Le valutazioni in merito allo schema di decreto interministeriale di incentivazione dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili non possono prescindere da alcune considerazioni di carattere generale sulla strategia per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 indicati dalla normativa comunitaria. Innanzitutto, è importate ricordare che per il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità al 2020, tenuto conto dei costi dei diversi strumenti, è conveniente privilegiare, nell’ordine ed entro i limiti del potenziale disponibile, le fonti rinnovabili per la produzione di energia termica, l’efficienza energetica e, solo successivamente, le fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica.
Quest’ultima scelta è di gran lunga la più costosa, tanto più se attuata tramite impianti fotovoltaici con attuale tecnologia.
Peraltro, un maggior ricorso all’efficienza energetica e all’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia termica potrebbe vedere l’Italia giocare un ruolo importante, dato che il nostro Paese è avanzato in tali settori.
Si veda, a titolo d’esempio, l’importante ruolo assunto nei settori dell’edilizia e della termotecnica. In coerenza con tali considerazioni, il Piano di Azione Nazionale 2010 (PAN) per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 assegna un ruolo di primaria importanza all’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia termica e all’efficienza energetica.
Tuttavia, i decreti interministeriali vigenti al 2010 non sono stati modificati coerentemente con le dinamiche previste dal PAN, al fine di promuovere uno sviluppo delle fonti rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica. Basti pensare, a titolo di esempio, alla differenza tra la crescita programmata e quella effettiva per gli impianti fotovoltaici o alla distanza tra la domanda obbligata di certificati verdi e gli obiettivi del PAN. Data la situazione eccessivamente onerosa ereditata dal passato, consapevoli della difficoltà di contemperare le esigenze di equilibrio economico degli investimenti già realizzati con quelle di contenimento dei costi per lo sviluppo di una politica energetica economicamente e ambientalmente sostenibile, si ritiene tuttavia necessario e urgente un intervento dei Ministri competenti finalizzato a ridefinire le modalità di raggiungimento degli obiettivi al 2020, aggiornando prima di tutto il PAN.
A tal fine, tenendo conto della situazione attuale (il che rende ormai impossibile adottare le strategie ottimali), occorrerebbe:
– ridefinire gli obiettivi relativi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e la relativa strategia per il loro raggiungimento, al fine di accompagnare – in modo efficiente – le nuove realizzazioni verso la grid parity, soprattutto contenendo gli oneri aggiuntivi in capo alla collettività tramite la bolletta elettrica (a tal fine, si potrebbero privilegiare, attraverso strumenti incentivanti di mercato, quelle fonti per le quali è più rilevante l’impulso sull’economia nazionale);
– ridefinire di conseguenza gli obiettivi relativi all’efficienza energetica e all’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia termica. anto sopra evidenziato, è relativo agli obiettivi al 2020. Ma è, ormai, opportuno valutare anche scenari successivi a tale data, in relazione ai quali, per raggiungere obiettivi ancor più sfidanti, occorre utilizzare una nuova generazione di impianti da fonti rinnovabili, in grado di competere ad armi pari con quelli da fonti tradizionali.Si ritiene pertanto positiva l’intenzione, rinvenibile nelle dichiarazioni del Ministro dello Sviluppo Economico, di inquadrare nell’ambito della Strategia Energetica Nazionale, di auspicabile prossima definizione, la ridefinizione del quadro complessivo di sviluppo delle fonti rinnovabili – elettriche e termiche – e dell’efficienza energetica.
Inoltre, si ritiene opportuno che tali interventi di ridefinizione delle politiche pubbliche, i cui effetti sono rilevanti per l’intero Paese, siano oggetto di ampia consultazione prima dell’adozione finale – con eventuali analisi d’impatto – affinché sia possibile valutarne con attenzione gli effetti dal punto di vista economico, industriale ed energetico, tanto più dal momento che i costi relativi, così come i benefici, sono in capo alla collettività.
Gli schemi di decreto per l’incentivazione delle fonti rinnovabili diverse da quella solare (di seguito: decreto FER diverse dalla solare) e per l’incentivazione del fotovoltaico (di seguito: decreto fotovoltaico) si collocano proprio in questo contesto.
Tuttavia, tali decreti continuano a riguardare la sola produzione elettrica da fonti rinnovabili e sono stati proposti in totale assenza di una revisione degli obiettivi complessivi e delle relative strategie per il loro raggiungimento.
Gli schemi di decreto, a differenza dei precedenti, prevedono solidi meccanismi di contenimento degli oneri relativi alla nuova capacità incentivabile.
Nello specifico:
– lo schema di decreto FER diverse dalla solare definisce contingenti di nuova potenza incentivabile su base annuale fino al 2015, senza però aggiungere nulla in relazione a ciò che si intende definire dopo il 2015 (non viene cioè ridefinito il trend fino al 2020, né i nuovi obiettivi che si intendono perseguire e non viene riportato alcun riferimento in relazione alla grid parity);
– lo schema di decreto fotovoltaico definisce tetti massimi di spesa aggiuntiva su base semestrale per i primi cinque semestri dalla data di applicazione del medesimo decreto, fino a raggiungere la grid parity (ciò implica che, dopo il quinto semestre, non vengano più riconosciuti incentivi per gli impianti fotovoltaici di nuova realizzazione).
Da questo punto vista, per il fatto cioè che prevedono meccanismi di contenimento degli oneri relativi alla nuova capacità incentivabile, gli schemi di decreto sono migliorativi. Tuttavia continua a mancare la ridefinizione degli obiettivi nazionali settoriali, nonché le strategie per il loro raggiungimento.
