Gestire i sistemi di illuminazione, per ambienti interni o esterni significa amministrare nel migliore dei modi l’attività a questi connessa, in vista di un determinato rendimento o obiettivo. In pratica si tratta di assicurare il regolare funzionamento nel tempo degli impianti, puntando al minor costo e alla massima resa.
Il minor costo è conseguibile riducendo:
– i consumi energetici;
– il numero di interventi per sostituzioni, riparazioni, manutenzioni;
– la complessità e la durata degli interventi.
La massima resa (efficienza) è conseguibile garantendo:
– la massima continuità al servizio;
– la massima qualità del servizio (non solo “illuminare”, ma conseguire precisi risultati in funzione dei vari compiti visivi).
La corretta gestione è perciò il risultato di scelte che partono da lontano:
– scelte progettuali;
– criteri esecutivi;
– criteri di gestione(criteri di conduzione e manutenzione degli impianti: progettare “in vista di”, e non solo progettare per i minori costi di investimento).
Scelte progettuali
Un corretto progetto illuminotecnico si basa su delle scelte condizionate da precise funzioni obiettivo, riassumibili nelle seguenti:
– definizione del compito visivo;
– definizione dei livelli di illuminazione (lux) o di luminanze (cd/m2) a seconda dei casi;
– definizione dei limiti di uniformità (o delle volute “non uniformità”);
– definizione dei contrasti di luminanza;
– definizione di parametri di qualità: abbagliamento, resa del colore, contenimento del volume illuminato entro i limiti indicati;
– definizione di esigenze particolari o soggettive (atmosfere da creare, stimoli da produrre, richiami di attenzione).
Quando il progetto sia stato impostato convenientemente, scegliendo sorgenti luminose, apparecchi, supporti, impianti, sarà opportuno controllare la validità complessiva attraverso alcuni “indicatori di qualità”, da confrontare con progettazioni analoghe, oppure comunque con “finestre di valori” dettate dalla normativa e dalla buona tecnica.
Si citano, quali principali indicatori, i valori medi di:
– efficienza delle sorgenti adottate (lm/W);
– fattore di utilizzazione degli apparecchi;
– potenze specifiche sulle superfici oggetto del compito visivo (W/m2);
– perdite complessive di impianto e degli ausiliari (W/m2, oppure W/km, oppure W/punto luce),
– durata di vita delle sorgenti e dell’impianto (fino al primo intervento di manutenzione straordinaria);
– intervalli temporali attesi fra guasti (MTBF), manutenzioni ordinarie, sostituzione delle sorgenti luminose;
– tasso di decadimento del flusso luminoso utile nel tempo (%/anno).
La tabella sintetizza qualitativamente l’impatto sulla gestione delle principali scelte progettuali, in relazione alle varie tipologie di componenti costituenti l’impianto, distinta per sistemi di illuminazione esterni o interni.
Alcune tra le molte “voci” riportate nella tabella meritano una particolare sottolineatura.
a) L’efficienza luminosa, la durata di vita e la resa di colore delle sorgenti hanno avuto un notevole sviluppo dalle primitive lampade ad incandescenza fino alle sorgenti disponibili ai giorni nostri. Naturalmente, non sempre questi tre parametri crescono in modo coerente: la durata di vita delle lampade a induzione, che raggiunge il valore strabiliante di 60.000 ore, si accompagna ad esempio, ad una lieve riduzione nell’efficienza luminosa rispetto a sorgenti più tradizionali, mentre si mantiene abbastanza alto l’indice di resa cromatica.
b) La relativamente scarsa incidenza relativa della lampada e dell’apparecchio, nel caso di impianti esterni (tabella – Incidenza costo lampada in impieghi esterni), rispetto ai costi di impianto e delle opere civili (scavi e reinterri) consiglia di non lesinare mai sulla qualità di questi dispositivi (che sono anche i più delicati e “rappresentativi” dell’impianto) dato che scelte di qualità, anche se penalizzate da un raddoppio dei costi, produrrebbero una lievitazione sui costi complessivi inferiore al 10%.
