L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995, dev’essere interpretato nel senso che lo sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sopra o nelle vicinanze di un edificio privato ad uso abitativo e strutturato in modo tale che la quantità di energia elettrica prodotta, da un lato, sia costantemente inferiore alla quantità complessiva di energia elettrica consumata per uso privato dal gestore dell’impianto e, dall’altro, sia ceduta in rete a fronte di un corrispettivo, con la realizzazione di introiti aventi carattere di stabilità, rientra nella nozione di «attività economiche» ai sensi di detto articolo.
Il caso:
Nel 2005 il sig. Fuchs ha installato un impianto fotovoltaico sul tetto della sua casa, per un importo pari a EUR 38.367,76. Detto impianto è stato oggetto di un’unica sovvenzione per un importo di EUR 19.020,00.
L’impianto in parola non ha capacità d’immagazzinamento e tutta l’energia elettrica prodotta è ceduta in rete, in base a un contratto di accesso alla rete in vigore dal 1° luglio 2005 e stipulato a tempo indeterminato con la società Ökostrom Solarpartner, Ö Vertriebs-GmbH. Tali cessioni sono remunerate al prezzo di mercato, ossia EUR 0,181 per kWh lordo, e assoggettate all’IVA. L’energia elettrica necessaria per le esigenze domestiche è riacquistata presso tale società allo stesso prezzo al quale è stata ceduta. Nel periodo dal 2005 al 2008, il sig. Fuchs ha consumato 44 600 kWh prelevati sulla rete per le proprie esigenze domestiche. Egli ha ceduto in definitiva 11 156 kWh alla rete e consumato direttamente 8 645 kWh. Pertanto, egli ha immesso nella rete la quantità totale prodotta attraverso il suo impianto fotovoltaico, ossia 19 801 kWh.
Al riguardo, a seguito di una domanda di chiarimenti, formulata conformemente all’articolo 101 del regolamento di procedura della Corte, il Verwaltungsgerichtshof ha precisato, con decisione del 10 gennaio 2013, pervenuta alla Corte il 28 gennaio seguente, basandosi su una constatazione di fatto del giudice dell’appello, che la nozione di energia elettrica consumata «direttamente» doveva essere intesa nel senso che tale energia elettrica era prelevata dalla rete pubblica immediatamente o subito dopo la sua immissione in rete. Il sig. Fuchs ha chiesto il rimborso di un importo di EUR 6 394,63 per l’IVA assolta a monte relativa all’acquisto dell’impianto fotovoltaico di cui trattasi.
Il Finanzamt ha considerato che il sig. Fuchs non era autorizzato a detrarre l’IVA pagata a monte, poiché, nello sfruttare il suo impianto fotovoltaico, egli non aveva esercitato un’attività economica. Il sig. Fuchs ha proposto un ricorso avverso tale decisione dinanzi all’Unabhängiger Finanzsenat Außenstelle Linz, facendo valere che egli esercitava un’attività economica ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva.
L’Unabhängiger Finanzsenat Außenstelle Linz ha accolto tale ricorso e il Finanzamt ha contestato la decisione di tale giudice dinanzi al Verwaltungsgerichtshof.
Pertanto, il Verwaltungsgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la gestione di un impianto fotovoltaico collegato in rete senza una capacità d’immagazzinamento autonoma, installato sopra o [in prossimità di] un edificio privato ad uso abitativo e tecnicamente strutturato in modo tale che la quantità di energia elettrica prodotta dall’impianto risulti costantemente inferiore alla quantità complessiva di energia elettrica consumata privatamente dal gestore dell’impianto per le proprie esigenze domestiche, integri un’“attività economica” del gestore dell’impianto ai sensi dell’articolo 4 della [sesta direttiva]».
Sulla questione pregiudiziale
Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2 dello stesso articolo, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Tale nozione di «attività economiche» è definita nello stesso paragrafo 2 come comprensiva di tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, in particolare delle operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità (v. sentenze del 26 giugno 2007, T‑Mobile Austria e a., C‑284/04, Racc. pag. I‑5189, punto 33, e Hutchison 3G e a., C‑369/04, Racc. pag. I‑5247, punto 27).