Tali elementi dovranno essere opportunamente affrontati nell’ambito della Strategia Energetica Nazionale.
Dai predetti schemi di decreto emerge che, come peraltro sostenuto dai Ministri competenti, si intende raggiungere un obiettivo al 2020, in relazione all’impiego delle fonti rinnovabili per usi elettrici, decisamente superiore rispetto a quello inizialmente prefigurato nel PAN.
Tale decisione comporterà, in capo alla collettività tramite le bollette elettriche, costi maggiori rispetto a quelli strettamente necessari ai fini del raggiungimento degli obiettivi imposti a livello europeo. L’attuazione degli schemi di decreto determinerà costi aggiuntivi rispetto a quelli derivanti dall’applicazione degli strumenti incentivanti già esistenti. In particolare, a regime (e quindi al 2016), a fronte di un valore complessivo dell’incentivazioni dirette pari a circa 12 miliardi di euro all’anno, i costi aggiuntivi, definiti dai presenti schemi di decreto, si attestano a:
– circa 1 miliardo di euro all’anno per le fonti rinnovabili diverse da quella solare;
– circa 0,5 miliardi di euro all’anno per gli impianti fotovoltaici.
Tali incrementi contribuiscono alla determinazione di un ammontare complessivo di incentivo pari a circa 12 miliardi di euro all’anno (di cui 5,5 attribuibili all’insieme delle fonti rinnovabili diverse da quella solare). Nel considerare i costi complessivi delle fonti rinnovabili elettriche, occorre inoltre sommare ai valori riconosciuti a tali impianti a titolo di incentivo (12 miliardi di euro annui), il prezzo di vendita dell’energia prodotta.
Si ritiene, inoltre, che i valori unitari delle tariffe incentivanti debbano essere allineati a quelli vigenti nei Paesi europei caratterizzati dalla maggiore diffusione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Pertanto, in relazione ai valori proposti negli schemi di decreto: – per quanto riguarda le FER diverse dalla solare, si ritiene che i valori unitari delle tariffe incentivanti possano allinearsi ai valori mediamente diffusi negli altri Paesi europei solo grazie al buon esito di procedure concorsuali ben disegnate, che portino a riduzioni significative rispetto al valore base d’asta di partenza; – per quanto riguarda il fotovoltaico, si rileva che i valori unitari proposti per le tariffe incentivanti appaiono ancora più elevati rispetto a quelli mediamente diffusi negli altri Paesi europei, come emerge anche dalla stessa relazione di accompagnamento allo schema di decreto fotovoltaico e potrebbero essere conseguentemente ridotti. Infine, si ritiene che, per la parte di incentivazione delle fonti rinnovabili e la promozione dell’efficienza energetica in Italia finanziata a valere sulle bollette dei consumatori,
un modo più efficiente di gestione di tali incentivi possa consistere nel conservare in capo a Governo e Parlamento la determinazione, nell’ambito delle politiche energetiche, ambientali e industriali, di obiettivi quantitativi e temporali, distinti per ciascuna fonte, demandando all’Autorità stessa la responsabilità di definire le modalità per il raggiungimento, al minimo costo, dei suddetti obiettivi. In tal caso, l’Autorità non si limiterebbe a svolgere una mera funzione di ”esazione tariffaria” ai fini della copertura del fabbisogno finanziario derivante dai diversi sistemi di incentivo.
Di seguito vengono segnalate alcune proposte di modifica di aspetti specifici del decreto, che, sebbene in alcuni casi di dettaglio, si ritengono rilevanti per un efficiente funzionamento del sistema.
Essi riguardano:
– modalità di accesso ai registri, al fine di semplificarne l’accesso e promuoverne l’ordinato funzionamento;
– semplificazioni nella trasmissione delle informazioni necessarie al GSE;
– disposizioni finalizzate all’introduzione di un sistema di tracciabilità degli incentivi complessivamente percepiti da un medesimo soggetto;
– correttivi da apportare agli incentivi al fine di consentire di stabilizzare i prezzi dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, e di renderne più efficiente la gestione, prevedendo semplificazioni e consentendo anche l’incentivazione, a parità di risorse economiche complessive, dell’energia elettrica prodotta e contestualmente consumata in sito;
– correttivi da apportare alle procedure concorsuali, al fine di promuoverne l’ordinato ed efficiente funzionamento;
– disposizioni relative agli impianti che attualmente beneficiano dei certificati verdi, al fine di promuoverne la sostenibilità nelle bollette elettriche;
– disposizioni relative alla copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE.
Considerazioni di carattere generale relative alla sostenibilità economica
La politica energetica nazionale degli ultimi anni è stata sviluppata con la finalità di raggiungere gli obiettivi indicati a livello europeo al 2020, con particolare riferimento all’obiettivo vincolante, espresso in termini di consumo di energia da fonti rinnovabili rispetto al consumo totale (obiettivo che, per l’Italia, è pari al 17%).
Come già più volte evidenziato, ai fini del raggiungimento dell’obiettivo vincolante al 2020 per le fonti rinnovabili, è possibile agire su quattro fronti:
– aumentare i consumi di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili;
– aumentare i consumi di calore prodotto da fonti rinnovabili;
– aumentare l’utilizzo di biocarburanti;
– ridurre i consumi finali totali di energia primaria.
Il rapporto fra i consumi finali di energia attribuibili alle fonti rinnovabili e i consumi finali totali di energia primaria intorno al 20% (per l’Italia 17%) fa sì che l’aumento di 1 tep nei consumi finali da fonti rinnovabili sia equiparato alla riduzione di 5 tep nei consumi totali di energia (nel caso specifico dell’Italia, l’aumento di 1 tep nei consumi finali da fonti rinnovabili è equiparato alla riduzione di quasi 6 tep nei consumi totali di energia).