c) Lo sviluppo nell’impiantistica e negli accessori (di accensione e stabilizzazione delle sorgenti) consente oggi di puntare a impianti ottimizzati sia in impieghi “interni” che “esterni”, con possibilità di ottenere perdite estremamente basse e contemporaneamente funzioni “di qualità” molto spinte (tabella – Evoluzione temporale dei principali componenti di impianto): regolazione continua di flusso, stabilizzazione della tensione, modularità e flessibilità nei comandi, soppressione di armoniche, di flicker, di basso fattore di potenza.
d) Lo sviluppo dei sistemi ottici e dei diffusori ha prodotto il passaggio (tabella – Sviluppo nel settore dei sistemi ottici e dei diffusori) da sistemi primitivi basati essenzialmente sull’utilizzo della sola sorgente, a sistemi raffinati in cui il flusso luminoso emesso subisce un controllo molto accurato, in relazione all’obiettivo che si desidera raggiungere.
La nuova filosofia del progetto non deve perciò basarsi esclusivamente sui costi di investimento, ma introdurre un’ottica di “costi globali di gestione”, con l’obiettivo di rendere più duraturi gli impianti (20 – 30 anni, contro gli attuali 10 – 15), con tempi di ritorno degli investimenti “accettabili” (6-8 anni).
I costi da valutare riguardano:
– ammortamenti;
– interessi passivi;
– costi energia;
– costi manutenzione(materiali);
– costi personale.
Criteri esecutivi
Se è vero che un buon progetto può essere tradito da una cattiva esecuzione, è altrettanto vero che ciò accade assai raramente in un progetto che sia realmente “esecutivo”, che non lasci cioè spazio all’improvvisazione in sede esecutiva e che risponda ai criteri normativi (tra i quali si ricordano il rispetto delle Norme UNI 10380 e CEI 64-8 per gli impianti di illuminazione interni; UNI 10439 e CEI 64-7 per gli impianti di illuminazione esterna).
E’ sempre buona regola ricorrere a componenti provvisti di marchi di certificazione, ove esistenti (IMQ, ENEC) dato che la semplice marcatura CE, obbligatoria dal 1/1/97, non è di per sè una garanzia di qualità del prodotto.
E’ inderogabile il controllo finale (o collaudo tecnico) dell’installatore, eseguito sia sull’impianto “passivo” (non ancora attivato), sia dopo la messa in servizio (cfr. le “verifiche iniziali” previste dalla Norma CEI 64-8 e dalle norme specifiche).
Infine, è quanto mai opportuno, ancorché non obbligatorio per gli impianti esterni, richiedere all’installatore il rilascio della “Dichiarazione di conformità” secondo la legge 46/90, completa di tutti gli allegati previsti (per i quali si consiglia di consultare la Guida CEI relativa).
Criteri di gestione
Una corretta ed economica gestione richiede che i criteri di conduzione e manutenzione degli impianti siano “progettati”, ivi incluse le modalità di comando e di controllo degli impianti stessi.
Appare inderogabile la completa conoscenza dell’ impianto, specie laddove si utilizzino alcune delle molte innovazioni offerte dalla tecnologia moderna per il suo comando e controllo.
Occorrerà infine programmare gli interventi manutentivi per evitare antieconomiche e poco efficienti operazioni “caso per caso”.
Ottimizzare il sistema di comando/controllo.
Occorre individuare il “livello giusto” di dispositivi e di automatismi in rapporto a ciascun impianto concreto.
Sono del pari negativi “l’accanimento tecnologico”, ove questo non sia necessario data la limitatezza o la semplicità dell’impianto, e l’eccessiva semplificazione, rinunciando al contributo offerto dalla tecnologia.
