Le aperture tecniche automatizzate continuano ad essere macchine e gli installatori hanno la responsabilità e la qualifica soggettiva di fabbricanti di macchine, nonostante il decreto nazionale rischi di generare pericolosi equivoci.
Sembra aver trovato la propria conclusione l’Odissea legislativa della legge 46/90, che negli anni ha sempre più incrociato il proprio destino con la tutela della proprietà immobiliare e degli edifici.
Ricordiamo il succedersi, dall’emanazione della legge 46/90, del Dpr 380/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)” con le ripetute e prevedibili proroghe, la previsione di una norma di riordino “delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici” nella legge 248/2005 e, infine, nel 2008, la pubblicazione della stessa norma di riordino, avvenuta con il DM 22 gennaio 2008, n. 37.
Il tempo che il legislatore nazionale si concede per l’emanazione delle norme è tale che ci si potrebbe aspettare la perfezione; purtroppo, invece, sembra che il tempo, più che alla ricerca della perfezione, sia dedicato alla ricerca di compromessi.
Non sarebbero altrimenti spiegabili evidenti errori di coordinamento tra la recente norma e quelle con le quali dovrebbe essere armonizzata.
Anche la pubblicazione dei “quesiti interpretativi concernenti l’articolo 13 del DM 37/2008” sembra confermare che il legislatore, più che della sicurezza degli impianti e della qualificazione degli operatori, si sia preoccupato della tutela del mercato immobiliare, con la previsione delle garanzie per il venditore di immobili.
Installatori qualificati
Gli installatori di chiusure tecniche automatizzate hanno spesso trovato difficoltà ad ottenere una qualificazione derivante dall’applicazione della legge 46/90 perché non contemplati nelle famose “lettere” previste dall’articolo 1, nemmeno nella lettera a), la quale parlava di “impianti di… utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’ente distributore”.
La ragione di questa mancata qualificazione degli installatori di automatismi poteva essere sia la considerazione che tali manufatti non fossero “all’interno degli edifici”, ma, più probabilmente, che non si trattasse di lavori sull’impianto elettrico, quanto della immissione sul mercato e della messa in servizio di una macchina disciplinata dalla direttiva comunitaria 98/37/CE, recepita in Italia con Dpr n. 459 del 24/07/1996.
Notoriamente, questa norma prevede quali siano le caratteristiche di una macchina che possa essere installata sul mercato comunitario. Quindi, nel caso della immissione sul mercato di una macchina e della messa in servizio della stessa, le qualificazioni soggettive di chi costruisce sono rilevanti nella misura in cui costituiscono elementi per l’identificazione di un fabbricante secondo quanto disposto dalla Direttiva macchine, e non per l’identificazione di un soggetto che abbia le caratteristiche di un installatore in applicazione di una disposizione di fonte nazionale.
Lo sforzo degli installatori non avrebbe dovuto essere quello di ottenere una qualificazione derivante dalla legge 46/90, quanto quello di evidenziare le qualificazioni e le responsabilità del fabbricante di una macchina conforme alla normativa di fonte comunitaria e, quindi, marcata CE.
Per ottenere questo risultato, gli strumenti legali erano già a disposizione dal 1996; invece, eccoci con una menzione speciale nel DM 37/2008 degli “impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere”.
Sembra che l’introduzione nel decreto di questo disposto abbia soddisfatto molti. Ma qual è la sua reale portata? Quali sono i reali effetti legali? Ci si può concentrare sulle chiusure automatizzate, ma, in realtà, le considerazioni che seguono possono valere per tutti i prodotti disciplinati da norme cogenti di fonti comunitaria che prevedono la marcatura CE dei prodotti.
Lo stesso decreto – che a una prima lettura appare applicabile ad alcuni “impianti” che, invece, per la normativa CE, costituiscono un prodotto con una disciplina espressamente dedicata – in due diversi punti prevede una limitazione al proprio campo di applicazione.