Da una costante giurisprudenza della Corte risulta inoltre che l’analisi delle definizioni delle nozioni di soggetto passivo e di attività economiche mette in rilievo l’ampiezza della sfera di applicazione della nozione di attività economiche e il suo carattere obiettivo, nel senso che l’attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati (v. citate sentenze T‑Mobile Austria e.a, punto 35, e Hutchison 3G e a., punto 29).
Nel caso di specie, l’attività controversa nel procedimento principale consisteva nello sfruttamento di un impianto fotovoltaico. Un’attività siffatta dev’essere considerata rientrante nella nozione di «attività economiche», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della sesta direttiva, se essa è esercitata al fine di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
La questione se tale attività sia diretta a realizzare introiti aventi carattere di stabilità è una questione di fatto che dev’essere valutata tenendo conto di tutti gli elementi della fattispecie, tra i quali figura, in particolare, la natura del bene considerato (v. sentenza del 19 luglio 2012, Rēdlihs, C‑263/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33).
Tale criterio deve anche consentire di accertare se un privato abbia utilizzato un bene in modo tale da far qualificare «attività economica» ai sensi della sesta direttiva la sua attività. Il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico è di regola sufficiente per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e quindi per realizzare introiti aventi carattere di stabilità. Per contro, se, per sua natura, un bene può essere usato sia per scopi economici sia a fini privati, occorre esaminare l’insieme delle circostanze del suo sfruttamento per stabilire se esso sia utilizzato per ricavarne introiti aventi effettivamente un certo carattere di stabilità (v. sentenze del 26 settembre 1996, Enkler, C‑230/94, Racc. pag. I–4517, punto 27, e Rēdlihs, cit., punto 34).
In quest’ultimo caso il raffronto fra le circostanze nelle quali l’interessato sfrutta effettivamente il bene e quelle in cui viene di solito esercitata l’attività economica corrispondente può costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata sia svolta al fine di realizzare introiti aventi un certo carattere di stabilità (v. citate sentenze Enkler, punto 28, e Rēdlihs, punto 35).
A tale proposito, si deve constatare che il bene di cui trattasi nel procedimento principale, vale a dire un impianto fotovoltaico collegato in rete e installato sopra o in prossimità di un edificio a fini abitativi, può, per sua stessa natura, essere utilizzato sia per scopi economici sia a fini privati.
Con riferimento, in primo luogo, alla questione se la cessione di energia elettrica di cui trattasi sia stata effettuata allo scopo di ricavarne introiti, si deve rilevare che la nozione di introiti dev’essere intesa nel senso di una remunerazione percepita come contropartita dell’attività esercitata. Al riguardo, risulta dalla decisione di rinvio, da un lato, che l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico di cui trattasi nel procedimento principale è stata ceduta in rete e, dall’altro, che conformemente al contratto di accesso a detta rete, tali cessioni hanno avuto come contropartita una remunerazione.
Orbene, sia dal testo stesso dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, sia dalla giurisprudenza della Corte, risulta che, per considerare che lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale avvenga al fine di ricavarne introiti, è irrilevante che tale sfruttamento sia o meno finalizzato a generare profitti.
Poiché l’impianto installato sul tetto dell’edificio a uso abitativo di proprietà del suo gestore produce energia elettrica immessa nella rete a fronte di una remunerazione, si deve considerare che lo sfruttamento di tale impianto avviene al fine di ricavarne introiti.
In secondo luogo, risulta dalla decisione di rinvio che il contratto di accesso alla rete, entrato in vigore il 1° luglio 2005, è stato concluso «a tempo indeterminato». Poiché lo sfruttamento di tale impianto fotovoltaico è di lunga durata, si deve constatare che la cessione in rete di energia elettrica proveniente dell’impianto fotovoltaico in parola avviene in maniera permanente e non soltanto occasionale. Una remunerazione quale quella percepita dal gestore di detto impianto ha quindi carattere di stabilità, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della sesta direttiva.
Dal momento che l’impianto fotovoltaico di cui trattasi nel procedimento principale produce energia elettrica immessa in rete a fronte di introiti aventi carattere di stabilità, si deve constatare che i requisiti previsti affinché tale attività rientri nell’ambito della nozione di «attività economiche» ai sensi dell’articolo 4 della sesta direttiva sono soddisfatti.