L’ottimizzazione del sistema di comando/controllo tende anzitutto ad assicurare il compito visivo tenendo conto di:
– apporto di luce naturale;
– effettiva presenza persone/attività;
– programmi giornalieri / settimanali / annuali;
– sicurezza;
– “piani di luce”;
– monitoraggi effetivamente necessari.
I sistemi oggi disponibili per il comando sono molteplici; si ricordano:
– on/off tradizionali;
– regolatori a cursore,tradizionali o elettronici (dimmer);
– on/off indipendentidal circuito di potenza(sistemi “bus”);
– fotocellule;
– orologi interruttori;
– rivelatori di presenza;
– programmatori;
– sistemi evoluticon comando via “software”.
Analogamente vari e complessi sono i sistemi di controllo, per i quali la tecnologia ha prodotto molte innovazioni prevalentemente (ma non esclusivamente) riservate agli impianti esterni:
– “ronda” tradizionale;
– segnalatori locali di guasto (“bandierine”);
– segnalatori di “linea guasta” (misura parametri elettrici);
– segnalatori di componente guasto (lampada, accenditore, reattore, condensatore), via “linea di segnale” o “onde convogliate”, fino a concentratori poi via modem).
Conoscere completamente e in modo dinamico l’impianto.
Può essere importante, in questo campo, l’ausilio dell’informatica e di “data base” molto flessibili multiaccesso.
In ogni caso si renderanno necessarie, per una corretta programmazione degli interventi manutentori, della gestione delle scorte, delle previsioni dei costi, ecc. almeno tre serie di “schede” identificative riguardanti:
– schede identificative dei componenti:
– per tipologie (associate ai tipi);
– individuali (associate alle “posizioni”)(livello manutentivo);
– schede identificative della rete:
– punti di consegna;
– cabine;
– quadri;
– schemi elettrici unifilari;
– schemielettrici funzionali;
– schede identificative delle situazioni illuminotecniche di riferimento.
A monte di tali schede deve stare un meccanismo di identificazione – codificazione univoca: si riporta alle pagine 10 e 11 di PanEL n. 9/97, a titolo di esempio, l’elenco delle schede delle tipologie adottate in un progetto concreto, una scheda di rilievo per lo stesso progetto (pagg. 12 e 13) e un esempio di codifica (figura – Esempio di codifica di un componente di impianto -punto luce).
Il contenuto delle schede dovrà adattarsi al rapporto costo/benefici che si intende raggiungere: nel caso più ampio, le schede di tipologia riporteranno tutti i dati di prodotto e di costo-durata per un agile utilizzo in metodologie di manutenzione a programma; le schede di rilievo (o “puntuali” o “di sito”) riporteranno le coordinate identificative, i dati di prodotto, lo stato di conservazione, il diagramma di manutenzione, il rinvio specifico a tutte le normative applicabili.
La manutenzione a programma potrà quindi essere progettata:
– in funzione dei dati di archivio sui componenti di impianto;
– in funzione di misure a campione sistematiche nel sito;
– in funzione di installazioni – campione sottratte all’aggressione ambientale;
mentre la programmazione delle scorte dovrà considerare:
– le tipologie necessarie e standardizzate;
– le tipologie di mercato riconosciute come “intercambiabili”;
– le tipologie di mercato riconosciute come “irripetibili”.
Il ricambio delle lampade potrà infine avvenire in modo occasionale, ovvero a programma. In questo secondo caso si potrà operare con periodo di sostituzione fisso, ovvero facendo riferimento:
al decadimento del flusso luminoso nel tempo (figura – Tipico decadimento complessivo di flusso luminoso nel tempo);
a percentuale di mortalità (figura – Esempi di tassi di vitalità di sorgenti in rapporto alla durata di vita media).
Il ricambio a programma ha comunque un effetto benefico anche sulla “qualità” dell’illuminazione, consentendo di ridurre notevolmente (non oltre il 20%) la massima escursione di flusso luminoso nel tempo.
prof. ing. Lorenzo Fellin
Università degli Studi di Padova
Delegato Triveneto AIDI