Ciò di fatto privilegia l’investimento in fonti rinnovabili rispetto all’investimento in efficienza energetica. In termini di costi, seppur a livello indicativo, si osserva che:
– 1 tep di maggior produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili comporterebbe un onere annuo variabile tra circa 930 euro (nel caso di fonti incentivate con gli attuali certificati verdi) e circa 3500 euro (per il fotovoltaico, considerando gli incentivi medi ad oggi erogati);
– 1 tep di maggior produzione di energia termica da fonti rinnovabili comporterebbe un onere annuo pari a circa 350 euro;
– 1 tep di riduzione dei consumi finali per effetto di interventi di risparmio energetico comporterebbe un onere pari a circa 100 euro.
Poiché, come già detto, nel caso specifico dell’Italia l’aumento di 1 tep nei consumi finali da fonti rinnovabili è equiparato alla riduzione di quasi 6 tep nei consumi totali di energia, è evidente anche da un punto di vista economico che l’investimento in fonti rinnovabili risulti privilegiato rispetto all’investimento in efficienza energetica.
Le fonti rinnovabili possono essere utilizzate per la produzione di energia elettrica o per la produzione di energia destinata a usi termici. Sulla base dei costi sopra evidenziati, appare evidente che sia meno costoso quest’ultimo utilizzo delle fonti rinnovabili. Peraltro, la produzione di energia destinata a usi termici è molto più efficiente – in termini di rendimento medio – rispetto alla produzione di energia elettrica. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi al 2020 conviene, pertanto, privilegiare, entro i limiti del potenziale disponibile, in primo luogo l’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia termica, quindi l’efficienza energetica e solo successivamente l’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica.
Quest’ultima scelta è di gran lunga la più costosa, tanto più se la produzione di energia elettrica avviene tramite impianti fotovoltaici. Peraltro, un maggior ricorso all’efficienza energetica e all’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia termica vedrebbe l’Italia giocare un ruolo importante dato che il nostro Paese è avanzato in tali settori (si veda, a titolo d’esempio, l’importante ruolo assunto nei settori dell’edilizia e della termotecnica).
Quanto evidenziato sino a questo punto dovrebbe costituire il filo conduttore della strategia energetica nazionale, in grado di coniugare la certezza derivante dall’identificazione di chiari obiettivi ambientali di medio lungo termine, ad esempio in termini di contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra o di aumento della quota di fonti rinnovabili nel mix energetico, con criteri di efficienza e di sostenibilità economica. In effetti, il Piano di Azione Nazionale 2010 (PAN) per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 assegna un ruolo di primaria importanza all’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia termica e all’efficienza energetica: infatti, il PAN prevedeva di stabilizzare i consumi finali totali di energia primaria a 133 Mtep (il che è un obiettivo sfidante essendo in linea con i consumi finali dell’anno 2008) e di triplicare l’impiego delle fonti rinnovabili per usi termici (da 3,24 Mtep nel 2008 a 10,46 Mtep nel 2020), a fronte di un aumento ben più contenuto dell’impiego delle fonti rinnovabili per usi elettrici (da 5,18 Mtep nel 2008 a 8,50 Mtep nel 2020).
Tuttavia, i decreti interministeriali vigenti al 2010 non sono stati modificati al fine di promuovere uno sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica coerente con le dinamiche di sviluppo previste dal PAN.
Basti pensare, a titolo di esempio, alla differenza tra crescita programmata ed effettiva per gli impianti fotovoltaici o alla distanza tra la domanda obbligata di Certificati Verdi e gli obiettivi del PAN. In più, con particolare riferimento agli impianti fotovoltaici:
– sono stati definiti valori unitari iniziali degli incentivi superiori rispetto a quelli mediamente vigenti negli altri Paesi europei (con particolare riferimento a Germania e Spagna);
– sono stati definiti criteri di aggiornamento dei valori unitari degli incentivi non coerenti con le dinamiche dei costi di produzione dell’energia elettrica; né tali criteri sono stati adeguatamente rivisti dopo aver preso atto dell’effettivo andamento dei costi di produzione registrati nel settore.
Ciò ha comportato valori unitari degli incentivi sempre più divergenti rispetto ai costi di produzione;
– la conseguente sovra incentivazione ha comportato il mancato stimolo all’ulteriore efficientamento nelle diverse attività che caratterizzano la filiera produttiva, la “spartizione” delle rendite tra i soggetti interessati dalla filiera, nonché un’accelerazione nell’installazione degli impianti;
– la mancanza di elementi normativi finalizzati ad ancorare lo sviluppo degli impianti alimentati da fonti rinnovabili alla traiettoria temporale delineata nel PAN, combinata con la predetta sovra incentivazione, ha comportato una distribuzione del piano di installazione sbilanciato verso i primi anni di attuazione, con un conseguente aumento dei costi complessivi per il sistema e un possibile rallentamento del progresso tecnologico;
– il decreto interministeriale 5 maggio 2011 (cd. quarto conto energia) è stato addirittura adottato ben sapendo che la potenza ammessa agli incentivi previgenti (poco meno di 9 GW) avrebbe superato gli obiettivi del PAN al 2020 (8 GW al 2020): ciò nonostante il medesimo decreto ha definito nuovi incentivi finalizzati ad installare, entro il 2016, impianti fotovoltaici per una potenza complessiva pari a 23 GW al 2016, senza modificare il già richiamato obiettivo del PAN e comportando maggiori oneri in capo alla collettività.
