Ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico
abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che
va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta
la conformita’ dell’opera al progetto presentato con la
denuncia di inizio attivita’. Contestualmente presenta
ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione
catastale conseguente alle opere realizzate ovvero
dichiarazione che le stesse non hanno comportato
modificazioni del classamento. In assenza di tale
documentazione si applica la sanzione di cui all’art. 37,
comma 5.”
“Art. 31 (L) Interventi eseguiti in assenza di permesso
di costruire, in totale difformita’ o con variazioni
essenziali (legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7;
decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, art. 2, convertito,
con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298; decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109). –
1. Sono interventi eseguiti in totale difformita’ dal
permesso di costruire quelli che comportano la
realizzazione di un organismo edilizio integralmente
diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche
o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso,
ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti
indicati nel progetto e tali da costituire un organismo
edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed
autonomamente utilizzabile.
2. Il dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in
assenza di permesso, in totale difformita’ dal medesimo,
ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi
dell’art. 32, ingiunge al proprietario e al responsabile
dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel
provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai
sensi del comma 3.
3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla
demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel
termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e
l’area di sedime, nonche’ quella necessaria, secondo le
vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di
opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto
gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita
non puo’ comunque essere superiore a dieci volte la
complessiva superficie utile abusivamente costruita.
4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione
a demolire, nel termine di cui al precedente comma 3,
previa notifica all’interessato, costituisce titolo per
l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei
registri immobiliari, che deve essere eseguita
gratuitamente.
4-bis. L’autorita’ competente, constatata
l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa
pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000
euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni
previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi
realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2
dell’art. 27, ivi comprese le aree soggette a rischio
idrogeologico elevato o molto elevato, e’ sempre irrogata
nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del
provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilita’
penali, costituisce elemento di valutazione della
performance individuale nonche’ di responsabilita’
disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del
funzionario inadempiente.
4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis
spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla
demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e
all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde
pubblico.
4-quater. Ferme restando le competenze delle regioni a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare
l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste
dal comma 4-bis e stabilire che siano periodicamente
reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di
demolizione.
5. L’opera acquisita e’ demolita con ordinanza del
dirigente o del responsabile del competente ufficio
comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con
deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di
prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non
contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o
di rispetto dell’assetto idrogeologico.
6. Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni
sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo
di inedificabilita’, l’acquisizione gratuita, nel caso di
inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica
di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la
vigilanza sull’osservanza del vincolo. Tali amministrazioni
provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al
ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili
dell’abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli,
l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio del
comune.
7. Il segretario comunale redige e pubblica
mensilmente, mediante affissione nell’albo comunale, i dati
relativi agli immobili e alle opere realizzati
abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed
agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di
sospensione e trasmette i dati anzidetti all’autorita’
giudiziaria competente, al presidente della giunta
regionale e, tramite l’ufficio territoriale del governo, al
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
8. In caso d’inerzia, protrattasi per quindici giorni
dalla data di constatazione della inosservanza delle
disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 27, ovvero
protrattasi oltre il termine stabilito dal comma 3 del
medesimo art. 27, il competente organo regionale, nei
successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti
eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione
alla competente autorita’ giudiziaria ai fini
dell’esercizio dell’azione penale.
9. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il
giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui
all’art. 44, ordina la demolizione delle opere stesse se
ancora non sia stata altrimenti eseguita.
9-bis. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche agli interventi edilizi di cui all’art. 22,
comma 3.”
“Art. 32 (L) Determinazione delle variazioni essenziali
(legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 8). – 1. Fermo
restando quanto disposto dal comma 1 dell’art. 31, le
regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali
al progetto approvato, tenuto conto che l’essenzialita’
ricorre esclusivamente quando si verifica una o piu’ delle
seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d’uso che implichi
variazione degli standards previsti dal decreto
ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
b) aumento consistente della cubatura o della
superficie di solaio da valutare in relazione al progetto
approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri
urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento
edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di
edilizia antisismica, quando non attenga a fatti
procedurali.
2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali
quelle che incidono sulla entita’ delle cubature
accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione
interna delle singole unita’ abitative.
3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su
immobili sottoposti a vincolo storico, artistico,
architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e
idrogeologico, nonche’ su immobili ricadenti sui parchi o
in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in
totale difformita’ dal permesso, ai sensi e per gli effetti
degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui
medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.”
“Art. 123 (L) Progettazione, messa in opera ed
esercizio di edifici e di impianti (legge 9 gennaio 1991,
n. 10, art. 26). – 1. Ai nuovi impianti, lavori, opere,
modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili
di energia, alla conservazione, al risparmio e all’uso
razionale dell’energia, si applicano le disposizioni di cui
all’art. 17, commi 3 e 4, nel rispetto delle norme
urbanistiche, di tutela artistico-storica, ambientale e
dell’assetto idrogeologico. Gli interventi di utilizzo
delle fonti di energia di cui all’art. 1 della legge 9
gennaio 1991, n. 10, in edifici ed impianti industriali non
sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati
a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui
all’art. 3, comma 1, lettera a). L’installazione di
impianti solari e di pompe di calore da parte di
installatori qualificati, destinati unicamente alla
produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti
e negli spazi liberi privati annessi, e’ considerata
estensione dell’impianto idrico-sanitario gia’ in opera.
2. Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti
al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi
ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art.
1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, ivi compresi quelli di
cui all’art. 8 della legge medesima, sono valide le
relative decisioni prese a maggioranza delle quote
millesimali.
3. Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la
destinazione d’uso, e gli impianti non di processo ad essi
associati devono essere progettati e messi in opera in modo
tale da contenere al massimo, in relazione al progresso
della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica.
4. Ai fini di cui al comma 3 e secondo quanto previsto
dal comma 1 dell’art. 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 10,
sono regolate, con riguardo ai momenti della progettazione,
della messa in opera e dell’esercizio, le caratteristiche
energetiche degli edifici e degli impianti non di processo
ad essi associati, nonche’ dei componenti degli edifici e
degli impianti.
5. Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi
di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per
il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base
al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di
condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli
1120 e 1136 del codice civile.
6. Gli impianti di riscaldamento al servizio di edifici
di nuova costruzione, il cui permesso di costruire, sia
rilasciato dopo il 25 luglio 1991, devono essere progettati
e realizzati in modo tale da consentire l’adozione di
sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del
calore per ogni singola unita’ immobiliare.
7. Negli edifici di proprieta’ pubblica o adibiti ad
uso pubblico e’ fatto obbligo di soddisfare il fabbisogno
energetico degli stessi favorendo il ricorso a fonti
rinnovabili di energia o assimilate salvo impedimenti di
natura tecnica od economica.
8. La progettazione di nuovi edifici pubblici deve
prevedere la realizzazione di ogni impianto, opera ed
installazione utili alla conservazione, al risparmio e
all’uso razionale dell’energia.”
Si riporta il testo dell’art. 20, della legge 7 agosto
1990, n. 241, recante “Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi.”, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 18 agosto 1990, n. 192, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 20. Silenzio assenso. – 1. Fatta salva
l’applicazione dell’art. 19, nei procedimenti ad istanza di
parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il
silenzio dell’amministrazione competente equivale a
provvedimento di accoglimento della domanda, senza
necessita’ di ulteriori istanze o diffide, se la medesima
amministrazione non comunica all’interessato, nel termine
di cui all’art. 2, commi 2 o 3, il provvedimento di
diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.
2. L’amministrazione competente puo’ indire, entro
trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al
comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV,
anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive
dei controinteressati.
3. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione
equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione
competente puo’ assumere determinazioni in via di
autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies 21-nonies.
4. Le disposizioni del presente articolo non si
applicano agli atti e procedimenti riguardanti il
patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela
dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica
sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la
salute e la pubblica incolumita’, ai casi in cui la
normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti
amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica
il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza,
nonche’ agli atti e procedimenti individuati con uno o piu’
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con i Ministri competenti.
5. Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis.
5-bis.”
Art. 55
Fondo per la progettazione degli interventi
di mitigazione del rischio idrogeologico
1. Al fine di consentire la celere predisposizione del Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico, favorendo le necessarie attivita’ progettuali, e’ istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico cui affluiscono le risorse assegnate per le medesime finalita’ dal CIPE con delibera n. 32/2015 del 20 febbraio 2015, nonche’ le risorse imputate agli oneri di progettazioni nei quadri economici dei progetti definitivi approvati, ove la progettazione sia stata finanziata a valere sulle risorse affluite al Fondo. Il funzionamento del Fondo e’ disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 56
Disposizioni in materia di interventi
di bonifica da amianto
1. Al fine di attuare la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 e di concorrere alla tutela e alla salvaguardia della salute e dell’ambiente anche attraverso l’adozione di misure straordinarie tese a promuovere e a sostenere la bonifica dei beni e delle aree contenenti amianto, ai soggetti titolari di reddito d’impresa che effettuano nell’anno 2016 interventi di bonifica dall’amianto su beni e strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato e’ attribuito, nel limite di spesa complessivo di 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, un credito d’imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per i predetti interventi nel periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il credito d’imposta non spetta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 20.000 euro.
3. Il credito d’imposta e’ ripartito nonche’ utilizzato in tre quote annuali di pari importo e indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riconoscimento del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi nei quali il credito e’ utilizzato. Esso non concorre alla formazione del reddito ne’ della base imponibile dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Il credito d’imposta e’ utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, e non e’ soggetto al limite di cui al comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La prima quota annuale e’ utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli interventi di bonifica. Ai fini della fruizione del credito d’imposta, il modello F24 e’ presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. I fondi occorrenti per la regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi del presente comma sono stanziati su apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento sulla contabilita’ speciale 1778 «Agenzia delle entrate-Fondi di bilancio».
4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni per l’attuazione del presente articolo, al fine di individuare tra l’altro modalita’ e termini per la concessione del credito d’imposta a seguito di istanza delle imprese da presentare al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del limite di spesa complessivo di cui al comma 1, nonche’ i casi di revoca e decadenza dal beneficio e le modalita’ per il recupero di quanto indebitamente percepito. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel rispetto del limite di spesa rappresentato dalle risorse stanziate, determina l’ammontare dell’agevolazione spettante a ciascun beneficiario e trasmette all’Agenzia delle entrate, in via telematica, l’elenco dei soggetti beneficiari e l’importo del credito spettante a ciascuno di essi, nonche’ le eventuali revoche, anche parziali.
5. Per la verifica della corretta fruizione del credito d’imposta di cui al presente articolo, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e l’Agenzia delle entrate effettuano controlli nei rispettivi ambiti di competenza secondo le modalita’ individuate dal decreto di cui al comma 4.
6. Le agevolazioni di cui ai commi precedenti sono concesse nei limiti e alle condizioni del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis».
7. Al fine di promuovere la realizzazione di interventi di bonifica di edifici pubblici contaminati da amianto, a tutela della salute e dell’ambiente, e’ istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto, con una dotazione finanziaria di 5,536 milioni di euro per l’anno 2016 e di 6,018 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Il funzionamento del Fondo e’ disciplinato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, che individua anche i criteri di priorita’ per la selezione dei progetti ammessi a finanziamento.
8. Agli oneri derivanti dai commi da 1 a 6, pari a 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Agli oneri derivanti dal comma 7, pari a 5,536 milioni di euro per l’anno 2016 e a 6,018 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Note all’art. 56:
Si riporta il testo degli articoli 61 e 109, comma 5
del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917, e successive modificazioni, Approvazione del testo
unico delle imposte sui redditi [Testo post riforma 2004],
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 1986, n.
302, (S.O).
“Art. 61. Interessi passivi. – 1. Gli interessi passivi
inerenti all’esercizio d’impresa sono deducibili per la
parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi
e altri proventi che concorrono a formare il reddito
d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e
l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
2. La parte di interessi passivi non deducibile ai
sensi del comma 1 del presente articolo non da’ diritto
alla detrazione dall’imposta prevista alle lettere a) e b)
del comma 1 dell’art. 15.”
“5. Le spese e gli altri componenti negativi diversi
dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali,
contributivi e di utilita’ sociale, sono deducibili se e
nella misura in cui si riferiscono ad attivita’ o beni da
cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a
formare il reddito o che non vi concorrono in quanto
esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attivita’ o
beni produttivi di proventi computabili e ad attivita’ o
beni produttivi di proventi non computabili in quanto
esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per
la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei
ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito
d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e
l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Le
plusvalenze di cui all’art. 87, non rilevano ai fini
dell’applicazione del periodo precedente. Fermo restando
quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a
prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e
bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’art. 95,
sono deducibili nella misura del 75 per cento.”
Si riporta il testo dell’art. 17 del citato decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241:
“Art. 17 Oggetto. – 1. I contribuenti eseguono
versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti
all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle
regioni e degli enti previdenziali, con eventuale
compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei
confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle
dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate
successivamente alla data di entrata in vigore del presente
decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la
data di presentazione della dichiarazione successiva. La
compensazione del credito annuale o relativo a periodi
inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, per
importi superiori a 5.000 euro annui, puo’ essere
effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo
a quello di presentazione della dichiarazione o
dell’istanza da cui il credito emerge.
2. Il versamento unitario e la compensazione riguardano
i crediti e i debiti relativi:
a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali
e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento
diretto ai sensi dell’Art. 3 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute
di cui al secondo comma del citato Art. 3 resta ferma la
facolta’ di eseguire il versamento presso la competente
sezione di tesoreria provinciale dello Stato; in tal caso
non e’ ammessa la compensazione ;
b) all’imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi
degli articoli 27 e 33 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai
soggetti di cui all’Art. 74;
c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e
dell’imposta sul valore aggiunto;
d) all’imposta prevista dall’Art. 3, comma 143, lettera
a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
d-bis);
e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di
posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate
da enti previdenziali, comprese le quote associative;
f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti
dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di
collaborazione coordinata e continuativa di cui all’Art.
49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
g) ai premi per l’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del
testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;
h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale
ai sensi dell’Art. 20;
h-bis) al saldo per il 1997 dell’imposta sul patrimonio
netto delle imprese, istituita con decreto-legge 30
settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al
Servizio sanitario nazionale di cui all’Art. 31 della legge
28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato
dall’Art. 4 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995,
n. 85;
h-ter) alle altre entrate individuate con decreto del
Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e
con i Ministri competenti per settore;
h-quater) al credito d’imposta spettante agli esercenti
sale cinematografiche;
h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla
riscossione dell’incremento all’addizionale comunale
debbono riversare all’INPS, ai sensi dell’art. 6-quater del
decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con
modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e
successive modificazioni.
2-bis.”
Si riporta il testo del comma 53 dell’art. 1 della
legge 24 dicembre 2007, n. 244, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 28 luglio 1997, n. 174:
“53. A partire dal 1º gennaio 2008, anche in deroga
alle disposizioni previste dalle singole leggi istitutive,
i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della
dichiarazione dei redditi possono essere utilizzati nel
limite annuale di 250.000 euro. L’ammontare eccedente e’
riportato in avanti anche oltre il limite temporale
eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive ed e’
comunque compensabile per l’intero importo residuo a
partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera
l’eccedenza. Il tetto previsto dal presente comma non si
applica al credito d’imposta di cui all’ art. 1, comma 280,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296; il tetto previsto dal
presente comma non si applica al credito d’imposta di cui
all’ art. 1, comma 271, della legge 27 dicembre 2006, n.
296, a partire dalla data del 1º gennaio 2010.”