Tale conclusione non è rimessa in causa dalla circostanza rilevata dal giudice del rinvio secondo cui la quantità di energia elettrica prodotta da detto impianto è sempre inferiore alla quantità di energia elettrica consumata dal gestore per le proprie esigenze domestiche.
Si deve, infatti, ricordare che, nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, a causa delle caratteristiche tecniche dell’impianto in parola, da un lato, l’energia elettrica prodotta è ceduta alla rete e, dall’altro, l’energia elettrica consumata è acquistata presso il gestore di detta rete. Come ha rilevato il giudice del rinvio, poiché si tratta di un impianto di produzione di energia elettrica connesso alla rete, potrebbe risultare impossibile qualificare e identificare il bene fungibile di cui trattasi, vale a dire l’energia elettrica, una volta avvenuta l’immissione in rete e successivamente al suo riacquisto da quest’ultima.
In tali condizioni, si deve considerare che l’attività consistente nella cessione di energia elettrica controversa nel procedimento principale, è indipendente dall’operazione con la quale il gestore dell’impianto fotovoltaico preleva energia elettrica sulla rete per le proprie esigenze domestiche e che, pertanto, il rapporto tra la quantità di energia elettrica prodotta, da un lato, e quella consumata, dall’altro, è privo di pertinenza ai fini della qualificazione come attività economica di tale attività di cessione.
Di conseguenza, dev’essere respinto l’argomento del governo austriaco secondo il quale la circostanza che la quantità di energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico non eccede quella necessaria a soddisfare le esigenze domestiche dimostrerebbe che gli introiti ricavati dalle cessioni di energia elettrica alla rete sono il risultato dell’intento del gestore dell’impianto di ottenere una riduzione della sua fattura di energia elettrica e che, pertanto, l’attività di sfruttamento di tale impianto non sarebbe esercitata da quest’ultimo al fine di ricavarne introiti.
Peraltro, dal momento che, come risulta dal punto 28 della presente sentenza, il gestore dell’impianto esercita un’attività economica ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della sesta direttiva e che è assodato che tale attività è esercitata in modo indipendente, quest’ultimo dev’essere considerato soggetto passivo d’imposta ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo.
Inoltre, risulta dal fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio che detto gestore fattura alla sua controparte contrattuale l’IVA relativa alle cessioni della totalità dell’energia elettrica prodotta dal suo impianto fotovoltaico e che l’amministrazione tributaria percepisce l’IVA così fatturata su tali cessioni. Pertanto, da un lato, l’impianto di cui trattasi nel procedimento principale è utilizzato soltanto ai fini di operazioni assoggettate ad imposta a valle.
Dall’altro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, la posizione dell’amministrazione tributaria austriaca quale esposta nella decisione di rinvio, e quella assunta dal governo austriaco dinanzi alla Corte, secondo cui il gestore di un impianto siffatto agirebbe in qualità di soggetto privato, non sono coerenti con l’imposizione dell’IVA sulle cessioni di energia elettrica da questi effettuate.
Va ricordato, peraltro, che secondo la logica del sistema introdotto dalla sesta direttiva, le imposte che hanno gravato a monte sui beni o sui servizi impiegati da un soggetto passivo per le sue operazioni soggette ad imposta possono essere detratte. La detrazione delle imposte a monte è legata alla riscossione delle imposte a valle. Nella misura in cui beni o servizi sono impiegati ai fini di operazioni imponibili a valle, la detrazione dell’imposta che ha gravato su di essi a monte è necessaria per evitare una doppia imposizione (v. sentenze del 30 marzo 2006, Uudenkaupungin kaupunki, C‑184/04, Racc. pag. I‑3039, punto 24, e del 14 settembre 2006, Wollny, C‑72/05, Racc. pag. I‑8297, punto 20).
Tenuto conto di tutte le precedenti considerazioni, si deve rispondere alla questione sollevata che l’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che lo sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sopra o nelle vicinanze di un edificio ad uso abitativo e strutturato in modo tale che la quantità di energia elettrica prodotta, da un lato, sia costantemente inferiore alla quantità complessiva di energia elettrica consumata per uso privato dal gestore dell’impianto e, dall’altro, sia ceduta in rete a fronte di un corrispettivo, con la realizzazione di introiti aventi carattere di stabilità, rientra nella nozione di «attività economiche» ai sensi di detto articolo.