Inoltre, anche il quarto conto energia, avendo definito valori unitari degli incentivi troppo elevati in assenza, almeno fino al 2013, di una traiettoria temporale vincolante, ha comportato una distribuzione del piano di installazione sbilanciato verso i primi anni di attuazione, con un conseguente aumento dei costi complessivi per il sistema: tant’è che il costo indicativo cumulato annuo ivi riportato (pari a 6-7 miliardi di euro l’anno) sarà raggiunto tra pochi mesi (prima quindi che si potesse applicare la virtuosa traiettoria temporale vincolante), a fronte di una potenza complessivamente installata attesa pari a 15 GW (molto inferiore ai 23 GW per i quali tale costo era stato immaginato).
Tutto quanto sopra evidenziato ha fatto sì che la potenza complessiva da fonti rinnovabili attesa entro la fine del 2012 possa già superare il valore previsto dal PAN per il 2020. In termini di energia elettrica da fonti rinnovabili, appare verosimile che il valore previsto dal PAN venga superato nel 2013. Considerato che il consumo finale totale di energia (anche per effetto della crisi) è attualmente inferiore ai 133 Mtep prospettati dal PAN, l’obiettivo al 2020 relativo al settore elettrico è sostanzialmente già raggiunto, con più di 7 anni di anticipo.
Il costo degli strumenti incentivanti attualmente vigenti (in assenza quindi degli effetti dei due decreti proposti) è evidenziato nel grafico di figura 1. Si rileva che tali costi, che si scaricano sulle bollette elettriche, sono particolarmente ingenti e relativi ad investimenti già realizzati o in via di realizzazione; rappresentano quindi un onere su cui non è in sostanza più possibile intervenire (per 12 o 15 anni nel caso degli impianti che beneficiano dei certificati verdi; per 20 anni nel caso degli impianti fotovoltaici).
A tali costi, peraltro, si aggiungerebbero gli effetti e gli ulteriori costi indotti sul sistema elettrico dalle fonti rinnovabili, con particolare riferimento a quelle non programmabili, in relazione alle quali si rileva che: – sta cambiando il profilo di prezzo che si forma sul mercato del giorno prima, in cui si evidenzia un aumento6 dei prezzi orari molto più marcato nelle ore preserali (17-21), ovvero nelle ore in cui cessa progressivamente la produzione fotovoltaica, rispetto alle ore in cui tale produzione è presente. Infatti, la diffusione degli impianti fotovoltaici (la cui produzione è concentrata nelle ore di picco diurno, in cui cioè fino a pochi mesi fa si registravano i prezzi di mercato più elevati) comporta una significativa riduzione del numero delle ore in cui gli impianti termoelettrici hanno la possibilità di coprire, prima ancora della quota parte dei costi fissi, anche le eventuali perdite sui costi variabili registrate nelle ore della giornata in cui sono costretti a rimanere in servizio a causa dei loro vincoli tecnici di funzionamento. Da ciò deriva un’esigenza di copertura dei costi variabili di produzione in un numero più concentrato di ore, il che, a sua volta, concorre a spiegare l’aumento relativo registrato nei livelli dei prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso nelle prime ore serali. Gli ulteriori incrementi nella generazione fotovoltaica avranno però, almeno nel breve periodo, un effetto sempre minore in termini di variazione dei prezzi di equilibrio nelle ore di maggiore irraggiamento.
Ciò perché, sino a quando la tecnologia marginale ricorrente – ossia quella che fissa il prezzo di borsa nella maggior parte delle ore – rimarrà quella a gas, difficilmente il prezzo di mercato può risultare più basso dei costi variabili degli impianti a gas più efficienti.
Naturalmente ciò non è più vero qualora il prezzo di mercato dovesse formarsi, anche solo in alcune ore, senza più l’intervento degli impianti termoelettrici: in tali casi, infatti, il prezzo sarà fissato da tecnologie correlate alle fonti rinnovabili incentivate, caratterizzate da un costo variabile pressoché nullo, con conseguenze sulle stesse dinamiche di mercato ad oggi non del tutto prevedibili;
– una rilevante e rapida diffusione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili non programmabili, quali gli eolici e i fotovoltaici, comporta effetti non trascurabili nell’erogazione del servizio di dispacciamento (per lo più riconducibili all’esigenza di gestire in sicurezza il sistema elettrico nazionale).
Infatti, la non programmabilità e l’aleatorietà di tali fonti comporta un incremento dell’errore di previsione del carico residuo da bilanciare in tempo reale.
A ciò va aggiunto che la maggior produzione rinnovabile, riducendo la porzione di carico soddisfatta da unità di produzione termoelettriche con capacità di regolazione, rende ancor più complessa la costituzione dei margini di riserva necessari a garantire il bilanciamento in tempo reale della rete elettrica.
Si rileva inoltre che tali criticità sono ulteriormente acuite per effetto delle carenze infrastrutturali di rete intra ed interzonali nelle aree in cui le fonti non programmabili sono disponibili. Tutto ciò si traduce, oltre che in un incremento dei costi di dispacciamento, in una loro maggiore volatilità, rispetto al passato, e nella conseguente minore prevedibilità dei medesimi.
E’ pertanto ben diverso promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili programmabili rispetto a quelle non programmabili. Tenendo conto dell’effetto degli schemi di decreto, la figura 2 evidenzia l’andamento atteso della potenza degli impianti alimentati da fonti rinnovabili rispetto al PAN. Come già evidenziato, la rapida crescita della potenza complessivamente installata e lo scostamento rispetto al PAN è sostanzialmente da attribuire al fotovoltaico.