Art. 57
Semplificazione delle procedure in materia
di siti di importanza comunitaria
1. Al fine di semplificare le procedure relative ai siti di importanza comunitaria, come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera m), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, fatta salva la facolta’ delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di riservarsi, con apposita norma, la competenza esclusiva, sono effettuate dai comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel cui territorio ricade interamente il sito, le valutazioni di incidenza dei seguenti interventi minori: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, anche con incrementi volumetrici o di superfici coperte inferiori al 20 per cento delle volumetrie o delle superfici coperte esistenti, opere di sistemazione esterne, realizzazione di pertinenze e volumi tecnici. L’autorita’ competente al rilascio dell’approvazione definitiva degli interventi di cui al presente comma provvede entro il termine di sessanta giorni.
2. Le disposizioni dell’articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai piani.
Note all’art. 57:
Si riporta il testo dell’art. 2, comma 1, lettera m)
del regolamento di cui al Decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 “Regolamento recante
attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonche’ della flora e della fauna selvatiche”, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 23 ottobre 1997, n. 248, (S.O).
“Art. 2. Definizioni. – 1. Ai fini del presente
regolamento sono adottate le seguenti definizioni:
a) – l) (omissis);
m) sito di importanza comunitaria: un sito che e’ stato
inserito nella lista dei siti selezionati dalla Commissione
europea e che, nella o nelle regioni biogeografiche cui
appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere
o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui
all’allegato A o di una specie di cui all’allegato B in uno
stato di conservazione soddisfacente e che puo’, inoltre,
contribuire in modo significativo alla coerenza della rete
ecologica «Natura 2000» di cui all’art. 3, al fine di
mantenere la diversita’ biologica nella regione
biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione.
Per le specie animali che occupano ampi territori, i siti
di importanza comunitaria corrispondono ai luoghi,
all’interno della loro area di distribuzione naturale, che
presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla
loro vita e riproduzione.”
Si riporta il testo dell’art. 5, comma 8, del
regolamento di cui al Decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 “Regolamento recante
attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonche’ della flora e della fauna selvatiche”, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 23 ottobre 1997, n. 248, (S.O):
“8. L’autorita’ competente al rilascio
dell’approvazione definitiva del piano o dell’intervento
acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza,
eventualmente individuando modalita’ di consultazione del
pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.”
Art. 58
Fondo di garanzia delle opere idriche
1. A decorrere dall’anno 2016 e’ istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale, e a garantire un’adeguata tutela della risorsa idrica e dell’ambiente secondo le prescrizioni dell’Unione europea e contenendo gli oneri gravanti sulle tariffe. Il Fondo e’ alimentato tramite una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, da indicare separatamente in bolletta, volta anche alla copertura dei costi di gestione del Fondo medesimo, determinata dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico nel rispetto della normativa vigente.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sentita l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sono definiti gli interventi prioritari, i criteri e le modalita’ di utilizzazione del Fondo di cui al comma 1 del presente articolo, con priorita’ di utilizzo delle relative risorse per interventi gia’ pianificati e immediatamente cantierabili, nonche’ gli idonei strumenti di monitoraggio e verifica del rispetto dei principi e dei criteri contenuti nel decreto. I criteri di cui al primo periodo sono definiti tenendo conto dei fabbisogni del settore individuati sulla base dei piani d’ambito di cui all’articolo 149 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e delle necessita’ di tutela dell’ambiente e dei corpi idrici e sono finalizzati a promuovere la coesione sociale e territoriale e a incentivare le regioni, gli enti locali e gli enti d’ambito a una programmazione efficiente e razionale delle opere idriche necessarie.
3. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico disciplina, con proprio provvedimento, le modalita’ di gestione del Fondo di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e dei criteri definiti dal decreto di cui al comma 2.
4. Al fine di assicurare la trasparenza e l’accessibilita’ alle informazioni concernenti le modalita’ di gestione del Fondo, l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico pubblica nel proprio sito istituzionale il provvedimento di cui al comma 3, nonche’ lo stato di avanzamento degli interventi realizzati.
Note all’art. 58:
Si riporta il testo dell’art. 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281 “Definizione ed ampliamento delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di
interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
locali”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 agosto
1997, n. 202.
“Art. 8. Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e
Conferenza unificata. – 1. La Conferenza Stato-citta’ ed
autonomie locali e’ unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita’ montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per
sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per
gli affari regionali nella materia di rispettiva
competenza; ne fanno parte altresi’ il Ministro del tesoro
e del bilancio e della programmazione economica, il
Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il
Ministro della sanita’, il presidente dell’Associazione
nazionale dei comuni d’Italia – ANCI, il presidente
dell’Unione province d’Italia – UPI ed il presidente
dell’Unione nazionale comuni, comunita’ ed enti montani –
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI cinque
rappresentano le citta’ individuate dall’art. 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche’ rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita’ o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e’
convocata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e’ conferito, dal
Ministro dell’interno.”
Si riporta il testo dell’art. 149 del citato decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152:
“Art. 149. Piano d’ambito. – 1. Entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, l’ente di governo dell’ambito provvede alla
predisposizione e/o aggiornamento del piano d’ambito. Il
piano d’ambito e’ costituito dai seguenti atti:
a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario.
2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni
asseverate dagli enti locali ricadenti nell’ambito
territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza
delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio
idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.
3. Il programma degli interventi individua le opere di
manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare,
compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture
gia’ esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei
livelli minimi di servizio, nonche’ al soddisfacimento
della complessiva domanda dell’utenza, tenuto conto di
quella collocata nelle zone montane o con minore densita’
di popolazione. Il programma degli interventi, commisurato
all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare,
indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i
tempi di realizzazione.
4. Il piano economico finanziario, articolato nello
stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto
finanziario, prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei
costi di gestione e di investimento al netto di eventuali
finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso e’ integrato
dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a
tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi’ come
redatto, dovra’ garantire il raggiungimento dell’equilibrio
economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei
principi di efficacia, efficienza ed economicita’ della
gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.
5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la
struttura operativa mediante la quale il gestore assicura
il servizio all’utenza e la realizzazione del programma
degli interventi.
6. Il piano d’ambito e’ trasmesso entro dieci giorni
dalla delibera di approvazione alla regione competente,
all’Autorita’ di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti e al Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. L’Autorita’ di vigilanza sulle
risorse idriche e sui rifiuti puo’ notificare all’ente di
governo dell’ambito, entro novanta giorni decorrenti dal
ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni,
dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il
programma degli interventi, con particolare riferimento
all’adeguatezza degli investimenti programmati in relazione
ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi
della gestione; il piano finanziario, con particolare
riferimento alla capacita’ dell’evoluzione tariffaria di
garantire l’equilibrio economico finanziario della
gestione, anche in relazione agli investimenti
programmati.”
Art. 59
Contratti di fiume
1. Al capo II del titolo II della parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo l’articolo 68 e’ aggiunto il seguente:
«Art. 68-bis (Contratti di fiume). – 1. I contratti di fiume concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree».
Art. 60
Tariffa sociale del servizio idrico integrato
1. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di garantire l’accesso universale all’acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l’accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantita’ di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sentiti gli enti di ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei principi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Al fine di assicurare la copertura degli oneri derivanti dal comma 1, l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le necessarie modifiche all’articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando i criteri e le modalita’ per il riconoscimento delle agevolazioni di cui al medesimo comma 1.
3. All’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3 e’ inserito il seguente:
«3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attivita’ di manutenzione delle reti relative al servizio idrico integrato e degli impianti a queste connessi possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all’autorita’ di controllo e vigilanza».
Note all’art. 60:
Si riporta il testo dell’art. 190 del citato decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 190. Registri di carico e scarico. – 1. Sono
obbligati alla compilazione e tenuta dei registri di carico
e scarico dei rifiuti:
a) gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti
speciali pericolosi e gli enti e le imprese produttori
iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle
lettere c) e d) del comma 3 dell’art. 184 e di rifiuti
speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri
trattamenti delle acque di cui alla lettera g) del comma 3
dell’art. 184;
b) gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese
che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano
operazioni di preparazione per il riutilizzo e di
trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi
produttori e, in caso di trasporto intermodale, i soggetti
ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della
presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o
ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo
trasporto ai sensi dell’art. 188-ter, comma 1, ultimo
periodo;
c) gli intermediari e i commercianti di rifiuti.
1-bis. Sono esclusi dall’obbligo della tenuta dei
registri di carico e scarico:
a) gli enti e le imprese obbligati o che aderiscono
volontariamente al sistema di controllo della
tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art.
188-bis, comma 2, lettera a), dalla data di effettivo
utilizzo operativo di detto sistema;
b) le attivita’ di raccolta e trasporto di propri
rifiuti speciali non pericolosi effettuate dagli enti e
imprese produttori iniziali.
1-ter. Gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135
del codice civile produttori iniziali di rifiuti pericolosi
adempiono all’obbligo della tenuta dei registri di carico e
scarico con una delle due seguenti modalita’:
a) con la conservazione progressiva per tre anni del
formulario di identificazione di cui all’art. 193, comma 1,
relativo al trasporto dei rifiuti, o della copia della
scheda del sistema di controllo della tracciabilita’ dei
rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lettera
a);
b) con la conservazione per tre anni del documento di
conferimento di rifiuti pericolosi prodotti da attivita’
agricole, rilasciato dal soggetto che provvede alla
raccolta di detti rifiuti nell’ambito del ‘circuito
organizzato di raccolta’ di cui all’art. 183, comma 1,
lettera pp).
1-quater. Nel registro di carico e scarico devono
essere annotate le informazioni sulle caratteristiche
qualitative e quantitative dei rifiuti prodotti o soggetti
alle diverse attivita’ di trattamento disciplinate dalla
presente Parte quarta. Le annotazioni devono essere
effettuate:
a) per gli enti e le imprese produttori iniziali, entro
dieci giorni lavorativi dalla produzione e dallo scarico;
b) per gli enti e le imprese che effettuano operazioni
di preparazione per il riutilizzo, entro dieci giorni
lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti e dallo
scarico dei rifiuti originati da detta attivita’;
c) per gli enti e le imprese che effettuano operazioni
di trattamento, entro due giorni lavorativi dalla presa in
carico e dalla conclusione dell’operazione di trattamento;
d) per gli intermediari e i commercianti, almeno due
giorni lavorativi prima dell’avvio dell’operazione ed entro
dieci giorni lavorativi dalla conclusione dell’operazione.
1-quinquies. Gli imprenditori agricoli di cui al comma
1-ter possono sostituire il registro di carico e scarico
con la conservazione della scheda SISTRI in formato
fotografico digitale inoltrata dal destinatario. L’archivio
informatico e’ accessibile on-line sul portale del
destinatario, in apposita sezione, con nome dell’utente e
password dedicati.
2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso
ogni impianto di produzione o, nel caso in cui cio’ risulti
eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati
con i formulari di identificazione di cui all’art. 193,
comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia
della scheda del sistema di controllo della tracciabilita’
dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2,
lett. a), trasmessa dall’impianto di destinazione dei
rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data
dell’ultima registrazione.
3. I produttori iniziali di rifiuti speciali non
pericolosi di cui al comma 1, lettera a), la cui produzione
annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti
non pericolosi, possono adempiere all’obbligo della tenuta
dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite
le associazioni imprenditoriali interessate o societa’ di
servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono
ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo
presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai
rifiuti prodotti dalle attivita’ di manutenzione delle reti
relative al servizio idrico integrato e degli impianti a
queste connessi possono essere tenuti presso le sedi di
coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro
equivalente, previa comunicazione all’autorita’ di
controllo e vigilanza.
4. Le informazioni contenute nel registro di carico e
scarico sono rese disponibili in qualunque momento
all’autorita’ di controllo qualora ne faccia richiesta.
5. I registri di carico e scarico sono numerati,
vidimati e gestiti con le procedure e le modalita’ fissate
dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi
alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono
correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta
formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati
e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente
competenti.
6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai
registri di carico e scarico e’ quella di cui al decreto
del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come
modificato dal comma 7.
7. Nell’Allegato C1, sezione III, lettera c), del
decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148,
dopo le parole: «in litri» la congiunzione: «e» e’
sostituita dalla disgiunzione: «o».
8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono
inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono
soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e
scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in
ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di
controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui
all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai rifiuti
prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.
9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di
cui all’art. 183, comma 1, lettera mm), sono escluse dagli
obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non
pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del
carico e dello scarico puo’ essere effettuata
contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti stessi
dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun
codice dell’elenco dei rifiuti.”
Art. 61
Disposizioni in materia di morosita’
nel servizio idrico integrato
1. Nell’esercizio dei poteri previsti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sulla base dei principi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta direttive per il contenimento della morosita’ degli utenti del servizio idrico integrato, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, assicurando che sia salvaguardata, tenuto conto dell’equilibrio economico e finanziario dei gestori, la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento e garantendo il quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi.
2. Ai fini del comma 1, l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le procedure per la gestione della morosita’ e per la sospensione della fornitura, assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi.
Note all’art. 61:
La legge 14 novembre 1995, n. 481 recante “Norme per la
concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica
utilita’. Istituzione delle Autorita’ di regolazione dei
servizi di pubblica utilita’” e’ stata pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale del 18 novembre 1995, n. 270 (S.O.)
Si riporta il testo dell’art. 8, del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 recante “Definizione ed
ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le
materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-citta’
ed autonomie locali”:
“Art. 8. Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e
Conferenza unificata. – 1. La Conferenza Stato-citta’ ed
autonomie locali e’ unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita’ montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per
sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per
gli affari regionali nella materia di rispettiva
competenza; ne fanno parte altresi’ il Ministro del tesoro
e del bilancio e della programmazione economica, il
Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il
Ministro della sanita’, il presidente dell’Associazione
nazionale dei comuni d’Italia – ANCI, il presidente
dell’Unione province d’Italia – UPI ed il presidente
dell’Unione nazionale comuni, comunita’ ed enti montani –
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI cinque
rappresentano le citta’ individuate dall’art. 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche’ rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita’ o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e’
convocata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e’ conferito, dal
Ministro dell’interno.”
Art. 62
Disposizioni in materia di sovracanone
di bacino imbrifero montano
1. Il sovracanone di cui alla legge 27 dicembre 1953, n. 959, e alla legge 22 dicembre 1980, n. 925, si intende dovuto per gli impianti con potenza nominale media superiore a 220 kW, nella misura prevista per le concessioni di grande derivazione idroelettrica.
2. Per le concessioni di derivazione idroelettrica assegnate a decorrere dal 1° gennaio 2015, l’obbligo di pagamento dei sovracanoni decorre dalla data di entrata in esercizio dell’impianto e non oltre il termine di ventiquattro mesi dalla data della concessione stessa.
3. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dopo il comma 137 e’ inserito il seguente:
«137-bis. Per gli impianti realizzati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, i sovracanoni idroelettrici, previsti ai sensi dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, di cui al comma 137 del presente articolo, sono comunque dovuti, anche se non funzionali alla prosecuzione degli interventi infrastrutturali».
4. All’articolo 147, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, l’ultimo periodo e’ sostituito dai seguenti: «Sono fatte salve: a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti gia’ istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti».
Note all’art. 62:
La legge 27 dicembre 1953, n. 959 (Norme modificatrici
del T.U. delle leggi sulle acque e sugli impianti
elettrici) e’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31
dicembre 1953, n. 299.
La legge 22 dicembre 1980, n. 925 (Nuove norme relative
ai sovracanoni in tema di concessioni di derivazioni
d’acqua per produzione di forza motrice) e’ stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 6 gennaio 1981, n. 4.
Si riporta il testo dell’art. 147, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 147. Organizzazione territoriale del servizio
idrico integrato. – 1. I servizi idrici sono organizzati
sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti
dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n.
36. Le regioni che non hanno individuato gli enti di
governo dell’ambito provvedono, con delibera, entro il
termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso
inutilmente tale termine si applica l’art. 8 della legge 5
giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel medesimo
ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di
governo dell’ambito, individuato dalla competente regione
per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale e’
trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti
in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa
la programmazione delle infrastrutture idriche di cui
all’art. 143, comma 1.