Si tratta del contenuto del comma 3 dell’articolo 1, ove si dice che “Gli impianti o parti di impianto che sono soggetti a requisiti di sicurezza prescritti in attuazione della normativa comunitaria, ovvero di normativa specifica, non sono disciplinati, per tali aspetti, dalle disposizioni del presente decreto.”
Questo comma sembra voler richiamare la disciplina comunitaria, ma quella che dovrebbe essere richiamata non riguarda né impianti, né parti di impianto, ma piuttosto ogni prodotto le cui norme costruttive siano previste da una disposizione di fonte comunitaria.
Quindi, in questo comma, il legislatore confonde impianti e prodotti. Successivamente, l’articolo 2 del decreto, lettera e), esclude dall’ambito applicativo dello stesso “equipaggiamenti elettrici delle macchine, degli utensili, degli apparecchi elettrici in genere”.
Nemmeno questa previsione può esaurire il conflitto tra normativa comunitaria di prodotto e il tema trattato dal DM 37/2008: esistono, infatti, apparecchiature oggetto delle direttive comunitarie sui prodotti in pressione che non sono né macchine, né “apparecchiature elettriche” e che, quindi, non vengono escluse dal campo di applicazione del decreto. Tuttavia, questo stesso comma ci offre una informazione importante per le chiusure tecniche automatizzate che ci interessano.
Infatti, il decreto afferma che l’equipaggiamento elettrico delle macchine non è incluso tra quelli disciplinati dalla legge. Quindi, mentre resta aperto il contrasto tra la normativa di fonte comunitaria e quella di fonte nazionale per quanto riguarda i prodotti diversi dalle macchine, per quanto riguarda queste ultime, abbiamo almeno la conferma che il loro “equipaggiamento elettrico” non è disciplinato dal decreto.
Si può concludere quindi che, anche secondo quanto previsto dal DM 37/2008, l’equipaggiamento elettrico delle macchine deve essere conforme alla relativa direttiva.
Ma allora, nella fattispecie, qual è il senso del DM suddetto quando menziona all’articolo 1, comma 2, lettera a), ultima riga: “gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere”?
Le automazioni sono macchine
Le automazioni di porte, cancelli e barriere non sono impianti, sono macchine disciplinate dalla direttiva comunitaria 98/37/CE, recepita in Italia con Dpr n. 459 del 24/07/1996.
L’unica necessità che hanno è quella di essere alimentate da una fonte di energia per funzionare.
Nel caso specifico, l’energia è fornita dall’impianto elettrico al quale la macchina deve essere collegata.
Non esiste, quindi, alcun “impianto” per l’automazione di porte, si tratta invece semplicemente del collegamento di una macchina a una fonte di alimentazione energetica. In questo senso, il DM 22 gennaio 2008, n. 37, non può disporre alcuna norma che contrasti con la disciplina di fonte comunitaria dell’impianto elettrico che fa parte di una macchina conforme alla normativa CE e parimenti marcata.
Non ha alcun significato che il decreto preveda la menzione di una tipologia di macchine piuttosto che di altre che potrebbero essere alimentate dall’impianto elettrico; ciò anche in considerazione del fatto che sono immesse sul mercato chiusure tecniche automatizzate (macchine marcate CE) che possono essere collegate all’impianto attraverso una semplice presa elettrica (cosiddetti “plug in”) e non necessitano di alcuna operazione particolare per il collegamento dell’alimentazione all’impianto elettrico. La risposta alla domanda quindi è: nessuno.
La menzione di macchine nel campo di applicazione del decreto non ha alcun effetto sulla immissione sul mercato e messa in servizio delle macchine stesse. Può invece esserci un effetto negativo: il testo del DM 22 gennaio 2008, n. 37, comporta la confusione tra la normativa che disciplina la realizzazione di un impianto elettrico e quella che è prevista per normare la parte elettrica di ciascuna macchina immessa sul mercato, comprese le chiusure tecniche automatizzate.
Sarebbe opportuno che, per evitare ogni equivoco, dall’articolo 1, comma 2, lettera a), ultima riga fosse soppressa la menzione di: “impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere”, questo aiuterebbe gli installatori a ritrovare la propria identità di fabbricanti di macchine.