Differenziando per le singole fonti rinnovabili, come mostrato nella figura 3 in relazione al periodo compreso tra il 2010 e il 2015 (ultimo anno a cui si riferiscono le bozze di decreti interministeriali):
– in relazione alla fonte solare8 si osserva una rapida crescita e un rilevante scostamento tra il valore della potenza installata attesa per ogni anno e quanto previsto dal PAN (circa 21 GW attesi nel 2015 a fronte dei poco meno di 5,6 GW inizialmente previsti per il medesimo anno); – in relazione alle biomasse, si osserva uno scostamento, in lievissimo aumento, abbastanza marcato rispetto a quanto inizialmente indicato nel PAN.
Tuttavia, tale scostamento è da attribuire agli impianti alimentati da rifiuti biodegradabili la cui maggiore diffusione, tuttavia, può essere importante e condivisa anche al fine di tenere conto del problema dello smaltimento dei rifiuti;
– in relazione all’eolico, si osserva un lieve scostamento, in aumento, rispetto a quanto inizialmente indicato nel PAN;
– in relazione al geotermico, si osserva un sostanziale allineamento con quanto inizialmente indicato nel PAN;
– in relazione all’idrico, si osserva che già ad oggi esiste uno scostamento rispetto a quanto inizialmente indicato nel PAN e che tale scostamento non appare destinato ad ampliarsi.
Infine, dalla figura 3 emerge che, al 2012 in termini di potenza installata, il fotovoltaico ha già ampiamente superato gli obiettivi del PAN al 2020, la fonte eolica non ha ancora raggiunto tali obiettivi, mentre le altre fonti sono sostanzialmente allineate agli obiettivi del PAN al 2020.
Dai predetti schemi di decreto emerge che, come peraltro sostenuto dai Ministri competenti nelle relazioni illustrative dei medesimi schemi, si intende raggiungere un obiettivo al 2020, in relazione all’impiego delle fonti rinnovabili per usi elettrici, decisamente superiore rispetto a quello inizialmente prefigurato nel PAN.
Tale decisione comporterà costi aggiuntivi rispetto a quelli individuati nella figura 1.
Occorre rilevare che tale incremento è fortemente limitato per effetto, nel caso dello schema di decreto FER diverse dalla solare, della definizione di contingenti di nuova potenza incentivabile su base annuale fino al 2015 e, nel caso dello schema di decreto fotovoltaico, per effetto della definizione di tetti massimi di spesa aggiuntiva su base semestrale per i primi cinque semestri dalla data di applicazione del medesimo decreto. Complessivamente, ci si attende che la spesa massima attribuibile agli incentivi per gli impianti fotovoltaici si assesti a regime intorno a 6,5 miliardi di euro l’anno e che la spesa massima attribuibile agli incentivi per le altre fonti si assesti a regime intorno a 5 – 5,5 miliardi di euro l’anno, per un totale prossimo a 12 miliardi di euro l’anno, come evidenziato nella figura 4.
Dalla figura 4 emerge il peso contenuto dei nuovi strumenti incentivanti rispetto a quelli già oggi vigenti. A regime, su base annua:
– i nuovi strumenti incentivanti per le fonti rinnovabili diverse da quella solare inciderebbero per circa 1 miliardo di euro su un totale di 12 miliardi di euro (di cui 5,5 attribuibili all’insieme delle fonti rinnovabili diverse da quella solare);
– i nuovi strumenti incentivanti per gli impianti fotovoltaici inciderebbero per circa 0,5 miliardi di euro su un totale di 12 miliardi di euro (di cui 6,5 attribuibili al fotovoltaico). Si ritiene inoltre opportuno avanzare qualche considerazione in relazione ai valori unitari delle tariffe incentivanti proposte negli schemi di decreto:
– per quanto riguarda le e dalla solare, si ritiene che i valori unitari delle tariffe incentivanti possano allinearsi ai valori mediamente diffusi negli altri Paesi europei, solo grazie al buon esito di procedure concorsuali ben disegnate, che portino a riduzioni significative rispetto al valore base d’asta di partenza;
– per quanto riguarda lo schema di decreto fotovoltaico, si rileva che i valori unitari proposti per le tariffe incentivanti appaiono ancora più elevati rispetto a quelli mediamente diffusi negli altri Paesi europei, come emerge anche dalla stessa relazione di accompagnamento allo schema di decreto fotovoltaico: ad esempio, si potrebbe prevedere di utilizzare come valori base per il primo semestre di applicazione quelli attualmente proposti per il terzo semestre (che comunque sono ancora superiori a quelli vigenti in alcuni Paesi europei). Inoltre, poiché l’obiettivo è quello di raggiungere la grid parity entro cinque semestri, si propone di ridurre gradualmente i valori unitari delle tariffe incentivanti per i semestri successivi al primo fino a prevedere per il quinto semestre una tariffa incentivante di poco superiore ai prezzi di mercato dell’energia elettrica.
Proposte di modifica su temi specifici dello schema di decreto per l’incentivazione delle fonti rinnovabili diverse da quella solare
1 Disposizioni relative all’iscrizione ai registri
In relazione alle procedure di accesso agli incentivi, si ritiene opportuno semplificare l’iscrizione ai registri, ad esempio prevedendo che il produttore possa accedervi mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesti il possesso dei requisiti necessari per l’iscrizione; solo a seguito dell’avvenuta selezione o dell’entrata in esercizio dell’impianto il produttore dovrebbe presentare al GSE la documentazione necessaria per l’ottenimento degli incentivi, ivi inclusi i documenti attestanti la veridicità di quanto dichiarato all’atto dell’iscrizione nel registro. In tal caso, si ritiene necessario prevedere che i contingenti di potenza liberati a seguito di dichiarazioni mendaci diano luogo allo scorrimento della graduatoria o possano essere riallocati sul primo periodo utile successivo e che i soggetti che si siano resi responsabili di false dichiarazioni siano esclusi dall’accesso agli incentivi per i successivi 10 anni.