1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti
di governo dell’ambito individuati ai sensi del comma 1
entro il termine fissato dalle regioni e dalle province
autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla
delibera di individuazione, il Presidente della regione
esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro
ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le
relative spese a carico dell’ente inadempiente. Si applica
quanto previsto dagli ultimi due periodi dell’art. 172,
comma 4.
2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli
ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del
servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo
svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed
economicita’, nel rispetto, in particolare, dei seguenti
principi:
a) unita’ del bacino idrografico o del sub-bacino o dei
bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di
bacino, nonche’ della localizzazione delle risorse e dei
loro vincoli di destinazione, anche derivanti da
consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b) unicita’ della gestione;
c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita
sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.
2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida
con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario
al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed
una migliore qualita’ del servizio all’utenza, e’
consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in
ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti
territoriali corrispondenti alle province o alle citta’
metropolitane. Sono fatte salve: a) le gestioni del
servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con
popolazione inferiore a 1.000 abitanti gia’ istituite ai
sensi del comma 5 dell’art. 148; b) le gestioni del
servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che
presentano contestualmente le seguenti caratteristiche:
approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente
pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree
naturali protette ovvero in siti individuati come beni
paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del
paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo
idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma
autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito
territorialmente competente provvede all’accertamento
dell’esistenza dei predetti requisiti.
3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme
integrative per il controllo degli scarichi degli
insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche
fognature, per la funzionalita’ degli impianti di
pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle
prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.”
Art. 63
Clausola di salvaguardia per la regione autonoma
Valle d’Aosta
1. Sono fatte salve le competenze in materia di servizio idrico della regione autonoma Valle d’Aosta, la quale provvede alle finalita’ del presente capo, per il proprio territorio, ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.
Art. 64
Modifiche all’articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo 1°
agosto 2003, n. 259
1. All’articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Il soggetto che presenta l’istanza di autorizzazione per l’installazione di nuove infrastrutture per impianti radioelettrici ai sensi dell’articolo 87 del presente decreto e’ tenuto al versamento di un contributo alle spese relative al rilascio del parere ambientale da parte dell’organismo competente a effettuare i controlli di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, purche’ questo sia reso nei termini previsti dal citato articolo 87, comma 4.
1-ter. Il soggetto che presenta la segnalazione certificata di inizio attivita’ di cui all’articolo 87-bis del presente decreto e’ tenuto, all’atto del rilascio del motivato parere positivo o negativo da parte dell’organismo competente a effettuare i controlli di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, purche’ questo sia reso nei termini previsti dal citato articolo 87-bis, al versamento di un contributo per le spese.
1-quater. Il contributo previsto dal comma 1-bis, per le attivita’ che comprendono la stima del fondo ambientale come previsto dal modello A di cui all’allegato n. 13, e il contributo previsto al comma 1-ter sono calcolati in base a un tariffario nazionale di riferimento adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, anche sulla base del principio del miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione tramite l’analisi degli altri oneri applicati dalle agenzie ambientali delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. In via transitoria, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo, i contributi previsti ai commi 1-bis e 1-ter sono pari a 250 euro.
1-quinquies. Le disposizioni dei commi da 1-bis a 1-quater non si applicano ai soggetti di cui all’articolo 14, comma 3, della legge 22 febbraio 2001, n. 36».
Note all’art. 64:
Si riporta il testo dell’art. 93, del decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 93 Divieto di imporre altri oneri. – 1. Le
Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i
Comuni non possono imporre per l’impianto di reti o per
l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri
o canoni che non siano stabiliti per legge.
1-bis. Il soggetto che presenta l’istanza di
autorizzazione per l’installazione di nuove infrastrutture
per impianti radioelettrici ai sensi dell’art. 87 del
presente decreto e’ tenuto al versamento di un contributo
alle spese relative al rilascio del parere ambientale da
parte dell’organismo competente a effettuare i controlli di
cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36,
purche’ questo sia reso nei termini previ-sti dal citato
art. 87, comma 4.
1-ter. Il soggetto che presenta la segnalazione
certificata di inizio attivita’ di cui all’art. 87-bis del
presente decreto e’ tenuto, all’atto del rilascio del
motivato parere positivo o negativo da parte dell’organismo
competente a effettuare i controlli di cui all’art. 14
della legge 22 febbraio 2001, n. 36, purche’ questo sia
reso nei termini previsti dal citato art. 87-bis, al
versamento di un contributo per le spese.
1-quater. Il contributo previsto dal comma 1-bis, per
le attivita’ che comprendono la stima del fondo ambientale
come previsto dal modello A di cui all’allegato n. 13, e il
contributo previsto al comma 1-ter sono calcolati in base a
un tariffario nazionale di riferimento adottato con decreto
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione, anche sulla
base del principio del miglioramento dell’efficienza della
pubblica amministrazione tramite l’analisi degli altri
oneri applicati dalle agenzie ambientali delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano. In via
transitoria, fino alla data di entrata in vigore del
decreto di cui al primo periodo, i contributi previsti ai
commi 1-bis e 1-ter sono pari a 250 euro.
1-quinquies. Le disposizioni dei commi da 1-bis a
1-quater non si applicano ai soggetti di cui all’art. 14,
comma 3, della legge 22 febbraio 2001, n. 36.
2. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione
elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne la Pubblica
Amministrazione, l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario
o gestore, dalle spese necessarie per le opere di
sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte
dagli interventi di installazione e manutenzione e di
ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi
stabiliti dall’Ente locale. Nessun altro onere finanziario,
reale o contributo puo’ essere imposto, in conseguenza
dell’esecuzione delle opere di cui al Codice o per
l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta
salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi
ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo
15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per
l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’art. 63
del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e
successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto
dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo,
ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di
costruzione delle gallerie di cui all’art. 47, comma 4, del
predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.”
Art. 65
Acque reflue dei frantoi oleari
1. All’articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 7 e’ inserito il seguente:
«7-bis. Sono altresi’ assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura e’ ammesso, ove l’ente di governo dell’ambito e il gestore d’ambito non ravvisino criticita’ nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all’effettiva capacita’ di trattamento dell’impianto di depurazione».
Note all’art. 65:
Si riporta il testo dell’art. 101, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 101. Criteri generali della disciplina degli
scarichi. – 1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in
funzione del rispetto degli obiettivi di qualita’ dei corpi
idrici e devono comunque rispettare i valori limite
previsti nell’Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto. L’autorizzazione puo’ in ogni caso stabilire
specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni
per i periodi di avviamento e di arresto e per
l’eventualita’ di guasti nonche’ per gli ulteriori periodi
transitori necessari per il ritorno alle condizioni di
regime.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni,
nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei
carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche
disponibili, definiscono i valori-limite di emissione,
diversi da quelli di cui all’Allegato 5 alla parte terza
del presente decreto, sia in concentrazione massima
ammissibile sia in quantita’ massima per unita’ di tempo in
ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie
di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori
limite meno restrittivi di quelli fissati nell’Allegato 5
alla parte terza del presente decreto:
a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque
reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque
reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in
aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi
indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate
nella Tabella 5 del medesimo Allegato.
3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici
e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7,
lettera e), devono essere resi accessibili per il
campionamento da parte dell’autorita’ competente per il
controllo nel punto assunto a riferimento per il
campionamento, che, salvo quanto previsto dall’art. 108,
comma 4, va effettuato immediatamente a monte della
immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le
acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le
fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L’autorita’ competente per il controllo e’
autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga
necessarie per l’accertamento delle condizioni che danno
luogo alla formazione degli scarichi. Essa puo’ richiedere
che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai
numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18
della tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto subiscano un trattamento particolare prima
della loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun
caso essere conseguiti mediante diluizione con acque
prelevate esclusivamente allo scopo. Non e’ comunque
consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio
o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali
di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per
adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza del presente
decreto. L’autorita’ competente, in sede di autorizzazione
prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di
lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia,
sia separato dagli scarichi terminali contenenti le
sostanze di cui al comma 4.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico
superficiale presentino parametri con valori superiori ai
valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico e’
fissata in base alla natura delle alterazioni e agli
obiettivi di qualita’ del corpo idrico ricettore. In ogni
caso le acque devono essere restituite con caratteristiche
qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza
maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale
sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall’art. 112, ai fini della
disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono
assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla
coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di
bestiame;
c) provenienti da imprese dedite alle attivita’ di cui
alle lettere a) e b) che esercitano anche attivita’ di
trasformazione o di valorizzazione della produzione
agricola, inserita con carattere di normalita’ e
complementarieta’ funzionale nel ciclo produttivo aziendale
e con materia prima lavorata proveniente in misura
prevalente dall’attivita’ di coltivazione dei terreni di
cui si abbia a qualunque titolo la disponibilita’;
d) provenienti da impianti di acquacoltura e di
piscicoltura che diano luogo a scarico e che si
caratterizzino per una densita’ di allevamento pari o
inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o
in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o
inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a
quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
f) provenienti da attivita’ termali, fatte salve le
discipline regionali di settore.
7-bis. Sono altresi’ assimilate alle acque reflue
domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le
acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di
assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il
rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue
urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica
fognatura e’ ammesso, ove l’ente di governo dell’ambito e
il gestore d’ambito non ravvisino criticita’ nel sistema di
depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti
esclusivamente dal territorio regionale e da aziende
agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o
terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite
fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente
praticabili, previo idoneo trattamento che garantisca il
rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni
regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del
servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e
all’effettiva capacita’ di trattamento dell’impianto di
depurazione.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, e successivamente ogni
due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, al Servizio
geologico d’Italia -Dipartimento difesa del suolo
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA) e all’Autorita’ di vigilanza sulle
risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla
funzionalita’ dei depuratori, nonche’ allo smaltimento dei
relativi fanghi, secondo le modalita’ di cui all’art. 75,
comma 5.
9. Al fine di assicurare la piu’ ampia divulgazione
delle informazioni sullo stato dell’ambiente le regioni
pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e
siti internet istituzionali, una relazione sulle attivita’
di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro
competenza, secondo le modalita’ indicate nel decreto di
cui all’art. 75, comma 5.
10. Le Autorita’ competenti possono promuovere e
stipulare accordi e contratti di programma con soggetti
economici interessati, al fine di favorire il risparmio
idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero
come materia prima dei fanghi di depurazione, con la
possibilita’ di ricorrere a strumenti economici, di
stabilire agevolazioni in materia di adempimenti
amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute
utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina
generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e
delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di
qualita’.”
Art. 66
Modifica all’articolo 180-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, in materia di scambio di beni usati
1. Dopo il comma 1 dell’articolo 180-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ inserito il seguente:
«1-bis. Ai fini di cui al comma 1, i comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lettera mm), per l’esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresi’ essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l’obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell’usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana».
Note all’art. 66:
Si riporta il testo dell’art. 180-bis, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dalla
presente legge:
“Art. 180-bis Riutilizzo di prodotti e preparazione per
il riutilizzo dei rifiuti. – 1. Le pubbliche
amministrazioni promuovono, nell’esercizio delle rispettive
competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei
prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti.
Tali iniziative possono consistere anche in:
a) uso di strumenti economici;
b) misure logistiche, come la costituzione ed il
sostegno di centri e reti accreditati di
riparazione/riutilizzo;
c) adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento
dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi
dell’art. 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di
cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del
medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare adotta entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione i decreti attuativi di cui all’art. 2 del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008;
d) definizione di obiettivi quantitativi;
e) misure educative;
f) promozione di accordi di programma.
1-bis. Ai fini di cui al comma 1, i comuni possono
individuare anche appositi spazi, presso i centri di
raccolta di cui all’art. 183, comma 1, lettera mm), per
l’esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra
privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al
riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresi’ essere
individuate apposite aree adibite al deposito preliminare
alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per
il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei
centri di raccolta possono anche essere individuati spazi
dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con
l’obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare
al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione
e schemi di filiera degli operatori professionali
dell’usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di
igiene urbana.
2. Con uno o piu’ decreti del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza
unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure
necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la
preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche
attraverso l’introduzione della responsabilita’ estesa del
produttore del prodotto. Con uno o piu’ decreti del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottarsi
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono definite le modalita’ operative
per la costituzione e il sostegno di centri e reti
accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la
definizione di procedure autorizzative semplificate e di un
catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti
che possono essere sottoposti, rispettivamente, a
riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.
3. Le amministrazioni interessate provvedono agli
adempimenti di cui al presente articolo con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.”
Art. 67
Comitato per il capitale naturale
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e’ istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il Comitato per il capitale naturale. Il Comitato e’ presieduto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e ne fanno parte i Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, per gli affari regionali e le autonomie, per la coesione territoriale, per la semplificazione e la pubblica amministrazione, dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, o loro rappresentanti delegati, un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, un rappresentante dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, il Governatore della Banca d’Italia, il Presidente dell’Istituto nazionale di statistica, il Presidente dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e il Presidente dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, o loro rappresentanti delegati. Il Comitato e’ integrato con esperti della materia provenienti da universita’ ed enti di ricerca, ovvero con altri dipendenti pubblici in possesso di specifica qualificazione, nominati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
2. Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi sociali, economici e ambientali coerenti con l’annuale programmazione finanziaria e di bilancio di cui agli articoli 7, 10 e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il Comitato di cui al comma 1 del presente articolo trasmette, entro il 28 febbraio di ogni anno, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell’economia e delle finanze un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato di informazioni e dati ambientali espressi in unita’ fisiche e monetarie, seguendo le metodologie definite dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e dall’Unione europea, nonche’ di valutazioni ex ante ed ex post degli effetti delle politiche pubbliche sul capitale naturale e sui servizi ecosistemici.
3. La partecipazione al Comitato di cui al comma 1 e’ svolta a titolo gratuito, rimanendo escluso qualsiasi compenso o rimborso di spese a qualsiasi titolo richiesti.
4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, il Comitato di cui al comma 1 del presente articolo promuove anche l’adozione, da parte degli enti locali, di sistemi di contabilita’ ambientale e la predisposizione, da parte dei medesimi enti, di appositi bilanci ambientali, finalizzati al monitoraggio e alla rendicontazione dell’attuazione, dell’efficacia e dell’efficienza delle politiche e delle azioni svolte dall’ente per la tutela dell’ambiente, nonche’ dello stato dell’ambiente e del capitale naturale. In particolare il Comitato definisce uno schema di riferimento sulla base delle sperimentazioni gia’ effettuate dagli enti locali in tale ambito, anche avvalendosi di cofinanziamenti europei.
5. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede al funzionamento del Comitato di cui al comma 1, anche ai fini del supporto logistico e amministrativo, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Note all’art. 67:
Si riporta il testo degli articoli 7, 10 e 10-bis della
legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita’ e
finanza pubblica), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del
31 dicembre 2009, n. 303 (S.O.):
“Art. 7. Ciclo e strumenti della programmazione
finanziaria e di bilancio. – 1. L’impostazione delle
previsioni di entrata e di spesa dei bilanci delle
amministrazioni pubbliche si conforma al metodo della
programmazione.
2. Gli strumenti della programmazione sono:
a) il Documento di economia e finanza (DEF), da
presentare alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, per
le conseguenti deliberazioni parlamentari;
b) la Nota di aggiornamento del DEF, da presentare alle
Camere entro il 20 settembre di ogni anno, per le
conseguenti deliberazioni parlamentari;
c) il disegno di legge di stabilita’, da presentare
alle Camere entro il 15 ottobre di ogni anno;
d) il disegno di legge del bilancio dello Stato, da
presentare alle Camere entro il 15 ottobre di ogni anno;
e) il disegno di legge di assestamento, da presentare
alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno;
f) gli eventuali disegni di legge collegati alla
manovra di finanza pubblica, da presentare alle Camere
entro il mese di gennaio di ogni anno;
g) gli specifici strumenti di programmazione delle
amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato.
3. I documenti di cui al comma 2, lettere a), b), c),
d) ed e), sono presentati alle Camere dal Governo su
proposta del Ministro dell’economia e delle finanze,
sentito, per quanto concerne la terza sezione del DEF, il
Ministro per le politiche europee. Il documento di cui al
comma 2, lettera a), e’ inviato, entro i termini ivi
indicati, per il relativo parere alla Conferenza permanente
per il coordinamento della finanza pubblica, la quale si
esprime in tempo utile per le deliberazioni parlamentari di
cui alla medesima lettera a).”
“Art. 10. Documento di economia e finanza. – 1. Il DEF,
come risultante dalle conseguenti deliberazioni
parlamentari, e’ composto da tre sezioni.
2. La prima sezione del DEF reca lo schema del
Programma di stabilita’, di cui all’art. 9, comma 1. Lo
schema contiene gli elementi e le informazioni richieste
dai regolamenti dell’Unione europea vigenti in materia e
dal Codice di condotta sull’attuazione del patto di
stabilita’ e crescita, con specifico riferimento agli
obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del
debito pubblico. In particolare, la prima sezione contiene:
a) gli obiettivi di politica economica e il quadro
delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno
per il triennio successivo e gli obiettivi articolati per i
sottosettori del conto delle amministrazioni pubbliche
relativi alle amministrazioni centrali, alle
amministrazioni locali e agli enti di previdenza e
assistenza sociale;
b) l’aggiornamento delle previsioni per l’anno in
corso, evidenziando gli eventuali scostamenti rispetto al
precedente Programma di stabilita’;
c) l’indicazione dell’evoluzione economico-finanziaria
internazionale, per l’anno in corso e per il periodo di
riferimento; per l’Italia, in linea con le modalita’ e i
tempi indicati dal Codice di condotta sull’attuazione del
patto di stabilita’ e crescita, le previsioni
macroeconomiche, per ciascun anno del periodo di
riferimento, con evidenziazione dei contributi alla
crescita dei diversi fattori, dell’evoluzione dei prezzi,
del mercato del lavoro e dell’andamento dei conti con
l’estero; l’esplicitazione dei parametri economici
essenziali utilizzati per le previsioni di finanza pubblica
in coerenza con gli andamenti macroeconomici;
c-bis) un confronto con le previsioni macroeconomiche e
di bilancio della Commissione piu’ aggiornate e illustra le
differenze piu’ significative tra lo scenario
macroeconomico e finanziario scelto e le previsioni della
Commissione, con particolare riferimento alle variabili
esogene adottate;
d) le previsioni per i principali aggregati del conto
economico delle amministrazioni pubbliche;
e) gli obiettivi programmatici definiti in coerenza con
quanto previsto dall’ordinamento europeo, indicati per
ciascun anno del periodo di riferimento, in rapporto al
prodotto interno lordo e, tenuto conto della manovra di cui
alla lettera f), per l’indebitamento netto, per il saldo di
cassa, al netto e al lordo degli interessi e delle
eventuali misure una tantum ininfluenti sul saldo
strutturale del conto economico delle amministrazioni
pubbliche, e per il debito delle amministrazioni pubbliche,
articolati per i sottosettori di cui alla lettera a);
f) l’articolazione della manovra necessaria per il
conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera e),
almeno per un triennio, per i sottosettori di cui alla
lettera a), nonche’ un’indicazione di massima delle misure
attraverso le quali si prevede di raggiungere i predetti
obiettivi;
g) il prodotto potenziale e gli indicatori strutturali
programmatici del conto economico delle pubbliche
amministrazioni per ciascun anno del periodo di
riferimento;
h) le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e
gli interventi che si intende adottare per garantirne la
sostenibilita’;
i) le diverse ipotesi di evoluzione dell’indebitamento
netto e del debito rispetto a scenari di previsione
alternativi riferiti al tasso di crescita del prodotto
interno lordo, della struttura dei tassi di interesse e del
saldo primario;
l) informazioni sulle passivita’ potenziali che possono
avere effetti sui bilanci pubblici, ai sensi della
direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011.
3. La seconda sezione del DEF contiene:
a) l’analisi del conto economico e del conto di cassa
delle amministrazioni pubbliche nell’anno precedente e
degli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi
programmatici indicati nel DEF e nella Nota di
aggiornamento di cui all’art. 10-bis;
b) le previsioni tendenziali a legislazione vigente,
almeno per il triennio successivo, basate sui parametri di
cui al comma 2, lettera c), e, per la parte discrezionale
della spesa, sull’invarianza dei servizi e delle
prestazioni offerte, dei flussi di entrata e di uscita del
conto economico dei sottosettori di cui al comma 2, lettera
a), al netto e al lordo delle eventuali misure una tantum
ininfluenti sul saldo strutturale del conto economico delle
amministrazioni pubbliche, e di quelli del saldo di cassa
delle amministrazioni pubbliche, con un’indicazione di
massima, anche per l’anno in corso, dei motivi degli
scostamenti tra gli andamenti tendenziali indicati e le
previsioni riportate nei precedenti documenti
programmatici, nonche’ con l’indicazione della pressione
fiscale delle amministrazioni pubbliche. Sono inoltre
indicate le previsioni relative al debito delle
amministrazioni pubbliche nel loro complesso e per i
sottosettori di cui al comma 2, lettera a), nonche’ le
risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate,
con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali;
c) un’indicazione delle previsioni a politiche
invariate per i principali aggregati del conto economico
delle amministrazioni pubbliche riferite almeno al triennio
successivo;
d) le previsioni tendenziali, almeno per il triennio
successivo, del saldo di cassa del settore statale e le
indicazioni sulle correlate modalita’ di copertura;
e) in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 2,
lettera e), e con i loro eventuali aggiornamenti,
l’individuazione di regole generali sull’evoluzione della
spesa delle amministrazioni pubbliche;
f) le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle
previsioni dei conti dei principali settori di spesa,
almeno per il triennio successivo, con particolare
riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla
protezione sociale e alla sanita’, nonche’ sul debito delle
amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio.
4. In apposita nota metodologica, allegata alla seconda
sezione del DEF, sono esposti analiticamente i criteri di
formulazione delle previsioni tendenziali di cui al comma
3, lettera b).
5. La terza sezione del DEF reca lo schema del
Programma nazionale di riforma di cui all’art. 9, comma 1.
Lo schema contiene gli elementi e le informazioni previsti
dai regolamenti dell’Unione europea e dalle specifiche
linee guida per il Programma nazionale di riforma. In
particolare, la terza sezione indica:
a) lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con
indicazione dell’eventuale scostamento tra i risultati
previsti e quelli conseguiti;
b) gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori
di natura macroeconomica che incidono sulla competitivita’;
c) le priorita’ del Paese e le principali riforme da
attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la
compatibilita’ con gli obiettivi programmatici indicati
nella prima sezione del DEF;
d) i prevedibili effetti delle riforme proposte in
termini di crescita dell’economia, di rafforzamento della
competitivita’ del sistema economico e di aumento
dell’occupazione.
6. In allegato al DEF sono indicati gli eventuali
disegni di legge collegati alla manovra di finanza
pubblica, ciascuno dei quali reca disposizioni omogenee per
materia, tenendo conto delle competenze delle
amministrazioni, e concorre al raggiungimento degli
obiettivi programmatici, con esclusione di quelli relativi
alla fissazione dei saldi di cui all’art. 11, comma 1,
nonche’ all’attuazione del Programma nazionale di riforma
di cui all’art. 9, comma 1, anche attraverso interventi di
carattere ordinamentale, organizzatorio ovvero di rilancio
e sviluppo dell’economia. I regolamenti parlamentari
determinano le procedure e i termini per l’esame dei
disegni di legge collegati.
7. Il Ministro dello sviluppo economico presenta alle
Camere, entro il 10 aprile dell’anno successivo a quello di
riferimento, in allegato al DEF, un’unica relazione di
sintesi sugli interventi realizzati nelle aree
sottoutilizzate, evidenziando il contributo dei fondi
nazionali addizionali, e sui risultati conseguiti, con
particolare riguardo alla coesione sociale e alla
sostenibilita’ ambientale, nonche’ alla ripartizione
territoriale degli interventi.
8. In allegato al DEF e’ presentato il programma
predisposto ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 21
dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, nonche’
lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo
all’anno precedente, predisposto dal Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti.
9. In allegato al DEF e’ presentato un documento,
predisposto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentiti gli altri Ministri
interessati, sullo stato di attuazione degli impegni per la
riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in
coerenza con gli obblighi internazionali assunti
dall’Italia in sede europea e internazionale, e sui
relativi indirizzi.
10. In apposito allegato al DEF, in relazione alla
spesa del bilancio dello Stato, sono esposte, con
riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili,
distinte tra spese correnti e spese in conto capitale, le
risorse destinate alle singole regioni, con separata
evidenza delle categorie economiche relative ai
trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti
locali, e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
11. Il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il
30 giugno di ogni anno, a integrazione del DEF, trasmette
alle Camere un apposito allegato in cui sono riportati i
risultati del monitoraggio degli effetti sui saldi di
finanza pubblica, sia per le entrate sia per le spese,
derivanti dalle misure contenute nelle manovre di bilancio
adottate anche in corso d’anno, che il Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato e il Dipartimento delle
finanze del Ministero dell’economia e delle finanze sono
tenuti ad assicurare; sono inoltre indicati gli scostamenti
rispetto alle valutazioni originarie e le relative
motivazioni.”
“Art. 10-bis. Nota di aggiornamento del Documento di
economia e finanza. – 1. La Nota di aggiornamento del DEF
contiene:
a) l’eventuale aggiornamento degli obiettivi
programmatici di cui all’art. 10, comma 2, lettera e), al
fine di stabilire una diversa articolazione di tali
obiettivi tra i sottosettori di cui all’art. 10, comma 2,
lettera a), ovvero di recepire raccomandazioni approvate
dal Consiglio dell’Unione europea, nonche’ delle previsioni
macroeconomiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e
per il restante periodo di riferimento;
b) in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da
finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del
settore statale;
c) le osservazioni e le eventuali modifiche e
integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del
Consiglio dell’Unione europea relative al Programma di
stabilita’ e al Programma nazionale di riforma di cui
all’art. 9, comma 1;
d) in coerenza con gli obiettivi di cui all’art. 10,
comma 2, lettera e), e con i loro eventuali aggiornamenti,
il contenuto del Patto di stabilita’ interno e le sanzioni
previste ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera e), della
legge 5 maggio 2009, n. 42, da applicare nel caso di
mancato rispetto di quanto previsto dal Patto di stabilita’
interno, nonche’ il contenuto del Patto di convergenza e le
misure atte a realizzare il percorso di convergenza
previsto dall’art. 18 della citata legge n. 42 del 2009,
come modificato dall’art. 51, comma 3, della presente
legge.
2. Qualora si renda necessario procedere a una modifica
degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 10 settembre
il Governo, in attuazione di quanto previsto dall’art. 5,
comma 1, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42,
invia alla Conferenza permanente per il coordinamento della
finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere
entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione
degli obiettivi di cui all’art. 10, comma 2, lettera e),
della presente legge. Entro il medesimo termine del 10
settembre le linee guida sono trasmesse alle Camere. Alle
Camere e’ altresi’ trasmesso il parere di cui al primo
periodo.
3. La Nota di aggiornamento di cui al comma 1 e’
corredata delle relazioni programmatiche sulle spese di
investimento per ciascuna missione di spesa del bilancio
dello Stato e delle relazioni sullo stato di attuazione
delle relative leggi pluriennali. Per ciascuna legge
pluriennale di spesa in scadenza, il Ministro competente
valuta se permangono le ragioni che a suo tempo ne avevano
giustificato l’adozione, tenuto anche conto dei nuovi
programmi da avviare.
4. Alle relazioni di cui al comma 3 il Ministro
dell’economia e delle finanze allega un quadro riassuntivo
di tutte le leggi di spesa a carattere pluriennale, con
indicazione, per ciascuna legge, degli eventuali rinnovi e
della relativa scadenza, delle somme complessivamente
autorizzate, indicando quelle effettivamente erogate e i
relativi residui di ciascun anno, nonche’ quelle che
restano ancora da erogare.
5. In apposita sezione del quadro riassuntivo di cui al
comma 4 e’ esposta, in allegato, la ricognizione dei
contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato,
con specifica indicazione di quelli attivati e delle
eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che
concorrono al finanziamento dell’opera nonche’
dell’ammontare utilizzato. Entro il 30 giugno i Ministeri
competenti comunicano al Ministero dell’economia e delle
finanze tutti i dati necessari alla predisposizione
dell’allegato di cui al presente comma. A seguito della
completa attivazione delle procedure di monitoraggio di cui
all’art. 30, comma 9, lettera f), la sezione di cui al
primo periodo da’ inoltre conto della valutazione degli
effetti sui saldi di finanza pubblica dei contributi
pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato.
5-bis. La Nota di aggiornamento di cui al comma 1 e’
corredata altresi’ da un rapporto programmatico nel quale
sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o
riformare le spese fiscali in tutto o in parte
ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze
sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a
programmi di spesa aventi le stesse finalita’, che il
Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica.
Nell’indicazione degli interventi di cui al precedente
periodo resta ferma la priorita’ della tutela dei redditi
di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese
minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della
salute, delle persone economicamente o socialmente
svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della
ricerca e dell’istruzione, nonche’ dell’ambiente e
dell’innovazione tecnologica. Le spese fiscali per le quali
sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore sono
oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione,
modifica o conferma.
6. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, il
Governo, qualora per finalita’ analoghe a quelle di cui al
medesimo comma 1, lettera a), ovvero per il verificarsi di
eventi eccezionali, intenda aggiornare gli obiettivi di cui
all’art. 10, comma 2, lettera e), ovvero in caso di
scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica
rispetto ai medesimi obiettivi che rendano necessari
interventi correttivi, trasmette una relazione al
Parlamento nella quale indica le ragioni dell’aggiornamento
ovvero degli scostamenti, nonche’ gli interventi correttivi
che si prevede di adottare.
7. In allegato alla Nota di aggiornamento di cui al
comma 1 sono indicati eventuali disegni di legge collegati,
con i requisiti di cui all’art. 10, comma 6.”
Si riporta il testo dell’art. 40, del decreto
legislativo 14 marzo 2013, n. 33 recante (Riordino della
disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita’,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni), pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 5 aprile 2013, n. 80.
“Art. 40. Pubblicazione e accesso alle informazioni
ambientali. – 1. In materia di informazioni ambientali
restano ferme le disposizioni di maggior tutela gia’
previste dall’art. 3-sexies del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, dalla legge 16 marzo 2001, n. 108,
nonche’ dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
2. Le amministrazioni di cui all’art. 2, comma 1,
lettera b), del decreto legislativo n. 195 del 2005,
pubblicano, sui propri siti istituzionali e in conformita’
a quanto previsto dal presente decreto, le informazioni
ambientali di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, che detengono
ai fini delle proprie attivita’ istituzionali, nonche’ le
relazioni di cui all’art. 10 del medesimo decreto
legislativo. Di tali informazioni deve essere dato
specifico rilievo all’interno di un’apposita sezione detta
«Informazioni ambientali».
3. Sono fatti salvi i casi di esclusione del diritto di
accesso alle informazioni ambientali di cui all’art. 5 del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
4. L’attuazione degli obblighi di cui al presente
articolo non e’ in alcun caso subordinata alla stipulazione
degli accordi di cui all’art. 11 del decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 195. Sono fatti salvi gli effetti degli
accordi eventualmente gia’ stipulati, qualora assicurino
livelli di informazione ambientale superiori a quelli
garantiti dalle disposizioni del presente decreto. Resta
fermo il potere di stipulare ulteriori accordi ai sensi del
medesimo art. 11, nel rispetto dei livelli di informazione
ambientale garantiti dalle disposizioni del presente
decreto.”