Inoltre, potrebbe essere opportuno prevedere la presentazione al GSE di una garanzia anche nel caso di iscrizione al registro, eventualmente di entità minore rispetto a quella prevista nel caso di partecipazione alle procedure concorsuali.
2 Disposizioni relative alla trasmissione delle informazioni necessarie al GSE
Si ritiene opportuno evitare che il produttore debba fornire al GSE informazioni e dati già comunicati a Terna e validati dagli operatori di sistema tramite il sistema GAUDÌ, prevedendo che sia il GSE ad acquisirli direttamente da Terna tramite i flussi sincroni e asincroni già previsti nell’ambito del sistema GAUDÌ.
Al fine di permettere al GSE di adeguare i propri portali per renderli interoperabili con il sistema GAUDÌ sarebbe opportuno prevedere che l’Autorità definisca un periodo transitorio nell’ambito del quale siano ammissibili soluzioni transitorie definite dal medesimo GSE per la trasmissione dei dati necessari.
3 Disposizioni relative alla tracciabilità degli incentivi
Al fine di garantire la tracciabilità degli incentivi erogati, pur in presenza di legami societari non sempre di immediata individuazione, si ritiene opportuno prevedere che il soggetto responsabile che richiede l’accesso a un nuovo incentivo, sia tenuto a dichiarare al GSE l’elenco delle società controllanti, controllate o controllate dalla medesima controllante, oltre agli incentivi già spettanti in qualunque forma, ivi inclusi i relativi importi.
4 Tipologia di incentivo
Gli incentivi previsti nello schema di decreto: – nel caso di impianti fino a 1 MW, sono di tipo feed in tariff (cioè l’energia elettrica è nella disponibilità del GSE) riconosciuti alla produzione netta di energia elettrica immessa in rete, come peraltro già previsto in applicazione della legge n. 244/07; – nel caso di impianti di potenza superiore a 1 MW, sono di tipo feed in premium con ricavi minimi garantiti e sono calcolati come differenza oraria, qualora positiva, tra la tariffa base e il prezzo zonale orario e si sommano ai ricavi di vendita dell’energia che rimane nella disponibilità del produttore.
Tali incentivi sono riconosciuti alla produzione netta di energia elettrica immessa in rete. Si ritiene che il maggior utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica dovrebbe consentire di stabilizzare i prezzi di tale energia.
Tale finalità viene perseguita con la feed in tariff (che, appunto, consiste nel definire un prezzo costante di ritiro dell’energia elettrica immessa in rete) mentre non viene perseguita con il feed in premium proposto nello schema di decreto (che lascerebbe in capo al produttore i maggiori ricavi che derivano da valori del prezzo zonale orario superiori alla tariffa base).
Si propone, pertanto, di prevedere che l’incentivo di tipo feed in premium sia calcolato come differenza oraria, sia positiva che negativa, tra la tariffa base e il prezzo zonale orario e che il valore unitario dell’incentivo non possa mai essere superiore al valore unitario assunto dalla tariffa base stessa.
Ciò consentirebbe di equiparare, negli effetti economici complessivi sul sistema, il feed in premium alla feed in tariff, sgravando la componente tariffaria A3 qualora i prezzi zonali orari siano superiori alle tariffe base. Si riportano, di seguito, ulteriori considerazioni finalizzate a rendere più efficiente la gestione degli incentivi, prevedendo semplificazioni e consentendo anche l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta e contestualmente consumata in sito (infatti gli incentivi proposti nello schema di decreto si applicano solo all’energia elettrica immessa in rete).
L’erogazione degli incentivi proposti nello schema di decreto richiede la disponibilità dei dati di misura dell’energia elettrica prodotta lorda, dell’energia elettrica consumata dai servizi ausiliari di centrale (che dovrebbero anche essere puntualmente definiti) e dell’energia elettrica immessa in rete. Un siffatto sistema è indubbiamente di complessa attuazione.
Qualora l’incentivo da erogare fosse di tipo feed in premium (pari alla differenza tra la tariffa base e il prezzo zonale orario) per ogni tipologia impiantistica e ogni potenza (pur mantenendo l’utilizzo delle procedure concorsuali come già individuate), applicato all’energia elettrica prodotta lorda (cioè all’energia elettrica misurata ai morsetti di macchina), si avrebbero rilevanti semplificazioni in
quanto:
– l’unico dato di misura necessario ai fini dell’erogazione dell’incentivo sarebbe il dato di misura dell’energia elettrica prodotta lorda, e di conseguenza risulterebbe superflua, a tali fini, la misura dell’energia elettrica immessa e dell’energia elettrica assorbita dai servizi ausiliari di centrale;
– si ridurrebbe, di conseguenza, il numero di apparecchiature di misura necessarie per la determinazione dell’energia oggetto di incentivazione e dei flussi dei dati di misura ad esse associati, comportando quindi una riduzione dei costi in capo ai produttori, ai gestori di rete e al medesimo GSE; peraltro risulterebbe semplificata anche l’attività di verifica delle apparecchiature di misura e dei dati di misura, nonché le eventuali attività ispettive e i costi ad esse associati;
– non sarebbe più necessario procedere alla definizione puntuale dei servizi ausiliari di centrale;
– le attività di verifica, sia in fase di rilascio della qualifica di impianto IAFR che durante la vita utile, risulterebbero semplificate poiché non servirebbero complicati algoritmi di calcolo della quantità di energia elettrica ammessa agli incentivi;
– non richiederebbe di verificare la presenza di eventuali ausiliari di centrale (potenzialmente difficili da individuare) connessi alla rete mediante punti di connessione diversi da quelli utilizzati per le immissioni;
– verrebbe incentivata anche l’energia elettrica prodotta e contestualmente consumata in sito. Naturalmente, qualora l’incentivo dovesse essere erogato all’energia elettrica prodotta lorda, occorrerebbe ridefinire, in riduzione, i valori unitari della tariffa base, affinché la redditività dell’investimento prevista in fase di definizione dell’attuale schema di decreto si mantenga costante. Inoltre, al fine di garantire ulteriori semplificazioni, si potrebbe prevedere che, per i soli impianti fino a 1 MW, l’energia elettrica prodotta e immessa in rete possa essere ceduta al GSE (in alternativa al libero mercato) nell’ambito del ritiro dedicato (escludendo la possibilità di usufruire dei prezzi minimi garantiti, nonché di accedere allo scambio sul posto).
Ciò consentirebbe, nel caso di impianti fino a 1 MW, di prevedere un unico contratto con il GSE che includa sia la cessione dell’energia che l’erogazione dell’incentivo (l’effetto finale per il produttore coinciderebbe con quello derivante dalla feed in tariff attualmente proposta, ma la tipologia di incentivo sarebbe identica per ogni potenza, il che dovrebbe comportare minori oneri gestionali). Si auspica che la tipologia di incentivazione qui proposta sia estesa anche agli impianti fotovoltaici (in occasione della definizione del cosiddetto quinto conto energia), affinché il meccanismo di incentivazione sia lo stesso per ogni taglia e tipologia impiantistica.
5 Definizione del costo indicativo cumulato annuo degli incentivi
Si ritiene opportuno esplicitare nello schema di decreto i criteri che il GSE deve utilizzare ai fini del calcolo del costo indicativo cumulato annuo, anche al fine di evitare che tale costo indicativo cambi negli anni a parità di impianti ammessi alle incentivazioni. In particolare è opportuno definire:
– come deve essere effettuato il calcolo dell’incidenza dei certificati verdi (CV) sul costo indicativo cumulato annuo. Si potrebbe ad esempio ipotizzare che i CV, sin dal 2012, siano valorizzati al prezzo di ritiro da parte del GSE (come se già non esistesse più l’obbligo di acquisto da parte dei produttori e importatori da fonti non rinnovabili): diversamente, nel 2015, i CV potrebbero comportare un aumento di costo, a parità di energia incentivata, comportando il potenziale superamento dei 5,5 miliardi di euro individuati come costo indicativo cumulato annuo massimo;
– quale debba essere il valore del prezzo di mercato da sottrarre dalla cosiddetta tariffa base al fine del calcolo dell’impatto del vero incentivo sul costo indicativo cumulato annuo (ad esempio, si potrebbe fare riferimento al prezzo medio nazionale riferito ad uno specifico anno o basato su una previsione di prezzo medio dei prossimi 2 o 3 anni).
6 Considerazioni relative alle procedure concorsuali
L’attuale incentivo a base d’asta dipende dalla data di entrata in esercizio dell’impianto (potenzialmente futura rispetto alla procedura concorsuale). L’offerta presentata in termini di variazione percentuale da applicarsi ad una tariffa base variabile può comportare una serie di squilibri. Infatti, un impianto già in esercizio potrebbe concorrere con un impianto da realizzare (per il quale la tariffa base sarà più bassa) e risultare vincitore avendo offerto una riduzione percentuale maggiore della tariffa base (diversa per i due impianti) che però comporta, in valore assoluto, un incentivo superiore. Per quanto sopra detto, si ritiene opportuno definire in maniera univoca il prezzo a base d’asta, ad esempio prevedendo che tale prezzo sia pari a quello vigente alla data di pubblicazione del bando. Inoltre, nel caso di partecipazione alle procedure d’asta, lo schema di decreto (articolo 15, comma 1) prevede che i partecipanti si debbano impegnare a prestare la cauzione definitiva a garanzia della realizzazione degli impianti e che tale cauzione debba essere trasmessa al l’espletamento positivo della procedura d’asta: al fine di evitare possibili fenomeni speculativi, si ritiene opportuno prevedere che la cauzione (o una parte di essa) debba essere versata sin dall’inizio e restituita dal GSE nel caso di esito negativo della procedura concorsuale.
7 Escussione della cauzione in caso di mancata realizzazione dell’impianto
Si ritiene opportuno prevedere che le somme escusse dal GSE ai sensi dell’articolo 16, comma 4, dello schema di decreto siano versate alla Cassa Conguaglio del Settore elettrico a valere sul Conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate.
8 Disposizioni relative agli impianti che attualmente beneficiano dei CV
Lo schema di decreto FER diverse dalla solare (articolo 19) prevede che per la produzione di energia elettrica da impianti che hanno maturato il diritto ai CV a decorrere dal 2016 è riconosciuto, per il periodo residuo di diritto ai CV, un incentivo calcolato sulla base della medesima formula che oggi consente di valutare il prezzo di ritiro, da parte del GSE, dei CV invenduti.