Art. 68
Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi
e dei sussidi ambientalmente favorevoli
1. A sostegno dell’attuazione degli impegni derivanti dalla comunicazione della Commissione europea «Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente sostenibile e inclusiva» [COM (2010) 2020 definitivo], dalle raccomandazioni del Consiglio n. 2012/C219/14, del 10 luglio 2012, e n. 2013/C217/11, del 9 luglio 2013, e dal regolamento (UE) n. 691/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2011, in accordo con le raccomandazioni contenute nel Rapporto OCSE 2013 sulle performance ambientali dell’Italia e con la dichiarazione conclusiva della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile svoltasi a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno 2012, e’ istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, gestito sulla base delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per la redazione del Catalogo il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, oltre che delle informazioni nella disponibilita’ propria e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, delle informazioni rese disponibili dall’Istituto nazionale di statistica, dalla Banca d’Italia, dai Ministeri, dalle regioni e dagli enti locali, dalle universita’ e dagli altri centri di ricerca, che forniscono i dati a loro disposizione secondo uno schema predisposto dal medesimo Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. I sussidi sono intesi nella loro definizione piu’ ampia e comprendono, tra gli altri, gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell’ambiente.
2. Il Catalogo di cui al comma 1 e’ aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alle Camere e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, entro il 31 luglio di ogni anno, una relazione concernente gli esiti dell’aggiornamento del Catalogo.
3. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.
Art. 69
Disposizioni in materia di gestione di rifiuti speciali
per talune attivita’ economiche
1. Il comma 8 dell’articolo 40 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e’ sostituito dal seguente:
«8. In materia di semplificazione del trattamento dei rifiuti speciali per talune attivita’ economiche a ridotto impatto ambientale, le imprese agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, nonche’ i soggetti esercenti attivita’ ricadenti nell’ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice CER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati, possono trasportarli, in conto proprio, per una quantita’ massima fino a 30 chilogrammi al giorno, a un impianto che effettua operazioni autorizzate di smaltimento. L’obbligo di registrazione nel registro di carico e scarico dei rifiuti e l’obbligo di comunicazione al Catasto dei rifiuti tramite il modello unico di dichiarazione ambientale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si intendono assolti, anche ai fini del trasporto in conto proprio, attraverso la compilazione e conservazione, in ordine cronologico, dei formulari di trasporto di cui all’articolo 193 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni. I formulari sono gestiti e conservati con le modalita’ previste dal medesimo articolo 193. La conservazione deve avvenire presso la sede dei soggetti esercenti le attivita’ di cui al presente comma o tramite le associazioni imprenditoriali interessate o societa’ di servizi di diretta emanazione delle stesse, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi. L’adesione, da parte dei soggetti esercenti attivita’ ricadenti nei suddetti codici ATECO, alle modalita’ semplificate di gestione dei rifiuti speciali assolve agli obblighi in materia di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti».
Note all’art. 69:
Si riporta il testo dell’art. 40, comma 8, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come
modificato dalla presente legge:
“Art. 40. Riduzione degli adempimenti amministrativi
per le imprese. – 1. Il comma 3 dell’art. 109 del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni,
e’ sostituito dal seguente:
«3. Entro le ventiquattr’ore successive all’arrivo, i
soggetti di cui al comma 1 comunicano alle questure
territorialmente competenti, avvalendosi di mezzi
informatici o telematici o mediante fax, le generalita’
delle persone alloggiate, secondo modalita’ stabilite con
decreto del Ministro dell’interno, sentito il Garante per
la protezione dei dati personali».
2. Per la riduzione degli oneri in materia di privacy,
sono apportate le seguenti modifiche al decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196:
a) all’art. 4, comma 1, alla lettera b), le parole
“persona giuridica, ente od associazione” sono soppresse e
le parole “identificati o identificabili” sono sostituite
dalle parole “identificata o identificabile”;
b) all’art. 4, comma 1, alla lettera i), le parole “la
persona giuridica, l’ente o l’associazione” sono soppresse;
c) il comma 3-bis dell’art. 5 e’ abrogato;
d) al comma 4, dell’art. 9, l’ultimo periodo e’
soppresso;
e) la lettera h) del comma 1 dell’art. 43 e’ soppressa.
3. Allo scopo di facilitare l’impiego del lavoratore
straniero nelle more di rilascio/rinnovo del permesso di
soggiorno, dopo il comma 9 dell’art. 5 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e’ inserito il seguente
comma:
«9-bis. In attesa del rilascio o del rinnovo del
permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il
termine di venti giorni di cui al precedente comma, il
lavoratore straniero puo’ legittimamente soggiornare nel
territorio dello Stato e svolgere temporaneamente
l’attivita’ lavorativa fino ad eventuale comunicazione
dell’Autorita’ di pubblica sicurezza, da notificare anche
al datore di lavoro, con l’indicazione dell’esistenza dei
motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di
soggiorno. L’attivita’ di lavoro di cui sopra puo’
svolgersi alle seguenti condizioni:
a) che la richiesta del rilascio del permesso di
soggiorno per motivi di lavoro sia stata effettuata dal
lavoratore straniero all’atto della stipula del contratto
di soggiorno, secondo le modalita’ previste nel regolamento
d’attuazione, ovvero, nel caso di rinnovo, la richiesta sia
stata presentata prima della scadenza del permesso, ai
sensi del precedente comma 4, e dell’art. 13 del decreto
del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1999, n. 394,
o entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso;
b) che sia stata rilasciata dal competente ufficio la
ricevuta attestante l’avvenuta presentazione della
richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso.».
4. In materia di semplificazione degli obblighi di
tenuta ed annotazione del registro dei lavoratori, al comma
3 dell’art. 39 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole
“entro il giorno 16”, sono sostituire con le seguenti:
“entro la fine”.
5. In materia di bonifica dei siti inquinati, per
semplificare gli adempimenti delle imprese, al comma 7
dell’art. 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, dopo il primo periodo, e’ inserito il seguente: «Nel
caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di
cui al periodo precedente, che presentino particolari
complessita’ a causa della natura della contaminazione,
degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie
o dell’estensione dell’area interessata dagli interventi
medesimi, il progetto puo’ essere articolato per fasi
progettuali distinte al fine di rendere possibile la
realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi
temporali successive.». Al comma 9 del medesimo art. 242
del decreto legislativo n. 152 del 2006, le parole: «con
attivita’ in esercizio» sono soppresse ed e’ aggiunto, in
fine, il seguente periodo: «Possono essere altresi’
autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e
delle reti tecnologiche, purche’ non compromettano la
possibilita’ di effettuare o completare gli interventi di
bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di
prevenzione dei rischi».
6. Al fine di semplificare gli adempimenti delle
imprese di auto-riparazione, il decreto del Ministero dei
Trasporti e della Navigazione del 30 luglio 1997, n. 406-
Regolamento recante le dotazioni delle attrezzature e delle
strumentazioni delle imprese esercenti attivita’ di
autoriparazione, e’ abrogato.
7. In materia di semplificazione degli adempimenti
amministrativi di registrazione C.O.V. (Composti Organici
Volatili) per la vendita dei prodotti ai consumatori
finali, all’art. 2, comma 1, lett. o) del decreto
legislativo 27 marzo 2006, n. 161, le parole “o per gli
utenti” sono soppresse.
8. In materia di semplificazione del trattamento dei
rifiuti speciali per talune attivita’ economiche a ridotto
impatto ambientale, le imprese agricole di cui all’art.
2135 del codice civile, nonche’ i soggetti esercenti
attivita’ ricadenti nell’ambito dei codici ATECO 96.02.01,
96.02.02 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi,
compresi quelli aventi codice CER 18.01.03*, relativi ad
aghi, siringhe e oggetti taglienti usati, possono
trasportarli, in conto proprio, per una quantita’ massima
fino a 30 chilogrammi al giorno, a un impianto che effettua
operazioni autorizzate di smaltimento. L’obbligo di
registrazione nel registro di carico e scarico dei rifiuti
e l’obbligo di comunicazione al Catasto dei rifiuti tramite
il modello unico di dichiarazione ambientale, di cui al
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si intendono
assolti, anche ai fini del trasporto in conto proprio,
attraverso la compilazione e conservazione, in ordine
cronologico, dei formulari di trasporto di cui all’art. 193
del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e
successive modificazioni. I formulari sono gestiti e
conservati con le modalita’ previste dal medesimo art. 193.
La conservazione deve avvenire presso la sede dei soggetti
esercenti le attivita’ di cui al presente comma o tramite
le associazioni imprenditoriali interessate o societa’ di
servizi di diretta emanazione delle stesse, mantenendo
presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
L’adesione, da parte dei soggetti esercenti attivita’
ricadenti nei suddetti codici ATECO, alle modalita’
semplificate di gestione dei rifiuti speciali assolve agli
obblighi in materia di controllo della tracciabilita’ dei
rifiuti.
9. La documentazione e le certificazioni attualmente
richieste ai fini del conseguimento delle agevolazioni
fiscali in materia di beni e attivita’ culturali previste
dagli articoli 15, comma 1, lettere g) ed h), e 100, comma
2, lettere e) ed f), del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono
sostituite da un’apposita dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorieta’, presentata dal richiedente al
Ministero per i beni e le attivita’ culturali ai sensi e
per gli effetti dell’art. 47 del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive
modificazioni, relativa alle spese effettivamente sostenute
per lo svolgimento degli interventi e delle attivita’ cui i
benefici si riferiscono. Il Ministero per i beni e le
attivita’ culturali esegue controlli a campione ai sensi
degli articoli 71 e 72 del decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive
modificazioni.
9-bis. All’art. 27 del testo unico dei servizi di media
audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31
luglio 2005, n. 177, e’ aggiunto, in fine, il seguente
comma:
«7-bis. La cessione anche di un singolo impianto
radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le
attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda. Gli
atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami
d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere
dagli operatori del settore prima della data di entrata in
vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in
ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari».
9-ter. Il termine di cui all’art. 1, comma 862, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni,
e’ prorogato al 31 dicembre 2012 per le iniziative
agevolate che, alla data del 31 dicembre 2011, risultino
realizzate in misura non inferiore all’80 per cento degli
investimenti ammessi e a condizione che le stesse siano
completate entro il 31 dicembre 2012. Per gli interventi in
fase di ultimazione e non revocati, oggetto di proroga ai
sensi del presente comma, l’agevolazione e’ rideterminata
nel limite massimo delle quote di contributi maturati per
investimenti realizzati dal beneficiario alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto. Il Ministero dello sviluppo economico presenta una
relazione sulle opere concluse, e le eventuali economie
realizzate sulle apposite contabilita’ speciali alla data
del 31 dicembre 2012 sono versate all’entrata del bilancio
dello Stato.”
Art. 70
Delega al Governo per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei
servizi ecosistemici e ambientali
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o piu’ decreti legislativi per l’introduzione di un sistema di pagamento dei servizi ecosistemici e ambientali (PSEA).
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che il sistema di PSEA sia definito quale remunerazione di una quota di valore aggiunto derivante, secondo meccanismi di carattere negoziale, dalla trasformazione dei servizi ecosistemici e ambientali in prodotti di mercato, nella logica della transazione diretta tra consumatore e produttore, ferma restando la salvaguardia nel tempo della funzione collettiva del bene;
b) prevedere che il sistema di PSEA sia attivato, in particolare, in presenza di un intervento pubblico di assegnazione in concessione di un bene naturalistico di interesse comune, che deve mantenere intatte o incrementare le sue funzioni;
c) prevedere che nella definizione del sistema di PSEA siano specificamente individuati i servizi oggetto di remunerazione, il loro valore, nonche’ i relativi obblighi contrattuali e le modalita’ di pagamento;
d) prevedere che siano in ogni caso remunerati i seguenti servizi: fissazione del carbonio delle foreste e dell’arboricoltura da legno di proprieta’ demaniale, collettiva e privata; regimazione delle acque nei bacini montani; salvaguardia della biodiversita’ delle prestazioni ecosistemiche e delle qualita’ paesaggistiche; utilizzazione di proprieta’ demaniali e collettive per produzioni energetiche;
e) prevedere che nel sistema di PSEA siano considerati interventi di pulizia e manutenzione dell’alveo dei fiumi e dei torrenti;
f) prevedere che sia riconosciuto il ruolo svolto dall’agricoltura e dal territorio agroforestale nei confronti dei servizi ecosistemici, prevedendo meccanismi di incentivazione attraverso cui il pubblico operatore possa creare programmi con l’obiettivo di remunerare gli imprenditori agricoli che proteggono, tutelano o forniscono i servizi medesimi;
g) coordinare e razionalizzare ogni altro analogo strumento e istituto gia’ esistente in materia;
h) prevedere che beneficiari finali del sistema di PSEA siano i comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni, comunque denominate;
i) introdurre forme di premialita’ a beneficio dei comuni che utilizzano, in modo sistematico, sistemi di contabilita’ ambientale e urbanistica e forme innovative di rendicontazione dell’azione amministrativa;
l) ritenere precluse le attivita’ di stoccaggio di gas naturale in acquiferi profondi.
3. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralita’ finanziaria dei medesimi, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinche’ su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di assegnazione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l’espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza del termine previsto al comma 1, quest’ultimo e’ prorogato di tre mesi.
Note all’art. 70:
Per il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281 si veda nelle note all’art. 61.
Art. 71
Oil free zone
1. Al fine di promuovere su base sperimentale e sussidiaria la progressiva fuoriuscita dall’economia basata sul ciclo del carbonio e di raggiungere gli standard europei in materia di sostenibilita’ ambientale, sono istituite e promosse le «Oil free zone».
2. Si intende per «Oil free zone» un’area territoriale nella quale, entro un determinato arco temporale e sulla base di specifico atto di indirizzo adottato dai comuni del territorio di riferimento, si prevede la progressiva sostituzione del petrolio e dei suoi derivati con energie prodotte da fonti rinnovabili.
3. La costituzione di Oil free zone e’ promossa dai comuni interessati, anche tramite le unioni o le convenzioni fra comuni di riferimento, ove costituite ai sensi degli articoli 30 e 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per le aree naturali protette di cui all’articolo 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, la costituzione di Oil free zone e’ promossa dagli enti locali d’intesa con gli enti parco.
4. Nelle Oil free zone sono avviate sperimentazioni, concernenti la realizzazione di prototipi e l’applicazione sul piano industriale di nuove ipotesi di utilizzo dei beni comuni, con particolare riguardo a quelli provenienti dalle zone montane, attraverso prospetti di valutazione del valore delle risorse presenti sul territorio.
5. Nell’ambito delle proprie legislazioni di settore, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalita’ di organizzazione delle Oil free zone, con particolare riguardo agli aspetti connessi con l’innovazione tecnologica applicata alla produzione di energie rinnovabili a basso impatto ambientale, alla ricerca di soluzioni eco-compatibili e alla costruzione di sistemi sostenibili di produzione energetica e di uso dell’energia, quali la produzione di biometano per usi termici e per autotrazione.
6. Ai fini di cui al comma 5, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono assicurare specifiche linee di sostegno finanziario alle attivita’ di ricerca, sperimentazione e applicazione delle attivita’ produttive connesse con l’indipendenza dai cicli produttivi del petrolio e dei suoi derivati, con particolare attenzione all’impiego equilibrato dei beni comuni e collettivi del territorio di riferimento.