Al fine di prevedere un maggiore coordinamento con i nuovi strumenti incentivanti, si ritiene opportuno che il produttore possa, in alternativa:
– scegliere di mantenere il meccanismo sopra descritto, rinunciando alla possibilità futura di percepire eventuali incentivi a fronte di interventi di rifacimento;
– optare, con efficacia immediata, per nuovi valori degli strumenti incentivanti, riproporzionati al fine di prevedere, per tali impianti, un periodo di erogazione dell’incentivo pari a quello previsto nel decreto (nella maggior parte dei casi 20 anni, a fronte dei 12 o 15 anni previgenti per i CV). Ciò consentirebbe di ridurre il costo annuo degli incentivi (e quindi l’impatto in A3) poiché questi ultimi verrebbero ripartiti su un numero maggiore di anni, garantendo al tempo stesso una maggiore produzione da fonti rinnovabili a fronte del medesimo incentivo complessivamente erogato.
I conseguenti maggiori oneri derivanti da tale operazione dovrebbero essere riconosciuti ai produttori in occasione della revisione dei valori degli incentivi.
Le presenti proposte consentirebbero peraltro di evitare continui (e a volte superflui) rifacimenti parziali degli impianti finalizzati a beneficiare nuovamente degli strumenti incentivanti, con conseguente riduzione di costi per il sistema.
9 Disposizioni relative al ritiro, nel 2012, dei CV invenduti
L’articolo 20, comma 3, dello schema di decreto FER diverse dalla solare prevede che, su richiesta del detentore, il GSE ritira i certificati verdi relativi alle produzioni del 2011 entro il 2012 e assicura ai medesimi detentori il pagamento del 25% degli importi spettanti entro il mese di giugno 2012, del 25% degli importi spettanti entro il mese di settembre 2012 e del rimanente 50% entro il mese di dicembre 2012.
Ciò per evitare rilevanti aggravi della componente tariffaria A3 entro il mese di giugno 2012. Anche alla luce delle osservazioni presentate da varie associazioni di categoria, che hanno evidenziato forti criticità derivanti dall’implementazione di quanto sopra riportato (e in particolare il fatto che entro giugno 2012 il GSE effettui pagamenti riferiti solo al 25% dei CV complessivamente ritirati) e poiché il rilevante aumento del valore unitario della componente tariffaria A3 riscontrato negli ultimi mesi è anche (e soprattutto) attribuibile agli impianti fotovoltaici, a parità di risorse, si potrebbe prevedere che:
– entro giugno 2012, il GSE effettui pagamenti riferiti al 50% dei CV complessivamente ritirati;
– il conseguente maggiore onere sostenuto dal GSE entro giugno sia interamente compensato, in termini finanziari, da una dilazione (di almeno 4-6 mesi) nelle tempistiche di pagamento degli incentivi previsti per l’energia elettrica prodotta nei mesi di maggio e giugno 2012 dagli impianti fotovoltaici di taglia maggiore (ad esempio sopra 100 kW). Tale previsione, peraltro, consentirebbe di non discriminare tra le diverse fonti nell’attuale contesto in cui vi è contestuale accesso al credito tramite il Conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate alimentato dalla componente tariffaria A3.
10 Disposizioni relative alla copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE
Lo schema di decreto FER diverse dalla solare (articolo 21, comma 3) prevede che, ai fini della copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE, i soggetti che, a qualsiasi titolo, accedono ai meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, anche già in esercizio e con eccezione degli impianti ammessi al provvedimento Cip 6/92, sono tenuti a corrispondere allo stesso GSE, a decorrere dal 1 gennaio 2013, un contributo di 0,2 c€ per ogni kWh di energia incentivata.
Lo schema di decreto fotovoltaico (articolo 10, comma 4) prevede che per la copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE, i soggetti responsabili che accedono alle tariffe incentivanti di cui al presente decreto e ai decreti emanati in attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/03 e dell’articolo 25, comma 10, del decreto legislativo n. 28/11, sono tenuti a corrispondere allo stesso GSE, a decorrere dal 1 luglio 2012, un contributo di 0,1 c€ per ogni kWh di energia incentivata. Il combinato disposto delle previsioni sopra richiamate comporterebbe un ricavo complessivo per il GSE pari a circa 75 – 80 milioni di euro per l’anno 2013, in crescita negli anni successivi. Ciò a fronte di costi complessivamente riconosciuti dall’Autorità in misura pari a circa 33 milioni di euro per l’anno 2011.
Se da un lato le due disposizioni normative consentirebbero di sgravare la componente tariffaria A3 dei costi di funzionamento del GSE, dall’altro l’importo appare particolarmente sovradimensionato rispetto alle reali necessità.
Si propone pertanto, di rimodulare il valore dei corrispettivi di cui all’articolo 21, comma 3, dello schema di decreto FER diverse dalla solare e all’articolo 10, comma 3 dello schema di decreto fotovoltaico al fine di prevedere un ricavo complessivo del GSE che sia coerente con gli attuali costi riconosciuti dall’Autorità al medesimo GSE.
Si ritiene inoltre opportuno precisare all’interno dello schema di decreto che:
– l’Autorità determina, con cadenza annuale, i costi da riconoscere al GSE per le attività svolte;
– la differenza tra i ricavi complessivi già ottenuti dal GSE per effetto dei corrispettivi versati dai produttori e i costi da riconoscere al GSE come determinati dall’Autorità sia versata al Conto alimentato dalla componente tariffaria A3 (ciò consente di versare sul predetto Conto gli eventuali maggiori ricavi derivanti al GSE per effetto dei corrispettivi versati dai produttori).