Note all’art. 71:
Si riporta il testo degli articoli 30 e 32 del decreto
legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali) pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 28 settembre 2000, n. 227 (S.O.):
“Art. 30. Convenzioni. – 1. Al fine di svolgere in modo
coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali
possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata,
le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro
rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico
servizio o per la realizzazione di un’opera lo Stato e la
regione, nelle materie di propria competenza, possono
prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti
locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono
prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che
operano con personale distaccato dagli enti partecipanti,
ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in
luogo degli enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega
di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a
favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli
enti deleganti.
“Art. 32 Unione di comuni. – 1. L’unione di comuni e’
l’ente locale costituito da due o piu’ comuni, di norma
contermini, finalizzato all’esercizio associato di funzioni
e servizi. Ove costituita in prevalenza da comuni montani,
essa assume la denominazione di unione di comuni montani e
puo’ esercitare anche le specifiche competenze di tutela e
di promozione della montagna attribuite in attuazione
dell’art. 44, secondo comma, della Costituzione e delle
leggi in favore dei territori montani.
2. Ogni comune puo’ far parte di una sola unione di
comuni. Le unioni di comuni possono stipulare apposite
convenzioni tra loro o con singoli comuni.
3. Gli organi dell’unione, presidente, giunta e
consiglio, sono formati, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica, da amministratori in carica dei comuni
associati e a essi non possono essere attribuite
retribuzioni, gettoni e indennita’ o emolumenti in
qualsiasi forma percepiti. Il presidente e’ scelto tra i
sindaci dei comuni associati e la giunta tra i componenti
dell’esecutivo dei comuni associati. Il consiglio e’
composto da un numero di consiglieri definito nello
statuto, eletti dai singoli consigli dei comuni associati
tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle
minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni comune.
4. L’unione ha potesta’ statutaria e regolamentare e ad
essa si applicano, in quanto compatibili e non derogati con
le disposizioni della legge recante disposizioni sulle
citta’ metropolitane, sulle province, sulle unioni e
fusioni di comuni, i principi previsti per l’ordinamento
dei comuni, con particolare riguardo allo status degli
amministratori, all’ordinamento finanziario e contabile, al
personale e all’organizzazione. Lo statuto dell’unione
stabilisce le modalita’ di funzionamento degli organi e ne
disciplina i rapporti. In fase di prima istituzione lo
statuto dell’unione e’ approvato dai consigli dei comuni
partecipanti e le successive modifiche sono approvate dal
consiglio dell’unione.
5. All’unione sono conferite dai comuni partecipanti le
risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle
funzioni loro attribuite. Fermi restando i vincoli previsti
dalla normativa vigente in materia di personale, la spesa
sostenuta per il personale dell’Unione non puo’ comportare,
in sede di prima applicazione, il superamento della somma
delle spese di personale sostenute precedentemente dai
singoli comuni partecipanti. A regime, attraverso
specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una
rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere
assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di
personale.
5-bis. Previa apposita convenzione, i sindaci dei
comuni facenti parte dell’Unione possono delegare le
funzioni di ufficiale dello stato civile e di anagrafe a
personale idoneo dell’Unione stessa, o dei singoli comuni
associati, fermo restando quanto previsto dall’art. 1,
comma 3, e dall’art. 4, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, recante
regolamento per la revisione e la semplificazione
dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’art. 2,
comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
5-ter. Il presidente dell’unione di comuni si avvale
del segretario di un comune facente parte dell’unione,
senza che cio’ comporti l’erogazione di ulteriori
indennita’ e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica. Sono fatti salvi gli incarichi per le
funzioni di segretario gia’ affidati ai dipendenti delle
unioni o dei comuni anche ai sensi del comma 557 dell’art.
1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Ai segretari delle
unioni di comuni si applicano le disposizioni dell’art. 8
della legge 23 marzo 1981, n. 93, e successive
modificazioni.
6. L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione sono
approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le
procedure e con la maggioranza richieste per le modifiche
statutarie. Lo statuto individua le funzioni svolte
dall’unione e le corrispondenti risorse.
7. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle
tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse
affidati.
8. Gli statuti delle unioni sono inviati al Ministero
dell’interno per le finalita’ di cui all’art. 6, commi 5 e
6.”
Si riporta il testo dell’art. 2 della legge 6 dicembre
1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 1991, n. 292
(S.O.)
“Art. 2. Classificazione delle aree naturali protette.
– 1. I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri,
fluviali, lacuali o marine che contengono uno o piu’
ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da
interventi antropici, una o piu’ formazioni fisiche,
geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo
internazionale o nazionale per valori naturalistici,
scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi
tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della
loro conservazione per le generazioni presenti e future.
2. I parchi naturali regionali sono costituiti da aree
terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di
mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e
ambientale, che costituiscono, nell’ambito di una o piu’
regioni limitrofe, un sistema omogeneo individuato dagli
assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed
artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni
locali.
3. Le riserve naturali sono costituite da aree
terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o
piu’ specie naturalisticamente rilevanti della flora e
della fauna, ovvero presentino uno o piu’ ecosistemi
importanti per le diversita’ biologiche o per la
conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali
possono essere statali o regionali in base alla rilevanza
degli interessi in esse rappresentati.
4. Con riferimento all’ambiente marino, si distinguono
le aree protette come definite ai sensi del protocollo di
Ginevra relativo alle aree del Mediterraneo particolarmente
protette di cui alla legge 5 marzo 1985, n. 127, e quelle
definite ai sensi della legge 31 dicembre 1982, n. 979 .
5. Il Comitato per le aree naturali protette di cui
all’art. 3 puo’ operare ulteriori classificazioni per le
finalita’ della presente legge ed allo scopo di rendere
efficaci i tipi di protezione previsti dalle convenzioni
internazionali ed in particolare dalla convenzione di
Ramsar di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448.
6. La classificazione delle aree naturali protette di
rilievo internazionale e nazionale, qualora rientrino nel
territorio delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, ha luogo d’intesa
con le regioni e le province stesse secondo le procedure
previste dalle norme di attuazione dei rispettivi statuti
d’autonomia e, per la regione Valle d’Aosta, secondo le
procedure di cui all’art. 3 della legge 5 agosto 1981, n.
453.
7. La classificazione e l’istituzione dei parchi
nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri,
fluviali e lacuali, sono effettuate d’intesa con le
regioni.
8. La classificazione e l’istituzione dei parchi e
delle riserve naturali di interesse regionale e locale sono
effettuate dalle regioni.
9. Ciascuna area naturale protetta ha diritto all’uso
esclusivo della propria denominazione.
9-bis. I limiti geografici delle aree protette marine
entro i quali e’ vietata la navigazione senza la prescritta
autorizzazione sono definiti secondo le indicazioni
dell’Istituto idrografico della Marina e individuati sul
territorio con mezzi e strumenti di segnalazione conformi
alla normativa emanata dall’Association Internationale de
Signalisation Maritime-International Association of Marine
Aids to Navigation and Lighthouse Authorities (AISM-IALA).”
Art. 72
Strategia nazionale delle Green community
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonche’ la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, promuove la predisposizione della strategia nazionale delle Green community.
2. La strategia nazionale di cui al comma 1 individua il valore dei territori rurali e di montagna che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono, tra cui in primo luogo acqua, boschi e paesaggio, e aprire un nuovo rapporto sussidiario e di scambio con le comunita’ urbane e metropolitane, in modo da poter impostare, nella fase della green economy, un piano di sviluppo sostenibile non solo dal punto di vista energetico, ambientale ed economico nei seguenti campi:
a) gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale, anche tramite lo scambio dei crediti derivanti dalla cattura dell’anidride carbonica, la gestione della biodiversita’ e la certificazione della filiera del legno;
b) gestione integrata e certificata delle risorse idriche;
c) produzione di energia da fonti rinnovabili locali, quali i microimpianti idroelettrici, le biomasse, il biogas, l’eolico, la cogenerazione e il biometano;
d) sviluppo di un turismo sostenibile, capace di valorizzare le produzioni locali;
e) costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture di una montagna moderna;
f) efficienza energetica e integrazione intelligente degli impianti e delle reti;
g) sviluppo sostenibile delle attivita’ produttive (zero waste production);
h) integrazione dei servizi di mobilita’;
i) sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile che sia anche energeticamente indipendente attraverso la produzione e l’uso di energia da fonti rinnovabili nei settori elettrico, termico e dei trasporti.
3. Con proprie leggi, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare le modalita’, i tempi e le risorse finanziarie sulla base dei quali le unioni di comuni e le unioni di comuni montani promuovono l’attuazione della strategia nazionale di cui al presente articolo.
4. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Note all’art. 72:
Per il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281 si veda nelle note all’art. 61
Art. 73
Disposizioni in materia di impianti termici civili alimentati da gas
combustibili
1. Le disposizioni in materia di requisiti tecnici e costruttivi degli impianti termici civili, di cui alla parte II dell’allegato IX alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non si applicano agli impianti alimentati da gas combustibili rientranti nel campo di applicazione della norma UNI 11528, fatta eccezione per quelle di cui al numero 5, «Apparecchi indicatori».
Note all’art. 73:
Si riporta il testo della parte II dell’allegato IX
alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152:
“Parte II Requisiti tecnici e costruttivi
1. Definizioni
1.1. Agli effetti delle presenti norme valgono le
seguenti definizioni:
a) bocca del camino: sezione terminale retta del
camino.
b) bruciatore: dispositivo che consente di bruciare
combustibili liquidi, gassosi o solidi macinati, previo
mescolamento con aria comburente.
c) camera di calma: dispositivo atto a separare dai
fumi, essenzialmente per effetto della forza di gravita’,
le particelle in essi contenute.
d) camini: porzioni ascendenti dei canali da fumo atte
a determinare un tiraggio naturale nei focolari ed a
scaricare i prodotti della combustione nell’atmosfera.
e) canali da fumo: insieme delle canalizzazioni
attraversate dai fumi prodotti dalla combustione.
f) ciclone: dispositivo atto a separare dai fumi, per
effetto della forza centrifuga, le particelle in essi
contenute.
g) griglia: dispositivo statico o mobile che consente
di bruciare combustibili solidi nei focolari, assicurandone
il contatto con l’aria comburente, e lo scarico delle
ceneri.
h) impianto termico automatico: impianto termico nel o
nei focolari del quale l’accensione, lo spegnimento o la
regolazione della fiamma possa normalmente avvenire anche
senza interventi manuali.
i) mitria o comignolo: dispositivo posto alla bocca del
camino atto a facilitare la dispersione dei prodotti della
combustione nell’atmosfera.
l) registro: dispositivo inserito in una sezione dei
canali da fumo che consente di regolare il tiraggio.
m) sezione dei canali da fumo: area della sezione retta
minima dei canali da fumo.
n) tiraggio: movimentazione degli effluenti gassosi
prodotti da una camera di combustione.
o) tiraggio forzato: tiraggio attivato per effetto di
un dispositivo meccanico attivo, inserito sul percorso
dell’aria o degli effluenti gassosi.
p) tiraggio naturale: tiraggio determinato da un camino
unicamente per effetto della differenza di densita’
esistente tra gli effluenti gassosi e l’aria atmosferica
circostante.
q) velocita’ dei fumi: velocita’ che si riscontra in un
punto di una determinata sezione retta dei canali da fumo.
r) viscosita’: la proprieta’ dei fluidi di opporsi al
moto relativo delle loro particelle.
2. Caratteristiche dei camini.
2.1. Ogni impianto termico civile di potenza termica
nominale superiore al valore di soglia deve disporre di uno
o piu’ camini tali da assicurare una adeguata dispersione
in atmosfera dei prodotti della combustione.
2.2. Ogni camino deve avere, al di sotto dell’imbocco
del primo canale da fumo, una camera di raccolta di
materiali solidi ed eventuali condense, di altezza
sufficiente a garantire una completa rimozione dei
materiali accumulati e l’ispezione dei canali. Tale camera
deve essere dotata di un’apertura munita di sportello di
chiusura a tenuta d’aria realizzato in materiale
incombustibile.
2.3. I camini devono garantire la tenuta dei prodotti
della combustione e devono essere impermeabili e
termicamente isolati. I materiali utilizzati per realizzare
i camini devono essere adatti a resistere nel tempo alle
normali sollecitazioni meccaniche, al calore ed all’azione
dei prodotti della combustione e delle loro eventuali
condense. In particolare tali materiali devono essere
resistenti alla corrosione. La sezione interna dei camini
deve essere di forma circolare, quadrata o rettangolare con
rapporto tra i lati non superiore a 1,5.
2.4 I camini che passano entro locali abitati o sono
incorporati nell’involucro edilizio devono essere
dimensionati in modo tale da evitare sovrappressioni,
durante l’esercizio.
2.5. L’afflusso di aria nei focolari e l’emissione
degli effluenti gassosi possono essere attivati dal
tiraggio naturale dei camini o da mezzi meccanici.
2.6. Piu’ generatori di calore possono essere collegati
allo stesso camino soltanto se fanno parte dello stesso
impianto termico; in questo caso i generatori di calore
dovranno immettere in collettori dotati, ove necessario,
ciascuno di propria serranda di intercettazione, distinta
dalla valvola di regolazione del tiraggio. Camino e
collettore dovranno essere dimensionati secondo la regola
dell’arte.
2.7. Gli impianti installati o che hanno subito una
modifica relativa ai camini successivamente all’entrata in
vigore della parte quinta del presente decreto devono
essere dotati di camini realizzati con prodotti idonei
all’uso in conformita’ ai seguenti requisiti:
– essere realizzati con materiali aventi
caratteristiche di incombustibilita’, in conformita’ alle
disposizioni nazionali di recepimento del sistema di
classificazione europea di reazione al fuoco dei prodotti
da costruzione;
– avere andamento verticale e il piu’ breve e diretto
possibile tra l’apparecchio e la quota di sbocco;
– essere privi di qualsiasi strozzatura in tutta la
loro lunghezza;
– avere pareti interne lisce per tutta la lunghezza;
– garantire che siano evitati fenomeni di condensa con
esclusione degli impianti termici alimentati da apparecchi
a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla
direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992,
relativa ai requisiti di rendimento, nonche’ da generatori
d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie
affini come definite dalla norma UNI 11071;
– essere adeguatamente distanziati, mediante
intercapedine d’aria o isolanti idonei, da materiali
combustibili o facilmente infiammabili;
– avere angoli arrotondati con raggio non minore di 20
mm, se di sezione quadrata o rettangolare;
– avere un’altezza correlata alla sezione utile secondo
gli appropriati metodi di calcolo riportati dalla normativa
tecnica vigente (norme UNI e norme CEN). Resta salvo quanto
stabilito ai punti 2.9 e 2.10.
2.8. Le bocche possono terminare comignoli di sezione
utile d’uscita non inferiore al doppio della sezione del
camino, conformati in modo da non ostacolare il tiraggio e
favorire la dispersione dei fumi nell’atmosfera.
2.9. Le bocche dei camini devono essere posizionate in
modo tale da consentire una adeguata evacuazione e
dispersione dei prodotti della combustione e da evitare la
reimmissione degli stessi nell’edificio attraverso
qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono
risultare piu’ alte di almeno un metro rispetto al colmo
dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o
struttura distante meno di 10 metri.
2.10. Le bocche dei camini situati a distanza compresa
fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono
essere a quota non inferiore a quella del filo superiore
dell’apertura piu’ alta. Le presenti disposizioni non si
applicano agli impianti termici a condensazione conformi ai
requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio,
del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas.
2.11. La parete interna del camino deve risultare per
tutto il suo sviluppo, ad eccezione del tronco terminale
emergente dalla copertura degli edifici, sempre distaccata
dalle murature circostanti e deve essere circondata da una
controcanna continua formante intercapedine per consentire
la normale dilatazione termica. Sono ammessi
nell’intercapedine elementi distanziatori o di fissaggio
necessari per la stabilita’ del camino.
2.12. Al fine di agevolare analisi e campionamenti
devono essere predisposti alla base del camino due fori
allineati sull’asse del camino con relativa chiusura a
tenuta. In caso di impianti con potenza termica nominale
superiore a 580 kW, due identici fori devono essere
predisposti anche alla sommita’ dei camini in posizione
accessibile per le verifiche; la distanza di tali fori
dalla bocca non deve essere inferiore a cinque volte il
diametro medio della sezione del camino, e comunque ad 1,50
m. In ogni caso i fori devono avere un diametro idoneo a
garantire l’effettiva realizzazione di analisi e
campionamenti.
2.13. I fori di cui al punto 2.12. devono trovarsi in
un tratto rettilineo del camino e a distanza non inferiore
a cinque volte la dimensione minima della sezione retta
interna da qualunque cambiamento di direzione o di sezione.
Qualora esistano impossibilita’ tecniche di praticare i
fori alla base del camino alla distanza stabilita, questi
possono essere praticati alla sommita’ del camino con
distanza minima dalla bocca di m 1,5 in posizione
accessibile per le verifiche.
3. Canali da fumo.
3.1. I canali da fumo degli impianti termici devono
avere in ogni loro tratto un andamento suborizzontale
ascendente con pendenza non inferiore al 5%. I canali da
fumo al servizio di impianti di potenzialita’ uguale o
superiore a 1.000.000 di kcal/h possono avere pendenza non
inferiore al 2 per cento.
3.2. La sezione dei canali da fumo deve essere, in ogni
punto del loro percorso, sempre non superiore del 30% alla
sezione del camino e non inferiore alla sezione del camino
stesso.
3.3. Per quanto riguarda la forma, le variazioni ed i
raccordi delle sezioni dei canali da fumo e le loro pareti
interne devono essere osservate le medesime norme
prescritte per i camini.
3.4. I canali da fumo devono essere costituiti con
strutture e materiali aventi le medesime caratteristiche
stabilite per i camini. Le presenti disposizioni non si
applicano agli impianti termici alimentati da apparecchi a
condensazione conformi ai requisiti previsti dalla
direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992,
relativa ai requisiti di rendimento, nonche’ da generatori
d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie
affini come definite dalla norma UNI 11071.
3.5. I canali da fumo devono avere per tutto il loro
sviluppo un efficace e duraturo rivestimento coibente tale
che la temperatura delle superfici esterne non sia in
nessun punto mai superiore a 50 °C. E’ ammesso che il
rivestimento coibente venga omesso in corrispondenza dei
giunti di dilatazione e degli sportelli d’ispezione dei
canali da fumo nonche’ dei raccordi metallici con gli
apparecchi di cui fanno parte i focolari.
3.6. I raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi
di cui fanno parte i focolari devono essere rimovibili con
facilita’ e dovranno avere spessore non inferiore ad 1/100
del loro diametro medio, nel caso di materiali ferrosi
comuni, e spessore adeguato, nel caso di altri metalli.
3.7. Sulle pareti dei canali da fumo devono essere
predisposte aperture per facili ispezioni e pulizie ad
intervalli non superiori a 10 metri ed una ad ogni testata
di tratto rettilineo. Le aperture dovranno essere munite di
sportelli di chiusura a tenuta d’aria, formati con doppia
parete metallica.
3.8. Nei canali da fumo dovra’ essere inserito un
registro qualora gli apparecchi di cui fanno parte i
focolari non possiedano propri dispositivi per la
regolazione del tiraggio.
3.9. Al fine di consentire con facilita’ rilevamenti e
prelevamenti di campioni, devono essere predisposti sulle
pareti dei canali da fumo due fori, uno del diametro di mm
50 ed uno del diametro di mm 80, con relative chiusure
metalliche, in vicinanza del raccordo con ciascun
apparecchio di cui fa parte un focolare.
3.10. La posizione dei fori rispetto alla sezione ed
alle curve o raccordi dei canali deve rispondere alle
stesse prescrizioni date per i fori praticati sui camini.
4. Dispositivi accessori.
4.1. E’ vietato l’uso di qualunque apparecchio od
impianto di trattamento dei fumi funzionante secondo ciclo
ad umido che comporti lo scarico, anche parziale delle
sostanze derivanti dal processo adottato, nelle fognature
pubbliche o nei corsi di acqua.
4.2. Gli eventuali dispositivi di trattamento possono
essere inseriti in qualunque punto del percorso dei fumi
purche’ l’ubicazione ne consenta la facile accessibilita’
da parte del personale addetto alla conduzione degli
impianti ed a quello preposto alla loro sorveglianza.
4.3. L’adozione dei dispositivi di cui sopra non esime
dalla osservanza di tutte le prescrizioni contenute nel
presente regolamento.
4.4. Gli eventuali dispositivi di trattamento, per
quanto concerne le altezze di sbocco, le distanze, le
strutture, i materiali e le pareti interne, devono
rispondere alle medesime norme stabilite per i camini.
4.5. Il materiale che si raccoglie nei dispositivi
suddetti deve essere periodicamente rimosso e smaltito
secondo la normativa vigente in materia di rifiuti.
4.6. Tutte le operazioni di manutenzione e di pulizia
devono potersi effettuare in modo tale da evitare qualsiasi
accidentale dispersione del materiale raccolto.
5. Apparecchi indicatori.
5.1. Allo scopo di consentire il rilevamento dei
principali dati caratteristici relativi alla conduzione dei
focolari, gli impianti termici devono essere dotati di due
apparecchi misuratori delle pressioni relative (riferite a
quella atmosferica) che regnano rispettivamente nella
camera di combustione ed alla base del camino, per ciascun
focolare di potenzialita’ superiore ad 1,16 MW.
5.2. I dati forniti dagli apparecchi indicatori a
servizio degli impianti termici aventi potenzialita’
superiore a 5,8 MW, anche se costituiti da un solo
focolare, devono essere riportati su di un quadro
raggruppante i ripetitori ed i registratori delle misure,
situato in un punto riconosciuto idoneo per una lettura
agevole da parte del personale addetto alla conduzione
dell’impianto termico.
5.3. Tutti gli apparecchi indicatori, ripetitori e
registratori delle misure devono essere installati in
maniera stabile e devono essere tarati.”
Art. 74
Gestione e sviluppo sostenibile del territorio e delle opere di
pubblica utilita’ e tutela degli usi civici
1. Ai fini della gestione e dello sviluppo sostenibile del territorio e delle opere pubbliche o di pubblica utilita’ nonche’ della corretta gestione e tutela degli usi civici, all’articolo 4 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.327, dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
«1-bis. I beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilita’ sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico».
Note all’art. 74:
Si riporta il testo dell’art. 4, del decreto del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, come
modificato dalla presente legge:
“Art. 4. Beni non espropriabili o espropriabili in casi
particolari. – 1. I beni appartenenti al demanio pubblico
non possono essere espropriati fino a quando non ne viene
pronunciata la sdemanializzazione.
1-bis. I beni gravati da uso civico non possono essere
espropriati o asserviti coattivamente se non viene
pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve
le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilita’
sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico.
2. I beni appartenenti al patrimonio indisponibile
dello Stato e degli altri enti pubblici possono essere
espropriati per perseguire un interesse pubblico di rilievo
superiore a quello soddisfatto con la precedente
destinazione.
3. I beni descritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16
della legge 27 maggio 1929, n. 810, non possono essere
espropriati se non vi e’ il previo accordo con la Santa
Sede.
4. Gli edifici aperti al culto non possono essere
espropriati se non per gravi ragioni previo accordo:
a) con la competente autorita’ ecclesiastica, se aperti
al culto cattolico;
b) con l’Unione delle Chiese cristiane, se aperti al
culto pubblico avventista;
c) con il presidente delle Assemblee di Dio in Italia,
se aperti al culto pubblico delle chiese ad esse associate;
d) con l’Unione delle Comunita’ ebraiche italiane, se
destinati all’esercizio pubblico del culto ebraico;
e) con l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia,
se aperti al culto pubblico delle chiese che ne facciano
parte;
f) con il Decano della Chiesa evangelica luterana in
Italia con l’organo responsabile della comunita’
interessata, se aperti al culto della medesima Chiesa;
g) col rappresentante di ogni altra confessione
religiosa, nei casi previsti dalla legge.
5. Si applicano le regole sull’espropriazione dettate
dal diritto internazionale generalmente riconosciuto e da
trattati internazionali cui l’Italia aderisce.”
Art. 75
Disposizioni relative all’attuazione della Convenzione sul commercio
internazionale di specie minacciate di estinzione – CITES
1. La misura dei diritti speciali di prelievo istituiti in attuazione della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES), di cui all’articolo 8-quinquies della legge 7 febbraio 1992, n. 150, e’ rivalutata con cadenza triennale, entro il 31 dicembre, per il miglioramento dell’efficienza ed efficacia delle attivita’ di cui al medesimo articolo 8-quinquies, commi 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, svolte in attuazione del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, in materia di protezione delle specie di flora e fauna mediante il controllo del loro commercio.
Note all’art. 75:
Si riporta il testo dell’art. 8-quinquies della legge 7
febbraio 1992, n. 150 (Disciplina dei reati relativi
all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio
internazionale delle specie animali e vegetali in via di
estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui
alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento
(CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonche’ norme
per la commercializzazione e la detenzione di esemplari
vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo
per la salute e l’incolumita’ pubblica), pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale del 22 febbraio 1992, n. 44:
“Art. 8-quinquies. – 1. Con decreto del Ministro
dell’ambiente, di concerto con i Ministri del tesoro e
dell’agricoltura e delle foreste, sono determinate la
misura e le modalita’ di versamento all’erario del diritto
speciale di prelievo da porre a carico dei soggetti tenuti
a richiedere o presentare:
a) la licenza o il certificato di importazione, la
licenza di esportazione, il certificato di riesportazione e
il certificato CITES, previsti dal decreto del Ministro del
commercio con l’estero di cui all’art. 2, comma 1;
b) le denunce di detenzione di esemplari di specie
selvatica previste dagli articoli 5, comma 1, e 5-bis,
comma 4;
c) la domanda di iscrizione nel registro delle
istituzioni scientifiche prevista dall’art. 5-bis, comma 8;
d) l’autorizzazione alla detenzione degli esemplari
vivi prevista dall’art. 6, comma 3;
e) la dichiarazione di idoneita’ per giardini
zoologici, acquari, delfinari, circhi, mostre faunistiche
permanenti o viaggianti, prevista dall’art. 6, comma 6;
f) il certificato di conformita’ per nascite o
riproduzioni in cattivita’ previsto dall’art. 8-bis;
g) la denuncia di scorte di pelli ed il relativo
marcaggio previsti dall’art. 8-ter, nonche’ il marcaggio di
cui all’art. 5, comma 5.
2. La misura dei diritti speciali istituiti con la
presente legge dovra’ essere determinata in modo da
assicurare la integrale copertura delle spese derivanti
agli organi competenti dall’applicazione delle relative
norme. I relativi proventi affluiscono all’entrata del
bilancio dello Stato e sono riassegnati con decreto del
Ministro del tesoro allo stato di previsione del Ministero
dell’ambiente per la parte eccedente l’importo di cui al
comma 3.
3. I diritti corrisposti per il rilascio dei
certificati di cui al comma 1 dovranno essere determinati
in misura tale da garantire anche la copertura della spesa
annua di lire 240 milioni relativa al contributo che viene
versato al segretariato CITES in adempimento della
convenzione di Washington.
3-bis. Ai fini dell’attuazione dell’art. 8 e del
decreto del Ministro dell’ambiente 4 settembre 1992,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre
1992, il Ministro dell’agricoltura e delle foreste provvede
all’istituzione nonche’ al funzionamento di appositi nuclei
del Corpo forestale dello Stato, operanti presso i varchi
doganali abilitati alle operazioni di importazione e di
esportazione di esemplari previsti dalla convenzione di
Washington. All’onere derivante dall’attuazione del
presente comma valutato in lire 700 milioni per l’anno 1993
e in lire 500 milioni a decorrere dall’anno 1994, si
provvede, per l’anno 1993, mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 9001
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l’anno 1993 e, per gli anni 1994 e 1995, mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1993-1995, al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l’anno 1993.
3-ter. Ai fini dell’attuazione dell’art. 4, il
Ministero dell’agricoltura e delle foreste, tramite il
Corpo forestale dello Stato, provvede alla conservazione
degli esemplari confiscati per violazione delle
disposizioni citate nel medesimo art. 4. All’onere
derivante dall’attuazione del presente comma, valutato in
lire 400 milioni per l’anno 1993 e in lire 200 milioni a
decorrere dall’anno 1994, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1993-1995, al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l’anno 1993.
3-quater. Ai fini dell’attuazione dell’art. 5, comma 5,
il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, tramite il
Corpo forestale dello Stato, provvede al marcaggio,
conformemente a standard internazionali, degli esemplari
previsti dalla convenzione di Washington. All’onere
derivante dall’attuazione del presente comma, valutato in
lire 400 milioni per l’anno 1993 e in lire 200 milioni a
decorrere dall’anno 1994, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 19931995, al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l’anno 1993.
3-quinquies. Ai fini dell’attuazione della presente
legge, il Ministero dell’agricoltura e delle foreste,
tramite il Corpo forestale dello Stato, provvede
all’effettuazione dei controlli e delle certificazioni
previsti dalla convenzione di Washington. All’onere
derivante dall’attuazione del presente comma, valutato in
lire 500 milioni per l’anno 1993 e in lire 500 milioni a
decorrere dall’anno 1994, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1993-1995, al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l’anno 1993.”
Art. 76
Proroga del termine per l’esercizio della delega in materia di
inquinamento acustico
1. All’articolo 19, comma 1, della legge 30 ottobre 2014, n. 161, le parole: «entro diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti: «entro ventiquattro mesi».
Note all’art. 76:
Si riporta il testo dell’art. 19, della legge 30
ottobre 2014, n. 161, come modificato dalla presente legge:
“Art. 19. Delega al Governo in materia di inquinamento
acustico. Armonizzazione della normativa nazionale con le
direttive 2002/49/CE, 2000/14/CE e 2006/123/CE e con il
regolamento (CE) n. 765/2008. – 1. Al fine di assicurare la
completa armonizzazione della normativa nazionale in
materia di inquinamento acustico con la direttiva
2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25
giugno 2002 , relativa alla determinazione e alla gestione
del rumore ambientale, e con la direttiva 2000/14/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 maggio 2000,
relativa all’emissione acustica ambientale delle macchine e
attrezzature destinate a funzionare all’aperto, il Governo
e’ delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’
decreti legislativi per il riordino dei provvedimenti
normativi vigenti in materia di tutela dell’ambiente
esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento
acustico prodotto dalle sorgenti sonore fisse e mobili,
definite dall’art. 2, comma 1, lettere c) e d), della legge
26 ottobre 1995, n. 447.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono
adottati nel rispetto delle procedure, dei principi e dei
criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge
24 dicembre 2012, n. 234, nonche’ secondo i seguenti
principi e criteri specifici:
a) coerenza dei piani degli interventi di contenimento
e di abbattimento del rumore previsti dal decreto del
Ministro dell’ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, con i piani
di azione, con le mappature acustiche e con le mappe
acustiche strategiche previsti dalla direttiva 2002/49/CE e
di cui agli articoli 2, comma 1, lettere o), p) e q), 3 e 4
nonche’ agli allegati 4 e 5 del decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 194, nonche’ con i criteri previsti dal
decreto emanato ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera f),
della legge n. 447 del 1995, e successive modificazioni;
b) recepimento nell’ambito della normativa nazionale,
come disposto dalla direttiva 2002/49/CE e dal decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 194, dei descrittori
acustici diversi da quelli disciplinati dalla legge n. 447
del 1995 e introduzione dei relativi metodi di
determinazione a completamento e integrazione di quelli
introdotti dalla medesima legge n. 447 del 1995;
c) armonizzazione della normativa nazionale relativa
alla disciplina delle sorgenti di rumore delle
infrastrutture dei trasporti e degli impianti industriali e
relativo aggiornamento ai sensi della legge n. 447 del
1995;
d) adeguamento della normativa nazionale alla
disciplina del rumore prodotto nell’ambito dello
svolgimento delle attivita’ sportive;
e) adeguamento della normativa nazionale alla
disciplina del rumore prodotto dall’esercizio degli
impianti eolici;
f) adeguamento della disciplina dell’attivita’ e della
formazione della figura professionale di tecnico competente
in materia di acustica ai sensi degli articoli 2 e 3 della
legge n. 447 del 1995 e armonizzazione con la direttiva
2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12
dicembre 2006, relativa ai servizi del mercato interno, e
con l’art. 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre
2011, n. 148, e successive modificazioni;
g) semplificazione delle procedure autorizzative in
materia di requisiti acustici passivi degli edifici;
h) introduzione nell’ordinamento nazionale di criteri
relativi alla sostenibilita’ economica degli obiettivi
della legge n. 447 del 1995 relativamente agli interventi
di contenimento e di abbattimento del rumore previsti dal
decreto del Ministro dell’ambiente 29 novembre 2000,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre
2000, e dai regolamenti di esecuzione di cui all’art. 11
della legge n. 447 del 1995, per il graduale e strategico
adeguamento ai principi contenuti nella direttiva
2002/49/CE;
i) adeguamento della disciplina riguardante la gestione
e il periodo di validita’ dell’autorizzazione degli
organismi di certificazione, previsti dalla direttiva
2000/14/CE, alla luce del nuovo iter di accreditamento ai
sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme
in materia di accreditamento e vigilanza del mercato;
l) armonizzazione con la direttiva 2000/14/CE per
quanto concerne le competenze delle persone fisiche e
giuridiche che mettono a disposizione sul mercato macchine
e attrezzature destinate a funzionare all’aperto;
m) adeguamento del regime sanzionatorio in caso di
mancato rispetto del livello di potenza sonora garantito
previsto dalla direttiva 2000/14/CE e definizione delle
modalita’ di utilizzo dei proventi derivanti
dall’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 15 del
decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 262.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono
adottati su proposta del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e del Ministro per gli
affari europei, di concerto con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro della
salute, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con
il Ministro dello sviluppo economico, acquisito il parere
della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni.
4. Dall’attuazione della delega legislativa prevista
dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni
interessate provvedono all’adempimento dei compiti ivi
previsti con le risorse umane, finanziarie e strumentali
disponibili a legislazione vigente.”
Art. 77
Modifica all’articolo 514 del codice di procedura civile
1. All’articolo 514 del codice di procedura civile, in materia di cose mobili assolutamente impignorabili, dopo il numero 6) sono aggiunti i seguenti:
«6-bis) gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali;
6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli».
Note all’art. 77:
Si riporta il testo dell’art. 514 del codice di
procedura civile, come modificato dalla presente legge:
“Art. 514. Cose mobili assolutamente impignorabili. –
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali
disposizioni di legge, non si possono pignorare:
1. le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del
culto;
2. l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti,
i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative
sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero,
le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o
elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina
unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto
indispensabili al debitore ed alle persone della sua
famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i
mobili, meno i letti di rilevante valore economico, anche
per accertato pregio artistico o di antiquariato;
3. i commestibili e i combustibili necessari per un
mese al mantenimento del debitore e delle altre persone
indicate nel numero precedente;
4.
5. le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo
di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio;
6. le decorazioni al valore, le lettere, i registri e
in genere gli scritti di famiglia, nonche’ i manoscritti,
salvo che formino parte di una collezione;
6-bis) gli animali di affezione o da compagnia tenuti
presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui
appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o
commerciali;
6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di
assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei
figli.”
Art. 78
Modifica all’articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, in
materia di dragaggio
1. All’articolo 5-bis, comma 2, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, le lettere c) e d) sono sostituite dalle seguenti:
«c) qualora risultino non pericolosi all’origine o a seguito di trattamenti finalizzati esclusivamente alla rimozione degli inquinanti, ad esclusione quindi dei processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti stessi quali solidificazione e stabilizzazione, possono essere destinati a refluimento all’interno di casse di colmata, di vasche di raccolta, o comunque in strutture di contenimento o di conterminazione realizzate con l’applicazione delle migliori tecniche disponibili in linea con i criteri di progettazione formulati da accreditati standard tecnici internazionali adottati negli Stati membri dell’Unione europea e con caratteristiche tali da garantire, tenuto conto degli obiettivi e dei limiti fissati dalle direttive europee, l’assenza di rischi per la salute e per l’ambiente con particolare riferimento al vincolo di non peggiorare lo stato di qualita’ delle matrici ambientali, suolo, sottosuolo, acque sotterranee, acque superficiali, acque marine e di transizione, ne’ pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di qualita’ delle stesse;
d) qualora risultino caratterizzati da concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei valori di riferimento specifici definiti in conformita’ ai criteri approvati dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’area o le aree interessate vengono escluse dal perimetro del sito di interesse nazionale previo parere favorevole della conferenza di servizi di cui all’articolo 242, comma 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».
Note all’art. 78:
Si riporta il testo dell’art. 5-bis della legge 28
gennaio 1994, n. 84, come modificato dalla presente legge:
“Art. 5-bis. Disposizioni in materia di dragaggio. – 1.
Nelle aree portuali e marino costiere poste in siti di
bonifica di interesse nazionale, ai sensi dell’art. 252 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, le operazioni di dragaggio possono essere
svolte anche contestualmente alla predisposizione del
progetto relativo alle attivita’ di bonifica. Al fine di
evitare che tali operazioni possano pregiudicare la futura
bonifica del sito, il progetto di dragaggio, basato su
tecniche idonee ad evitare dispersione del materiale, ivi
compreso l’eventuale progetto relativo alle casse di
colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento di
cui al comma 3, e’ presentato dall’autorita’ portuale o,
laddove non istituita, dall’ente competente ovvero dal
concessionario dell’area demaniale al Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. Il Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio decreto,
approva il progetto entro trenta giorni sotto il profilo
tecnico-economico e trasmette il relativo provvedimento al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare per l’approvazione definitiva. Il decreto di
approvazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare deve intervenire entro trenta giorni
dalla suddetta trasmissione, previo parere, solo se il
progetto di dragaggio prevede anche il progetto di
infrastrutture di contenimento non comprese nei
provvedimenti di rilascio della Valutazione d’impatto
ambientale dei Piani regolatori portuali di riferimento, o
comunque difformi da quelle oggetto dei provvedimenti della
Commissione di cui all’art. 8 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, sull’assoggettabilita’ o meno del
progetto alla valutazione di impatto ambientale. Il decreto
di autorizzazione produce gli effetti previsti dai commi 6
e 7 del citato art. 252 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, e allo stesso deve essere garantita idonea
forma di pubblicita’ .
2. I materiali derivanti dalle attivita’ di dragaggio
di aree portuali e marino-costiere poste in siti di
bonifica di interesse nazionale, ovvero ogni loro singola
frazione granulometrica ottenuta a seguito di separazione
con metodi fisici:
a) qualora presentino, all’origine ovvero a seguito di
trattamenti aventi esclusivamente lo scopo della rimozione
degli inquinanti, ad esclusione dei processi finalizzati
alla immobilizzazione degli inquinanti stessi,
caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche idonee
con riferimento al sito di destinazione, e non presentino
positivita’ ai test eco-tossicologici, su autorizzazione
dell’autorita’ competente per la bonifica, possono essere
immessi o refluiti nei corpi idrici dai quali provengono,
ovvero possono essere utilizzati per il rifacimento degli
arenili, per formare terreni costieri ovvero per migliorare
lo stato dei fondali attraverso attivita’ di capping, nel
rispetto delle modalita’ previste dal decreto di cui al
comma 6. Restano salve le competenze della regione
territorialmente interessata;
b) qualora presentino, all’origine o a seguito di
trattamenti aventi esclusivamente lo scopo della
desalinizzazione ovvero della rimozione degli inquinanti,
ad esclusione quindi dei processi finalizzati alla
immobilizzazione degli inquinanti stessi, livelli di
contaminazione non superiori a quelli stabiliti nelle
colonne A e B della Tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione
della destinazione d’uso e qualora risultino conformi al
test di cessione da compiere con il metodo e in base ai
parametri di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5
febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72
alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, possono
essere destinati a impiego a terra secondo le modalita’
previste dal decreto di cui al comma 6. Nel caso siano
destinati a impiego in aree con falda naturalmente
salinizzata, i materiali da collocare possono avere un
livello di concentrazione di solfati e di cloruri
nell’eluato superiore a quello fissato dalla tabella di cui
all’allegato 3 del citato decreto del Ministro
dell’ambiente 5 febbraio 1998 a condizione che, su conforme
parere dell’ARPA territorialmente competente, sia prevenuta
qualsiasi modificazione delle caratteristiche. Tale
destinazione deve essere indicata nei progetti di cui al
comma 1. Il provvedimento di approvazione del progetto di
dragaggio costituisce altresi’ autorizzazione all’impiego
dei materiali fissandone l’opera pubblica, il luogo, le
condizioni, i quantitativi e le percentuali di sostituzione
dei corrispondenti materiali naturali;
c) qualora risultino non pericolosi all’origine o a
seguito di trattamenti finalizzati esclusivamente alla
rimozione degli inquinanti, ad esclusione quindi dei
processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti
stessi quali solidificazione e stabilizzazione, possono
essere destinati a refluimento all’interno di casse di
colmata, di vasche di raccolta, o comunque in strutture di
contenimento o di conterminazione realizzate con
l’applicazione delle migliori tecniche disponibili in linea
con i criteri di progettazione formulati da accreditati
standard tecnici internazionali adottati negli Stati membri
dell’Unione europea e con caratteristiche tali da
garantire, tenuto conto degli obiettivi e dei limiti
fissati dalle direttive europee, l’assenza di rischi per la
salute e per l’ambiente con particolare riferimento al
vincolo di non peggiorare lo stato di qualita’ delle
matrici ambientali, suolo, sottosuolo, acque sotterranee,
acque superficiali, acque marine e di transizione, ne’
pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di qualita’
delle stesse;
d) qualora risultino caratterizzati da concentrazioni
degli inquinanti al di sotto dei valori di riferimento
specifici definiti in conformita’ ai criteri approvati dal
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, l’area o le aree interessate vengono escluse dal
perimetro del sito di interesse nazionale previo parere
favorevole della conferenza di servizi di cui all’art. 242,
comma 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
3. Nel caso di opere il cui progetto abbia concluso
l’iter approvativo alla data di entrata in vigore della
presente disposizione, tali requisiti sono certificati
dalle amministrazioni titolari delle opere medesime. Nel
caso in cui, al termine delle attivita’ di refluimento, i
materiali di cui sopra presentino livelli di inquinamento
superiori ai valori limite di cui alla Tabella 1
dell’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n.
152 del 2006 deve essere attivata la procedura di bonifica
dell’area derivante dall’attivita’ di colmata in relazione
alla destinazione d’uso. E’ fatta salva l’applicazione
delle norme vigenti in materia di autorizzazione
paesaggistica. Nel caso di permanenza in sito di
concentrazioni residue degli inquinanti eccedenti i
predetti valori limite, devono essere adottate misure di
sicurezza che garantiscano comunque la tutela della salute
e dell’ambiente. L’accettabilita’ delle concentrazioni
residue degli inquinanti eccedenti i valori limite deve
essere accertata attraverso una metodologia di analisi di
rischio con procedura diretta e riconosciuta a livello
internazionale che assicuri, per la parte di interesse, il
soddisfacimento dei ‘Criteri metodologici per
l’applicazione nell’analisi di rischio sanitaria ai siti
contaminati’ elaborati dall’ISPRA, dall’Istituto superiore
di sanita’ e dalle Agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente. I principali criteri di riferimento per la
conduzione dell’analisi di rischio sono riportati
nell’allegato B del decreto ministeriale 7 novembre 2008.
Per la verifica della presenza di valori di concentrazione
superiori ai limiti fissati dalla vigente normativa e per
la valutazione dell’accettabilita’ delle concentrazioni
residue degli inquinanti si tiene conto del contenuto
dell’autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 1. Tale
procedura puo’ essere attuata con l’impiego di tecnologie
che possano consentire, contestualmente alla loro
applicazione, l’utilizzo delle aree medesime.
4. I materiali di cui al comma 3 destinati ad essere
refluiti all’interno di strutture di contenimento
nell’ambito di porti nazionali diversi da quello di
provenienza devono essere accompagnati da un documento
contenente le indicazioni di cui all’art. 193, comma 1, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni. Le caratteristiche di idoneita’ delle navi e
dei galleggianti all’uopo impiegati sono quelle previste
dalle norme nazionali e internazionali in materia di
trasporto marittimo e garantiscono l’idoneita’
dell’impresa. Le Autorita’ marittime competenti per
provenienza e destinazione dei materiali concordano un
sistema di controllo idoneo a garantire una costante
vigilanza durante il trasporto dei materiali, nell’ambito
delle attivita’ di competenza senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica.
5. L’idoneita’ del materiale dragato ad essere gestito
secondo quanto previsto ai commi 2 e 3 viene verificata
mediante apposite analisi da effettuare nel sito prima del
dragaggio sulla base di metodologie e criteri stabiliti dal
citato decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare 7 novembre 2008. Le modifiche al
decreto di cui al periodo precedente sono apportate con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. In caso di realizzazione,
nell’ambito dell’intervento di dragaggio, di strutture
adibite a deposito temporaneo di materiali derivanti dalle
attivita’ di dragaggio nonche’ dalle operazioni di
bonifica, prima della loro messa a dimora definitiva, il
termine massimo di deposito e’ fissato in trenta mesi senza
limitazione di quantitativi, assicurando il non
trasferimento degli inquinanti agli ambienti circostanti.
Sono fatte salve le disposizioni adottate per la
salvaguardia della laguna di Venezia. Si applicano le
previsioni della vigente normativa ambientale
nell’eventualita’ di una diversa destinazione e gestione a
terra dei materiali derivanti dall’attivita’ di dragaggio.
6. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle
infrastrutture e trasporti, adotta con proprio decreto le
norme tecniche applicabili alle operazioni di dragaggio
nelle aree portuali e marino costiere poste in siti di
bonifica di interesse nazionale al fine dell’eventuale
reimpiego dei materiali dragati ed al fine di quanto
previsto dal comma 2 del presente articolo. Fino alla data
di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma,
si applica la normativa vigente per i siti di cui al citato
art. 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 .
7. Fermo restando quanto previsto dal decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche,
per i porti di categoria II, classe III, la regione
disciplina il procedimento di adozione del Piano regolatore
portuale, garantendo la partecipazione delle province e dei
comuni interessati.
8. I materiali provenienti dal dragaggio dei fondali
dei porti non compresi in siti di interesse nazionale, ai
sensi dell’art. 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, e successive modificazioni, possono essere immersi
in mare con autorizzazione dell’autorita’ competente nel
rispetto di quanto previsto dall’art. 109, comma 2, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. I suddetti
materiali possono essere diversamente utilizzati a fini di
ripascimento, anche con sversamento nel tratto di spiaggia
sommersa attiva, o per la realizzazione di casse di colmata
o altre strutture di contenimento nei porti in attuazione
del Piano regolatore portuale ovvero lungo il litorale per
la ricostruzione della fascia costiera, con autorizzazione
della regione territorialmente competente ai sensi
dell’art. 21 della legge 31 luglio 2002, n. 179.”
Art. 79
Clausola di salvaguardia
1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 28 dicembre 2015
MATTARELLA
Renzi, Presidente del Consiglio dei
ministri
Galletti, Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare
Visto, il Guardasigilli: Orlando
Note all’art. 79:
La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
“Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione” e’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
del 24 ottobre 2001, n. 248.